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Dall’ “inno del Padre” (hymn 1Pa) all’ “inno costantinopolitano” (hymn 1Cp): perplessità e incongruenze

Nel documento COMMENTO FILOLOGICO AGLI INNI DI SINESIO. (pagine 88-95)

C APITOLO QUARTO

2. Dall’ “inno del Padre” (hymn 1Pa) all’ “inno costantinopolitano” (hymn 1Cp): perplessità e incongruenze

Come abbiamo visto22, la maestosa lode del pathvr kovsmwn si conclude con l’implorazione a volgere lo sguardo all’anima del poeta (v. 358 i[de kai; yucavn), anch’essa, pur esausta e spossata (vv. 359-360), partecipe dai deserti della Libia (v. 361 ejpi; sa'" Libuva") del coro universale degli esseri (v. 365

ejpimelpomevnan), affinché la potenza dell’occhio del Padre infranga la nube

materica che la assedia (vv. 366-369). Mi sembra di chiara individuazione, a questo punto, la Ringkomposition cui soggiace fin qui, secondo proporzioni diverse, la struttura dell’inno: al favete linguis rivolto inizialmente agli elementi naturali e alla richiesta di allontanamento dei demoni della materia (vv. 72-107), che precedono la parte “teologica” centrale, corrispondono i covroi della fuvsi" e i canti dei ministri divini (vv. 266-357), mentre il mevlpw (v. 21) del poeta in ogni luogo e in ogni tempo e in Libia (vv. 12-71) rimanda all’ejpimelpomevnan dell’anima ancora in Libia (vv. 358-369). Ma il rapporto speculare tra parte iniziale e “conclusiva” diviene ancora più evidente se si raffrontano i versi incipitari (vv. 1-7) con quelli (vv. 370-374) che, come accennavo sopra, sembrerebbero preludere ad una preghiera finale ed al congedo dalla composizione:

vv. 1-7 vv. 370-374

a[ge moi, yucav, iJeroi'" u{mnoi" ejpiballomevna, uJlhgeneva"

5 eu[nason oi[strou",

qwvrhsse de; nou' zamenei'" oJrmav".

Orsù anima mia, ponendo mano ai sacri inni, placa il pungolo che nasce dalla materia, rivesti dell’armatura i veementi slanci della mente.

nu'n moi kradiva, toi'" soi'" u{mnoi" piainomevna,

ejqovwse novon purivai" oJrmai'":

Ora il mio cuore, saziato dai tuoi inni, ha spronato la mia mente con slanci di fuoco.

Il prospetto sinottico permette di visualizzare chiaramente la ripresa kw'lon per

kw'lon (eccezion fatta per la mancanza di corrispondenza per i vv. 4-5)23 dei due brani riportati, ripresa studiata da Sinesio fin nel dettaglio della posizione delle parole nel verso, fattore non certo casuale e che conferisce ai vv. 370-374 una funzione forse assai diversa da quella di semplice transizione alla lunga seconda sezione dell’inno, soprattutto se si tiene conto che il raffronto non è stato instaurato con un gruppo di versi qualsiasi, ma con quelli incipitari, dunque versi altamente significativi e facilmente richiamabili alla memoria di un lettore. Se oltre a ciò si tiene conto anche della ricercata antifrasi di senso tra le due sequenze anapestiche, si sarebbe tentati di credere che fosse questo il punto in cui l’inno era pronto per avviarsi alla conclusione. I vv. 370-374, infatti, mi sembra che esprimano esattamente il raggiungimento dello scopo prefissatosi dal poeta all’inizio: ejpiballomevna e piainomevna, infatti, denotano rispettivamente un esordio (“ponendo mano”, ovvero “dando avvio”)24 e un esito (“sazio”)25, così pure la stessa funzione è assolta dagli indicatori temporali a[ge e nu'n, dei quali il primo rafforza l’esortazione incipitaria, il secondo invece l’approdo alla conclusione, e dai tempi delle due forme verbali, un presente imperativo (qwvrhsse) di contro ad un aoristo indicativo (ejqovwse). Tuttavia, la preghiera “conclusiva” attesa in qualche modo già dal v. 385 non arriva che a partire dal lontano v. 504 (iJkevta/ de; divdou), dopo che si è compiuta la rievocazione degli anni dell’ambasceria. Ed inoltre, quale senso soddisfacente si può ricavare dalla

23 Si confrontino però questi due anapesti con quelli immediatamente precedenti alla pericope dei vv. 370 sgg., ovvero con i vv. 368-369 (so;n dÆ o[mma, pavter / koptiko;n u{la"), in cui si esprime lo stesso desiderio di annientare la forza della u{lh.

24 Cf. S

ENG 1996, 261. 25 T

ERZAGHI 1939, 124, traduce “saginatum”; DELL’ERA 1968, “gonfio”; GRUBER-STROHM 1991, 59, “beglückend gelabt”. Meno bene LACOMBRADE 1978, 53, “exalté” e GARZYA 1989, 749, “esaltato”. Da rilevare anche che Sinesio impiega piavnesqai nello stesso senso ancora una volta in una sede conclusiva, ovvero in hymn. 2.281-285 (i{na kai; zwa;n / ta;n gaiotrafh' / toi'" soi'" u{mnoi" / piaivnhtai / tarso;" yuca'"), dove si esprime appunto l’augurio che, grazie alla raggiunta “sazietà”, l’anima possa compiere il cammino definitivo (v. 291 oJdo;n ejxanuvw) verso la reggia paterna (vv. 286-295), esattamente come in hymn. 1, allorché ai vv. citati segue la richiesta della “luce anagogica” (vv. 375 sgg.). Nell’accezione sensibilmente diversa di “rafforzare” il verbo ricorre anche in hymn. 3.28 (piaivnei" kovsmwn tarsouv"), passo in cui il retto valore di piaivnw è determinato dal particolare e non comune senso da dare a tarsouv" in unione a kovsmwn: tale sintagma, infatti, conferisce a tarsov" il significato di “sfera” piuttosto che di “ala”, come mostrano le pertinenti osservazioni di GRUBER-STROHM 1991, 170 e SENG 1996, 161-163. Sull’uso di questo verbo negli Inni cf. ancora SENG 1996, 73-74.

dichiarazione che il cuore del poeta è “sazio dei sacri inni” se, in realtà, la composizione non raggiunge che poco più avanti appena la sua metà?

Ma non è questa la sola incongruenza che si incontra col procedere dei veloci monometri. In effetti, assunto per il momento come confine convenzionale per

hymn. 1Pa i vv. 380-385, a partire dal v. 385 comincia a vacillare la coerenza

degli elementi formali e contenutistici che conferivano al carme coesione tematica e che, come abbiamo visto, consentivano di inquadrarlo all’interno di una struttura più grande quale “prevista” dal programma poetico di Sinesio all’interno del

corpus. Se in effetti in questi versi il diretto destinatario del Dustil sinesiano è

ancora l’Uno ineffabile (vv. 398-401 soi; tou'to plevkwn / soi; tovnde ferw /

ai\non, ajcravntwn / hJgevta kovsmwn), di cui l’intero universo celebrava la lode26

, l’attenzione in realtà è già deviata, come accennavo poco fa27, verso il Figlio (vv. 402-403 kai; paidi; sofw/' / sautou' sofiva/) e la sua funzione di “governatore” dell’universo28, il “dio artefice del cosmo” protettore delle proprie opere (vv. 424- 427 tiv de; qau'ma qeo;n / to;n kosmotevcnan / ijdivwn e[rgwn / kh'ra" ejruvkein…)29. Sorge così il sospetto che il soiv dell’invocazione che introduce alla rievocazione degli anni dell’ambasceria a Costantinopoli (vv. 428- 431 tovde soi;, megavlou /

koivrane kovsmou, / tivswn e[molon / crevo" ejk Qrhv/kh") sia rivolto proprio al

Figlio e che il crevo" (v. 431) che Sinesio intende sciogliere attraverso il suo canto sia indirizzato a lui e non al Padre, data l’immediata successione di questi versi a quelli riferiti proprio al kosmotevcna". Non deve del resto meravigliare il repentino cambio dell’oggetto di riferimento delle invocazioni, pratica usuale per Sinesio, come si osserva, ad esempio, nella sezione “teologica” di questo stesso carme (vv. 227 sgg.), dove, nel giro di pochi kw'la l’uso della seconda persona nei verbi e nel pronome personale, poco prima destinati al Padre, passa dal designare prima la wjdiv" (vv. 227-231) e poi (cf. vv. 236 sgg.) l’a[fqegkto" govno" patro;"

26 Cf. vv. 309-310, in cui compare la stessa formula di invocazione appena vista ai vv. 400-401. 27 Cf. supra, p. 85.

28 Cf. l’uso del verbo dievpein ai vv. 410 e 412 e S

ENG 1996, 73.

29 Che il qeo;" kosmotevcna" chiamato in causa in questa interrogativa sia un appellativo da riferire al pai'" mi pare fuori dubbio. Non solo infatti tutta questa pericope (vv. 408-427) è a lui riferita, ma una simile espressione (un a{pax legovmenon proprio come in questo caso) ritorna anche in hymn. 5, dove ancor più chiaramente viene intesa come epiteto dell’uiJov": i{na ga;r buqo;" patrw/'o", / tovqi kai; kuvdimo" uiJov", / kradiai'on ti lovceuma, / sofiva kosmotecni'ti" (vv. 27- 30). A questo proposito si veda anche SENG 1996, 136.

ajfqevgktou30. In tal modo, l’intera sezione lascerebbe da parte in modo del tutto inspiegabile la celebrazione del pathvr, compromettendo non poco l’equilibrata struttura messa in evidenza sino al v. 380.

30 Si tenga inoltre presente che il termine koivrano" in Sinesio, benché non particolarmente frequente (5 occorrenze in tutto), è quasi esclusivamente riferito al Figlio: esso ricorre 2 volte in hymn. 1.429 e 481 (ovvero solo nella sezione “costantinopolitana”), in 7.7, in 8.31 (ajniovnta se, koivrane, dove si narra l’ascesa al cielo del nou'"; cf. infra, pp. 181-182), e in 2.27, dove invece va riferito al Padre, come pare di dover desumere dal senso globale dell’inizio dell’inno.

3. “Tu” e “io”: l’uso dei pronomi personali nel corpus e in hymn. 1

Ma il sensibile cambiamento riscontrabile già da questa prima veloce disamina mi pare confermato anche dalla valutazione della ricorrenza dei pronomi personali (o aggettivi possessivi) di prima e seconda persona, che risultano fornire indicazioni importanti per meglio comprendere il rapporto tra il loro uso e il contenuto degli Inni. Questi ultimi, com’è noto, sono quasi tutti indirizzati in forma diretta alla divinità secondo la caratteristica modalità del Dustil (fa eccezione solo hymn. 9, che perciò verrà trascurato in questa analisi)31, ma in essi compare altresì, secondo una maggior o minor rilevanza, la figura del poeta e della sua anima. Il caso delle allocuzioni dirette da parte di Sinesio a se stesso o alla yucav risulta, com’è facilmente intuibile, quasi sempre quantitativamente inferiore, dal momento che l’oggetto precipuo di questa poesia innodica è proprio la divinità e non il poeta stesso, come dimostra chiaramente il prospetto riportato sotto, nel quale si è indicato, oltre al numero delle occorrenze dei pronomi o aggettivi, anche il valore percentuale delle ricorrenze della prima persona calcolato sul totale di occorrenze delle due persone inno per inno, in modo da poter avere un criterio uniforme di valutazione dei dati:

suv (qeov") ejgwv (anima/poeta) % (sul totale)

hymn. 1 89 32 30,5 hymn. 2 42 8 16 hymn. 3 13 1 7 hymn. 4 8 1 11 hymn. 5 10 3 23 hymn. 6 1 0 0 hymn. 7 7 6 46 hymn. 8 5 0 0

31 Cf. supra, p. 73. Su caratteristiche e significato dello stile predicativo innodico in seconda e terza persona cf. NORDEN 1992, 261-296.

Come si vede, le percentuali che rappresentano l’uso della prima persona sono quasi sempre piuttosto basse; fa eccezione solo hymn. 732, in cui ricorrono le due persone praticamente secondo la medesima frequenza. Questo risultato è del tutto comprensibile se si tiene conto che hymn. 7 è un inno “personale”, una preghiera del poeta Sinesio per sé e la propria famiglia, ove è naturale aspettarsi una maggior penetrazione nel testo dell’ “io” poetante33. Fin qui, dunque, nessun dato risulta sospetto, anche se hymn. 1 si segnala per una percentuale sensibilmente maggiore rispetto agli altri carmi. Se, però, indaghiamo quest’ultimo inno al suo interno, suddividendolo in base alla forte cesura che abbiamo individuata all’altezza dei vv. 380-385, i risultati cambiano radicalmente, denunciando una forte discontinuità tra le due parti della composizione:

suv (qeov") ejgwv (anima/poeta) % (sul totale)

hymn. 1.1-385 57 11 16

hymn. 1Cp+An 29 21 42

Secondo questa diversa prospettiva, se la prima sezione dell’inno appare in linea in particolare con hymn. 2 (la percentuale infatti è la medesima), confermando un interesse esclusivamente teologico che lascia del tutto in secondo piano la figura storica di Sinesio o la sua anima, la seconda parte, al contrario, appare caratterizzata, proprio come abbiamo osservato poco fa in hymn. 7, da una dilagante intrusione di soggettività che rimane costante nelle due sottoripartizioni individuabili all’interno dei vv. 386-73434:

suv (qeov") ejgwv (anima/poeta) % (sul totale)

hymn. 1Cp 15 10 40

hymn. 1An 14 11 44

32 Un caso a parte è costituito da hymn. 6, in cui compare una sola volta un pronome di seconda persona. Tuttavia se si estendesse il conteggio anche alle persone delle forme verbali, si otterrebbero risultati coerenti con quelli forniti dagli altri inni per l’uso dei pronomi (8 seconde persone contro 3 prime, ovvero il 27%).

33 Su quest’inno cf. infra, pp. 171-177. 34 Cf. supra, p. 83.

Difficilmente, dunque, si potrà negare che l’inno “costantinopolitano” e l’inno “dell’anima” esibiscano uno stile alieno all’interesse dichiarato dei vv. 1-385, che, giova ripeterlo, consiste nella lode del Padre e non in altro.

Nel documento COMMENTO FILOLOGICO AGLI INNI DI SINESIO. (pagine 88-95)