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Interazioni con la libertà personale

Poste queste doverose premesse, s’impone il tema dei rapporti tra le norme oggetto del presente studio ed i principi fondamentali enucleati nella Carta costituzionale. Vengono in rilievo il diritto alla libertà personale, tutelato dall’art. 13 Cost. ed il diritto di difesa, ex art. 24 Cost.

Il problema viene affrontato da una sentenza della Corte costituzionale verso della metà degli anni Novanta (32). La questione di legittimità, sollevata dal Pretore di Asti, riguardava gli artt. 186 comma 6 e 187 commi 2 e 4 del codice della strada (33), dei quali si pretendeva l’illegittimità costituzionale in relazione all’art. 13 commi 1 e 2, all’art. 24 comma 2 ed all’art. 32 comma 2 Cost. (34). Secondo il giudice a quo, obbligare il conducente a scegliere tra un prelievo di sangue e le conseguenze sanzionatorie previste per il rifiuto degli accertamenti sarebbe operazione lesiva non solo del diritto di difesa, ma anche della libertà personale. L’atto si risolverebbe in un trattamento sanitario obbligatorio ordinato da un

(31) Se è possibile, pur a fronte della minaccia sanzionatoria, negare la propria cooperazione, l’atto non potrà essere posto in essere in maniera forzosa. La dicotomia richiama le parole di un illustre studioso: «il diritto, quando comanda non coercisce quando coercisce non comanda» (così, C. ESPOSITO, Lineamenti di una dottrina del diritto, in Annali Camerino, vol. IV, 1930, p. 61).

(32) Ci si riferisce a Corte cost., 30 maggio 1996, n. 194, in Giur. cost., 1996, p. 1767 s. Per un commento sulla sentenza della Corte, si vedano M. CINGOLANI, Il prelievo ematico

per l’accertamento dell’idoneità alla guida dopo le sentenze della Corte costituzionale194 e 238 del 1996, in Riv. it. med. leg., 1997, p. 867 s.; G. SANTACROCE, Alcool e droghe nella circolazione

stradale: modalità di accertamento dello stato di ebbrezza tra prove sintomatiche e dubbi di costituzionalità, in Riv. polizia, 1996, p. 791 s.

(33) Si noti che la formulazione della norma nel 1996 era sensibilmente diversa da quella odierna. Le disposizioni citate si leggano, quindi, come artt. 186 comma 5 e 187 comma 3 e 5 c.d.s.

(34) Si affiancavano, poi, le questioni poste dal Pretore di Macerata, il quale lamentava l’illegittimità costituzionale degli artt. 186 comma 4, 223 comma 3 e 224 comma 1 c.d.s. in relazione agli artt. 3, 25, 27, 97 e 102 Cost.

soggetto non qualificato – l’agente di polizia stradale –, al quale sarebbe rimessa un’eccessiva discrezionalità (35).

Per comprendere le posizioni espresse dal remittente tornerà utile ricordare schematicamente le due contrapposte letture dell’habeas corpus.

Un indirizzo abbastanza risalente afferma che la libertà personale esaurirebbe la sua tutela nel diritto di resistere agli atti strettamente coercitivi, ossia quelli che incidano sulla persona fisica e siano idonei a limitarne, anche se per un breve lasso di tempo, la libertà di movimento (36).

Un diverso orientamento – quello che sembra accogliere il giudice a quo – si spinge sino a ricomprendere tra i beni giuridici tutelati dal principio in parola non solo il diritto all’integrità fisica, ma anche quello alla libertà morale ed alla dignità sociale (37). Non sarebbe necessario un intervento coercitivo dell’autorità per avere una limitazione dell’art. 13 Cost.; basterebbe una qualsiasi limitazione della libera autodeterminazione del soggetto, anche mediante l’imposizione di un obbligo.

Ad accogliere la più garantista corrente di pensiero, infatti, l’ordine di seguire la polizia stradale che accompagna il guidatore presso una struttura sanitaria ove questa dovrà prestarsi ad un prelievo ematico costituisce una limitazione della libertà morale del guidatore e, dunque, incide sull’art. 13 Cost.

(35) L’elemento sintomatico percepibile per l’alterazione da droghe è tanto più sfuggente ed equivocabile con riguardo agli stupefacenti rispetto all’ebbrezza alcolica. In questo senso, tra gli altri, F. TERRUSI, L’esame ematologico sul soggetto dissenziente tra esigenze di giustizia e diritti di

libertà, in Giur. merito, 1993, p. 851.

(36) Per questo orientamento, si vedano G. AMATO, Individuo e autorità nella disciplina

della libertà personale, Giuffrè, Milano, 1967, p. 23 s.; R.G. DE FRANCO, I rilievi segnaletici

disposti dall’autorità di pubblica sicurezza si concretano in una violazione della libertà personale?,

in Giur. it., 1962, p. 51 s.; A. PACE, voce Libertà personale (dir. cost.), in Enc. dir., vol. XXIV, Milano, 1974, p. 287 s.

(37) Appartengono a questo indirizzo A. BARBERA, I principi costituzionali della libertà

personale, Giuffrè, Milano, 1967, p. 50 s.; P. BARILE, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Il Mulino, Bologna, 1984, p. 156 s.; A. DE CARO, Libertà personale e sistema processuale penale, Ed. Scientifiche Italiane, Napoli, 2000, p. 189 s.

Non sembrano condividere questa lettura i guardiani della Costituzione. La Consulta, «seppur con una motivazione tortuosa e sfuggente» (38), rigetta la questione, statuendo che la «facoltà, riconosciuta agli agenti di polizia sulla base di un fondato sospetto [non] risult[a] lesiva della garanzia circa l’inviolabilità della persona». La Corte sembra adottare una lettura del principio in parola che ne limita l’estensione alle sole restrizioni fisiche. Ed infatti, essa giudica rilievo fondamentale il fatto che il conducente « non subisce coartazione alcuna, potendosi rifiutare in caso di ritenuto abuso di potere da parte dell’agente» (39).

Si tratta, dunque, di atti obbligatori e non coercibili, che pertanto sfuggono alla tutela dell’art. 13 Cost. Semmai, la norma in esame è idonea a comprimere la libertà morale dell’individuo, posto davanti al bivio tra subire una sanzione penale per il rifiuto ovvero acconsentire a sottoporsi ad un atto invasivo della propria integrità fisica. Ma la norma che sanziona il rifiuto, peraltro non denunciata dal giudice astigiano, è, secondo la Corte, comunque rispettosa del diritto alla libertà personale: ciò che rileva qui è che l’ordine di sottostare agli accertamenti sia in qualche modo verificabile ex post, sotto il profilo della ragionevolezza del motivo che ha indotto l’agente a disporre l’accompagnamento presso la struttura sanitaria per le analisi del caso.

In altri termini, se il perno attorno al quale ruota la restrizione indiretta della libertà personale sta, come vuole il giudice remittente, in quella valutazione discrezionale del dato sintomatico affidata alla polizia stradale, allora bisogna verificare se sia consentito al conducente vittima di un ordine arbitrario sfuggire al pendolo tra sanzione penale ed intrusione della propria sfera fisica. Secondo la Corte, la norma è ben congeniata e consente di scongiurare gli abusi: la discrezionalità degli agenti di polizia stradale non è senza controllo. Qualora il

(38) Così, M. PANZAVOLTA, Accertamenti coattivi e tutela della libertà corporale nel

processo penale, in Studi urbinati, 2007, p. 480, nt. 52.

(39) L’ordine arbitrario dell’agente di polizia sarebbe sempre verificabile da parte del giudice, al quale spetta di controllare la «ragionevolezza del motivo che ha indotto l’agente a disporre l’accompagnamento».

guidatore rifiuti di prestarsi all’atto, il giudice chiamato a pronunciarsi sul relativo addebito dovrà prima escludere la legittimità del diniego opposto dall’imputato alla richiesta di collaborare.

La soluzione accolta dalla giurisprudenza costituzionale suscita, però, qualche perplessità. La verifica giudiziale cui si allude solleva problemi di effettività dell’accertamento probatorio, che giunge a configurarsi come probatio

diabolica. Appare impervia la prova dell’abuso quando manchino testimoni al fatto

diversi dagli agenti accertatori e dall’imputato. Nemmeno l’assenza di sostanze stupefacenti nell’organismo del conducente – peraltro pressochè indimostrabile, proprio in ragione del rifiuto opposto agli accertamenti – sarebbe decisiva. L’oggetto della verifica giudiziale, infatti, non è costituito dall’effettiva alterazione del soggetto, ma dalla ragionevolezza dei motivi che, al momento del controllo, inducano a ritenerlo tale.

Ne consegue che un ordine irragionevole di sottoporsi ai controlli del proprio stato psicofisico non potrà non risolversi in aggiramento dell’incoercibilità dell’atto, che il conducente dovrà comunque tollerare per evitare la rigida sanzione prevista per il rifiuto.

5) Il rifiuto di sottostare agli accertamenti nel prisma del diritto a non