Una particella sospesa è soggetta al seguente equilibrio fisico, mostrato anche nel grafico di figura 1.4:
Il profilo di riferimento per stu-diare il moto della particella è dun-que adiabatico. Quindi ad esem-pio, se la particella sale istantanea-mente di un certo ∆z, la sua tem-peratura scenderà seguendo l’adiabati-ca; a questo punto essendo più fred-da scenderà verso il basso seguendo un moto turbolento. Questo tipo di moti è quello di un’atmosfera stabi-le, che per definizione inibisce moti turbolenti e vorticosi e di conseguen-za la dispersione di polveri e inquinan-ti, che rimarranno in una stessa zo-na (condizione di cielo limpido e sere-no).
1.6. INQUINAMENTO SU SCALA GLOBALE 15
1.6.1 Piogge acide
Sono prodotte dalla presenza di SOx e NOx nell’atmosfera, poiché quest’ultimi sono sottoposti alle seguenti reazioni in presenza di acqua (umidità):
SO2+ H2O −−→ H2SO3 ⇒ H2SO3+1
2O2−−→ H2SO4
SO3+ H2O −−→ H2SO4
NO, NO2+ H2O −−→ HNO3
(1.42)
HNO3 e H2SO3 formano soluzioni acquose a PH basso, quindi le piogge acide. Il problema fondamentale legato ad esse è il fatto che sciolgono il carbonato di calcio presente nei monumenti ed edifici in genere:
CaCO3+ H2SO4−−→ CaSO4+ H2O + CO2 (1.43) Infatti CaSO4è gesso, quindi un composto solubile in acqua. Le piogge acide possono cadere in luoghi anche molto distanti da quelli di generazione degli SOx e NOx .
1.6.2 Buco dell’ozono
La concentrazione di ozono presente negli alti strati dell’atmosfera (stratosfera) è di 7, 4ppm, superiore a quella degli strati più bassi. La funzione dell’ozono è quella di assorbire i raggi ultravioletti provenienti dalla radiazione solare, che si dividono in UVA (320-400 nm), UVB (220-320 nm), UVC (30-220 nm): in particolare l’ozono assorbe completamente le radiazioni pericolose, i raggi UVB e UVC. A partire dagli anni ’80 si è osservata una diminuzione della concentrazione di O3, dovuta all’emissione in atmosfera di composti contenenti cloro, fluoro o bromo.
Questi elementi infatti andavano ad inserirsi nell’equilibrio del ciclo di produzione e distruzione dell’ozono, sottraendolo per riformare ossigeno molecolare:
ciclo dell0Ozono La presenza di Cl, F e Br nell’atmosfera era da imputare all’utilizzo di fluidi refrigeranti CFC, banditi poi dal 1995. I fluidi contenenti invece sono fluori saranno messi fuori legge dal 2020.
1.6.3 Effetto serra
L’effetto serra è legato alla presenza di gas come l’anidride carbonica, di per sé non inquinante, che hanno la caratteristica di essere trasparenti alla radiazione solare diretta ma opachi alla radiazione solare riemessa dalla terra, che è nelle frequenze
16 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE dell’infrarosso.
E = σ · A · T4= ε · A ·R Eλ· dλ
Eλ= 2π · h · c2
λ5 · 1
ehc/kλT − 1 λEλ =2898
T (legge di W ien)
(1.46)
Questo comportamento provoca inevitabilmente un innalzamento della temperatura atmosferica. Di per sé l’effetto serra è benefico, perché consente di mantenere la temperatura del pianeta quasi costante, con meno picchi alti e bassi. Tuttavia, una concentrazione troppo elevata di gas serra porta ad un aumento incontrollato della temperatura che può avere effetti drastici sull’ecosistema, come l’innalzamento del livello del mare in seguito allo scioglimento dei ghiacciai polari. Non esistono normative per l’emissione della CO2 , ma solo accordi e leggi per contenerla, anche perché è un problema complesso: anche se si catturasse, ci sarebbe comunque il problema dello stoccaggio. L’unico vero modo per intervenire è lavorare alla fonte, eliminando i combustibili fossili.
1.6.4 Global Warning Potential - Potenziale di Gas Serra
Il GWP è un parametro che consente di confrontare la caratteristiche relative al potenziale di effetto serra di più specie chimiche rispetto alla CO2 a parità di tempo:
infatti non sarà importante solo la capacità di assorbimento della radiazione infrarossa, ma anche il tempo di permanenza in atmosfera, ossia il tempo di decadimento del composto considerato definito come il tempo durante il quale la specie chimica rimane tal quale in atmosfera, prima di subire una serie di trasformazioni chimiche o fisiche che ne cambino le caratteristiche. Questo tempo è pari a 100 anni per la CO2 , e ad esempio per il SF6 è 3000 anni. Il GWP della CO2 in 100 anni è fissato pari a 1, ne consegue ad esempio che quello del metano CH4è 21.
Capitolo 2
Tecnologie per il controllo degli inquinanti: Impianti a vapore
Lezione4. 26/10/2017 I prodotti inquinanti prodotti negli Impianti a Vapore sono essenzialmente dovuti al generatore di vapore e quindi alla combustione. Negli IV la combustione è esterna, dunque dato che i fumi non evolvono in turbina è possibile utilizzare anche combusti-bili "poveri" e "sporchi", cioè con alti contenuti di ceneri e composti ammoniacali e solforati. L’utilizzo di quest’ultimi fa sì che i fumi prodotti si trovino:
• SOx che possono arrivare anche ai 10000mg/m3, con limiti di 200mg/m3,
• NOx termici, fuel (se il combustibile ha ammoniaca al suo interno) e prompt, che possono arrivare a concentrazioni di 2000mg/m3 con limiti di 200mg/m3,
• Particolato, con concentrazioni prodotte massime di 3000 − 4000mg/m3mentre i limiti sono di 50mg/m3 (dunque l’efficienza del sistema di smaltimento deve essere almeno del 95%).
Non mi aspetto invece presenza di incombusti o prodotti di combustione incomple-ta. Viste le entità delle concentrazioni in gioco, è logico aspettarsi che la linea di abbattimento delle emissioni per un impianto a vapore abbia voci di costo elevate sia nell’investimento iniziale per l’impianto (anche il 30%), sia per quanto riguarda i consumi dell’impianto stesso.
2.1 Trattamento del particolato
Il particolato così inteso rappresenta circa il 70% delle ceneri totali prodotte dalla combustione, poiché l’altro 30% è rappresentato dalle ceneri pesanti che possono essere rimosse in camera di combustione semplicemente con il lavaggio tramite acqua. La natura del particolato è molto varia, e dipende essenzialmente da:
• tipologia di combustibile utilizzato,
• modalità di combustione,
• condizioni operative, ossia se siamo in condizioni nominali o di fuori progetto.
17
18 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE Di conseguenza anche i sistemi di rimozione saranno vari, anche se il principio di base resta sempre l’urto tramite il quale si fa perdere energia cinetica alla particella e sedimentare, permettendone la separazione dai fumi. L’urto può avvenire:
• per via diretta, quindi utilizzando dei filtri,
• sfruttando la differente forza centrifuga a cui sono sottoposte le polveri e l’a-ria (maggiore per le polveri che per l’al’a-ria, dunque queste sono spostate più all’esterno e si possono separare),
• utilizzando un campo elettrico,
• tramite forze di diffusione (moti browniani, le particelle più piccole sono urtate dalla stessa corrente).
I più importanti sistemi per il trattamento delle polveri sono:
• separatori, – centrifughi, – ad umido,
• filtri a maniche
• precipitatori elettrostatici.
Ognuno di questi sarà caratterizzato da un certo rendimento globale di rimozione e vari rendimenti frazionati per ogni dimensione caratteristica del particolato, definiti come:
ηglobale= massa di particolato rimossa massa di particolato totale
ηf razionato= massa di particolato di dimensione fissata rimossa massa di particolato totale
(2.1)
2.1.1 Precipitatori elettrostatici
Il precipitatore elettrostatico è un sistema strutturato come in figura 2.1: sono presenti due piastre L · H distanziate di 2s caricate positivamente, e a metà fra le due sono posizionati degli elettrodi di scarica caricati negativamente. Quando viene fatta partire la scarica nei vari elettrodi centrali, si ionizzano le particelle di partico-lato contenute nel gas che quindi verranno attratte dalle piastre esterne, scaricate e catturate in basso. Il campo elettrico va da un minimo di 20 a un massimo di 100kV e deve essere sufficientemente elevato da ionizzare le particelle, ma non troppo elevato da provocare la fusione delle stesse con le piastre, cosa che porterebbe sia a un dete-rioramento di queste, sia ad una diminuzione della superficie utile al processo e quindi un abbassamento dell’efficienza del precipitatore elettrostatico. In genere le piastre hanno queste dimensioni caratteristiche:
L 10mcon un massimo di 30m H 1mcon un massimo di 15m
s 1cmcon un massimo di 10cm (2.2)
2.1. TRATTAMENTO DEL PARTICOLATO 19
Figura 2.1: Schematizzazione di un precipitatore elettrostatico
Ovviamente per un impianto a vapore serviranno un centinaio di piastre per trattare tutta la portata di fumi.
Le dimensioni elevate del sistema sono giustificate dal fatto che il tempo di migrazione del particolato verso le piastre debba essere inferiore al tempo di attraversamento del gas attraverso il sistema:
L’ultimo termine è direttamente legato all’efficienza del precipitatore, che quindi sarà tanto maggiore quanto l’area delle piastre è grande, quanto la portata di gas è bassa (e quindi s sia piccolo) e quanto la velocità di migrazione è alta, ricordando però che questa ha sempre un massimo legato all’evitare che ci sia fusione della particella con le piastre del precipitatore. Il valore di quest’ultima può essere ricavato considerando l’equilibrio della particella di particolato, soggetta alla forza elettrica Fel e alla forza di attrito viscoso Fviscosa:
Rf orze= Fel− Fviscosa= 0 → Fel = Fviscosa
Come dp si avrà un certo range di dimensioni, anche se per ogni combustibile si ha sempre un diametro più probabile sul quale si può basare la progettazione, o
even-20 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE tualmente per uno più basso. Si è osservato che il valore minimo del diametro per la ionizzazione è dell’ordine di 0, 1µm. Fino ad ora però non si è considerata l’influenza della temperatura sul moto. Questa infatti ha influenza, insieme alla concentrazione di zolfo nei fumi, sulla resistività delle particelle, la quale:
• se è bassa comporta una carica/scarica troppo veloce,
• se è alta comporta una carica lenta e possibili scariche all’elettrodo.
L’andamento della resistività in funzione della temperatura T e della concentrazione di zolfo CS segue l’andamento del grafico di figura 2.2. È per questo motivo che
Figura 2.2: Grafico della resistività in funzione della temperatura al variare del tenore di zolfo [1].
il sistema per il trattamento del particolato dipende molto dal tipo di impianto. Il precipitatore elettrostatico, insieme ai filtri a maniche (paragrafo successivo), è la tecnologia più efficiente per il trattamento del particolato: tutte le altre tecnologie infatti non possono essere utilizzate stand-alone, da sole, ma in combinazione con queste, ad esempio per trattare dei fumi nel caso di concentrazione di particolato particolarmente elevata.
2.1.2 Filtri a maniche
Si tratta di filtri in maniche di fibre sintetiche o ceramiche (nel caso debbano sop-portare temperature più elevate). Come si vede dalla figura 2.3, il flusso viene forzato ad attraversare le maniche intrappolando così le particelle di particolato. La caduta di pressione in questa apparecchiatura è significativa, ed aumenta considerevolmente se i filtri non vengono rigenerati e quindi se si crea un "tappo" con il particolato, che d’altra parte però provoca un aumento dell’efficienza del filtro in quanto riesce a bloccare particelle via via più piccole ("effetto torta"). Più si divide il flusso più aumenta l’area di contatto e quindi l’efficienza della separazione. In un impianto a vapore di 1000MW si necessita di circa 300/400 maniche.
La loro efficienza non dipende dalla temperatura, tuttavia è meglio che lavorino a bas-se temperature per evitare l’insorgere di autocombustioni. Il parametro di progetto è
2.1. TRATTAMENTO DEL PARTICOLATO 21
Figura 2.3: Schematizzazione di un filtri a maniche [1].
il rapporto:
Q
A → se diminuisce aumenta l’efficienza (2.5) La caduta di pressione attraverso le maniche si può esprimere infatti in funzione di questo parametro:
∆p = k1· Q A
· k2· C · Q A
2
· t ∆pmax= 2kPa (2.6)
dove k2 è un coefficiente che dipende dalla resistività del materiale. Per la movimen-tazione del flusso è necessario inserire un ventilatore che assorbe anche lo 0, 5/0, 7%
della potenza prodotta dall’impianto a vapore.
La pulizia avviene in vari modi:
• attraverso gli "ugelli pulizia", come si vedere nella figura 2.3,
• con lo scuotimento,
• immettendo un flusso d’aria in senso trasversale alla manica (operazione effet-tuata anche durante il funzionamento).
Lezione5. 27/10/2017
2.1.3 Cicloni
Il ciclone è un sistema di cattura del particolato che sfrutta la forza centrifuga (schema in figura 2.4). Il gas entra tangenzialmente dall’alto e prosegue con un moto a spirale fino ad incontrare la rastremazione: l’apertura in fondo "fluidodinamicamen-te" è vista come un tappo e il gas non esce, al contrario risale con un moto a spirale
22 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE
Figura 2.4: Schema di un ciclone a doppio flusso inverso [1].
coassiale a quello di discesa ma con un diametro pari a quello della rastremazione, e
"pulito" in quanto la particella di particolato urta le pareti, perde energia cinetica e viene separata. Si possono mettere anche più cicloni in parallelo per elaborare più portata.
Questi sistemi vengono utilizzati per depolverizzare un gas particolarmente "sporco"
come primo stadio di rimozione del particolato, accoppiati quindi poi con un precipi-tatore elettrostatico (che sarebbe troppo costoso da implementare da solo). Il ciclone ha un’efficienza del 80% per particelle PM 2,5.
Considerando un flusso laminare, se la velocità è costante la somma di tutte le forze deve essere nulla, e visto che alla fora viscosa si oppone la forza centrifuga si ha:
Fcent= Fv
π
6 · d3p· ρp
· v2t r
= 6πµg· dp 2
· vr
(2.7)
con vt e vr componenti tangenziale e radiale della velocità del flusso. Da questo bilancio si può ricavare il raggio della traiettoria:
r = ρp· v2t· d2p
18 · µg· vr (2.8)
che esiste per ogni diametro dpdella particella. A questo punto si dovrebbe confrontare r con il raggio del ciclone, ma la cosa migliore è definire un diametro critico della particella, cioè quello delle particelle che vengono sicuramente separate:
dp= 18µgvrr
ρp· vt2 (2.9)
2.1. TRATTAMENTO DEL PARTICOLATO 23 Se il raggio del ciclone è R, il diametro limite che si riesce a separare è:
dplimite =18µgvrR
ρp· vt2 (2.10)
tanto più è piccolo il raggio del ciclone, tanto più è piccolo il dp che riesco a separare.
Stessa cosa si ottiene aumentando ρp e vto diminuendo µg e vr.
Sulla vtdi ingresso ho un limite fluidodinamico legato al fatto che innanzitutto le due spirali non devono interagire (cosa che potrebbe succedere) e si potrebbe avere un ri-trascinamento. Le perdite di carico non sono particolarmente elevate ma hanno un certo peso (si hanno relazioni empiriche fornite dai costruttori).
2.1.4 Precipitatori ad umido
La separazione avviene con l’utilizzo di un liquido: il principio di funzionamento si basa sulla "cattura" della particella di polvere da parte dell’acqua facendone au-mentare il peso e quindi facilitandone la rimozione. Dato che l’acqua da utilizzare negli impianti a vapore andrebbe trattata per essere demineralizzata, questo sistema si utilizza solo in casi estremi: quando la quantità di particolato è tale che andrebbe a sporcare il precipitatore elettrostatico.
Lo scopo nel dimensionamento del sistema è quello di aumentare la superficie di con-tatto fra gas e liquido. Il sistema più comune è quello della torre di lavaggio, schematizzato in figura 2.5, che si basa su un lavaggio controcorrente con velocità del gas molto maggiore di quella dell’acqua (sistema ad acqua ferma): il gas esce pulito, ma l’efficienza del sistema è bassa dunque vengono accoppiati di solito con cicloni e multicicloni posti precedentemente. Un altro sistema è quello dello scrubber
ventu-Figura 2.5: Schema di una torre di lavaggio [1].
ri di figura 2.6, nel quale acqua e gas entrano dalla stessa parte e sono soggetti allo stesso moto (nella gola raggiungono la velocità limite). Per aumentare la superficie di contatto si nebulizza il più possibile l’acqua (impensabile pensare di pressurizzare negli ugelli), cosa che avviene principalmente nel venturi stesso che garantisce il ∆v desiderato. Nella gola si hanno perdite di carico importanti fino a 20kPa.
Le valutazioni sull’efficienza, il cui andamento teorico è quello del grafico in figura 2.7,
24 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE
Figura 2.6: Schema di uno Scrubber Venturi [1].
devono essere fatte anche in base al costo iniziale e quello operativo legato anche alle perdite di carico.
Figura 2.7: Andamento del rendimento corretto del trattamento del particolato al variare della concentrazione dello stesso [1].