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Le tesi di Ohm sulla teoria del contatto

Nel documento L ELEGGIDI O HM (pagine 33-36)

6. Il principio generatore dell’elettricità nella pila di volta

6.3 Le tesi di Ohm sulla teoria del contatto

Soffermiamoci ora brevemente sulle tesi di Ohm relative alla teoria del contatto. L’ipotesi che la “forza generatrice di elettricità” risiedesse nel contatto di due corpi eterogenei viene assunta da Ohm come una delle “tre leggi” poste alla base della sua teoria del circuito galvanico.

Io ho esposto come segue il modo di manifestarsi dell’elettricità ai punti di contat-to di due corpi differenti, ossia la tensione elettrica di questi corpi. Quando due corpi eterogenei si toccano, conservano sempre ai punti di contatto una sola e medesima differenza tra le loro forze elettroscopiche.

[Ohm, 1827, p. 5]

Questa frase viene ripresa anche a pag. 57 del Trattato, nell’ambito della discus-sione generale dei principi che sorreggono la teoria del circuito elettrico e, in quell’occasione, verrà integrata nel modo seguente:

Quando corpi eterogenei si toccano, conservano sempre al luogo del contatto una e medesima differenza tra le loro forze elettroscopiche, in virtù di un antagonismo che deri-va dal loro essere. Questa differenza si deve esprimere colle parole tensione elettrica.

Ohm si rende conto che nella pila si producono anche reazioni chimiche, ma tali effetti sono interpretati come secondari e perturbatori dell’effetto primario che resta sempre l’azione bimetallica.

I cambiamenti chimici che avvengono tanto frequentemente nelle singole parti, e per lo più nelle liquide dell’apparecchio galvanico, fanno perdere agli effetti la loro naturale schiettezza, e per le complicazioni che ivi producono ne celano in gran parte l’andamento.

Dalle azioni chimiche si ripete la cagione di alcune straordinarie differenze nei feno-meni, le quali danno occasione a tante apparenti eccezioni alle regole, e talora anche a contraddizioni [...]

[ibidem, p. 6]

Il problema delle azioni chimiche viene affrontato nella Appendice alla teoria del

circuito galvanico (Ohm, 1827, pp.105 - 128) e ivi inquadrato sempre nella teoria

dell’azione fra corpi mediante ardite ipotesi di natura microscopica.

Ohm ritorna infatti sulla tensione che si produce fra i corpi a contatto assumen-do che essa sia

[...] proporzionale alla differenza delle loro forze elettroscopiche latenti23e ad una funzione, che noi diremo coefficiente di tensione, la quale dipende dalla grandez-za, dalla posizione e dalla forma delle particole che operano l’una sull’altra al luogo di contatto. Da questa ipotesi si deduce non solamente le leggi che seguono le tensioni dei metalli [...] ma in essa può eziandio rinvenirsi il modo di spiegare i fenomeni in conse-guenza dei quali la tensione elettrica non dipende solo dall’antagonismo chimico dei due corpi ma anche dalla loro densità relativa, e quindi ella può mostrarsi diversa a temperature differenti.

[ibidem, p. 122]

A partire da tale ipotesi, tradotta in termini quantitativi, Ohm giunge a scrivere una relazione che connette la corrente S che percorre il circuito prima che si svi-luppino le reazioni chimiche e la corrente S’ che percorre il circuito dopo che si è realizzato il massimo cambiamento chimico. La formula che traduce tale relazio-ne è la seguente:

ove a indica la conducibilità della parte liquida, ω la sua sezione, λ la lunghezza ridotta24della parte liquida, L la lunghezza ridotta totale del circuito; Ψ è invece un termine che tiene conto delle forze elettroscopiche e dei cosiddetti “coeffi-cienti di tensione” (inglobati nella funzione Φ) relativi alle parti a contatto. Questa formula verrà ripresa e sviluppata ulteriormente nella Aggiunta inedita alla

teoria del circuito galvanico del dott. Ohm, che egli aveva spedito ad Achille Perugia

nell’imminenza della traduzione del suo lavoro.

In questa Aggiunta, a proposito della formula di cui sopra (o, meglio, della sua riscrittura più esplicativa) Ohm osserva fra l’altro che non vi sarà cambiamento di corrente se Φ = 0 e che, al contrario, le superfici limite dei liquidi influiranno sulla corrente solo in quanto, in corrispondenza di tali superfici “si forma di prefe-renza una tensione provocata dalla decomposizione stessa”.

′ = −

(

′ +

)

S S

L S a

Φ λ Ψ ω

23Le forze elettroscopiche latenti sono associate da Ohm alle elettricità

latenti di un corpo, dove con tale

ter-mine si deve intendere l’elettricità che “appartiene all’essere delle parti costituenti” del corpo delle quali tali parti “non possono spogliarsi senza abbandonare la loro maniera di esiste-re”. Si noti che tale tipo di elettricità va tenuto ben distinto dalla elettricità

libera cioè da quella elettricità “che

non è necessaria ai corpi per conserva-re la loro propria natura e la quale può quindi passare da una parte all’altra del corpo senza però [che] esse abbia-no a cambiare il loro modo specifico di essere.” [idem, p.109]

24“Lunghezza ridotta”, applicata a un tratto di conduttore filiforme, designa il rapporto fra la lunghezza geometrica del conduttore e il prodotto della sua sezione per la conducibilità, designa dunque ciò che oggi denominiamo resistenza del conduttore. Torneremo su tale argomento nel capitolo 2.

In questa circostanza deve cercarsi la ragione del perché la grandezza della cor-rente [con questo termine Ohm indica la nostra intensità della corcor-rente] dipenda in vari casi ed in modo tanto sorprendente dalle superfici piane metalliche che limitano lo strato liquido.

[ibidem, Aggiunta, p. 3]

Appare dunque chiaro che Ohm attribuisce tutte le variazioni di corrente non tanto alle reazioni liquido-metallo quanto alla variazione dei “coefficienti di tensione” associati ai processi di deposizione o comunque di separazione che si producono entro il liquido e che, secondo il suo pensiero, modificano la posizione, la forma, la grandezza delle particole che operano l’una sull’altra nel luogo di contatto.

Supponiamo che una soluzione salina si trovi fra due lastre metalliche unite in modo da formare un circuito, la soluzione salina comincerà a decomporsi e la base del sale sarà attirata verso il metallo positivo, e se queste parti costituenti non entrano in combina-zione coi metalli esse saranno rattenute vicino ad essi [...] Per questa separacombina-zione polare si aggiungono nuove tensioni che agiscono in senso contrario a quelle esitenti origina-riamnte nel circuito, e che quindi indeboliscono l’azione della corrente in esso.

[ibidem, Aggiunta, p. 19] In contrapposizione alla teoria chimica, Ohm cita anche casi di pile nelle quali le reazioni chimiche appaiono energiche senza però che si modifichi sostanzial-mente la forza elettromotrice della pila. Ribadisce quindi la validità della teoria del contatto estendendola anche alle tensioni fra non metalli e osservando (erro-neamente però!) che se Volta non aveva operato tale estensione era perché le tensioni fra i metalli superano di gran lunga quella fra gli altri corpi.

Il meccanismo generatore della corrente nella pila non doveva comunque appa-rire semplice neppure a Ohm, come si può dedurre dal passo seguente.

Da alcuni fu opposto alla teoria del Volta esser inverosimile che una causa così tenue com’è la tensione e che si lascia a stento scorgere, possa dar origine all’azione potente della corrente elettrica. A questa obiezione, se pur venisse fatta seriamente, v’ha da opporre che Volta stesso non risguardava la tensione come la causa fonda-mentale del fenomeno, ma come una delle manifestazioni di quella causa, e che egli poteva anche concedere non esser la tensione che un elemento differenziale della forza galvanica primitiva che la genera; anzi egli poteva andar più oltre e dire che egli rite-neva la tensione come un prodotto lontano della forza stessa che determina il proces-so chimico, e ciò poteva dire senza perder nulla del suo terreno.

[ibidem, Aggiunta, p. 22] Purtroppo, l’adesione di Ohm alla teoria del contatto in un periodo in cui la mag-gior parte dei fisici si era convertita o si stava convertendo alla teoria chimica nocque gravemente all’accettazione dell’intero quadro concettuale relativo alla conduzione elettrica da lui proposto e quindi anche all’accettazione dei suoi aspetti formali comunque indipendenti da qualunque ipotesi relativa alla “natu-ra” dei fenomeni.

Questo fatto è ben testimoniato da una breve nota di John Frederick Daniell (1790-1845) del 1842, che così osserva:

Il prof. Ohm ha adottato (e credo che concorderete con me nel ritenere sfortuna-tamente) la teoria del contatto della forza elettromotrice [...].

[Daniell, 1842, pp. 137-138] Ancora più esplicito in proposito è il Matteucci che, nel 1843, così scrive:

Sono ormai sedici anni che Ohm pubblicò a Berlino un libro intitolato Del

cir-cuito galvanico considerato matematicamente. La molta parte ipotetica di

que-sto libro, la forma matematica con cui è redatto, le pochissime, se pur ve ne sono, esperienze proprie dell’autore, il fondarsi sulla forza elettro-motrice nel tempo in

cui veniva sviluppandosi la teoria chimica della pila [corsivo nostro], infine la

lingua in cui è scritto, sono di certo le molte ragioni per cui è rimasto nell’oscurità e quasi generalmente ignorato.

[Matteucci, 1843, p.88]

Sulla stessa linea di pensiero troviamo anche Giuseppe Domenico Botto (1791-1865) che nel 1843, a proposito delle leggi di Ohm, osserva:

[...] sebbene i partigiani della teoria chimica della pila non potranno accettare un tale

principio fondato sulla opposta dottrina del contatto, se non in quanto essa risponde

ai risultati dell’osservazione in tutti i casi possibili [corsivo nostro].

[Botto,1843, p.240]

7. Complicazioni circuitali associate

Nel documento L ELEGGIDI O HM (pagine 33-36)