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APPUNTI DI INTERAZIONE MACCHINE E L'AMBIENTE. Anno Accademico 2019/2020. Gabriele Di Cori

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(1)

APPUNTI DI

INTERAZIONE MACCHINE E L'AMBIENTE

Anno Accademico 2019/2020

Gabriele Di Cori

(2)
(3)

Indice

Informazioni generali del corso vii

1 Introduzione 1

1.1 Il problema dell’impatto ambientale . . . 1

1.2 Tipologie di emissioni inquinanti . . . 2

1.2.1 Emissioni gassose . . . 2

1.2.2 Emissioni liquide . . . 3

1.2.3 Emissioni solide . . . 3

1.2.4 Emissioni termiche . . . 4

1.2.5 Emissioni acustiche . . . 4

1.3 Richiami di chimica e definizioni utili . . . 4

1.3.1 Concentrazione . . . 4

1.3.2 Reazioni chimiche . . . 4

1.4 Trasformazioni chimiche e bilanci di massa degli inquinanti . . . 6

1.5 Descrizione delle sostanze inquinanti . . . 8

1.5.1 Particolato . . . 8

1.5.2 Ossidi di Zolfo . . . 9

1.5.3 Ossidi di Azoto . . . 10

1.5.4 Monossido di Carbonio . . . 12

1.5.5 Piombo . . . 13

1.5.6 COV: Composti Organici Volatili . . . 13

1.5.7 Inquinanti secondari . . . 13

1.6 Inquinamento su scala globale . . . 14

1.6.1 Piogge acide . . . 15

1.6.2 Buco dell’ozono . . . 15

1.6.3 Effetto serra . . . 15

1.6.4 Global Warning Potential - Potenziale di Gas Serra . . . 16

2 Inquinanti negli Impianti a Vapore 17 2.1 Trattamento del particolato . . . 17

2.1.1 Precipitatori elettrostatici . . . 18

2.1.2 Filtri a maniche . . . 20

2.1.3 Cicloni . . . 21

2.1.4 Precipitatori ad umido . . . 23

2.2 Trattamento degli SOx . . . 24

2.2.1 Sistemi FDG ad umido . . . 25

2.2.2 Sistemi FDG a semi-secco . . . 27

2.2.3 Sistemi FGD a secco . . . 27 i

(4)

ii INDICE

2.2.4 Sistemi FDG con sorbente rigenerabile di Wellman-Lord . . . . 28

2.3 Trattamento degli NOx . . . 28

2.3.1 Riduzione selettiva catalitica SCR . . . 29

2.3.2 Riduzione selettiva non catalitica SNCR . . . 30

2.3.3 Sistema di trattamento con carboni attivi . . . 30

2.3.4 Processo SNOX . . . 31

2.3.5 Processo SNRB . . . 31

2.4 Configurazioni del sistema di abbattimento . . . 32

3 Inquinanti negli Impianti con turbine a gas 35 3.1 Combustore tradizionale . . . 36

3.2 Combustore DNL "Dry Low NOx " . . . 37

3.3 Combustore catalitico . . . 38

4 Impianti di Gassificazione a Ciclo Combinato 43 4.1 Schema impiantistico e formazione del syngas . . . 43

4.2 Trattamento del syngas . . . 45

4.2.1 Desolforazione del syngas . . . 46

5 Segregazione e stoccaggio della CO2 49 5.1 Introduzione al problema e approcci utilizzati . . . 49

5.2 Processi di assorbimento . . . 50

5.2.1 Assorbimento chimico . . . 50

5.2.2 Assorbimento fisico . . . 52

5.3 Rimozione della CO2 tramite membrane . . . 53

5.4 Approcci alla separazione della CO2 . . . 53

5.5 Stoccaggio della CO2 . . . 55

6 Inquinanti nei motori a combustione interna 57 6.1 Motore ad accensione comandata . . . 57

6.1.1 Descrizione della fase di combustione . . . 59

6.1.2 Inquinanti prodotti nelle fasi della combustione . . . 63

6.1.3 Breve cenno sulla regolazione . . . 64

6.2 Motore ad accensione spontanea . . . 64

6.2.1 Descrizione della fase di combustione . . . 65

6.2.2 Inquinanti prodotti nelle fasi della combustione . . . 66

7 Dispersione degli inquinanti in atmosfera 69 7.1 Stratificazione dell’atmosfera . . . 69

7.2 Atmosfera stabile ed instabile . . . 69

7.3 Fenomeno dell’inversione termica . . . 70

7.3.1 Inversione termica per radiazione . . . 71

7.3.2 Inversione termica per subsidenza . . . 71

7.4 Classificazione dell’atmosfera . . . 72

7.4.1 Classi di stabilità . . . 72

7.4.2 Parametri caratteristici per la classificazione . . . 73

7.5 Dispersione degli inquinanti . . . 74

7.5.1 Tipologie di evoluzione del pennacchio di fumi da un camino . 75 7.5.2 Modello di simulazione . . . 76

Riferimenti bibliografici 85

(5)

Elenco delle figure

1.1 Schema generale delle emissioni di un impianto a vapore . . . 2

1.2 Schema generale delle emissioni di un impianto con turbina a gas . . . 3

1.3 Grafico Energia/Coordinata di reazione . . . 5

1.4 Grafico dell’equilibrio fisico di una particella sospesa . . . 14

2.1 Schematizzazione di un precipitatore elettrostatico . . . 19

2.2 Grafico della resistività in funzione della temperatura al variare del tenore di zolfo [1]. . . 20

2.3 Schematizzazione di un filtri a maniche [1]. . . 21

2.4 Schema di un ciclone a doppio flusso inverso [1]. . . 22

2.5 Schema di una torre di lavaggio [1]. . . 23

2.6 Schema di uno Scrubber Venturi [1]. . . 24

2.7 Andamento del rendimento corretto del trattamento del particolato al variare della concentrazione dello stesso [1]. . . 24

2.8 Iniezione del sorbente in un sistema FDG "Flue Gas Desulphurisation" [1]. . . 25

2.9 Schema di un sistema di desolforazione a umido [1]. . . 25

2.10 Schema dell’assorbitore con calce o calcare [1]. . . 26

2.11 Schema di un sistema di desolforazione a semi-secco [1]. . . 27

2.12 Schema di un sistema di desolforazione a secco con iniezione diretta in caldaia [1]. . . 28

2.13 Schema di un sistema di desolforazione di Wellman-Lord con sorbente rigenerabile [1]. . . 28

2.14 Efficienza di rimozione degli NOx per 3 diversi catalizzatori al variare della temperatura, e parallela conversione del SO3 [1]. . . 30

2.15 Efficienza di conversione degli NOx di un sistema SNCR al variare della temperatura e per alcuni valori con centratrazione di ossigeno [1]. . . . 31

2.16 Schema di un sistema di rimozione combinata di NOx e SOxcon carboni attivi [1]. . . 31

2.17 Schematizzazione di un processo SNOX [1]. . . 32

2.18 Schematizzazione di un processo SNRB [1]. . . 32

2.19 Configurazioni del sistema di abbattimento degli inquinanti in un im- pianto a vapore [1]. . . 33

3.1 Dipendenza della concentrazione di NOx e CO , HC dalla temperatura di ingresso in una turbina a gas [1]. . . 36

3.2 Schematizzazione di una camera di combustione tradizionale [1]. . . . 36 iii

(6)

iv ELENCO DELLE FIGURE 3.3 Schema di una combustione a stadi con frazionamento dell’aria o del

combustibile [1]. . . 37 3.4 Grafico dei ppm di NOx e CO all’uscita della camera di combustione al

variare del carico del combustibile per combustibili liquidi e per il gas naturale [1]. . . 38 3.5 Grafico del profilo di temperatura nel caso di combustore tradizionale,

DNL e catalitico [1]. . . 38 3.6 Profilo di temperatura dei fumi e del catalizzatore in una combustione

catalitica [1]. . . 40 3.7 Schematizzazione di un combustore catalitico [1]. . . 40 3.8 Localizzazione del SCR nel generatore di vapore a recupero di un im-

pianto combinato [1]. . . 41 4.1 Schematizzazione di un impianto IGCC [1]. . . 44 4.2 Schemi semplificati della sezione di condizionamento del syngas grezzo

basata su processi di trattamento a bassa temperatura [1]. . . 46 4.3 Schematizzazione della sezione di rimozione dei composti dello zolfo [1]. 46 4.4 Equilibrio nei processi chimici e fisici di assorbimento [1]. . . 47 4.5 Schema semplificato della sezione di rimozione dei composti solforati

tramite processo chimico [1]. . . 47 4.6 Schema semplificato di un impianto Claus per il recupero dello zolfo

elementare [1]. . . 48 4.7 Schema semplificato della sezione di trattamento dei gas di coda [1]. . 48 5.1 Schematizzazione del processo di rimozione della CO2[1]. Legenda: (1)

colonna di assorbimento, (2) refrigeratore del gas in ingresso, (3) refri- geratore del solvente, (4) scambiatore di calore, (5) bollitore, (6) vapore, (7) colonna di rigenerazione, (8) condensatore, (9) CO2 separata, (10) gas trattati. . . 51 5.2 Rimozione della CO2 dai gas combusti. . . 54 5.3 Rimozione della CO2 attraverso una combustione con ossigeno puro. . 54 5.4 Rimozione della CO2 dal combustibile. . . 55 6.1 Rappresentazione di un motore ad accensione comandata (Di UtzOn-

Bike (3D-model & animation: Autodesk Inventor) - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https: // commons. wikimedia. org/ w/ index. php?

curid= 294641) . . . 58 6.2 Distribuzione della pressione per un motore ad accensione comandata

a 4 tempi. Legenda: Top-Center (TC) = PMS; Bottom-Center (BC)

= PMI; Inlet Valve Opening (IVO) = apertura valvola di aspirazione;

Inlet Valve Closing (IVC) = chiusura valvola di aspirazione; Exhaust Valve Opening (EVO) = apertura valvola di scarico; Exhaust Valve Closing (EVC) = chiusura valvola di scarico. . . 59 6.3 Diagramma di Borghi che identifica diversi regimi di fiamma in termini

di rapporti di lunghezze caratteristiche lT

sR

= lT

δ e di velocità u0 wd

=

√K

sL usando una doppia scala logaritmica [2]. . . 62 6.4 Andamento della massa e del volume della frazione bruciata in funzione

dell’angolo di manovella. . . 63

(7)

ELENCO DELLE FIGURE v 6.5 Distribuzione della pressione per un motore ad accensione spontanea.

Legenda: Top-Center (TC) = PMS; Bottom-Center (BC) = PMI; Inlet Valve Closing (IVC) = chiusura valvola di aspirazione; Exhaust Valve Opening (EVO) = apertura valvola di scarico; SOI = inizio iniezione;

SOC = inizio combustione; EOC = fine combustione. . . 65 6.6 Schematizzazione del getto di gasolio uscente dall’iniettore di un motore

a combustione spontanea. . . 67 6.7 Filtro metallico "no-blocking". . . 68 6.8 Filtro anti-particolato ceramico DPNR. . . 68 7.1 Grafico dei profili di temperatura dell’aria e stabilità atmosferica [1]. . 70 7.2 Schematizzazione del fenomeno di inversione termica per radiazione [1]. 71 7.3 Schematizzazione del fenomeno di inversione termica per subsidenza [1]. 72 7.4 Profili di velocità del vento [1]. . . 73 7.5 Massima altezza di mescolamento in due casi [1]. Osservazione: i punti

a quota zero dei due gradienti sono diversi perché nel caso del gradiente reale il dato è misurato ed istantaneo, mentre per il gradiente adiabatico è un valore di riferimento mediato mensile. . . 74 7.6 Bilancio di inquinante in un volume infinitesimo [1]. . . 77 7.7 Schematizzazione della vista dall’alto del pennacchio in uscita dal camino. 81 7.8 Andamento dei parametri σye σzper varie classi di stabilità e al variare

della distanza sottovento x [1]. . . 82 7.9 Altezza effettiva di emissione al variare della distanza sottovento [1]. . 83 7.10 Grafici di concentrazione in 4 casi particolari [1]. . . 83

(8)
(9)

Informazioni generali del corso

Professore Luca Andreassi

Testo consigliato "L’impatto ambientale dei sistemi energetici" Cau, Cocco OBIETTIVI DEL CORSO Il corso si propone di fornire agli studenti i principi di base ed una base metodologica per l’impostazione degli studi di impatto ambientale relativi agli impianti di produzione dell’energia con particolare attenzione ai processi di formazione ed ai sistemi di abbattimento delle sostanze inquinanti.

RISULTATI DI APPRENDIMENTO ATTESI Al termine del corso lo stu- dente avrà acquisito le competenze necessarie per analizzare l’impatto ambientale di qualsiasi impianto di potenza e sarà in grado di proporre soluzioni per il contenimento delle emissioni inquinanti.

PROGRAMMA DEL CORSO

• Formazione e caratterizzazione dei principali inquinanti atmosferici primari e secondari: le piogge acide, il "buco" nell’ozono, l’effetto serra. Azioni per la riduzione delle emissioni di CO2.

• Controllo delle emissioni in atmosfera negli impianti a vapore:

– Rimozione del particolato: cicloni, filtri elettrostatici, filtri in tessuto, pre- cipitatori ad umido.

– Rimozione degli SOx : desolforazione ad umido, a semi-secco, a secco.

– Controllo degli NOxe rimozione con sistemi catalitici (SCR) e non catalitici (SNCR).

• Controllo delle emissioni in atmosfera negli impianti a turbina a gas.

• Controllo delle emissioni nei motori a combustione interna.

• Diffusione e dispersione degli inquinanti:

– Elementi di meteorologia.

– La stabilità dell’atmosfera e le classi di stabilità atmosferica.

– Dispersione degli inquinanti in atmosfera.

– Il modello gaussiano per la valutazione della diffusione degli inquinanti prodotti dalle sorgenti di emissione.

• Cenni di inquinamento termico ed acustico.

vii

(10)
(11)

Capitolo 1

Introduzione al problema delle emissioni inquinanti

Lezione1. 29/09/2017

1.1 Il problema dell’impatto ambientale

Qualsiasi attività industriale determina un impatto ambientale, attraverso un con- sumo di materia prima e quindi l’emissione di sostanze inquinanti, quindi anche i sistemi energetici, cioè impianti per la produzione di energia elettrica e termica e i motori per l’autotrazione. I primi hanno un impatto ambientale causato dall’utiliz- zo di combustibili fossili (risultando necessarie certificazioni e controlli per ridurne l’impatto ambientale), i secondi a questo aggiungono la problematica legata al loro funzionamento non stazionario, per colpa del quale risulta ancora più difficile tenerne sotto controllo la produzione di inquinanti. In linea generale l’impatto ambientale di un impianto è legato a:

• la taglia, che può variare da decine di kW a 2000 MW o oltre,

• il rendimento globale di conversione, che può variare dal 25% di un M.C.I. al 60% di un impianto combinato,

• la fonte primaria, quindi:

– combustibili fossili, il più pulito dei quali è il metano poiché non produce NOx , non contiene zolfo e produce in proporzione meno CO2 degli altri;

– fonti rinnovabili;

– nucleare.

Nel DPR-203-1988 viene definito per la prima volta il concetto di inquinamento at- mosferico, che non è necessariamente di natura antropica ma può verificarsi anche per fenomeni naturali, come le eruzioni vulcaniche.

Prima di addentrarci nella descrizione delle tipologie di emissioni inquinanti, è impor- tante sottolineare la differenza tra contaminante e inquinante:

Contaminante: cambia la composizione del mezzo nel quale si riversa, ma non provoca danni ambientali.

1

(12)

2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Inquinante: provoca dei danni nel mezzo e per la salute, di tipo sia diretto sia

indiretto, cioè in seguito a delle trasformazioni.

La caratteristica inquinante la si può determinare in base ad una serie di parametri, quali:

• la scala, che può essere locale e globale,

• la pericolosità,

• la quantità,

• il tempo di esposizione.

Emissioni di un impianto a vapore Nel caso di un impianto a vapore si hanno sia emissioni gassose sia emissioni solide (particolato), dunque prima del camino è necessario un sistema di abbattimento degli SOx , degli NOx e del particolato. Inoltre rilasciando fumi ad alta temperatura e acqua ad una temperatura superiore a quella in cui è stata prelevata, produce anche emissioni termiche.

Figura 1.1: Schema generale delle emissioni di un impianto a vapore

Emissioni di un impianto con turbina a gas Per un impianto con turbina a gas i fumi possono essere classificati sia come inquinamento gassoso che inquinamento termico (data la elevata temperatura).

1.2 Tipologie di emissioni inquinanti

1.2.1 Emissioni gassose

I composti inquinanti gassosi sono: SOx , NOx , CO , C.O.V. (Composti Organici Volatili), CO2 , HCl, NH3 , Hg , diossine. La natura degli inquinanti gassosi emessi dipende sia dal tipo di combustibile che dalle modalità di combustione. In linea generale quindi per ridurle è necessario:

1. utilizzare combustibili "puliti" (es. metano) o pre-trattarli (es. per diminuire il tenore di zolfo),

(13)

1.2. TIPOLOGIE DI EMISSIONI INQUINANTI 3

Figura 1.2: Schema generale delle emissioni di un impianto con turbina a gas

2. rendere efficiente la combustione,

3. effettuare un post-trattamento dei gas di scarico.

Lezione2. 5/10/2017

1.2.2 Emissioni liquide

Sono legate alla qualità dell’acqua allo scarico dell’impianto (problema che ad esempio si ritrova nelle centrali a vapore), la quale è legate ai seguenti parametri:

• temperatura di scarico,

• PH

• presenza di:

– solidi disciolti o in sospensione, – composti organici,

– metalli come As e Fe.

Tutti questi parametri devono però essere confrontati con i parametri di fondo, per identificare se una certa sostanza inquinante abbia origini antropiche o no (ad esem- pio la presenza di metalli in soluzione potrebbe anche derivare direttamente dalle caratteristiche della fonte).

1.2.3 Emissioni solide

Sono sia le ceneri sedimentate e non trasportate dalla corrente gassosa (circa il 20-30% del totale), sia il cosiddetto particolato presente nei fumi. Quest’ultimo non è definito univocamente in quanto dimensionalmente può essere da alcuni millimetri ad alcuni nanometri (per ogni caso specifico si ha una certa distribuzione di probabilità dimensionale), la forma non è unica e la composizione, seppur abbia sempre una base in carbonio, varia in base al tipo di sostanze che vi si adsorbono, e che ne determinano il potere inquinante (es. zolfo, piombo, nichel ecc).

(14)

4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

1.2.4 Emissioni termiche

Provocano una contaminazione termica che può essere:

• Diretta, con un effetto su scala locale e senza impatto sulla salute generale.

Esempi: il camino di una centrale o il condensatore.

• Indiretta, con un impatto su scala globale. Esempio: gas serra come la CO2 , o tutti quei gas che reagendo nell’atmosfera diventano gas serra.

1.2.5 Emissioni acustiche

Legate all’inquinamento acustico di una determinata zona, caratterizzata da un determinato indice di tollerabilità che ingloba tutte le sorgenti presenti in essa.

1.3 Richiami di chimica e definizioni utili

1.3.1 Concentrazione

Mezzo liquido

C = mi

Vm

 mg m3



(1.1)

Mezzo gassoso

CM = mi mm

= mi ρm· Vm

= C ρm

 mg kg



= [ppmm] (1.2)

CV = Vi Vm

= mi ρi· Vm

= C ρi

 cm3 m3



= [ppmv] (1.3)

Inoltre:

CV = Vi

Vm

= Vi

Vm

·P Mi

P Mi

·P Mm

P Mm

= mi

mm

·P Mm

P Mi

⇒ CV= CM·PMm

PMi (1.4) Sia CM che CV essendo adimensionali sono indipendenti da pressione e temperatura.

Il valore considerato ne vari casi può essere frutto di una misura di concentrazione istantanea o mediata, e quest’ultima può derivare da una media aritmetica, da una media ponderata o da una mediana di una serie di misure.

1.3.2 Reazioni chimiche

Spesso ci si trova nella situazione in cui le sostanze emesse in atmosfera subiscano ulteriori trasformazioni diventando sostanze inquinanti, o che sia necessario trattare i fluidi emessi favorendo determinate reazioni. Le reazioni chimiche a cui saranno soggette dipenderanno dalla pressione, dalla temperatura, dalla concentrazione dei reagenti, dai tempi di reazione (soprattutto se questa avviene attraverso una serie di reazioni intermedie) e dalla presenza di sostanze che fungono da catalizzatori per la reazione in esame. In generale una reazione può essere scritta in questa forma:

aA + bB −−→←−− cC + dD (1.5)

(15)

1.3. RICHIAMI DI CHIMICA E DEFINIZIONI UTILI 5

(a) G > 0 (b) G < 0

Figura 1.3: Grafico dell’andamento dell’energia di reazione nel caso di reazione esotermica (1.3a) e endotermica (1.3b) al variare della coordinata di reazione

dove la direzione dipende dalla termodinamica della reazione, descritta dall’energia libera di Gibbs. In particolare:

• se ∆G>0 allora la reazione procederà verso destra (verso i prodotti),

• se ∆G<0 allora la reazione procederà verso sinistra (verso i reagenti).

Un modo per rappresentare l’andamento e le energie in gioco in una reazione è quello del grafico dell’energia in funzione della coordinata di reazione, come mostrato nelle figure 1.3a e 1.3b: in queste si può osservare la presenza di un complesso attivato (uno stato di transizione) in cui l’energia diventa massima per poi ridiminuire verso i prodotti. In generale la velocità di una reazione si può definire come:

r = dRi

dt (1.6)

con Ri reagente i-esimo.

Sperimentalmente si è osservato che questa dipende dalle concentrazioni delle specie in gioco in questo modo:

velocità della reazione diretta : r1= k1· [A]a· [B]b

velocità della reazione inversa : r2= k2· [C]c· [D]d (1.7) dove k1e k2 sono due constanti caratteristiche della reazione diretta e inversa, dipen- denti dalla temperatura e dall’energia di attivazione secondo una relazione esponen- ziale:

k = kA· e− Ea/(R · T ) (1.8)

Le due velocità r1e r2 sono diverse, la loro differenza darà la velocità netta di reazio- ne. All’equilibrio chimico sono uguali, quindi le concentrazioni di reagenti e prodotti diventano costanti nel tempo.

(16)

6 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Sempre all’equilibrio si può definire la costante di equilibrio Kc data dal rapporto tra k1 e k2, e quindi della concentrazioni:

Kc =k1 k2

=[C]c· [D]d

[A]a· [B]b (1.9)

si può considerare anche la costante Kp data dal rapporto delle pressioni:

Kp= pc· pd

pa· pb (1.10)

Le due costanti sono in relazione fra di loro

Kp= Kc· p(c+d−a−b) (1.11)

Si dimostra che:

d

dt(ln Kp) = ∆H

R · T2 (1.12)

dalla quale si osserva che il raggiungimento dell’equilibrio è più veloce se si riesce ad aumentare le due velocità diretta e inversa senza aumentare la temperatura, dunque utilizzando dei catalizzatori.

Lezione 3. 6/10/2017

1.4 Trasformazioni chimiche e bilanci di massa degli inquinanti

Gli inquinanti emessi da un determinato impianto possono o no subire ulteriori trasformazioni in atmosfera o in generale nell’ambiente. Considerando un determinato volume di controllo per osservare l’andamento nel tempo di una sostanza inquinante, in generale possiamo scrivere il seguente bilancio:

˙

ment= ˙musc+ ˙mdec+ ˙macc (1.13) dove ˙ment è la portata di inquinante entrante nel volume, ˙musc è la portata uscente,

˙

macc è la portata accumulata nel volume di controllo che quindi non ritroveremo in uscita, e ˙mdec è la portata di inquinante che decade subendo delle trasformazioni al- l’interno del volume di controllo. Non sempre sono presenti tutti e quattro i contributi, dunque in generale possiamo distinguere tre casi:

Caso 1 - Condizioni stazionarie L’inquinante non subisce trasformazioni né si accumula nel volume di controllo:

˙

ment= ˙musc (1.14)

XQ · Cent=X

Q · Cusc (1.15)

Esempio 1.4.1. - Miscelazione di due portate con una data concentrazione di NOx

Qa = 200Nm3/s

Ca = 250mg/Nm3 + Qb= 50Nm3/s Cb= 50µg/Nm3 Qc= Qa+ Qb= 250Nm3/s Qa· Ca+ Qb· Cb= Qc· Cc

→ Cc= 200, 01mg/Nm3

(17)

1.4. TRASFORMAZIONI CHIMICHE E BILANCI DI MASSA DEGLI INQUINANTI7 Caso 2 - Inquinante non conservativo In questo caso prendiamo in considera- zione anche le trasformazioni subite dalla sostanza:

˙

ment= ˙musc+ ˙mdec (1.16)

Definiamo la velocità della reazione:

r = −dC

dt = k · C → Z C

C0

dC C =

Z t 0

−k · dt C = C0· e−kt (1.17) da ciò si ricava quindi che il decadimento è di tipo esponenziale nel tempo. Se ipotizziamo inoltre una distribuzione omogenea nel volume di controllo:

dm

dt =d(C · V )

dt = V · dC

dt + C · dV

dt = −k · C · V (1.18) dunque l’equazione iniziale di bilancio di massa può anche essere scritta come:

XQ · Cent=X

Q · Cusc+ k · C · V (1.19)

Esempio 1.4.2. - Decadimento di una portata di inquinante





V = 5000m3 Qa = 10m3/s Ca = 400mg/l k = 0, 011/h

Qa· Ca+ Qb· Cb= Qc· Cc

Ipotesi:

• Mescolamento istantaneo: Cb= C

• Portata di inquinante trascurabile: Qb= Qa

→ C = Qa· Ca

Qa+ k · V = 66, 67mg/l

Caso 3 - Situazione generale Consideriamo sia le trasformazioni sia l’accumulo della sostanza:

˙

ment= ˙musc+ ˙mdec+ ˙macc (1.20) La portata di accumulo può essere ricavata in questo modo:

˙

macc=dmac

dt =d (V · C)

dt = V ·dC dt =X

Q · Cent−X

Q · Cusc− k · C · V (1.21) Ipotesi:

• Mescolamento istantaneo: Cb= C

• Portata di inquinante trascurabile: Qb= Qa= Q

(18)

8 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

Chiamiamo S la sorgente di inquinante (portata in ingresso):

V ·dC

dt = S − Q · C − k · C · V (1.22)

dalla quale nel caso di condizione stazionaria, cioè dCdt = 0, ricaviamo la concentrazione a regime (tempo infinito):

C= S

Q + k · V (1.23)

e integrando l’equazione precedente:

dC dt = S

V −(Q + k · V )

V · C = −(Q + k · V )

V ·



C − S

Q + k · V



=

= −(Q + k · V )

V · (C − C)

(1.24)

C (t) = (C0− C) · e−((Q + k · V)/V)·t+ C (1.25)

Esempio 1.4.3. - Verifica del rispetto della norma per la qualità dell’aria in un impianto in cui si utilizza formaldeide (HCHO)









V = 1500m3 Q = 2500m3/h k = 0, 51/h S = 500mg/h Vsoglia= 0.05ppm

C= S

Q + k · V = 0, 1539mg/m3= 0, 1355ppm C0= 0

C (t) = (0 − 0, 1539) · e−(0,5+2500/1500)·t+ 0, 1539

→ C1h= 0, 1361mg/m3= 0, 1109ppm

Il valore è ben al di sopra della soglia. Ma anche lo stesso C> Vsoglia, dunque è necessario riprogettare il sistema di condizionamento dell’aria per fornire i ricambi orari necessari a garantire il valore di concentrazione sotto il limite di norma:

C= S

Q + k · V = 0, 05ppm

Q = · · · = 7500m3/h → ricambi orari = 5h−1

1.5 Descrizione delle sostanze inquinanti

1.5.1 Particolato

Descrizione e meccanismi di formazione

Per particolato si intende tutte quelle polveri formatisi per incompleta combu- stione. Non se ne può dare una definizione univoca, in quanto la sua natura è

(19)

1.5. DESCRIZIONE DELLE SOSTANZE INQUINANTI 9 varia:

• per la dimensione, con diametri D che variano tra alcuni nanometri e centinaia di micron, che segue una distribuzione dimensionale del tipo:

N (ω) = 1

√2 · π · σ · e12·(ω−ωnσ )2 =

=

numero di particelle con ω = ln D e σ = s

P (ω − ωn)2 N − 1

 (1.26)

• per la forma,

• per la composizione (anche se come base si tratta di particelle di carbonio incombuste).

Può sia di origine antropica sia naturale, ad esempio a seguito di eruzioni.

Danni

Il particolato provoca danni:

• alle cose poiché ci si sedimentano, ed inoltre sono dei siti di adsorbimento di SOx che a contatto con l’acqua formando l’acido che le danneggia, e anche di NOx che arrugginisce il ferro;

• alla vegetazione, riducendone la capacità di assorbimento della radiazione solare;

• all’uomo, danneggia le mucose che non riescono più a filtrare ulteriori sostanze inquinanti come gli ossidi di zolfo.

Modalità di trattamento

La modalità di trattamento del particolato si basa sostanzialmente sulla sedimen- tazione favorita tramite l’urto delle particelle che le fa perdere energia. Per questo motivo, i dispositivi per il trattamento del particolato si basano sull’utilizzo di:

• filtri di varia natura: i più utilizzati nelle centrali sono quelli a maglie polimeriche o ceramiche, a secondo della temperatura dei gas trattati;

• trattamento con acqua (umidità): ne favorisce l’agglomerazione semplificando la sedimentazione;

• piastre elettriche: il precipitatore elettrostatico, che ionizza le particelle e le attira con il campo elettrico, separandole dal flusso gassoso.

1.5.2 Ossidi di Zolfo

Descrizione e meccanismi di formazione

Si tratta degli SO2 e SO3 formatisi tramite l’ossidazione dello zolfo presente nel combustibile utilizzato, secondo le seguenti reazioni:

S + O2−−→ SO2 → molto veloce SO2+1

2O2−−→ SO3 → lenta (1.27)

(20)

10 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Danni

Gli ossidi di zolfo provocano danni:

• alle cose poiché reagendo con l’umidità atmosferica si trasformano in acido solforico, responsabile delle piogge acide. La reazione è la seguente:

SO3+ H2O −−→ H2SO4 (1.28)

ed è favorita in presenza di composti di azoto ed idrocarburi, ed è molto più veloce in un nucleo di assorbimento (es. particolato). L’acido solforico ha un’a- zione corrosiva sui materiali, soprattutto marmorei, poiché il carbonato di calcio viene letteralmente sciolto dall’acido:

CaCO3+H2SO4−−→ CaSO4+H2O+CO2 gesso, solubile in acqua (1.29)

• alla vegetazione, a cui provoca ingiallimento,

• all’uomo, su cui ha un’azione irritante all’apparato respiratorio, peggiorata even- tualmente dalla presenza di particolato, che irritando le mucose libera il passag- gio per queste sostanze.

Modalità di trattamento

Gli ossidi di zolfo vengono trattati sfruttando proprio la reazione con il carbonato di calcio, trasformandoli in gesso che può essere smaltito facilmente, o meglio utilizzato per altri scopi.

1.5.3 Ossidi di Azoto

Descrizione e meccanismi di formazione Esistono 3 meccanismi di formazione degli NOx :

1. NOx termici: è un meccanismo di formazione che non dipende dal combustibile utilizzato, in quanto avviene alle elevate temperature quali quelle della fiamma, e si basa sulla reazione dell’azoto e con l’ossigeno. Le tipologie di reazioni sono molte, quelle principali sono le cosiddette reazioni di Zeldovich:

N2+ O−−→ NO + Nk1 N + O2−−→ NO + Ok2 N + OH−−→ NO + Hk3

(1.30)

dove l’ultima reazione avviene in difetto di ossigeno e in eccesso di acqua. La velocità della reazione complessiva di formazione di NO sarà quindi la somma delle velocità nette delle tre reazioni:

d [N O]

dt = k1· [N2] · [O] − k1

· [N O] · [N ] + + k2· [N ] · [O2] − k2· [N O] · [O] + + k3· [N ] · [OH] − k3· [N O] · [H]

(1.31)

(21)

1.5. DESCRIZIONE DELLE SOSTANZE INQUINANTI 11 Se ora ipotizzo che tutte le concentrazioni siano all’equilibrio tranne NO posso semplificare l’equazione della velocità in quanto:

k1· [N2]e· [O]e= k1· [N O]e· [N ]e k2· [N ]e· [O2]e= k2· [N O]e· [O]e k3· [N ]e· [OH]e= k3· [N O]e· [H]e

(1.32)

Dunque sostituendo nell’equazione e mettendo in evidenza il termine positi- vo di ogni velocità, si semplificano tutti i termini tranne quelli relativi alle concentrazioni di NO e l’equazione della velocità di reazione diventa come segue:

d [N O]

dt = (R1+ R2+ R3) ·



1 − [N O]

[N O]e



(1.33)

con: 

R1= k1· [N2]e· [O]e R2= k2· [N ]e· [O2]e R3= k3· [N ]e· [OH]e

(1.34) Dunque risolvendo l’equazione differenziale arriviamo ad una formula della con- centrazione di NO pari a:

[N O]

[N O]e = 1 − e(R1+R2+R3)[N O]e ·t (1.35) da dove si osserva un andamento esponenziale con il tempo. Considerando poi che ognuno dei coefficienti k è esponenziale con la temperatura, questo effetto è ulteriormente potenziato.

2. NOx prompt: questa tipologia di ossidi di azoto si forma in presenza di radicali idrocarburici secondo le seguenti:

HC + N2−−→ HCN + N C + N2−−→ CN + N CN + H2O −−→ HCN + OH

HCN, CN + O −−→ NO + residuo organico

(1.36)

Queste reazioni avvengono in difetto di ossigeno (combustione ricca), poiché altrimenti queste specie verrebbero ossidate prima di reagire con l’azoto.

3. NOx fuel: si formano se sono presenti dei composti ammoniacali nel combusti- bile, e nel caso di combustibili "sporchi" come il carbone si formano in quantità molto maggiori degli NOx termici. Si generano dalla reazione dei composti ammoniacali con l’ossigeno:

NH3+ O2−−→ NO + H2O 2 NH3+5

2O2−−→ 2 NO2+ 3 H2O (1.37) Danni

I danni degli ossidi di azoto sono soprattutto sull’uomo, anche se essendo sottoposto più o meno alle stesse reazione degli ossidi di zolfo ha lo stesso effetto su cose e vegetazione. Sull’uomo in aggiunta può provocare asfissia o malattie respiratorie nel caso di inspirazione in grandi quantità, perché ossidando il ferro dell’emoglobina questo non trasporta più ossigeno.

(22)

12 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Modalità di trattamento

Essendo diverse le modalità di formazione, anche le modalità di trattamento e rimozione degli ossidi di azoto saranno differenti a seconda di quale dei tre tipi prevale sull’altro. Ovviamente per tutti e tre i casi sarà possibile agire allo stesso modo a valle della combustione per rimuoverli, ma nel caso si volesse agire a monte allora:

1. per gli NOx termicisi può agire sulla combustione, evitando che questa raggiun- ga le temperature di fiamma che ne facilitano la formazione. Ciò è possibile pas- sando da una combustione cosiddetta diffusiva ad una distribuita (pre-miscelata, cioè con rapporto α omogeneo), poiché si passa da una fiamma statica in cui si raggiunge praticamente la temperatura adiabatica di combustione (e la tempe- ratura poi decresce esponenzialmente con la distanza da essa) ad una fiamma

"dinamica", che spazza su tutto il volume e rende la temperatura omogenea e più bassa.

2. Per gli NOx prompt basta utilizzare alti eccessi d’aria, e quindi di ossigeno.

Rispetto alle altre tipologie sono quelli che creano meno problemi.

3. Per gli NOx fuel è logico pensare che si dovrà agire sul combustibile, cercando di eliminare composti ammoniacali o semplicemente non utilizzare combustibili che li contengano.

1.5.4 Monossido di Carbonio

Descrizione e meccanismi di formazione

Il monossido di carbonio CO si forma a seguito di incomplete combustioni, in quanto la reazione completa di combustione in realtà si svolge in due fasi, la prima più veloce di formazione del CO , e la seconda di ossidazione di questo in CO2più lenta:

CnHm+ (n/2 + m/4) O2−−→ nCO + m/2H2O CO + 1

2O2−−→ CO2 (1.38)

Le combustioni incomplete sono dovute a:

• basse temperature, che possono di fatto "congelare" l’ossidazione del CO , che quindi rimarrà tal quale nei fumi (es. nei m.c.i., accade tramite il contatto con cilindri, più freddi dei gas combusti al loro interno),

• difetto di ossigeno,

• tempi di combustione ridotti.

Danni

Il monossido di carbonio è mortale per l’uomo, in quanto provoca asfissia.

Modalità di trattamento

Per trattarli si cerca di impedirne la formazione agendo sui tre parametri della combustione descritti prima. Vengono prodotti essenzialmente nei motori a combu- stione interna e negli alti forni, dove tra l’altro gli elevati tempi di permanenza portano ad un’ulteriore reazione che aumenta la concentrazione di CO :

CO2+ C −−→ 2 CO (1.39)

(23)

1.5. DESCRIZIONE DELLE SOSTANZE INQUINANTI 13

1.5.5 Piombo

Descrizione e meccanismi di formazione

Il piombo veniva utilizzato come anti-detonante nelle benzine rosse, dunque era aggiunto al combustibile.

Danni

Provoca dei danni al sistema nervoso umano.

Modalità di trattamento

Si rimuove a monte dal combustibile.

1.5.6 COV: Composti Organici Volatili

Descrizione e meccanismi di formazione

Si tratta di tutti quei composti organici come metano, benzene, toluene prodotti nei motori per autotrazione e dalle fabbriche di solventi.

Danni

Oltre a creare danni gravi alla salute umana (sono tra i responsabili per l’in- sorgenza delle leucemie) producono inquinanti secondari come il PAN e catalizzano l’acidificazione degli NOx e SOx .

1.5.7 Inquinanti secondari

Sono inquinanti secondari tutte quelle sostanze che per generarsi hanno bisogno di reazioni fotochimiche tra gli NOx e gli idrocarburi incombusti, per i quali infatti si parla di smog fotochimico, che possono avvenire in condizioni atmosferiche stabili, in presenza di radiazione solare diretta e scarsa nuvolosità. Le reazioni sono le seguenti:

• NO2+ hν −−→ NO + O

• O+ O2+ M −−→ O3+ M

• O3+ NO −−→ NO2+ O2

dove, nella reazione numero 2, M ha la sola funzione di assorbire l’energia della reazione e renderla stabile, ma non partecipa ad essa. Come si vede dalle reazioni il ciclo del NO è chiuso, ma ciò sarebbe vero se nell’atmosfera fossimo in condizioni stazionarie, e di conseguenza ciò che si osserva è che le concentrazioni delle specie variano molto durante la giornata. Ad esempio, gli idrocarburi incombusti rilasciati dalle automobili presenti in atmosfera favoriscono l’ossidazione del NO a NO2, e di conseguenza provocano un aumento della concentrazione dell’ozono O3. Quest’ultimo è tossico se presente negli strati bassi dell’atmosfera, ed inoltre provoca una serie di

(24)

14 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE reazioni a catena che portano alla formazione del PAN, Perossi-acetil-nitrato:

O3+ hν −−→ O2+ O H2O + O −−→ 2 OH OH + RH−−→ R2•+ H2O R + O2−−→ RO2

RO2+ NO −−→ RO + H2O

RO + O2−−→ H2O + RCHO + aldeidi

H2O + NO −−→ NO2+ OH

RH + 2 O2+ 2 NO −−→ 2 NO2+ RCHO + H2O

RCHO + OH −−→ RCO + H2O

RCO + O2+ NO2−−→ RCO−O−O−NO2

(1.40)

Il PAN è molto irritante per le vie respiratorie e per gli occhi, e ad alte concentra- zioni può provocare seri danni alla vegetazione. È molto più stabile degli ossidi di azoto, quindi ne consente il trasporto anche a lunghe distanze, e lo è molto di più alle basse temperature: per cui nei centri urbani l’inquinamento risulta molto più elevato in autunno/inverno in giornate assolate. L’indicatore della presenza di questo inquinante è la concentrazione di ozono e particolato, in quanto per il primo vale una proporzionalità diretta.

1.6 Inquinamento su scala globale

Una particella sospesa è soggetta al seguente equilibrio fisico, mostrato anche nel grafico di figura 1.4:

cp· dT + g · dz = 0 →dT dz = −g

cp (1.41)

Figura 1.4: Grafico dell’equilibrio fisico di una particella sospesa

Il profilo di riferimento per stu- diare il moto della particella è dun- que adiabatico. Quindi ad esem- pio, se la particella sale istantanea- mente di un certo ∆z, la sua tem- peratura scenderà seguendo l’adiabati- ca; a questo punto essendo più fred- da scenderà verso il basso seguendo un moto turbolento. Questo tipo di moti è quello di un’atmosfera stabi- le, che per definizione inibisce moti turbolenti e vorticosi e di conseguen- za la dispersione di polveri e inquinan- ti, che rimarranno in una stessa zo- na (condizione di cielo limpido e sere- no).

(25)

1.6. INQUINAMENTO SU SCALA GLOBALE 15

1.6.1 Piogge acide

Sono prodotte dalla presenza di SOx e NOx nell’atmosfera, poiché quest’ultimi sono sottoposti alle seguenti reazioni in presenza di acqua (umidità):

SO2+ H2O −−→ H2SO3 ⇒ H2SO3+1

2O2−−→ H2SO4

SO3+ H2O −−→ H2SO4

NO, NO2+ H2O −−→ HNO3

(1.42)

HNO3 e H2SO3 formano soluzioni acquose a PH basso, quindi le piogge acide. Il problema fondamentale legato ad esse è il fatto che sciolgono il carbonato di calcio presente nei monumenti ed edifici in genere:

CaCO3+ H2SO4−−→ CaSO4+ H2O + CO2 (1.43) Infatti CaSO4è gesso, quindi un composto solubile in acqua. Le piogge acide possono cadere in luoghi anche molto distanti da quelli di generazione degli SOx e NOx .

1.6.2 Buco dell’ozono

La concentrazione di ozono presente negli alti strati dell’atmosfera (stratosfera) è di 7, 4ppm, superiore a quella degli strati più bassi. La funzione dell’ozono è quella di assorbire i raggi ultravioletti provenienti dalla radiazione solare, che si dividono in UVA (320-400 nm), UVB (220-320 nm), UVC (30-220 nm): in particolare l’ozono assorbe completamente le radiazioni pericolose, i raggi UVB e UVC. A partire dagli anni ’80 si è osservata una diminuzione della concentrazione di O3, dovuta all’emissione in atmosfera di composti contenenti cloro, fluoro o bromo.

Questi elementi infatti andavano ad inserirsi nell’equilibrio del ciclo di produzione e distruzione dell’ozono, sottraendolo per riformare ossigeno molecolare:

ciclo dell0Ozono





O2+ kν −−→ 2 O

O+ O2+ M −−→ O3+ M O3+ kν −−→ O2+ O O + O3−−→ 2 O2

(1.44)

reazioni con il CloroCl + O3−−→ ClO + O2

ClO + O −−→ O2+ Cl (1.45) La presenza di Cl, F e Br nell’atmosfera era da imputare all’utilizzo di fluidi refrigeranti CFC, banditi poi dal 1995. I fluidi contenenti invece sono fluori saranno messi fuori legge dal 2020.

1.6.3 Effetto serra

L’effetto serra è legato alla presenza di gas come l’anidride carbonica, di per sé non inquinante, che hanno la caratteristica di essere trasparenti alla radiazione solare diretta ma opachi alla radiazione solare riemessa dalla terra, che è nelle frequenze

(26)

16 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE dell’infrarosso. 

















E = σ · A · T4= ε · A ·R Eλ· dλ

Eλ= 2π · h · c2

λ5 · 1

ehc/kλT − 1 λEλ =2898

T (legge di W ien)

(1.46)

Questo comportamento provoca inevitabilmente un innalzamento della temperatura atmosferica. Di per sé l’effetto serra è benefico, perché consente di mantenere la temperatura del pianeta quasi costante, con meno picchi alti e bassi. Tuttavia, una concentrazione troppo elevata di gas serra porta ad un aumento incontrollato della temperatura che può avere effetti drastici sull’ecosistema, come l’innalzamento del livello del mare in seguito allo scioglimento dei ghiacciai polari. Non esistono normative per l’emissione della CO2 , ma solo accordi e leggi per contenerla, anche perché è un problema complesso: anche se si catturasse, ci sarebbe comunque il problema dello stoccaggio. L’unico vero modo per intervenire è lavorare alla fonte, eliminando i combustibili fossili.

1.6.4 Global Warning Potential - Potenziale di Gas Serra

Il GWP è un parametro che consente di confrontare la caratteristiche relative al potenziale di effetto serra di più specie chimiche rispetto alla CO2 a parità di tempo:

infatti non sarà importante solo la capacità di assorbimento della radiazione infrarossa, ma anche il tempo di permanenza in atmosfera, ossia il tempo di decadimento del composto considerato definito come il tempo durante il quale la specie chimica rimane tal quale in atmosfera, prima di subire una serie di trasformazioni chimiche o fisiche che ne cambino le caratteristiche. Questo tempo è pari a 100 anni per la CO2 , e ad esempio per il SF6 è 3000 anni. Il GWP della CO2 in 100 anni è fissato pari a 1, ne consegue ad esempio che quello del metano CH4è 21.

(27)

Capitolo 2

Tecnologie per il controllo degli inquinanti: Impianti a vapore

Lezione4. 26/10/2017 I prodotti inquinanti prodotti negli Impianti a Vapore sono essenzialmente dovuti al generatore di vapore e quindi alla combustione. Negli IV la combustione è esterna, dunque dato che i fumi non evolvono in turbina è possibile utilizzare anche combusti- bili "poveri" e "sporchi", cioè con alti contenuti di ceneri e composti ammoniacali e solforati. L’utilizzo di quest’ultimi fa sì che i fumi prodotti si trovino:

• SOx che possono arrivare anche ai 10000mg/m3, con limiti di 200mg/m3,

• NOx termici, fuel (se il combustibile ha ammoniaca al suo interno) e prompt, che possono arrivare a concentrazioni di 2000mg/m3 con limiti di 200mg/m3,

• Particolato, con concentrazioni prodotte massime di 3000 − 4000mg/m3mentre i limiti sono di 50mg/m3 (dunque l’efficienza del sistema di smaltimento deve essere almeno del 95%).

Non mi aspetto invece presenza di incombusti o prodotti di combustione incomple- ta. Viste le entità delle concentrazioni in gioco, è logico aspettarsi che la linea di abbattimento delle emissioni per un impianto a vapore abbia voci di costo elevate sia nell’investimento iniziale per l’impianto (anche il 30%), sia per quanto riguarda i consumi dell’impianto stesso.

2.1 Trattamento del particolato

Il particolato così inteso rappresenta circa il 70% delle ceneri totali prodotte dalla combustione, poiché l’altro 30% è rappresentato dalle ceneri pesanti che possono essere rimosse in camera di combustione semplicemente con il lavaggio tramite acqua. La natura del particolato è molto varia, e dipende essenzialmente da:

• tipologia di combustibile utilizzato,

• modalità di combustione,

• condizioni operative, ossia se siamo in condizioni nominali o di fuori progetto.

17

(28)

18 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE Di conseguenza anche i sistemi di rimozione saranno vari, anche se il principio di base resta sempre l’urto tramite il quale si fa perdere energia cinetica alla particella e sedimentare, permettendone la separazione dai fumi. L’urto può avvenire:

• per via diretta, quindi utilizzando dei filtri,

• sfruttando la differente forza centrifuga a cui sono sottoposte le polveri e l’a- ria (maggiore per le polveri che per l’aria, dunque queste sono spostate più all’esterno e si possono separare),

• utilizzando un campo elettrico,

• tramite forze di diffusione (moti browniani, le particelle più piccole sono urtate dalla stessa corrente).

I più importanti sistemi per il trattamento delle polveri sono:

• separatori, – centrifughi, – ad umido,

• filtri a maniche

• precipitatori elettrostatici.

Ognuno di questi sarà caratterizzato da un certo rendimento globale di rimozione e vari rendimenti frazionati per ogni dimensione caratteristica del particolato, definiti come:

ηglobale= massa di particolato rimossa massa di particolato totale

ηf razionato= massa di particolato di dimensione fissata rimossa massa di particolato totale

(2.1)

2.1.1 Precipitatori elettrostatici

Il precipitatore elettrostatico è un sistema strutturato come in figura 2.1: sono presenti due piastre L · H distanziate di 2s caricate positivamente, e a metà fra le due sono posizionati degli elettrodi di scarica caricati negativamente. Quando viene fatta partire la scarica nei vari elettrodi centrali, si ionizzano le particelle di partico- lato contenute nel gas che quindi verranno attratte dalle piastre esterne, scaricate e catturate in basso. Il campo elettrico va da un minimo di 20 a un massimo di 100kV e deve essere sufficientemente elevato da ionizzare le particelle, ma non troppo elevato da provocare la fusione delle stesse con le piastre, cosa che porterebbe sia a un dete- rioramento di queste, sia ad una diminuzione della superficie utile al processo e quindi un abbassamento dell’efficienza del precipitatore elettrostatico. In genere le piastre hanno queste dimensioni caratteristiche:

L 10mcon un massimo di 30m H 1mcon un massimo di 15m

s 1cmcon un massimo di 10cm (2.2)

(29)

2.1. TRATTAMENTO DEL PARTICOLATO 19

Figura 2.1: Schematizzazione di un precipitatore elettrostatico

Ovviamente per un impianto a vapore serviranno un centinaio di piastre per trattare tutta la portata di fumi.

Le dimensioni elevate del sistema sono giustificate dal fatto che il tempo di migrazione del particolato verso le piastre debba essere inferiore al tempo di attraversamento del gas attraverso il sistema:

tm≤ ta ⇒ s vm

≤ L vg

=⇒ L ≥ s · vg vm

Qg= 2s · H · vg → vg= Qg

2sH ·L

L = Qg· L 2s · A

L ≥ s vm

·Qg· L

2s · A → A · vm

Qg

≥ 1 2

(2.3)

L’ultimo termine è direttamente legato all’efficienza del precipitatore, che quindi sarà tanto maggiore quanto l’area delle piastre è grande, quanto la portata di gas è bassa (e quindi s sia piccolo) e quanto la velocità di migrazione è alta, ricordando però che questa ha sempre un massimo legato all’evitare che ci sia fusione della particella con le piastre del precipitatore. Il valore di quest’ultima può essere ricavato considerando l’equilibrio della particella di particolato, soggetta alla forza elettrica Fel e alla forza di attrito viscoso Fviscosa:

Rf orze= Fel− Fviscosa= 0 → Fel = Fviscosa q · E = 6π · µg· dp

2



· vm

"

ε · 12π · E · dp

2

2#

· E = 6π · µg· dp

2



· vm

→ vm= E2· dp· ε µg

∼ 10 ÷ 20m s−1 mentre vg∼ 1 ÷ 2m s−1

(2.4)

Come dp si avrà un certo range di dimensioni, anche se per ogni combustibile si ha sempre un diametro più probabile sul quale si può basare la progettazione, o even-

(30)

20 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE tualmente per uno più basso. Si è osservato che il valore minimo del diametro per la ionizzazione è dell’ordine di 0, 1µm. Fino ad ora però non si è considerata l’influenza della temperatura sul moto. Questa infatti ha influenza, insieme alla concentrazione di zolfo nei fumi, sulla resistività delle particelle, la quale:

• se è bassa comporta una carica/scarica troppo veloce,

• se è alta comporta una carica lenta e possibili scariche all’elettrodo.

L’andamento della resistività in funzione della temperatura T e della concentrazione di zolfo CS segue l’andamento del grafico di figura 2.2. È per questo motivo che

Figura 2.2: Grafico della resistività in funzione della temperatura al variare del tenore di zolfo [1].

il sistema per il trattamento del particolato dipende molto dal tipo di impianto. Il precipitatore elettrostatico, insieme ai filtri a maniche (paragrafo successivo), è la tecnologia più efficiente per il trattamento del particolato: tutte le altre tecnologie infatti non possono essere utilizzate stand-alone, da sole, ma in combinazione con queste, ad esempio per trattare dei fumi nel caso di concentrazione di particolato particolarmente elevata.

2.1.2 Filtri a maniche

Si tratta di filtri in maniche di fibre sintetiche o ceramiche (nel caso debbano sop- portare temperature più elevate). Come si vede dalla figura 2.3, il flusso viene forzato ad attraversare le maniche intrappolando così le particelle di particolato. La caduta di pressione in questa apparecchiatura è significativa, ed aumenta considerevolmente se i filtri non vengono rigenerati e quindi se si crea un "tappo" con il particolato, che d’altra parte però provoca un aumento dell’efficienza del filtro in quanto riesce a bloccare particelle via via più piccole ("effetto torta"). Più si divide il flusso più aumenta l’area di contatto e quindi l’efficienza della separazione. In un impianto a vapore di 1000MW si necessita di circa 300/400 maniche.

La loro efficienza non dipende dalla temperatura, tuttavia è meglio che lavorino a bas- se temperature per evitare l’insorgere di autocombustioni. Il parametro di progetto è

(31)

2.1. TRATTAMENTO DEL PARTICOLATO 21

Figura 2.3: Schematizzazione di un filtri a maniche [1].

il rapporto:

Q

A → se diminuisce aumenta l’efficienza (2.5) La caduta di pressione attraverso le maniche si può esprimere infatti in funzione di questo parametro:

∆p = k1· Q A



· k2· C · Q A

2

· t ∆pmax= 2kPa (2.6)

dove k2 è un coefficiente che dipende dalla resistività del materiale. Per la movimen- tazione del flusso è necessario inserire un ventilatore che assorbe anche lo 0, 5/0, 7%

della potenza prodotta dall’impianto a vapore.

La pulizia avviene in vari modi:

• attraverso gli "ugelli pulizia", come si vedere nella figura 2.3,

• con lo scuotimento,

• immettendo un flusso d’aria in senso trasversale alla manica (operazione effet- tuata anche durante il funzionamento).

Lezione5. 27/10/2017

2.1.3 Cicloni

Il ciclone è un sistema di cattura del particolato che sfrutta la forza centrifuga (schema in figura 2.4). Il gas entra tangenzialmente dall’alto e prosegue con un moto a spirale fino ad incontrare la rastremazione: l’apertura in fondo "fluidodinamicamen- te" è vista come un tappo e il gas non esce, al contrario risale con un moto a spirale

(32)

22 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE

Figura 2.4: Schema di un ciclone a doppio flusso inverso [1].

coassiale a quello di discesa ma con un diametro pari a quello della rastremazione, e

"pulito" in quanto la particella di particolato urta le pareti, perde energia cinetica e viene separata. Si possono mettere anche più cicloni in parallelo per elaborare più portata.

Questi sistemi vengono utilizzati per depolverizzare un gas particolarmente "sporco"

come primo stadio di rimozione del particolato, accoppiati quindi poi con un precipi- tatore elettrostatico (che sarebbe troppo costoso da implementare da solo). Il ciclone ha un’efficienza del 80% per particelle PM 2,5.

Considerando un flusso laminare, se la velocità è costante la somma di tutte le forze deve essere nulla, e visto che alla fora viscosa si oppone la forza centrifuga si ha:

Fcent= Fv

6 · d3p· ρp

· v2t r



= 6πµg· dp 2



· vr

(2.7)

con vt e vr componenti tangenziale e radiale della velocità del flusso. Da questo bilancio si può ricavare il raggio della traiettoria:

r = ρp· v2t· d2p

18 · µg· vr (2.8)

che esiste per ogni diametro dpdella particella. A questo punto si dovrebbe confrontare r con il raggio del ciclone, ma la cosa migliore è definire un diametro critico della particella, cioè quello delle particelle che vengono sicuramente separate:

dp= 18µgvrr

ρp· vt2 (2.9)

(33)

2.1. TRATTAMENTO DEL PARTICOLATO 23 Se il raggio del ciclone è R, il diametro limite che si riesce a separare è:

dplimite =18µgvrR

ρp· vt2 (2.10)

tanto più è piccolo il raggio del ciclone, tanto più è piccolo il dp che riesco a separare.

Stessa cosa si ottiene aumentando ρp e vto diminuendo µg e vr.

Sulla vtdi ingresso ho un limite fluidodinamico legato al fatto che innanzitutto le due spirali non devono interagire (cosa che potrebbe succedere) e si potrebbe avere un ri-trascinamento. Le perdite di carico non sono particolarmente elevate ma hanno un certo peso (si hanno relazioni empiriche fornite dai costruttori).

2.1.4 Precipitatori ad umido

La separazione avviene con l’utilizzo di un liquido: il principio di funzionamento si basa sulla "cattura" della particella di polvere da parte dell’acqua facendone au- mentare il peso e quindi facilitandone la rimozione. Dato che l’acqua da utilizzare negli impianti a vapore andrebbe trattata per essere demineralizzata, questo sistema si utilizza solo in casi estremi: quando la quantità di particolato è tale che andrebbe a sporcare il precipitatore elettrostatico.

Lo scopo nel dimensionamento del sistema è quello di aumentare la superficie di con- tatto fra gas e liquido. Il sistema più comune è quello della torre di lavaggio, schematizzato in figura 2.5, che si basa su un lavaggio controcorrente con velocità del gas molto maggiore di quella dell’acqua (sistema ad acqua ferma): il gas esce pulito, ma l’efficienza del sistema è bassa dunque vengono accoppiati di solito con cicloni e multicicloni posti precedentemente. Un altro sistema è quello dello scrubber ventu-

Figura 2.5: Schema di una torre di lavaggio [1].

ri di figura 2.6, nel quale acqua e gas entrano dalla stessa parte e sono soggetti allo stesso moto (nella gola raggiungono la velocità limite). Per aumentare la superficie di contatto si nebulizza il più possibile l’acqua (impensabile pensare di pressurizzare negli ugelli), cosa che avviene principalmente nel venturi stesso che garantisce il ∆v desiderato. Nella gola si hanno perdite di carico importanti fino a 20kPa.

Le valutazioni sull’efficienza, il cui andamento teorico è quello del grafico in figura 2.7,

(34)

24 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE

Figura 2.6: Schema di uno Scrubber Venturi [1].

devono essere fatte anche in base al costo iniziale e quello operativo legato anche alle perdite di carico.

Figura 2.7: Andamento del rendimento corretto del trattamento del particolato al variare della concentrazione dello stesso [1].

2.2 Trattamento degli SO

x

Oltre alla rimozione a monte dello zolfo dai combustibili, nelle centrali a vapore si opera anche un trattamento a valle della combustione per rimuovere gli ossidi dello zolfo. Per la rimozione su sfrutta la caratteristica dello zolfo di essere reattivo con sorbenti a basa di calcio Ca, ad esempio alla dolomite, producendo gesso più o meno puro (che in più ha un mercato). Il sistema FDG Flue Gas Desulphurisation come ordine di grandezza ha un costo più alto rispetto alla somma di tutti gli altri tratta- menti. I sorbenti sono immessi in vari punti e per ogni tonnellata di SO2 rimossa si producono circa 4 tonnellate di gesso.

Esistono tipologie di sistemi con e senza rigenerazione del sorbente: nel primo caso si produce gesso, nel secondo H2So S puro. Un’altra distinzione la si fa in base alla fase dei reagenti e si distinguono:

(35)

2.2. TRATTAMENTO DEGLI SOX 25

Figura 2.8: Iniezione del sorbente in un sistema FDG "Flue Gas Desulphurisation"

[1].

• sistemi ad umido, che producono uno slurry,

• sistemi a secco, che producono gesso secco,

• sistemi a semi-secco o semi-umido.

2.2.1 Sistemi FDG ad umido

Figura 2.9: Schema di un sistema di desolforazione a umido [1].

Il sistema è schematizzato in figura 2.9, con un dettaglio dell’assorbitore in figura 2.10. I sorbenti utilizzati in questa tipologia di sistemi sono : CaCO3, MgCO3(anche insieme), calce viva CaO. La molarità, cioè il rapporto tra sorbente e SOx , è di circa 30/40 volte il valore stechiometrico, quindi si lavora in eccesso di sorbente. Il diametro dell’assorbitore è dell’ordine di 10m, l’altezza di 40m di cui 3/4m sono dedicati alla

(36)

26 CAPITOLO 2. INQUINANTI NEGLI IMPIANTI A VAPORE

Figura 2.10: Schema dell’assorbitore con calce o calcare [1].

raccolta dello slurry: dunque il sistema è ingombrante rispetto alle macchine di una centrale. Le reazioni che avvengono sono le seguenti:

• Con il carbonato di calcio:

SO2+ H2O −−→ H2SO3

CaCO3+ H2SO3−−→ CaSO3+ CO2+ H2O CaSO3+1

2O2+ 2 H2O −−→ CaSO4+ 2 H2O

(2.11)

Il prodotto è noto come gesso idrato.

• Con la calce viva:

CaO + H2O −−→ Ca(OH)2

Ca(OH)2+ SO2−−→ CaSO3+ H2O (2.12)

• Sistema "Dual Alcaline":

Na2SO3+ SO2+ H2O −−→ 2 NaHSO3

2 NaHSO3+ CaCO3−−→ Na2SO3+ CaSO3+1

2H2O + CO2+1

2H2O (2.13) si noti come CaSO3+ 12H2O più l’aria formi gesso, e si è rigenerato il primo sorbente. Oppure:

Na2CO3+ SO2−−→ Na2SO3+ CO2 (2.14) dove Na2SO3+ aria −−→ Na2SO4, non ho gesso ma Na2SO3 è utilizzato nell’in- dustria cartiera mentre Na2SO4 nell’industria del vetro.

• Ad acqua di mare:

SO2+ H2O −−→ H2SO3

H2SO3+ MgCO3+1

2O2−−→ MgSO4+ CO2+ H2O (2.15)

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