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Le modifiche intervenute con il passaggio dal “vecchio” al “nuovo”

La questione della deducibilità dei compensi erogati dalle società di persone e di capitali ai propri amministratori sembra ad oggi aver trovato un lieto fine, favorevole ai contribuenti. Ma in origine l'argomento è risultato molto incerto e proprio considerando l'importanza della questione e il mutevole quadro del diritto è opportuno ricostruire i diversi profili.

Per ricostruire il percorso è necessario richiamare le diverse interpretazioni adottate dalla Corte di Cassazione in materia di deducibilità dei compensi attribuiti agli amministratori di società, partendo, dall'Ordinanza del 13 Agosto 2010 n. 1870271. Essa si era concentrata sull'interpretazione dell'articolo 62

“Vecchio Tuir”72, ammettendo assoluta indeducibilità dei compensi agli

amministratori di società di capitali, poiché tale articolo faceva riferimento ai soli amministratori di società di persone. Per confermare simile interpretazione, la Corte aveva aggiunto che la posizione dell'amministratore di società di capitali è equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quella dell'imprenditore, non essendo individuabile, in relazione alla sua attività gestoria, la formazione di una volontà imprenditoriale distinta da quella della società e non ricorrendo quindi

71 Ord., 13 Agosto 2010, n.18702, in Riv. Giur. Trib. 2010, con commento di F.Tundo, discende: “l'impossibilità di deduzione a titolo di compenso dell'amministratore di società di capitali, argomentando nel senso che la figura di quest'ultimo,è equiparabile, sotto il profilo giuridico a quella dell'imprenditore, poiché in relazione alla sua attività gestoria non è individuabile le caratteristiche del requisito della subordinazione”

72 Art 62, Tuir, ante d.lgs. n.344 del 2003, comma 2: “Non sono ammesse in deduzioni a titolo di

compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta dall'imprenditore, dal coniuge, dai figli affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e degli ascendenti, nonché dei familiari partecipanti all'impresa di cui al comma 4 dell'art 5. I compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti”. Al comma 3 segue:

“I compensi spettanti agli amministratori delle società in nome collettivo e in accomandita

semplice sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti, quelli erogati sotto forma di prtecipazione agli utili sono deducibili anche se non imputati al conto economico”

l'assoggettamento all'altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito tipico della subordinazione.

Laddove, la norma prevede la non deducibilità dei compensi di lavoro per l'opera svolta dall'imprenditore, essa è da leggersi in riferimento all'attività prestata dall'imprenditore erogante medesimo. Nel caso dell'impresa individuale, al fine di evitare manovre elusive, la disciplina tributaria impedisce di portare in deduzione, nella determinazione del reddito imponibile, eventuali auto-compensi attribuiti a se stesso e corrisposti dall'imprenditore per l'attività da sé prestata. Si evince, che questa sia la lettura corretta della norma, in quanto la norma prosegue affermando l'indeducibilità dei compensi erogati ai coniugi dell'imprenditore. La decisione non avrebbe più dovuto comportare dubbi con le regole in vigore ma attualmente sono presenti ancora perplessità.

Questo perchè, la Suprema Corte sembra non abbia tenuto conto dell'esistenza di un'altra norma (art. 95 Tuir) la quale estende la disciplina delle società di persone anche alle società di capitali. Sia nel precedente sistema normativo al 2004, che in quello attuale, l'imprenditore individuale non ha nessuna possibilità di portare in deduzione le somme per l'attività gestoria e contemporaneamente è tassato il compenso percepito.

Inoltre, è opportuno ricordare che, una società a propria personalità giuridica, facendo si che l'amministratore, qualora fosse anche socio, sia in ogni caso un soggetto distinto rispetto alla società, a differenza della posizione dell'imprenditore individuale, la cui posizione personale e imprenditoriale non ha

niente a che vedere con gli ambiti giuridici.

Quanto invece, all'assimilazione della figura dell'amministratore di società di capitali a quella dell'imprenditore, va sottolineato che l'attività gestoria di una società debba essere retribuita con somme che costituiscono un costo per la società. Se così fosse, automaticamente si genera la deducibilità di tale costo. Perciò, come già anticipato, la decisione della Suprema Corte, non dovrebbe comportare dubbi con la disciplina in vigore dal 2004, poiché la riforma fiscale, non avendo apportato modifiche sostanziali alla disciplina degli amministratori, ha trascritto, dopo l'introduzione dell'imposta sulle società, le norme relative alle società di capitali facendo discendere da esse l'imposizione del reddito di tutte le società.

Attualmente, le regole del calcolo relative al reddito imponibile di società di capitali avviene attraverso una disciplina specifica, e non più in rimando alle norme delle imprese Irpef.

In contrasto con quanto è stato appena affermato dall'ordinanza citata, si è espressa la Corte di Cassazione nel 201073 e l'Agenzia delle Entrate precisamente

nel 201274, entrambe assumendo l'impossibilità di equiparare la posizione

dell'amministratore di società a quella dell'imprenditore individuale.

73 Cassazione, 10 Dicembre 2010,n. 24957, in Banca Dati Big Suite, Ipsoa,la quale pronuncia si basa sull'analisi dell'articolo 95 del Tuir. In ragione del rinvio operato dall'articolo 95 del Tuir che ammette esplicitamente la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori di società di capitali

74 Ris., 31 Dicembre 2012, 113/E, in in Banca Dati Big Suite, Ipsoa, nel dettaglio la risoluzione analizza il quesito posto da una Srl in liquidazione volontaria, inerente il compenso corrisposto non ad un amministratore, ma bensì, al proprio liquidatore, il quale risultava anche socio di maggioranza della società. La società aveva richiamato nell'istanza di interpello le menzionate sentenze della Corte di Cassazione, e ritenendo che in base alle stesse non sarebbe stato deducibile il compenso erogato al liquidatore, in quanto la sua attività sarebbe risultata assimilabile all'opera svolta dall'imprenditore

In particolare, la Cassazione75 si è espressa dicendo in modo chiaro che i

compensi in esame sono deducibili sia da parte delle società di persone che di capitali, e comunque ritenendo, affinchè l'onere sia fiscalmente deducibile, che debba risultare da una decisione adottata secondo le regole del codice civile. A sua volta, in senso conforme si è pronunciata l'Agenzia delle Entrate76, la quale

ha precisato che è comunque necessario distinguere la disciplina prevista dal “Vecchio Tuir”, da quella contenuta nel “Nuovo Tuir”, introdotto dal D.legs n.344 del 2003.

In particolare, l'articolo 62 del “Vecchio Tuir” disciplinava “l'indeducibilità del compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta dall'imprenditore e dai suoi familiari” e “la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori di società di persone”. Le disposizioni di tale articolo sono confluite in due distinti articoli del “Nuovo Tuir” e specificatamente nell'articolo 6077, il quale non ammette in

deduzione i compensi percepiti per l'attività svolta dall'imprenditore e dai suoi familiari e nell'articolo 8 comma 178 che non permette di confluire nel reddito i

compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell'articolo 60.

In sostanza, secondo l'Agenzia delle Entrate, le modifiche apportate al sistema tributario hanno separato il trattamento fiscale da riservare ai compensi erogati

75 Si veda nota n.73 76 Si veda nota n.74

77 Art 60 Tuir: “Non sono ammesse in deduzione a titolo di compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta dall'imprenditore, dal coniuge, dai figli affidati o affiliati di età o permanentemente anabili al lavoro e dagli ascendenti, nonché dai familiari partecipanti all'impresa di cui al comma 4 dell'articolo 5”

78 Art 8, comma 1 Tuir: “Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria

che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali di cui all'articolo 66 e quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni. Non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammesi in deduzione ai sensi dell'articolo 60”

all'imprenditore individuale rispetto a quello disposto per i compensi agli amministratori erogati da società in nome collettivo, in accomandita semplice e da società di capitali.

Perciò si ritiene che gli articoli 8 e 60 del Tuir sono da riferirsi al solo imprenditore individuale-persona fisica e non anche all'impresa esercitata in forma collettiva79.

Pertanto non vi è motivo per escludere la deducibilità dei compensi per il lavoro prestato dal socio a favore della società di persone, considerata la posizione di diversa soggettività in cui si trova la società rispetto al socio stesso e che viene assolutamente a mancare, invece, nell'impresa individuale. Ciò è tanto più evidente nel caso di una società di capitali che, essendo soggetto giuridicamente e tributariamente autonomo rispetto ai soci che vantano quote di partecipazione al suo capitale sociale, si trova nella condizione oggettiva, di soggetto terzo che, come tale, può richiedere prestazioni tecnico-professionali ai propri soci.

Invece, con riguardo al caso dell'amministratore unico-dipendente della società la giurisprudenza con la sentenza della Corte di Cassazione n.24188 del 13 Novembre 200680, ha stabilito che le remunerazioni corrisposte all'amministratore

unico anche dipendente della società, sarebbero fiscalmente indeducibili. Per

79 G.Ferranti “Deducibilità dei compensi agli amministratori: la Cassazione persevera nell'errore”, in Corr. Trib. 2014

80 Cassazione, 13 Novembre 2006,n. 24188, in Banca Dati Big Suite, Ipsoa, la quale sentenza richiamata aveva ad oggetto l'impugnazione da parte della società di fronte alla commissione Tributaria Provinciale di Bolzano gli avvisi di accertamento che rettificavano i redditi dichiarati sul presupposto dell'indeducibilità dei costi di prestazione di lavoro subordinato reso dall'amministratore unico di società. La motivazione della decisione si è basata sul fatto che gran parte della giurisprudenza consolidata sostiene che la qualifica di amministratore unico non sia compatibile con quella di lavoratore subordinato, non ricorrendo i requisiti tipici di potere di controllo e direttivo. Essendo quindi equiparato alla figura dell'imprenditore non è ammessa la deduzione.

arrivare a tale conclusione, la Cassazione ha fondato i propri convincimenti sul presupposto che la carica di amministratore unico sarebbe incompatibile con quella di dipendente della società stessa, pertanto gli eventuali salari e stipendi al medesimo erogati non sono deducibili perchè connessi ad un rapporto inesistente. In questa prospettiva d'identicità tra impresa e amministratore, il compenso erogato a quegli diventa simile al cosiddetto salario figurativo o auto-compenso, che l'imprenditore individuale eroga a se stesso senza possibilità di deduzione ai fini impositivi. Èd infatti, alla luce di ciò, che la Sezione Tributaria del 2006 ha ritenuto che non sia ammesso in deduzione la spesa sostenuta a titolo di compenso per il lavoro prestato e per l'opera svolta dall'amministratore unico di società di capitali, trovando conferma negli articolo 60 e 95 del Tuir ante riforma Ires, i quali escludono espressamente la deducibilità del cosiddetto salario figurativo, ossia un compenso di lavoro che l'impresa collettiva finisce con pagare a se stessa.

In merito, si ritiene che l'incompatibilità civilistica dell'amministratore unico che è anche dipendente non può avere una diretta conseguenza fiscale, considerando che l'amministratore è comunque tassato sul reddito percepito.

Qualora l'onorario fosse imponibile in capo all'amministratore ed indeducibile in capo alla società, vi sarebbe una dobbia imposizione esplicitamente vietata dall'articolo 163 Tuir.

Perciò a norma dell'articolo 60 del Dpr n.917 del 1986, il quale esclude la deducibilità del compenso dell'imprenditore e ammette quello del lavoratore

subordinato, deve ritenersi non ammessa la deducibilità per il compenso dell'amministratore unico, che rientra tra la figura dell'imprenditore.

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