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LE FRASI RELATIVE IN ITALIANO

3.4 Il gradiente di difficoltà: RS>RO>ROp

3.4.5 L’influenza del tratto di numero

Numerosi studi hanno dimostrato che le prestazioni sia dei bambini normoudenti sia dei bambini ipoacusici risentano dell’influenza di alcuni fenomeni linguistici riconducibili ai tratti di numero [±pl] (Volpato 2010, 2012).

Per spiegare l’influenza dei tratti di numero sulla comprensione delle RO, Volpato (2010) propone una versione rivisitata di Lexical Restriction: se i due DP della frase mostrano tratti di numero simili, la comprensione della frase è compromessa, in quanto tali tratti rappresentano degli intervenienti sulla catena coindicizzata che lega il DP mosso alla sua copia:

(26) La gallina che il pulcino becca <la gallina> [-pl] [-pl] [-pl]

(27) Le gallina che i pulcini beccano <le galline> [+pl] [+pl] [+pl]

Di contro, quando i due DP presentano tratti di numero diversi, la comprensione della RO è facilitata perché non c’è condivisione dei tratti e nessun elemento interviene sulla catena coindicizzata (Adani 2010, Volpato 2010):

(28) Le galline che il pulcino becca <le galline> [+pl] [-pl] [+pl]

(29) La gallina che i pulcini beccano <la gallina> [-pl] [+pl] [-pl]

Quando sono presenti i tratti del plurale [+pl] si attiva la proiezione del numero all’interno dell’albero sintattico (Ferrari 2005). Tale proiezione aiuta il bambino nella comprensione delle RO perché conferisce al DP [+pl] una maggiore ricchezza e visibilità. Inoltre, la comprensione delle RO in condizione di mismatch è ulteriormente facilitata quando il soggetto incassato mostra il tratto [+pl] (RO_SG_PL); come si vede nell’esempio che segue:

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(30) La gallina che i pulcini beccano <la gallina> [-pl] [+pl] [-pl] [CP … [DP…[NumP…[NP] VP]]

Alla luce di tale affermazione, si introdurrà ora l’ipotesi di Thornton (1999) e Salvi e Vanelli (2004), i quali pongono maggiore attenzione sulla forma della sesta persona del verbo in italiano, la quale si ottiene aggiungendo il morfema –no alla terza persona del verbo. Ciò fa si che la sesta persona del verbo sia considerata una forma marcata, mentre la terza persona è una forma non marcata del verbo.

La distinzione tra elementi marcati e non marcati è molto importante per comprendere un fenomeno di una varietà dell’inglese, in cui un soggetto al singolare può attrarre il verbo in posizione incassata quando la testa della relativa è al plurale (Kayne 1989):

(31) The people who Clark think are in the garden PL SG PL

Tale fenomeno non può accadere quando la testa della relativa è al singolare e il soggetto al plurale perché il verbo è morfologicamente marcato da –s (tratto di marcatezza):

(32) *the man who the girls likes SG PL SG

In (31) l’accordo e l’attrazione sono possibili perché il verbo appare nella sua forma non marcata e quindi potrebbe accordarsi con uno qualsiasi dei DP all’interno della frase. Nel caso di (32), invece, il verbo marcato non può essere attratto dal DP plurale in posizione incassata poiché tale verbo può accordarsi solo con un DP singolare.

In italiano, la situazione è opposta a quella dell’inglese: la forma non marcata è quella del singolare, mentre il plurale rappresenta la forma marcata.

L’ipotesi di Kayne (1989) vale per i bambini normoudenti, i quali sembrano essere aiutati nella comprensione delle RO quando i due DP presentano tratti di

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numero differenti e la morfologia verbale condivide tratti di numero non ambigui con il DP incassato (RO_SG_PL; RO_PL_SG).

Tuttavia, i tratti di numero sembrano non influenzare in modo positivo la comprensione di RO nei bambini ipoacusici, i quali dimostrano una percentuale di correttezza molto bassa rispetto a quella relativa alla comprensione delle RO in condizione di match.

Recenti studi (Chinellato 2004, Chesi 2006) dimostrano, infatti, che i tratti di numero non sono disponibili nelle popolazioni caratterizzate dai disturbi del linguaggio; perciò sono preferite le forme al singolare. In accordo con tale ipotesi, si può asserire che, nel verbo, i tratti del plurale restino sottospecificati e il morfema –no non appaia nella computazione della frase:

(33) La gallina che i pulcini becca(no) <la gallina> DPo[-pl] DPs[+pl] V[-pl] DPo[-pl]

In questo caso, il DP la gallina cerca un verbo col quale condividere gli stessi tratti di numero a prescindere dalla posizione occupata da quest’ultimo. Dal momento che i tratti del plurale sono rimasti sottospecificati, il morfema plurale -no viene cancellato lasciando il verbo nella sua forma non marcata. L’unico costituente in grado di accordare col verbo resta, così, la gallina e il DP incassato i pulcini viene topicalizzato .

L’accordo tra il DP la gallina e il verbo becca porta il bambino ipoacusico a scegliere il referente sbagliato, ossia quello reversibile.

Gli stessi principi possono fornire una spiegazione per quanto riguarda anche la bassa percentuale di risposte corrette riguardanti le strutture di RO (SG_SG; PL_PL; PL_SG).

Prendiamo ad esempio la frase in (34):

(34) Le galline che i pulcini becca(no) DPo[+pl] DPs[+pl] V[+pl]

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Dato che il morfema –no resta sottospecificato, i bambini interpretano il verbo beccano come becca. Ciò non permette l’accordo tra il verbo e il DP le galline. Quando i bambini non sono in grado di stabilire tale relazione, allora, provano ad interpretare la frase cercando l’accordo, di tipo Spec-Testa del verbo con il soggetto incassato della frase a prescindere dai tratti specificati dal DP e dal verbo. L’adozione di tale strategia porta il bambino a commettere un errore: egli selezionerà l’agente della frase come risposta esatta:

(35) Le galline che i pulcini becca(no)

In conclusione possiamo quindi asserire che: quando la testa della RO è singolare sia in condizione di match (RO_SG_SG) sia in condizione di mismatch (RO_SG_PL) la risposta scelta dai bambini ipoacusici sarà il referente reversibile; verrà scelto l’agente della frase, invece, quando la testa della RO sarà al plurale (RO_PL_PL; RO_PL_SG) (Volpato 2012).