Con l’affermazione su larga scala della
“musicassetta” nasce una concorrenza spietata con il supporto disco, giocata sul terreno della qualità e della resistenza. L’esito di tale confronto fu una spartizione dei poteri e di una convivenza (più o meno pacifica): il disco (e in seguito il compact disc) rimaneva sovrano nel mercato di elevata qualità, mentre la cassetta era il vettore di musica nelle situazioni più contingenti, ciò, anche in seguito a precisi sviluppi del settore hardware che farà della musicassetta il supporto principe per i sistemi portatili.
Fino ad allora infatti, la musica si ascoltava in casa, in macchina attraverso l’autoradio o per strada attaccando l’orecchio alla radiolina a transistor; se proprio si voleva portare con sé la propria musica, bisognava affidarsi agli ingombranti magnetofoni, che di certo non consentivano un ascolto di grande qualità. A modificare in maniera sostanziale questo scenario ci pensarono, tre giapponesi Kozo Ohsone, Masaru Ibuka e Akio Morita che nei loro
uffici della Sony Corporation immaginarono e realizzarono il “Walkman” convinti del fatto che i ragazzi in tutto il mondo, non aspettassero altro che un oggetto semplice, portatile, economico e leggero per ascoltare musica camminando (walk, per l’appunto). Il Walkman fu lanciato sul mercato mondiale il 21 giugno 1979, con il profetico slogan ‹‹diventerà la colonna sonora della vostra vita››. Ed infatti fu una vera e propria rivoluzione: in brevissimo tempo non solo i ragazzi ma anche gli adulti iniziarono ad indossare le cuffie e a portarsi dietro la propria musica, in autobus, in metropolitana, facendo jogging o ginnastica in palestra, e realizzando personalissime compilation sulle cassette. La “musica portatile” e personalizzata iniziò a sostituire sempre più frequentemente il consumo dei dischi, le cassette andarono a ruba e per un certo periodo superarono le vendite dei dischi. Il Walkman era stato capace di modificare per sempre le abitudini di ascolto dei consumatori, affermando un processo di individualizzazione del consumo31. Il piccolo riproduttore, permette, infatti, un consumo esclusivo che porta il rapporto prodotto/consumatore 1:1, in quanto può essere ascoltato da una sola persona alla volta. Proprio la sua portabilità lo ha fatto entrare nei momenti più diversi della giornata, aumentando le possibilità temporali di ascolto musicale ed affermando una fruizione diversa da quella
31 Cfr. E. Assante, F. Ballanti, La musica registrata. Dal fonografo alla Rete. La nuova industria musicale, Dino Audino Editore, Roma 2004
alla quale i vecchi dischi in vinile avevano abituato una generazione intera. Impossibile quantificare il numero dei Walkman che da allora ad oggi sono stati venduti (qualche esperto ipotizza che la cifra totale sia ampiamente al di sopra del miliardo, qualcun altro afferma che anche questa cifra sia da ritenersi bassa rispetto alla realtà). Certo è che il piccolo “cassette player” con le cuffie è entrato in tute le case e in tutte le tasche, da quelle dei ragazzi in jeans a quelle dei manager in cravatta, modificando abitudini e comportamenti, abituando la gente a portare sempre con se un po’ di entertainment a basso costo. Resta però da sottolineare che, per quanto oggi sia entrato nell’uso comune e individui un oggetto, Walkman non è una parola comune, come lo sono “televisore” o “radio”, in quanto si tratta di un marchio registrato di proprietà della Sony.
Due anni fa, però, un tribunale austriaco ha assolto una ditta, la Time Tron Corp, che aveva messo in commercio dei lettori portatili di audiocassette descrivendoli nel catalogo come dei “walkman”. La Sony aveva fatto causa alla ditta ma secondo i giudici austriaci la parola walkman è talmente entrata nel linguaggio comune da essere diventata ormai un sinonimo di lettore portatile di cassette o cd, avvalendosi, a tal fine, come prova di un dizionario tedesco che ha inserito tra i suoi aggiornamenti anche la parola walkman, senza menzionare la Sony32.
32Cfr. Cara Sony, il walkman non è più solo tuo, documento Internet tratto dal sito http://www.kwmusica.kataweb.it, 10.01.2006
1.8 L’«home taping»: majors contro musicassette
Vi è poi un altro aspetto dell’introduzione commerciale della compact cassette, di notevole importanza che va sottolineato: il supporto a nastro magnetico introduceva, una nuova possibilità per il consumatore, cioè quella di poter registrare direttamente e personalmente sulla cassetta, caratteristica questa che rimetteva in discussione l’essenza stessa del mercato musicale, in quanto permetteva di infrangere il controllo che i produttori avevano sui fonogrammi. La mercificazione della musica era passata, infatti, attraverso la sua fisicizzazione, il suo inscatolamento (“the canned sound”, il suono inscatolato, così come erano stati definiti i primi fonogrammi all’alba dell’invenzione di Edison).
La cassetta, ora permetteva di aprire la scatola e di trasferirne il contenuto in altre a piacere; e la radio, che fino a quel momento era stata fedele compagna della fonografia nel suo cammino verso il successo commerciale, si trasformava in inconsapevole e involontario alleato di duplicatori non autorizzati, pirati o privati.
La musicassetta creava così due nuovi “nemici”
all’industria della musica: l’home taping, ovvero la duplicazione domestica dei prodotti commerciali, e la pirateria.
Ed infatti l’industria musicale si oppose subito all’ingresso del nuovo formato e, pur facendo grandi profitti con la vendita delle musicassette registrate che in breve divennero un mercato paragonabile a quello dei long-playing (LP a 33 giri), per questioni legate alla loro semplice riproducibilità le combatterono in nome del diritto d’autore e della lotta alla pirateria, esattamente come oggi combattono i Cd masterizzati e Internet.
Il problema era di due generi: da una parte si usavano i nuovi registratori portatili per registrare dischi comprati dagli amici o per farsi compilation su nastro di successi contenuti in dischi che non sarebbero mai stati comprati nella loro interezza. Dall’altro si copiavano su nastro i propri dischi, essenzialmente per due motivi specifici: salvare dal logorio un LP in vinile e farsi una copia da portarsi in macchina o in giro per sentirsela liberamente fuori casa. Inoltre alcune radio americane, e moltissime europee, con la nascita delle stazioni in FM ed il crearsi di audience specifiche per i vari generi, iniziarono a programmare interi album senza interruzioni.
E siccome in casa l’impianto hi-fi spesso ero dotato sia di ricevitore radio che di registratore a cassetta, era semplice registrarsi dalla radio un intero album nuovo appena uscito. Inoltre anche i più semplici registratori portatili spesso incorporavano una radio e quindi il gioco era ancora più semplice. Il problema della diffusione della musica sulle radio era paradossale: da sempre le radio sono un pilastro delle politiche di promozione e di marketing delle case discografiche e quindi vengono alimentate di prodotti e pubblicità, dall’altra sono tenute
come fonte alternativa all’acquisto per molta gente che si limita ad ascoltare e/o registrare la radio e non compra dischi. Si tratta, quindi di un problema del mercato di non facile soluzione. Così come l’altro paradosso, quello cioè, del conflitto di interessi all’interno della stessa azienda.
Sia in Philips che in Sony, ad esempio, da una parte si producevano supporti tecnologici avanzati, come i nastri o i CD ed i rispettivi registratori/riproduttori, dall’altra esisteva la sezione discografica che produceva artisti e musica e si lamentava dei supporti tecnologici prodotti nella stessa azienda che danneggiavano i loro profitti.
Anche qui siamo in presenza di una situazione difficilmente risolvibile.
La battaglia delle case discografiche era certamente senza speranza: la lotta contro la tecnologia non ha mai dato risultati positivi a chi ha cercato di ostacolarla. Ed infatti solo sul mercato americano la cassette registrate avevano venduto 37 milioni di pezzi nel 1977, 78 milioni nel 1979 e le vendite continuavano ad essere in crescita, mentre per quel che riguarda le cassette vergini, nel 1978 erano stati venduti 250 milioni di pezzi, e anche qui le vendite erano in crescita. In più, i registratori già stimati in numero di 500 mila nel 1979, erano in crescita del 10%
ogni anno, risultando il componente hi-fi più richiesto da 3 anni. Il vero problema, dunque, era il timore di perdere vendite (la registrazione come sostituzione dell’acquisto di un LP), al quale si aggiungeva la perdita di diritti d’autore, anche nel caso di scambio di nastri tra amici e
non di pirateria vera e propria, che già allora veniva combattuta senza respiro in tutta America ed Europa33.
Le major intavolarono una vera e propria guerra alle musicassette al fine si salvaguardare il diritto d’autore nonché i propri guadagni che vedevano seriamente minacciati. Come risultato le case discografiche riuscirono ad ottenere il pagamento di una royalty su ogni cassetta vergine, i cui ricavati venivano poi suddivisi tra le stesse case discografiche in base alle rispettive quote di mercato (a discapito di chi ne facesse un uso corretto, limitato poi alla registrazione di materiale proprio o di una copia, nel senso di una sola copia dei dischi in proprio possesso)34.
Il successo della musicassetta si protrarrà per circa un ventennio, essendo questa il formato che più resisterà all’avanzata del digitale presso il grande pubblico. Dalla sua introduzione alla fine degli anni Sessanta, per tutti gli anni Settanta ed Ottanta, quando ha iniziato a declinare sui mercati occidentali scalzato dal CD, ha rappresentato una indubbia icona della musica di ogni genere. Amanti della classica o del rock, giovani o adulti, tutti avevano la propria piccola o grande raccolta di musica trasportabile su musicassette. Ed ancora oggi la cassetta resiste all’avanzata dei formati digitali, in quanto se sicuramente
33 Cfr. M. Chanan, Repeated Takes: a short history of recording and its effects on music, Paperback, London 2000
34 Cfr. A. Truffi, La duplicazione del supporto fisico, documento Internet tratto dal sito http://www.musicaememoria.com, 20.02.2006
non è paragonabile con questi ultimi in termini di qualità dei suoni, la musicassetta è però poco costosa, trasportabile, resistente, facile da usare e disponibile. E’, ormai, una tecnologia povera e non sorprende che i mercati dei Paesi meno sviluppati siano interamente o quasi basati sulla cassetta musicale anche oggi che in Occidente il CD è ormai al tramonto.
1.9 L’era digitale: il compact disc e i suoi successori
Verso la fine degli anni Settanta Sony e Philips si mettono all’opera per migliorare la qualità della musica registrata. Il risultato non si fa attendere a lungo, ed infatti nel 1980 le due società propongono sul mercato un nuovo supporto, il “compact disc” (CD), un dischetto in resina termoplastica di 12cm di diametro, frutto di ricerche ed esperimenti congiunti.
Il nuovo supporto segna il passaggio, per l’industria musicale, dal mondo analogico35 al mondo digitale36, e
35Gli strumenti di registrazione analogica restituiscono il segnale sonoro-visivo catturato con un analogo segnale di forma ondulatoria, rispettando cioè la sua natura di onda in grado di assumere con continuità valori positivi e negativi rappresentabili come una sinusoide. Il segnale, nonostante la diversa energia che lo ha prodotto, è quindi sempre concettualmente analogo a se stesso.
36Nel segnale digitale gli impulsi sono rappresentati come pacchetti o sequenze discontinue di entità elementari (0 e 1) che descrivono l’evento memorizzato. I riproduttori
nasce in particolare dall’applicazione di due tecnologie inizialmente utilizzate in altri settori: il laser a luce coerente, derivante dalle sperimentazioni in campo militare; e la codifica PCM (Pulse Code Modulation), nata per il mondo delle telecomunicazioni e derivante dalla tecnologia dei computer, messa a punto nei Bell Laboratories del New Jersey, e basata sul principio che un segnale continuo può essere scorporato in un numero finito di campioni37, custoditi mediante la rappresentazione binaria e, all’occasione, rimontati nel segnale originario. Attraverso tale processo, quindi, il suono complesso viene ridotto a una serie di numeri che ne danno una sorta di partitura rieseguibile a piacere, portando il mondo dei suoni ad individuarsi con quello delle informazioni, essendo immagini, testi è musiche espressi nello stesso linguaggio, il bit38.
leggeranno quelle informazioni trasferendole esattamente, senza alterazioni meccaniche come nei sistemi analogici.
37 La frequenza di campionamento (sample rate) che la Philips e la Sony stabilirono per il CD, e che è tuttora in vigore è 44.100 campioni per secondo (44.100 Hz) a 16 bit (che rappresenta la qualità del CD, ed offre una gamma dinamica del suono a 96 decibel, in quanto ad ogni bit corrispondono circa 6 db). I suoni codificati attraverso il sistema PCM vengono definiti file Wave (onda) ed assumono l’estensione “.wav”
38 La più piccola unità di misura del computer.
Rappresenta il singolo “0” o “1” del codice binario per elaborare i dati
Dopo un inizio stentato, dovuto all’elevato prezzo dei lettori e soprattutto al fatto che si trattava di una tecnologia troppo avanzata ed incomprensibile39, si assiste nel giro di due tre anni ad una crescita esponenziale destinata a cambiare per sempre l’industria della musica.
L’affermazione del CD segna un nuovo periodo di estrema prosperità per l’intero settore musicale dovuta a due motivi principali. Innanzitutto vi era la possibilità per le major di realizzare margini di profitto più elevati a fronte di prezzi di vendita più alti e di costi decrescenti nella produzione dell’offerta. Ed inoltre per merito di un fenomeno inedito, definito “effetto stock”, i consumatori, miracolosamente, ricompravano nel nuovo formato digitale quanto già possedevano in LP, procurando un’impennata esponenziale delle vendite40.
Il compact disc presenta, infatti, una serie di indubbi vantaggi rispetto al vinile che gli permettono di prendere nel giro di pochi anni il posto di questo sul mercato:
• possibilità di contenere fino a 74’ di musica (nei primi supporti, ora si è arrivati a 100’) oltre tutto su un solo lato;
• accesso diretto ai brani e possibilità di programmarne la sequenza;
39 In Italia il CD viene commercializzato a partire dal 1983, e nei primi anni stenta decisamente ad affermarsi, nel biennio 1984-1985 vengono venduti solo 200.000 esemplari, le vendite cominceranno a decollare solo a partire dal 1987.
40Cfr. M. Manlia, “Nuove tecnologie e prospettive future del mercato musicale”, in Economia della Cultura, 2/2004
• funzione di avanti veloce o indietro veloce;
• sistema di correzione di errore in grado di superare eventuali danneggiamenti o graffi del CD;
• eliminazione del rumore di fondo (sostituito però dal rumore di quantizzazione e dal jitter, fenomeni tuttavia molto meno facilmente avvertibili);
• nessun contatto meccanico tra sistema di lettura e disco, e quindi nessuna usura del disco;
• compattezza, sufficiente a consentirne l’uso in auto;
• bassa sensibilità agli urti, con conseguente possibilità di uso in movimento, come le cassette (grazie ai sistemi anti-shock con memoria tampone, arrivati in seguito);
• possibilità di visualizzare il titolo del CD e delle canzoni;
• maggiore qualità teorica del suono, in particolare gamma dinamica e risposta in frequenza (ma questa è rimasta una promessa non mantenuta, il CD non ha mai raggiunto la qualità dell’LP, lo ha solo approssimato in questi ultimi anni)41.
I primi ascoltatori di CD erano entusiasti, finalmente era sparito il nemico numero uno dell’LP, il fruscio di fondo, ed era possibile saltare da un brano all’altro senza dover indovinare il punto di discesa della puntina, il dischetto era compatto e consentiva di risparmiare spazio
41 Cfr. A. Truffi, La distribuzione su supporto fisico, documento Internet tratto dal sito http://www.musicaememoria.com, 20.02.2006
prezioso nella libreria, inoltre anche se leggermente rigato continuava a funzionare, ed il lettore non richiedeva noiose messe a punto: era arrivata una nuova era di comodità e qualità digitale.
Il passaggio, però, dal mondo dell’analogico (e deteriorabile) a quello del digitale (che in linea teorica non degrada nel tempo) poneva nuove problematiche e faceva rinvenire vecchie piaghe che, forse, gli industriali della musica non avevano ben considerato. L’informazione sonora trasformata in numero diveniva di ancor più facile appropriazione e trasformazione, senza mai perdere l’originaria qualità acustica. La musica registrata, di conseguenza, vedeva allentarsi sempre più il vincolo con il suo supporto fisico mettendo a rischio l’essenza stessa del mercato. Nella migliore delle ipotesi, infatti, l’elevata fedeltà sonora del CD offriva a pirati ed home tapers una nuova matrice di qualità da cui ricavare le proprie musicassette, mentre un’ipotesi più terribile ancora veniva dalla prospettiva di diffusione di apparati di duplicazione digitale. E, infatti, sulla base di tali minacciosi timori, l’immissione sul mercato, nel 1990, del prodotto succedaneo della cassetta, il DAT42 (Digital Audio Tape), fu fatto senza troppa convinzione dalla Sony Corporation, che pure molto aveva investito per definire questo nuovo supporto di qualità sonora pari o superiore al compact
42 Il DAT è una cassetta che permette di registrare informazioni audio sotto forma di segnali digitali, delle dimensioni di 73 mm x 54 mm x 10,5 mm. Ha una durata di registrazione che va da 2 a 4 ore.
disc43. Inoltre la RIAA (Recording Industry Association of America) e le etichette fonografiche sollevarono una dura opposizione al nuovo strumento, portando il caso addirittura davanti al Congresso degli Stati Uniti, paese che per primo aveva visto il lancio di tale supporto.
L’esistenza del DAT fu, pertanto, relegata al settore professionale, anche a causa del fatto che nessuna impresa fonografica mise in circolazione un catalogo sufficientemente ampio, né compì una promozione sufficientemente convinta da stimolarne l’adozione da parte dei consumatori.
In seguito, Philips con Panasonic (del gruppo Matsushita) e Sony, sempre all’inizio degli anni Novanta, svilupparono separatamente altri sistemi di registrazione e riproduzione digitale che nelle intenzioni avrebbero dovuto sostituire la cassetta. I due nuovi media, Digital Compact Cassette (DCC) per la Philips e MiniDisc per la Sony, differiscono tra loro per caratteristiche e forma, essendo la prima una cassetta simile alla sua progenitrice (pur contenendo però informazioni numeriche) e il secondo una sorta di floppy disc di dimensioni più contenute. Entrambe le tecnologie presentano pregi e difetti, ma sono accomunate dalla caratteristica di avere un algoritmo di compressione dati che semplifica la registrazione, impoverendo il segnale audio in entrata. In altre parole, la qualità acustica dei fonogrammi duplicati è sempre inferiore a quella degli originali, specialmente se
43 Mediante il DAT sono possibili tre frequenze di campionamento: 48 kHz, 44,1 kHz (qualità CD) e 32 kHz.
si tratta di compact disc, essendo la strategia, inespressa ma evidente, che le copie devono essere peggiori della matrice. Quindi, sia per mancanza di forte convinzione, sia per il mancato allontanamento dei timori da parte dei produttori, e sia per l’incertezza dei consumatori che avevano appena terminato la ricostruzione della propria discoteca in CD, si è verificato uno scarso interesse sia per DCC sia per MiniDisc, i quali attualmente giocano un ruolo trascurabile nella produzione fonografica mondiale, relegate ad occuparne una posizione marginale, posizione sulla quale di certo ha giocato un ruolo fondamentale lo scarso allestimento di un catalogo di musica registrata, fattore determinante per l’affermazione delle nuove tecnologie44.
Mentre, quindi, i tentativi di sostituzione digitale della musicassetta (DAT, DCC, MiniDisc) hanno sollevato scarso interesse tra i consumatori risolvendosi dunque in inevitabili insuccessi, il discorso cambia per quanto riguarda una eventuale (seppur difficile) sostituzione del CD.
Innanzitutto, potrebbe giocare un ruolo fondamentale l’aspetto economico della situazione: sono, infatti, ormai scaduti i brevetti del compact disc (1980-2000), di conseguenza il cartello Sony-Philips non percepisce più i diritti (royalty) sul CD Audio,
44 Cfr. F. Silva, G. Ramello, Dal vinile a Internet.
Economia della musica tra tecnologia e diritti, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1999
determinando di conseguenza un’ovvia spinta al lancio di un nuovo formato.
Inoltre sussiste l’aspetto tecnico. Col tempo sono venuti a galla alcuni difetti ed imperfezioni del compact disc, non percepiti inizialmente, come il jitter, il rumore di quantizzazione, la differenza di sincronismo tra lettore e convertitore: tutti elementi difficilmente misurabili ma avvertibili dall’orecchio umano come “fatica d’ascolto”. E la dinamica era stata abbassata nello studio di registrazione perché altrimenti i CD sarebbero stati ascoltabili solo con impianti di buon livello, e non da impianti come quello in auto o sui lettori portatili. Inoltre lo standard 16 bit – 44,1 KHz stabilito da Sony e Philips era il massimo consentito dalla tecnologia dell’epoca, ma sarebbe servita una banda (qualità) maggiore per non introdurre elementi peggiorativi come il rumore di quantizzazione. E la comprova è che dopo venti anni le
Inoltre sussiste l’aspetto tecnico. Col tempo sono venuti a galla alcuni difetti ed imperfezioni del compact disc, non percepiti inizialmente, come il jitter, il rumore di quantizzazione, la differenza di sincronismo tra lettore e convertitore: tutti elementi difficilmente misurabili ma avvertibili dall’orecchio umano come “fatica d’ascolto”. E la dinamica era stata abbassata nello studio di registrazione perché altrimenti i CD sarebbero stati ascoltabili solo con impianti di buon livello, e non da impianti come quello in auto o sui lettori portatili. Inoltre lo standard 16 bit – 44,1 KHz stabilito da Sony e Philips era il massimo consentito dalla tecnologia dell’epoca, ma sarebbe servita una banda (qualità) maggiore per non introdurre elementi peggiorativi come il rumore di quantizzazione. E la comprova è che dopo venti anni le