• Non ci sono risultati.

INFLUENZA DELLA DENSITA’ DI MESH SULLA TEMPERATURA

È necessario fare una digressione sull’influenza della densità di mesh sulle temperature finali raggiunte. Al fine di valutare quale sia la migliore scelta delle dimensioni dell’elemento è stato approntato un modello semplificato che riproduce in sostanza soltanto il fondo della cava del cianfrino (fig. 3.19). È stato eseguito un gruppo di simulazioni utilizzando sempre la stessa geometria e, al fine di isolare l’effetto della densità di mesh sulle temperature finali, sono state dichiarate proprietà del materiale arbitrarie (riconducibili a quelle di un comune acciaio) che sono state mantenute costanti in tutte le prove; lo stesso è stato fatto per la sorgente laser.

Mantenendo fisso inoltre il numero di divisioni lungo lo spessore ed in senso trasversale al cordone sono state eseguite alcune prove variando il numero di divisioni in senso longitudinale.

(fig. 3.19: mesh di prova e contour plot di temperatura )

Si vede che per ogni caso eseguito esiste una temperatura tipica che caratterizza la prova: è la temperatura massima che si ottiene quando la sorgente è sufficientemente lontana dai bordi e la scia di calore lasciata dietro si stacca dall’estremità iniziale.

Si registra che all’aumentare del numero di elementi in senso longitudinale (mantenendo costante tutto il resto) questa temperatura massima non raggiunge un vero asintoto come sarebbe lecito aspettarsi (fig. 3.20). In realtà si può dimostrare che questo fatto non è sbagliato ossia le temperature massime crescono al crescere del numero di divisioni longitudinali e cioè al diminuire della grandezza degli elementi.

temperatura massima 3000 3200 3400 3600 3800 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180

num div longitudinali

T e m p ( K )

(fig. 3.20: temperatura massima raggiunta in funzione del numero di divisioni longitudinali)

Ciò è dovuto al fatto che la temperatura massima sui nodi dell’elemento caricato è il risultato di una media temporale fatta sulla durata del load step: per le scelte compiute la durata del load step è proporzionale alla grandezza longitudinale dell’elemento. Ciò significa che al diminuire del ∆t di integrazione le temperature aumentano perché diminuisce il tempo a disposizione per disperdere il calore negli elementi circostanti ed inoltre la stessa potenza termica viene applicata su un volume inferiore. A sostegno di questa affermazione possiamo evidenziare il fatto che, a parità di numero di elementi in senso longitudinale, se si aumenta il numero di elementi disposti lungo lo spessore (mantenendo invariata la potenza termica applicata), la temperatura massima raggiunta rimane costante proprio a dimostrazione che questa dipende dal ∆t di integrazione (che è rimasto invariato) e cioè dal tempo a disposizione per il raffreddamento.

Per dimostrare questo fatto è stato considerato la base di un cianfrino modellato con due mesh aventi l’una il doppio degli elementi dell’altra (in senso longitudinale). Per ognuna delle due mesh sono state eseguite due analisi successive: nella prima si selezionano in ogni load step una fila di elementi disposti lungo lo spessore (fig. 3.21) che sono contemporaneamente investiti dal laser; questi vengono caricati “adiabaticamente” in modo tale che gli elementi adiacenti non risentano della conduzione di calore (vengono deselezionati in soluzione); alla fine di ogni load step vengono poi registrate le temperature finali raggiunte dagli elementi caricati. La seconda analisi consiste nell’applicare queste temperature ai rispettivi nodi e nell’ istante iniziale dell’intervallo di

integrazione, per poi simulare il raffreddamento di durata pari al ∆t relativo al load step della prima analisi.

(fig. 3.21: elementi caricati in un singolo load step)

Queste due analisi successive sono servite per separare due fenomeni che in realtà avvengono contemporaneamente: cioè il riscaldamento dato dalla sorgente e il raffreddamento attraverso il metallo circostante. Nel primo passo si dà il carico termico e si impedisce che si propaghi nel mezzo circostante; la registrazione delle temperature raggiunte è come una fotografia istantanea che memorizza l’energia addotta all’inizio del load step. Nella seconda analisi si lascia “diffondere” l’energia termica contenuta negli elementi caricati e si registrano le temperature finali ottenute alla fine dello stesso load step.

A conti fatti si vede che, nel caso della mesh con numero doppio di elementi, l’elemento generico a parità di calore addotto si raffredda di meno perché ha meno tempo a disposizione all’interno del singolo load step. All’aumentare del numero di elementi la temperatura ottenuta è sempre più vicina a quella reale (valore puntuale) poiché risulta da una media fatta su un ∆x e quindi su un ∆t sempre più piccolo. Se si considerano mesh più rozze la temperatura sui nodi è indicativa dello stato di una scia dietro la sorgente cioè di una media spaziale (mediata su un ∆t maggiore e quindi più bassa) piuttosto che di un valore istantaneo della sorgente medesima.

Quando si conferisce il calore ad una fila di elementi come in fig. 3.21, effettivamente si introduce una semplificazione poiché non si considera la conduzione degli elementi adiacenti come

Da tutto questo discende il fatto che bisognerebbe scegliere come dimensione longitudinale degli elementi che rappresentano il cordone la minore possibile; tuttavia per evidenti ragioni di calcolo non si può andare sotto una certa taglia: alla luce della sensibilità acquisita con queste prove preliminari si ritiene opportuno attestarsi intorno al millimetro anche in considerazione delle future esigenze da soddisfare in sede di definizione del modello strutturale.

Tutto questo spiegato qualitativamente è riassunto in maniera sintetica nel grafico di figura 3.22 dove si confrontano le temperature massime raggiunte in tutti i load step per i due modelli : la curva con valori inferiori è quella relativa al modello con elementi di grandezza doppia (come pure la durata del ∆t di integrazione) rispetto all’altro.

confronto temperature massime

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 te mpo (s) te m p e ra tu ra ( K )

20 elementi longitudinali 40 elementi longitudinali

(fig. 3.22: confronto di temperature massime nel caso di mesh diverse)

Tutte queste considerazioni sono il risultato dell’indagine che è stata svolta dopo che si era visto che un modello preliminare termico soltanto teorico per tentare di riprodurre quello riportato in [52], non dava gli stessi risultati. In fig. 3.23 è riportata la geometria di questo modello con l’indicazione delle dimensioni principali. Sottolineiamo che il lavoro in [52] è stato svolto usando ABAQUS: ciò significa che le strategie di soluzione e la mesh utilizzata non sono sempre state le stesse. Adesso è possibile una valutazione critica dei risultati ottenuti con questo modello preliminare. Visto che la temperatura è sensibile alla densità di mesh, non ci si può aspettare una perfetta corrispondenza poiché le mesh non sono completamente sovrapponibili. Inoltre il campo di temperatura è in parte dissimile anche perché ci sono delle piccole differenze relativamente alle proprietà del materiale che non si sono potute chiarire definitivamente.

(fig. 3.23: geometria del modello preliminare)

Si riporta nella fig. 3.24 il risultato ottenuto con ANSYS, che come si diceva si discosta da quello riportato in [52] con temperatura massima intorno ai 9000 °C. Tale risultato è solo esemplificativo e non può essere idoneo a qualificare il nostro modello: indipendentemente dai valori assunti per le grandezze termiche in fase liquida con tutte le problematiche che abbiamo esposto, questo valore di temperatura, come quello ottenuto da noi di circa 7510 K riportato in fig. 3.24, ci sembrano fortemente irrealistici (il materiale a quella temperatura è evaporato: i tecnici sperimentali del Centro Ricerche ENEA di Faenza riferiscono della formazione di nebbia attorno al fascio laser il che non permette di definire univocamente una temperatura in quella zona). Possiamo dire soltanto che il fatto di non conoscere il calore specifico in fase liquida non dovrebbe essere molto grave poiché in letteratura si è visto che il nickel che è di gran lunga il principale costituente dell’Inconel ha un calore specifico poco variabile nel passaggio da solido a liquido. Poiché il codice estrapola il valore della pendenza dell’entalpia all’estremo dell’intervallo (il che equivale a considerare costante il valore del calore specifico e della densità ), il calcolo della temperatura nella zona di fusione e la sua distribuzione nelle zone adiacenti non dovrebbe essere parecchio falsato. Questo modello preliminare è stato ottenuto imponendo una potenza termica di 4 kW con

calcolo svolto in precedenza: nel prossimo capitolo si avrà modo di riferire sulle prove sperimentali effettuate per arrivare ad una migliore verifica della modellazione effettuata.

(fig. 3.24: contour plot di temperatura)

Tuttavia queste considerazioni svolte nel caso della saldatura laser possono senz’altro essere estrapolate al caso della saldatura TIG perché concettualmente si ha a che fare sempre con lo stesso problema ossia quello di riprodurre un carico di volume che si sposta lungo il futuro cordone saldato.