Così come precedentemente analizzato, la musica, alla luce delle invenzioni del fonografo, del grammofono e l’affermazione della radiofonia, diventa un fenomeno di massa e di conseguenza comincia ad assumere sempre più importanza economica a livello internazionale. Il contributo, però, decisivo all’affermazione del “mercato musicale” viene dato dalle nuove tecnologie che a partire dal secondo dopoguerra spingono verso l’alto le ambizioni e le dimensioni del settore. Si assiste infatti, negli anni immediatamente successivi al conflitto mondiale, ad un’intensificazione senza precedenti della ricerca scientifica, che favorisce di conseguenza il progresso tecnologico. Vengono messi in commercio novità destinate a rivoluzionare per l’ennesima volta prodotti e consumi: il microsolco, il nastro magnetico, la stereofonia, si tratta di una vera e propria rivoluzione che altera definitivamente i rapporti all’interno del mondo della musica facendo acquisire (come ho già avuto modo di illustrare cfr. 1.3) alle case discografiche una posizione di supremazia nel settore, e che ha tra i suoi maggiori effetti quello di spostare decisamente l’attenzione del mercato dal contenuto (l’opera) al contenente (il supporto materiale). Ma procediamo con ordine.
Il formato a 78 giri (RPM), diffuso fino agli anni Cinquanta, aveva mostrato la propria debolezza sotto l’aspetto qualitativo della riproduzione, la resistenza
all’usura24 e l’estensione del tempo di registrazione25. Inoltre, poi, durante la guerra, a causa delle intense attività di spionaggio, la richiesta di lunghi tempi di registrazione era divenuta drammatica e aveva incentivato la ricerca di nuovi supporti. Ecco, dunque, nascere il microsolco che dava facoltà, finalmente, di custodire nei robusti dischi in vinile decine di minuti di messaggi, comunicati radiofonici e così via. L’industria fonografica, perciò, non dovette far altro che raccogliere e organizzare i progressi compiuti in ambito militare, si apriva, dunque, così l’era del disco in vinile.
Il vinile (o PVC) viene scoperto da Fritz Klatte nel 1912, si tratta di una plastica particolarmente economica prodotta dalla lavorazione di derivati del petrolio, che all’inizio del secondo conflitto mondiale sostituisce definitivamente la fragile e deformabile gommalacca che aveva spopolato ancora nei primi anni della guerra con i V-disc (V da Victory) destinati alle truppe americane di stanza in Europa e contenenti motivi da classifica di swing band e resoconti della situazione bellica. Il vinile è resistente, flessibile, infrangibile, e il suo processo di deterioramento è infinitamente più lento rispetto a quello di qualsiasi altro materiale fino a quel momento adottato per il confezionamento dei dischi. La malleabilità del
24 Si pensi, a tale proposito, che la scarsa resistenza dei materiali dei 78 giri, combinata con la grossolanità delle puntine dei grammofoni permetteva ad un disco una vita media compresa tra le 75 e le 125 esecuzioni.
25Non andava oltre i 4-5 minuti.
prodotto, poi, favorì l’incisione di solchi sempre più ravvicinati (da qui la denominazione di “microsolco”) determinando l’espansione della durata dei dischi; il vinile infatti consentiva di realizzare circa ottocento metri di microsolco, ovvero quasi una mezz’ora di musica per lato, inoltre migliorava la qualità sonora, misurata dal rapporto segnale/rumore che passava dai 30 dB dei 78 giri (nel migliore dei casi) a circa 50-60 dB26. Col vinile che mette fuori uso la gommalacca (il materiale usato per il 78 giri), si entra, dunque, nella modernità del disco, finalmente in condizione di riprodurre un brano musicale senza interruzioni e con una qualità sonora senza confronti.
Fu poi la Columbia nel 1948, ad imporre sul mercato il formato a 12 pollici (ideato dall’ingener Peter Goldmark l’anno precedente), capace di contenere fino a 23 minuti di musica per lato, subito ribattezzato “long playing” (LP).
L’affermazione dell’LP a 33 giri, fu poi definitivamente sancita da una strategia commerciale vincente (strategia che si ripeterà poi nella storia del settore dell’intrattenimento).
La Columbia, infatti, prima di lanciare sul mercato il nuovo standard fece due mosse fondamentali: strinse innanzitutto un accordo con la Philco per mettere a
26 Si definisce rapporto segnale/rumore (signal-to-noise ratio) il massimo livello di segnale audio in uscita diviso l’ammontare del residuo rumore, sempre in uscita. Esso misura la qualità di un segnale audio ed è espresso in deciBel.
disposizione del grande pubblico un hardware a buon mercato per la riproduzione e, successivamente, allestì un ampio catalogo di musica registrata. Quando poi cominciò ad invadere il mercato mondiale, l’impatto della strategia fu tale da obbligare tutti i produttori di fonogrammi e di apparecchi ad adottare l’innovazione. Ma l’intuizione più importante della Columbia, fu quella di spezzare il proprio monopolio conferitole dal brevetto del 33 giri, e permettere a terzi di adottare l’innovazione; mossa, quest’ultima che non appariva ovvia, in quanto la concessione della licenza ad altri da parte del titolare di un brevetto implicava l’annullamento (parziale o totale) del potere di esclusiva associato al brevetto medesimo, eppure nell’industria dell’informazione la diffusione di uno standard tecnologico è stata spesso accessoria alla sua affermazione, come testimoniano la storia delle compact cassette rispetto all’avversaria stereo8, del formato video VHS rispetto a Betamax e Video 2000, dei sistemi informatici IBM compatibili rispetto a Macintosh e così via.
L’unica azienda che tentò di tener testa alla Columbia, anche per una questione di primato e di orgoglio imprenditoriale, fu la RCA, che rifiutò inizialmente il coinvolgimento offerto dalla Columbia nello studio e sviluppo del formato 33 giri, e presentò nel 1949, un nuovo formato, il 45 giri, della misura di 7 pollici, in grado di contenere una canzone per lato della durata media di quattro minuti. La scelta della diversità di formato e velocità rientra in una precisa strategia di mercato della RCA, intenzionata a proporre un formato
non compatibile con il long playing e con i suoi “player”27 e più maneggevole dello stesso LP. Quella dei 45 giri sarà un’intuizione di portata commerciale incredibile, diventando il formato d’elezione dei juke box, e potendo essere suonato da pratici e poco ingombranti giradischi di costo assai contenuto28 che avranno un enorme successo tra il pubblico giovane, privi di speaker e amplificatore ma collegabili all’apparecchio radio.
Nel giro di due anni però entrambi le label, attente al mercato discografico del Dopoguerra in piena espansione, prenderanno a produrre 45 e 33 giri. Anche le industrie dei giradischi si adegueranno e inizieranno a costruire modelli in grado di variare la velocità di riproduzione.
La “guerra delle velocità” (33 e 45 giri) si concluse con l’affermazione di entrambi i formati. Il 33 LP, più sofisticato (e caro) si rivolgeva soprattutto, almeno in esordio, a un pubblico adulto, che desiderava ascoltare la musica senza troppe interruzioni. Invece il 45 giri, soprannominato nel gergo discografico “singolo”, così immediato ed accessibile, diveniva oggetto di culto del pubblico giovanile, vettore di un unico brano (due in effetti, ma era la facciata A che determinava l’acquisto) che diventava l’insistente ritornello di una breve stagione,
27 Il 33 giri ha un’apertura circolare centrale di piccole dimensioni, 6 millimetri, attraverso la quale passa il perno del giradischi, mentre quella dei 45 giri ha un diametro molto più esteso, 3,8 centimetri.
28 Il grammofono Philco a 33 RPM costava 29,95 dollari contro gli appena 12,95 dei “mangiadischi” a 45 RPM della RCA.
presto sostituito da quello successivo. Poi, quando anche i giovani cominciarono a consumare LP, il 45 giri assunse anche la pratica funzione di “assaggio” del 33 che conteneva il singolo29.
1.6 Il nastro magnetico: arriva la
«musicassetta»
Gli anni Settanta sono segnati dall’avvento di una nuova tecnologia, la “compact cassette”, inventata e messa sul mercato dalla Philips. Tale innovazione, tra le altre offriva una peculiarità unica per la successiva storia della fonografia: la possibilità per gli ascoltatori di registrare (e naturalmente riascoltare) i propri fonogrammi. Ma se da una parte la “libertà” di registrazione aggiungeva al mondo musicale un clima di rinnovata democrazia, dall’altro permetteva la duplicazione, «pirata» o privata, dei fonogrammi altrui, aprendo così il delicato capitolo della riproduzione non autorizzata.
L’introduzione del nuovo supporto fu resa possibile dal successo delle tecniche di registrazione mediante nastro magnetico30, innovazione che ancora una volta nella storia è legato a vicende belliche.
29 Cfr. F. Silva, G. Ramello, Dal vinile a Internet.
Economia della musica tra tecnologia e diritti, Edizione della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1999
30 La registrazione magnetica differisce dai principi della registrazione meccanica (disco) e ottica (pellicola) in
Mentre negli Stati Uniti l’Armour Research Foundation, il Naval Research and Development Departmant insieme a produttori esteri tra cui la General Electric e la Minnesota Mining and Manufacturing Corporation, in seguito conosciuta come 3M, avevano condotto esperimenti e realizzato prodotti che cercavano di applicare tale tecnologia, con risultati, però, che lasciavano alquanto a desiderare, nel vecchio continente, invece, gli ingegneri della tedesca AEG, con la collaborazione della BASF (allora IG Farben), nel 1935, spinti dall’imponente attività propagandistica richiesta da Hitler, riuscirono con buon esito a realizzare
“magnetofoni” di qualità che utilizzavano nastri di carta e di vinile acetato, concludendo sforzi di ricerca iniziati nel 1932. Gli Americani, pertanto, a fine conflitto, non fecero altro che prendere come modello per la propria produzione i German Magnetophon, catturati come bottino di guerra predato ai Tedeschi. Gli efficienti apparecchi teutonici potevano, così, essere copiati senza pudore (e senza riconoscere alcun diritto agli inventori tedeschi) e offrivano ai potenziali entranti nel settore, di norma piccole imprese con un paio di ingegneri a disposizione, il miraggio di produzioni profittevoli.
quanto sfrutta la capacità di alcuni metalli, in particolare il cromo e il ferro, di essere magnetizzati dal passaggio della corrente elettrica. Il primo nastro magnetico viene realizzato in Germania nel 1934, da Eduard Schuelier e Friedrich Matthias, che perfezionano i primi esperimenti fatti da Valdemar Poulsen nel 1898, e Fritz Pleumer nel 1928.
Il successo del nastro magnetico, fu poi sancito, nel 1946, dall’inconsapevole Bing Crosby che, incaricato di allestire una nuova trasmissione per la l’American Broadcasting Company (ABC), scelse di utilizzare i magnetofoni di uno sconosciuto ingegnere russo, Alexander Poniatoff il quale, due anni prima, aveva iniziato a costruire apparecchi sotto il nome Ampex (un marchio che sarebbe poi divenuto leggendario nel mondo dell’audio). Da qui in poi, le vicende del nastro magnetico sono inscindibilmente legate a quelle dell’industria dell’intrattenimento, ma sempre nel settore professionale, poiché i voluminosi (e costosi) apparecchi e le relative, scomode bobine, mal si prestavano a divenire oggetti di largo consumo, pur ottenendo crescenti consensi tra i numerosi audiofili.
Dopo vari tentativi, nel 1966 la Motorola, su commissione della Ford Motor Company, realizzò un progetto elaborato dall’azienda aeronautica Lear, che inscatolava in una specie di cartuccia un nastro magnetico a otto tracce. Nasceva così la cassetta Stereo8, un po’ più ingombrante di un pacchetto di sigarette, ma maneggevole anche nei luoghi più disagiati, come l’abitacolo di una vettura in movimento.
Negli stessi anni la Philips stava studiando una sorta di miniaturizzazione del sistema a bobine denominato
“compact cassette”, più piccola, resistente e maneggevole della concorrente Stereo8, e più affidabile sotto il profilo qualitativo. Tuttavia, la mossa vincente della multinazionale olandese (e qui si ripete ancora una volta nella storia della fonografia quanto successo per il 33 giri
della Columbia, cfr 1.5) fu quella di concedere in licenza il brevetto ad un numero elevato di produttori, soprattutto giapponesi, con Sony e Matsushita in testa, che inserirono senza esitare i nuovi magnetofoni nei sistemi di home entertainment, aprendo così la strada al successo del nuovo supporto: la “musicassetta”
1.7 La rivoluzione Walkman: comincia l’era