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Intensità e quantità dell’elettricità

Nel documento L ELEGGIDI O HM (pagine 49-52)

9. Ambiguità dei termini utilizzati per definire le grandezze relative

9.4 Intensità e quantità dell’elettricità

[Ohm 1826, p.141] È evidente da questo passo che Ohm, per definire la conducibilità di un condut-tore applica materialmente l’operazione di riduzione delle lunghezze del filo e da qui trae origine il termine di “lunghezza ridotta” (reducirte Lange) che utilizzerà in un articolo di poco posteriore (Ohm 1826, b, p.463) per caratterizzare la resi-stenza dei diversi componenti di un circuito galvanico.

In effetti nell’articolo dello Schweiggers Journal la terminologia non è ancora chia-ramente definita. Per la resistenza di un conduttore, Ohm usa il termine Leitungwiderstande (resistenza del conduttore), per quella di un moltiplicatore il semplice termine di Widerstand (resistenza) e per quella di una coppia bimetalli-ca il termine Widerstandlange (lunghezza di resistenza), intendendo con ciò comparare la resistenza propria della coppia a quella di un conduttore standard di lunghezza tale da produrre lo stesso indebolimento dell’azione deviatrice dell’ago magnetico.

Come s’ è detto, il termine più generale di lunghezza ridotta apparirà nell’articolo degli Annalen del 1826 e verrà poi utilizzato ampiamente nella Teoria del circuito

galvanico per denominare la costante che correla la “differenza delle forze

elettri-che” che si trovano alle estremità di una parte del circuito (cioè la differenza di potenziale esistente tra due punti del circuito) e la “grandezza” della corrente (la nostra intensità di corrente).

Per i conduttori “prismatici” 40tale costante è espressa dal prodotto BC/(γ ω) ove BC indica la lunghezza del tratto di circuito in esame, γ la sua conducibilità, ω la sua sezione; per gli altri componenti del circuito essa è invece data da una oppor-tuna lunghezza ridotta di un conduttore di riferimento. L’insieme di tutte le lun-ghezze ridotte così definite concorre poi a costituire la “lunghezza totale ridotta”

L dell’intero circuito, legata alla “grandezza della corrente” S e alla somma A di

“tutte le tensioni del circuito” dalla relazione S = A/L (Ohm 1827, p.21). Ohm non fornisce un’ interpretazione microscopica dell’origine della resistenza dei conduttori ma la sua interpretazione molecolare della propagazione dell’elet-tricità, secondo la quale l’azione di una particella elettrica è sentita solo dalle par-ticelle elettriche contigue, gli consente di assumere mediante procedimento deduttivo che la conducibilità di un conduttore sia direttamente proporzionale alla sua sezione (risultato di cui, in base alle misure degli anni precedenti, era già pienamente convinto).

9.4 Intensità e quantità dell’elettricità

Sono questi i termini che subiscono il maggior mutamento di significato in rela-zione al precisarsi delle leggi relative alla condurela-zione ed al circuito.

Nel Settecento, il termine “intensità” dell’elettricità designava la capacità di que-sta di produrre effetti quali ad esempio la produzione di scintille, la deviazione degli elettrometri o la torsione di una bilancia di Coulomb. Con tale significato il termi-ne continua ad essere usato, in getermi-nerale, anche termi-nell’Ottocento, per caratterizzare l’attitudine dell’elettricità a produrre fenomeni quali la deposizione di sostanze agli

40Ohm usa questo termine anche se poi, per i suoi esperimenti utilizza con-duttori cilindrici.

elettrodi di una cella elettrolitica, la deviazione di un ago magnetico, il superamen-to di corpi interposti fra i poli di un generasuperamen-tore, ecc.). I tre passi che seguono esem-plificano quanto detto; nel leggerli, si tenga presente che, nonostante la data della loro pubblicazione, i loro autori operano al di fuori della teoria di Ohm.

Qual è, nella produzione di un effetto, la parte relativa al numero e all’intensità della corrente? È questo che non si può ancora dire in un modo ben esatto [...]. In ciò che precede, io ho sempre inteso per intensità di corrente, l’effetto più o meno consi-derevole che essa produce sul galvanometro magnetico.

[De La Rive, 1836,a, p. 48]

La parola intensità, applicata ad una corrente elettrica, in tanto quanto la distin-gue dalla sua forza elettrodinamica, non può avere altro senso determinato e capace d’essere sottoposto all’esperienza che quello della facoltà di poter sormontare più o meno facilmente gli ostacoli che si oppongono alla sua trasmissione attraverso i con-duttori imperfetti, quali sono in generale i liquidi comparativamente ai metalli.

[Botto, Avogadro, 1839, p.15]

...Prima di quest’ epoca [quella dell’esperimento di Oersted] non si avevano, per la misura delle correnti elettriche, che dei mezzi molto imprecisi, che confondeva-no la quantità di elettricità che attraversa il conduttore con la sua intensità, cioè a dire, con la potenza particolare che acquista una quantità qualunque di elettricità, di vincere la resistenza del circuito

[Peltier, 1839,p. 225]

Come si può dedurre da questi passi, chi operava in uno schema concettuale estra-neo alle leggi di Ohm, concepiva l’esistenza di un rapporto fra corrente e resi-stenza del circuito ma non era in grado di proporre una formulazione quantitati-va di tale rapporto e, soprattutto, non intravvedequantitati-va il rapporto fra il tempo e la “quantità di elettricità”.

Esaminiamo ora il significato di quest’ultimo termine.

Esso viene già utilizzato da Volta per caratterizzare la causa che genera il maggio-re o minomaggio-re effetto elettrochimico:

[...] ho quindi avuto ragione di dire nel primo annunzio che diedi di tali apparati [la pila

a colonna e a tazze] alla Società Reale di Londra nel mese di Marzo del 1800, che le scos-se prodotte da’ medesimi sono simili, dell’istessa natura e polso di quelli delle grandi

bat-terie elettriche debolissimamente cariche41, supplendo, come in queste, così e meglio ancora in quelli, alla poca intensità, onde è spinto il fluido elettrico, la grandissima quan-tità del medesimo, che passa in una corrente continua per molti istanti successivi.

[Volta, 1801, p. 565] e più avanti:

Farò qui osservare intanto che diverse esperienze riportate più sopra dimostrano che questi apparecchi, malgrado una tensione elettrica sì debole, che non arriva per avventura ad 1 o 2 gradi del mio elettrometro a paglie sottili, forniranno nulladimeno 41Ricordiamo che queste batterie

non sono quelle voltaiche ma sono le batterie di condensatori che potevano essere caricate a vari livelli mediante tecniche opportune.

una quantità ben grande di fluido elettrico in pochissimo tempo; [...] Egli è visibile da ciò che i miei apparecchi forniscono molto più abbondantemente che la miglior mac-china elettrica; voglio dire che ad ogni istante tramandano e fanno passare maggior quantità di fluido elettrico [...] di quello far possa codesta macchina. [...]

LII. Questa conclusione inaspettata sorprenderà forse e sembrerà paradossa a molti

[...] essa però non lascia d’esser vera a tutto rigore, ed è resa evidente non solo dalle

adottate sperienze, ma da altre egualmente incontestabili. Essa spiega altronde assai bene e naturalmente come i medesimi apparecchi valgano a produrre certi effetti, o a portargli ad un più alto grado di quello possano le macchine elettriche ordinarie: quali effetti sono la decomposizione dell’acqua [...].

Per comprenderne la ragione [...] basta, dico, concepire che per cagionare tali decom-posizioni chimiche fa d’uopo d’un torrente elettrico molto copioso e continuato... [in

proposito si veda anche (Volta 1802, p.588)]

[Volta 1801, p.572-574]

Anche Davy usa il termine quantità di elettricità per designare gli effetti elettro-chimici delle batterie voltaiche e per quanto riguarda i rapporti di questa gran-dezza con l’intensità dell’elettricità così si esprime:

Ho fatto qualche esperienza nella speranza di ottenere il rapporto esatto delle facoltà conduttrici in funzione del cambiamento di intensità e di quantità di elettricità; ma non sono riuscito che a pervenire a questo risultato generale, che più l’intensità dell’elettricità è grande, minor difficoltà incontra a passar attraverso cattivi condut-tori, e più fenomeni rimarchevoli sono associati a questa circostanza.

Così, in una batteria ove la quantità di elettricità è molto grande ma ove la sua inten-sità è molto debole [...] il carbone messo in contatto soltanto in qualche punto, è un corpo isolante all’incirca quanto l’acqua, non può essere infiammato e i fili di platino non possono essere scaldati a meno che il loro diametro non sia almeno 1/80 di polli-ce quando la loro lunghezza sia circa 3 o 4 piedi...

[Davy, 1822, p. 234]

Proprio riprendendo il lavoro di Davy appena citato, Becquerel, qualche anno dopo, definiva le corrette condizioni per eseguire misure di conducibilità nel modo seguente:

…che ciascuna placca fornisca alla corrente la stessa quantità di elettricità e che le pile formate da uno stesso numero di queste placche abbiano la stessa intensità di azione.

[Becquerel, 1826, p.421]

Al di fuori dello schema concettuale di Ohm i due termini continuarono a pre-sentare ambiguità notevoli. Ancora negli anni trenta così scrive ad esempio Faraday a proposito del termine “quantità”:

Il termine quantità di elettricità è forse sufficientemente definito quanto al senso...

affermazione che esprime incertezza, anche se Faraday connetteva strettamente la quantità di elettricità alla quantità di azione elettrochimica, come risulta ad esempio dal passo seguente:

Quando si produce la decomposizione elettrochimica, vi è una forte ragione di cre-dere che la quantità di materia decomposta non sia proporzionale all’intensità ma alla quantità di elettricità passata.

[idem, p.32]

e anche, poco più avanti:

Segue anche per questo caso di decomposizione elettrochimica, ed è probabile per tutti i casi, che la potenza chimica, come la forza magnetica, è in proporzione diretta alla quantità assoluta di elettricità che passa.

[idem, p.53]42

ma a proposito del termine “intensità”:

Il termine intensità è più difficile da definire rigorosamente. Io sto usando i termi-ni nel loro sigtermi-nificato ordinario e accettato.

[idem, p. 48]

In questa situazione così fluida, le definizioni di Ohm (le esamineremo in detta-glio nel prossimo capitolo) delle grandezze elettriche appaiono veramente le sole adatte a sostenere una corretta definizione delle leggi del circuito. A questo pro-posito si ricordi la frase di Poggendorf sulla “razionalità” delle leggi di Ohm ripor-tata al termine del paragrafo 7.2 e si legga anche questo omaggio di Wheatstone alle medesime.

Poichè tutti gli strumenti e le metodologie che descriverò sono fondati sui principi sta-biliti da Ohm nella sua teoria del circuito voltaico [...] non posso sperare di far capire le mie descrizioni e spiegazioni senza far precedere un breve resoconto dei principali risul-tati che sono srisul-tati dedotti da essa. Si vedrà subito come le chiare idee di forza elettromo-trice e resistenza, sostituendo i vaghi concetti di intensità e quantità fin qui dominanti, ci permettono di dare soddisfacenti spiegazioni dei più importanti fenomeni.

[Wheatstone, 1843, p. 303]

Nel documento L ELEGGIDI O HM (pagine 49-52)