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Per i compensi agli amministratori delle società, sul piano dell'imposizione, venivano fino al 31 Dicembre 2000 inquadrati come redditi da lavoro autonomo. Dal 2001, con la Circolare n. 105/E tali compensi percepiti dagli amministratori possono essere trattati secondo due differenti modalità: facendoli rientrare tra i redditi assimilati al lavoro dipendente, quando l'amministratore occupa la carica in funzione dell'esercizio di un rapporto di lavoro dipendente50, secondo quanto 48 R.Artina “La deduzione del trattamento di fine mandato degli amministratori”, Bilancio e Reddito d'impresa, 2011, come evidenzia l'approfondimento n.2 Assonime di Marzo 2011 intitolato “La disciplina fiscale del trattamento di fine mandato corrisposto agli amministratori e

l'utilizzo dello strumento assicurativo”

49 Art 2423 bis, comma 1, n. 3 c.c: “ Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti

principi: n3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento”

50 Viene qualificato lavoratore dipendente chi mediante una retribuzione presta il proprio lavoro intellettuale o manuale sotto la dipendenza e la direzione del datore di lavoro. Gli indici rilevanti che caratterizzano il lavoratore subordinato possono essere sintetizzati in: sottomissione ad un datore di lavoro, percezione di una retribuzione periodica, l'osservanza di un orario di lavoro e l'inserimento del dipendente all'interno della organizzazione aziendale

stabilito dall'articolo 50, lett. c-bis Tuir51, oppure assimilati a redditi di lavoro

autonomo quando l'ufficio rientra nei compiti istituzionali del professionista52.

Quindi in caso di dottori o ragionieri commercialisti le prestazioni poste in essere come amministratori di società e enti rientrano nell'ambito delle proprie mansioni professionali in quanto ciò è previsto esplicitamente dall'ordine professionale53.

Ultimamente, si è assistito ad un'estensione del concetto di professione, aumentando il numero di amministratori considerati professionisti, consideriamo quelli che svolgono le professioni senza essere iscritti agli albi esistenti, comunque inquadrabili fra i professionisti sul piano fiscale. Ancora, possiamo tener presente che esistono professioni per le quali non sono ancora istituiti albi (esercizio delle professioni intellettuali). Oltre a ciò, si considerano rientranti fra i redditi delle professioni abituali quelli ottenuti attraverso un'attività non tipica, ma svolta in forma professionale e abituale.

Sul piano tributario, l'articolo che andremo ad analizzare è il 95 del Tuir, il quale dispone il trattamento fiscale delle spese sostenute dal datore di lavoro

51 Art 50, lett c-bis Tuir: “Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente le somme e i valori in

genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministrazione, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, semprechè gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all'articolo 46, o redditi di lavoro dipendente, o arti e professioni di cui all'articolo 49”

52 Gli elementi caratterizzanti di una attività professionale si riferiscono al fatto che sia svolta in modo abituale e professionale. Ossia, il requisito dell'abitualità sta a significare che l'attività sia svolta con stabilità, regolarità e sistematicità. Mentre per professionalità si intende l'effettuazione costante di una serie di comportamenti il cui manifestarsi e ripetersi è interpretato come segno dell'esercizio di un'attività

53 Circ.Min, 12 Dicembre 2001,n. 105/E, in Codice Tuir commentato, II ed., Ipsoa, Gruppo Wolters Kluwer, 2013, L.Abritta, L.Cacciapaglia, V.Carbone, M.R.Gheido commento all'articolo 50 del Tuir

imprenditore in relazione ai propri lavoratori.

La norma in esame elenca, una casistica di spese riferite a detti lavoratori, stabilendo per ognuno di esse, precisi limiti di indeducibilità. In particolare, il comma 554 disciplina i compensi spettanti agli amministratori di società di

capitali ed enti commerciali, ammettendo la loro deducibilità nell'esercizio in cui sono corrisposti e quindi secondo il principio di cassa.

Tale disposizione deve ritenersi riferibile, anche alle società di persone, poiché inserita tra le disposizioni generali in tema di determinazione del reddito d'impresa, come risulta dal rinvio di cui all'articolo 56, comma 1 del Tuir55.

Ne deriva che sono ammessi in deduzione dal reddito d'impresa, in base al criterio di cassa, sia i compensi determinati in misura fissa, sia quelli commisurati agli utili di esercizio, in deroga al principio generale della competenza sancito dall'articolo 109, comma 1 del Tuir.

Tuttavia, l'assimilazione di tali compensi ai redditi di lavoro dipendente, ha comportato che i compensi erogati all'amministratore entro il 12 Gennaio debbono considerarsi deducibili nel precedente periodo d'imposta, secondo il principio di cassa allargato56. Si ritiene utile precisare che tale principio non 54 Art 95, comma 5 Tuir: “ I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui

all'articolo 73, comma 1, sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti, quelli erogati sotto forma di partecipazioni agli utili, anche spettanti ai promotori e soci fondatori, sono deducibili anche se non imputati al conto economico”

55 Art 56, comma 1 Tuir: “ Il reddito d'impresa è determinato secondo le disposizioni della sezione

I del capo II del titolo II,salvo quanto stabilito nel presente capo. Le disposizioni della predetta sezione I e del capo VI del titolo II, relative alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a) e b) valgono anche per le società in nome collettivo e in accomandita semplice”

56 Art 51, comma 1 Tuir: “ Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in

genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono”

espressamente previsto dalla norma di cui al comma 5, dell'articolo 95 Tuir, non possa trovare applicazione quando i compensi spettanti all'amministratore siano inquadrabili tra i redditi di lavoro autonomo. La disposizione è chiaramente volta a far coicidere il periodo d'imposta in cui i compensi sono tassati in capo all'amministratore persona fisica con quello in cui sono dedotti dalla società. Avendo il compenso di amministratore natura di reddito assimilato a quello dipendente, il rispetto di tale simmetria comporta la deducibilità in capo alla società e l'equivalente tassabilità in capo all'amministratore nell'esercizio n dei compensi di competenza di tale esercizio erogati entro il 12 Gennaio dell'esercizio n+1. La potenziale discrasia temporale fra i due criteri ha reso tale disciplina sospetta di pratiche di pianificazione fiscale consentendo un'immediata deducibilità in capo all'impresa ed un indefinito differimento impositivo per l'amministratore57.

Il rispetto del principio di simmetria comporterebbe a disapplicare il criterio di cassa in quelle situazioni in cui il compenso dell'amministratore è tassato secondo il criterio di competenza, ossia nel caso dei compensi reversibili.

I compensi reversibili, sono riconducibili all'interno dei gruppi societari, cioè rapporti contrattuali intercorrenti tra la società controllante e la società controllata, in forza dei quali i compensi spettanti all'amministatore della controllata, già dipendente della controllante, vengono direttamente versati alla

57 M.Falsitta, M.Fantozzi, Commentario breve alle leggi tributarie , Tomo III, Tuir e leggi

comparate, commento all'articolo 95 del Tuir; N.di.Sante e M.Sebastianelli, “Società di capitali: deducibilità dei compensi agli amministratori”, in Amm finanza, 2010; C.Sacchetto,

controllante58.

I compensi reversibili non sono tassati ai fini delle imposte sui redditi in capo all'amministratore persona fisica e costituiscono costo deducibile nell'esercizio di competenza per la società erogante e ricavo imponibile per competenza per l'impresa percipiente. Perciò si stabilisce che il compenso di amministratore non rileva in capo al dipendente, ai fini delle imposte sui redditi, in base al principio generale secondo il quale non si configura reddito imponibile, in altri termini viene a mancare il presupposto dell'articolo 1 del Tuir, ossia il mancato possesso di un reddito.

Mentre per la società controllata, il costo è deducibile ai fini delle imposte dirette per competenza, infatti è una somma spettante direttamente alla società e conseguentemente, essendo attribuito il compenso ad un soggetto titolare di reddito d'impresa non è applicabile il criterio di cassa stabilito dall'articolo 95, comma 5, Tuir.

A differenza, per quanto riguarda le somme corrisposte al datore di lavoro dell'amministratore, concorrono a formare il reddito della società percipiente. In particolare, se tale compenso viene corrisposto ad una società residente in Italia o con stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente,esso sarà reddito imponibile per competenza e non sarà sottoposto alla ritenuta d'acconto (prevista dall'articolo 24, comma 1 ter del Tuir essendo applicabile ai redditi menzionati

58 N.di.Sante e M.Sebastianelli, “Società di capitali: deducibilità dei compensi agli

amministratori”, in Amm finanza, 2010, La procedura normalmente utilizzata prevede:l'accordo

tra la società controllante e l'amministratore da cui risulti l'obbligo di reversibilità; la comunicazione della controllante alla controllata dell'esistenza dell'accordo,affinchè il pagamento diretto del compenso alla controllante sia liberato per la controllata; la documentazione dell'effettivo pagamento del compenso reversibile direttamente alla controllante.

nell'articolo 50, comma 1 del Tuir).

Ad analoghe conclusioni si giunge nel caso di amministratore o collaboratore coordinato e coontinuativo della società controllante, e in dettaglio tale compenso non sarà sottoposto a ritenuta, la società controllata dedurrà il compenso ai fini Ires per competenza e la società controllante sarà assoggettata ad imposizione ai fini Ires59.

Tutti gli amministratori di società, senza alcuna eccezione, sono soggetti passivi per l'imposizione sui redditi, imposizione basata su criteri di progressività, principio secondo il quale ognuno contribuisce alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva, ma viceversa, non tutti gli amministratori, hanno degli obblighi per la disciplina in ambito Iva, anche se essendo come tali cittadini supportano tale tributo in conseguenza dell'acquisto di beni e servizi. Analizzato che, i compensi percepiti dagli amministratori vengono assimilati ai redditi di lavoro dipendente, in questo caso risultano essere esclusi dall'osservanza degli adempimenti richiesti in ambito Iva (ossia Dpr n.633 del 1972), non possedendo partita Iva, salvo il caso in cui esercitano contemporaneamente esercizio di impresa. Ciò vuol dire che se l'attività svolta dall'amministratore risulta essere isolata, i compensi percepiti sono da considerarsi redditi da lavoro dipendente. Qualora la sua attività estranea all'impresa si allargasse fino a comprendere altri incarichi di amministrazione, nel reddito complessivo rientrerebbero i compensi di amministratore come redditi

di lavoro autonomo60.

L'importanza invece, relativa alla disciplina in ambito Iva delle prestazioni di amministratori, inquadrabili tra le attività di artisti o professionisti, è data dal rispetto delle tre condizioni richieste: condizione oggettiva, condizione soggettiva, condizione territoriale61.

Dopo aver analizzato il rispetto dei requisiti richiesti in ambito Iva relative alle prestazioni degli amministratori che svolgono attività in ambito di artisti o professionisti, si passa ad analizzare il concetto di imponibilità, ossia l'applicabilità di tale tributo sui compensi. Poiché non esiste un'elencazione delle operazioni imponibili, dobbiamo procedere per esclusione, ritenendo che tale operazione non rientra ne tra quelle non imponibili o esenti, operazioni le quali non danno luogo a materia imponibile.

Si conclude quindi, che l'attività economica svolta come artisti o professionisti non è da escludere dall'applicazione del tributo.

Tutti gli amministratori, indipendentemente dalla qualificazione dei compensi

60 Partendo da tale considerazione si veda A. Ghini, “I compensi degli amministratori”, 2005, il quale riporta un esempio pratico: “Se un imprenditore concessionario di auto assume la carica di amministratore in una società fra concessionari, i redditi sono inquadrati tra quelli di lavoro dipendente”. Nonostante ciò, non vuol dire che l'amministratore non debba mai sostenere adempimenti in ambito Iva, si pensi al caso in cui sostenga delle spese nell'interesse della società, come l'acquisto di beni. In quest'ultimo caso, implica la richiesta di fatture purchè la società possa usufruire della detrazione ai fini Iva. Altresì, se l'amministratore ha concordato che le spese connesse alla propria carica, come spese di viaggi o spese di ristoranti, danno luogo al rimborso da parte della società, il soggetto, quindi, dovrà mantenere la documentazione necessaria, raccogliendo fatture, ricevute fiscali

61 Art 1 Dpr n. 633 del 1972: “L'imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le

prestazioni di servizio effettuate nel territorio dello stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”. Trattandosi di amministratori di

società di diritto italiano la condizione di territorialità si manifesta in modo stabile e le altre due condizioni risultano essere due costanti. In dettaglio la condizione oggettiva viene chiarita dall'articolo 3, in quanto esplicita ciò che rientra tra le prestazioni di servizio. La condizione soggettiva è menzionata dall'articolo 5, il quale definisce l'esercizio di arti e professioni e infine l'articolo 7 che disciplina il principio di territorialità

ottenuti per la carica svolta, subiscono un prelievo alla fonte.

Tale argomento deve essere trattato sulla base del Dpr 29 Settembre 1973, n. 600, in particolare il Titolo II si dedica alla regolamentazione delle ritenute.

Lo strumento del prelievo alla fonte risulta essere agevole, in quanto per l'erario si ha la possibilità di acquisire gettito, accrescendo le proprie disponibilità, e da parte di chi eroga non è spinto a incorrere infrazioni per favore altrui.

Con il meccanismo, del cosiddetto prelievo alla fonte, emergono due figure distinte: una obbligata ad operare materialmente la ritenuta, e l'altra a subirla. Nel primo caso si ha sostituto d'imposta, nel secondo sostituito62.

Il meccanismo consiste nel fatto che il sostituto dovrà al momento dell'erogazione del compenso, effettuare la ritenuta d'acconto,con obbligo di rivalsa. Nel caso in cui la ritenuta da operare sui predetti valori non trovi capienza in tutto o in parte sui contestuali pagamenti in denaro il sostituito è tenuto a versare al sostituto l'importo corrispondente all'ammontare della ritenuta63.

62 A.Ghini, “I compensi degli amministratori”, 2005, definisce il concetto di sostituto e sostituio. La nozione di sostituto possiamo ricavarla in modo indiretto dall'articolo 64 del Dpr 29 Settembre 1973, n. 600, in quanto discende che assume la figura di sostituto chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per situazioni a questi riferibili ed anche a titolo d'acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso. Il sostituto perciò è una sorta di esattore,colui che intraprende rapporti con l'ente impositore non per redditi propri ma per redditi altrui. Egli nella maggioranza dei casi non ottiene nessun aggio o compenso per il lavoro svolto e per le sue responsabilità, nonstante la sua posizione risulti delicata, poiché è assistito eventualmente da una sanzione sia amminstrativa che penale. Passando al comma 2, troviamo la definizione a grandi linee di sostituito, ossia è colui che pone in essere il presupposto d'imposta e sarà colui che dovrà intervenire nell'eventuale procedimento di accertamento delle imposte.

63 A.Ghini, “I compensi degli amministratori”, 2005 riporta in dettaglio l'applicazione della ritenuta sui compensi agli amministratori, in quanto se i compensi sono assimilati a quelli di lavoro dipendente l'articolo di riferimento è il 24 del Dpr n. 600 del 1973, il quale a sua volta rinvia, in quanto compatibili all'articolo 23 in tema di redditi di lavoro dipendente. In particolare la disciplina prevede l'applicazione di una ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 20% e qualora gli amministratori siano non residenti, sarà del 30%. Stessa disciplina è prevista nel caso in cui

Infine, andiamo ad analizzare qual'è la disciplina relativa alla deducibilità degli accantonamenti per il trattamento di fine mandato spettanti agli amministratori, la quale risulta essere molto incerta.

Il regime di deducibilità degli accantonamenti per le indennità di fine rapporto è disciplinato dall'articolo 105 Dpr 917 del 1986, relativa alle indennità dei lavoratori dipendenti, in quanto al suo 4° comma, prevede il rinvio agli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all'articolo 17, comma 1, lettera c), d), f).

In particolare, l'inclusione degli accantonamenti di fine mandato tra quelli deducibili dal reddito d'impresa, viene fatto tramite rinvio alla lettera c) dell'articolo 17 relativa ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Quindi, tali accantonamenti risultano essere deducibili secondo quanto stabilito per i lavoratori dipendenti con il principio della competenza, in deroga, alla disciplina ordinaria prevista per i compensi erogati agli amministratori64.L'articolo in commento, in deroga al principio generale di

tassazione del reddito, dispone per talune fattispecie reddituali una particolare modalità di tassazione separata65.

tali compensi siano assimilati a quelli di lavoro autonomo, ma con applicazione dell'articolo 25 del Dpr n.600 del 1973

64 Art 105, comma 1 Tuir: “Gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi

di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell'articolo 2117 del codice civile, se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi”

65 All'articolo 17, si ricollega l'articolo 21, in quanto stabilisce che l'imposta è determinata applicando all'ammontare percepito l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui è sorto il diritto alla percezione. Inoltre, se nei due anni precedenti non vi è stato reddito imponibile, si applica l'aliquota alla metà del reddito complessivo netto dell'altro anno. Infine, altro caso si ha quando non sia stato prodotto nessun reddito nel biennio precedente si applicano le aliquote ordinarie dell'articolo 11

L'istituto della tassazione separata ha ragione d'essere in quanto si hanno redditi che pur ammettendo una sola riscossione o acquisizione, si sono formati in un arco temporale costituito da più periodi, evitando l'inconveniente che si avrebbe nel praticare un prelievo come se si trattasse di redditi dovuti ad un solo periodo di imposta. In verità, tale opzione non risulta essere sempre quella conveniente per il contribuente, esiste la possibilità dell'imposizione ordinaria, ma l'opzione non viene adoperata dal contribuente, ma bensì da parte dell'ufficio, il quale è chiamato ad individuare la situazione più vantaggiosa66.

L'applicazione del regime di tassazione separata per le indennità di cui trattasi è subordinata a tre circostanze, le quali prevedono che si tratti di cessioni di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, che risulti da atto avente data certa, e che la data certa sia anteriore all'inizio del rapporto. È lecito chiedersi se tali principi siano necessari per riconoscere la deducibilità in base al principio della competenza degli accantonamenti imputati a conto economico, in ragione del rinvio effettuato dall'articolo 105 del Tuir.

In merito al primo requisito non si sono succeduti dubbi interpretativi, in quanto, come già appurato, tra le fattispecie rientranti tra i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa rientra l'attività di amministratore e quindi risulta essere

Tuir.

66 L.Abritta, L.Cacciapaglia, V.Carbone, M.R. Gheido, Codice Tuir commentato, II ed., Ipsoa, Gruppo Wolters Kluwer, 2013, commento all'articolo 17 del Tuir: l'articolo 24 del d.l. n. 201 del 6 Dicembre 2011, convertito dalla l. 214 del 22 Dicembre 2011, ha previsto l'applicazione della tassazione ordinaria in luogo di quella separata (in relazione alle indennità e i compensi legati alla cessazione di rapporto di lavoro dipendente e collaborazione coordinata e coontinuata) che eccede l'importo di un milione di euro. In definitiva, tale disposizione si limita ad escludere l'applicazione del regime della tassazione separata alle tipologie di redditi di cui alle lettere a) e c) del comma 1 dell'articolo 17 del Tuir, per la parte che eccede un milione di euro

automaticamente rispettato. In relazione ai seguenti requisiti, si sono soppraggiunti dubbi interpretativi e in ragione di questo riportiamo diverse opinioni contrastanti.

La prima è quella dell'Agenzia delle Entrate, che ha espresso, tramite la Risoluzione n. 211/E del 22 Maggio 200867, il proprio orientamento favorevole,

ritenendo assolutamente necessaria la presenza di un atto avente data certa

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