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Una soluzione costituzionalmente obbligata per non rinunciare al diritto

Il quadro sin qui ricostruito, unitamente all’analisi dell’ordinamento tedesco, consente di tirare le somme di questa prima parte del lavoro, per svolgere qualche considerazione in merito al quesito posto fin dalle pagine iniziali del

(91) Corte eur., 17 dicembre 1996, Saunders c. Regno Unito, cit. §§ 68-69.

(92) Qualche dubbio sorge con riguardo alla traduzione del termine compulsory, che può voler dire tanto “obbligatorio” quanto “coattivo”. La traduzione corretta, tuttavia, sembra essere la prima. Tra gli accertamenti che potrebbero essere esperiti attraverso il potere compulsory, infatti, la Corte inserisce, oltre ai campioni di sangue e di tessuti biologici dai quali sia possibile estrarre il DNA, anche i campioni di urina e di fiato, i quali, salvo ipotizzare strumenti pericolosamente invasivi della sfera corporale, non possono essere ottenuti che mediante una collaborazione attiva del soggetto.

presente capitolo: è possibile pretendere la collaborazione obbligatoria del guidatore all’accertamento dello stato di ebbrezza o dell’alterazione da droghe oppure l’attività in discorso rientra nella sfera di tutela del diritto a non autoincriminarsi?

I giudici di Strasburgo sono cristallini sul punto: nessuno spazio per il diritto contro le autoincriminazioni in materia di accertamenti dell’ebbrezza ed alterazione alla guida. Più malleabile la giurisprudenza italiana, che ha mostrato maggiori aperture all’estensione del diritto in parola, pur tuttavia negando, quando chiamata a rispondere al quesito diretto, la riferibilità del principio agli artt. 186 e 187 c.d.s.

Ad avviso di chi scrive, la tutela del diritto a non autoincolparsi non sembra potersi escludere a priori proprio qui, ove l’apporto fornito dal conducente alla propria accusa è in grado di assumere carattere decisivo. Ciò anche in ragione della natura “scientifica” delle risultanze probatorie, sulle quali, come si vedrà oltre, il giudice tende a fare grande affidamento (93). Peraltro, limitare il privilegio al solo campo delle prove dichiarative o aventi contenuto comunicativo aprirebbe una breccia nel principio nemo tenetur se detegere, breccia attraverso cui potrebbero giungere ulteriori ed incontrollabili compressioni del diritto di difesa. E per questa via diventerebbero probabilmente ammissibili sanzioni penali per l’imputato che non collabori attivamente ad un esperimento giudiziale, ad una ricognizione passiva, ad una perizia.

Se, dunque, il privilegio contro le autoincolpazioni va riferito anche agli atti privi di contenuto comunicativo, gli artt. 186 comma 7 e 187 comma 8 c.d.s. devono ritenersi illegittimi per contrasto con l’art. 24 Cost.

Ma a quali conseguenze porterebbe una ipotetica pronuncia di illegittimità costituzionale delle norme qui richiamate? Una volta espunte dal quadro di riferimento le disposizioni che si pretendono incostituzionali, l’intero meccanismo di acquisizione della prova disciplinato dagli artt. 186 e 187 c.d.s. crollerebbe. Senza il substrato sanzionatorio, la disciplina vigente si rivelerebbe uno strumento

monco, privo della forza necessaria per consentire l’acquisizione del dato probatorio: a fronte del rifiuto del guidatore, la polizia stradale non potrebbe esercitare poteri coercitivi sul medesimo.

L’intera normativa andrebbe, dunque, ripensata. Le esigenze euristiche del processo penale dovrebbero essere soddisfatte attraverso altra via. In quest’ottica, la comparazione con l’ordinamento tedesco offre uno spunto di riflessione fecondo.

Contrariamente a quanto avvenuto in Italia, oltr’alpe si è discusso sull’opportunità di sanzionare il conducente non collaborativo e sulla compatibilità di una simile scelta con il principio nemo tenetur se detegere. Abbandonata la proposta di riforma in seguito alla mise en garde degli studiosi (94), il legislatore ha proseguito lungo la strada più ortodossa e rispettosa dei principi, rinunciando alla punizione del renitente. Ma la scelta non è priva di conseguenze. La dilatazione del diritto di difesa finisce per sottrarre terreno alla libertà personale: l’acquisizione della prova, che non può essere lasciata alla discrezionalità dell’interessato, passa attraverso il prelievo ematico coattivo.

Ciò nonostante, una riscrittura delle norme interne sulla falsa riga di quelle germaniche non sembra del tutto peregrina. Esclusa la possibilità di obbligare l’interessato a cooperare con la polizia, non resta che individuare procedure coattive di acquisizione della prova.

A tal fine, si pensa a due possibili linee direttrici.

Una prima via potrebbe essere proprio quella tedesca: prevedere l’esperibilità del prelievo di sangue coattivo, individuando casi e modi di esecuzione dell’atto, oltre alle procedure da espletare per ottenere l’autorizzazione del magistrato (95); si dovrebbe pensare, poi, ad una disciplina derogatoria, che, in

(94) Si veda cap. I, § 4, segnatamente nt. 53.

(95) Bisogna chiedersi se l’ordine del magistrato sarebbe effettivamente idoneo a soddisfare la riserva di giurisdizione posta dall’art. 13 Cost., posto che nel contesto di riferimento si fatica ad immaginare un’autorizzazione diversa da quella telefonica. Quali garanzie potrebbe assicurare una decisione immotivata, presa in tutta fretta? Al pari di quanto è avvenuto nell’ordinamento tedesco, sorgerebbero questioni relative al dubbio rispetto della riserva di giurisdizione, la quale troverebbe soddisfazione più formale che sostanziale.

casi di comprovata necessità ed urgenza, consenta alla polizia di ordinare il prelievo senza attendere il benestare del giudice. Lo spostamento del sacrificio dal diritto di difesa alla libertà personale criticato con riguardo al sistema germanico, infatti, non rende le due soluzioni tra loro equivalenti: nell’un caso, quello italiano, si viola tout

court una disposizione costituzionale, nell’altro, quello teutonico, si opera una

restrizione dell’habeas corpus nel rispetto dei limiti previsti dalla Costituzione. Neppure il rischio che la riserva di giurisdizione venga scavalcata dalle prassi di polizia può indurre a scartare questa strada. Si tratta di un pericolo ben noto. Convalide postume su atti di restrizione della libertà personale operati d’urgenza dalla polizia giudiziaria non costituiscono di certo una novità nel nostro sistema: li legittima lo stesso art. 13 comma 3 Cost. (96).

Non sono da escludere soluzioni diverse: la polizia stradale potrebbe dotarsi di strumenti alternativi, sulla cui attendibilità occorre, però, grande cautela. Ci si riferisce a meccanismi tra loro differenti, ma accomunati dalla capacità di rilevare la presenza di alcool nell’organismo: la scelta potrebbe ricadere sugli alcoltest passivi, che sfruttano microcannule intranasali per catturare l’aria espirata rendendo così superflua una collaborazione del guidatore (97), ovvero su braccialetti elettronici in grado di captare l’innalzamento del tasso alcolemico, utilizzati negli U.S.A. con funzione di controllo su chi abbia già riportato una condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza. Per gli screening delle droghe, poi, non mancano strumenti di rilevazione meno invasivi del prelievo di sangue, praticabili pur in

(96) Si pensi all’istituto della convalida dell’arresto, del fermo, ovvero anche di perquisizioni.

(97) Ne parla K. GEPPERT, Verdachtsfreie Atemalkoholkontrollen? Bemerkungen zu den

Entschließungen des 30. Deutschen Verkehrsgerichtstags, in Blutalkohol, 1992, p. 293, che tuttavia

non si sofferma troppo sul loro funzionamento o sulla loro attendibilità. Li ritroviamo citati anche da T. MACCHIA, Il rilevamento analitico di droga ed alcool nella circolazione stradale: osservazioni e

commenti, in AA.VV., Droga ed alcool nella circolazione stradale, Atti Convegno Automobile Club Lucca 11-13 giugno 1992, Giuffrè, Milano, 1995, p. 195, secondo la quale quando «il soggetto non

sia in grado di fornire direttamente un idoneo campione di aria profonda, ad esempio per difficoltà respiratorie, quest’ultima può venire campionata passivamente da una narice, attraverso una cannula intranasale di circa 1 cm di lunghezza, sfruttando semplicemente la fase di espirazione». Vaghe le indicazioni relative al grado di attendibilità della misurazione così ottenuta: «[i]l dato che ne deriva è caratterizzato da una affidabilità adeguata all’uso cui esso stesso è destinato».

assenza di una collaborazione del guidatore. Vengono in mente i test sul sudore, sulla saliva e sui bulbi piliferi. L’ordinamento prevede già la possibilità di prelevare campioni di materiale biologico della medesima specie di quelli appena citati (98), ma tali procedure, non fruibili per gli accertamenti che qui interessano (99), potrebbero valere come modelli per la creazione di una normativa ad hoc.

Non può nascondersi che, seppur apprezzabile sotto il profilo del rispetto dell’habeas corpus (100), questa strada suscita qualche perplessità: gli strumenti meno intrusivi sommariamente descritti godono, infatti, di una minore attendibilità scientifica rispetto all’analisi ematica (101). La loro adozione ai fini d’indagine potrebbe far sorgere questioni sulla loro attitudine a provare il fatto oltre ogni ragionevole dubbio. Resta sempre praticabile la prima strada, della quale sono noti i pregi, le asperità, le rinunce: esiti probatori scientificamente solidi sembrano raggiungibili soltanto attraverso un ragguardevole sacrificio della libertà personale dell’individuo.

(98) Ci si riferisce agli artt. 224-bis, 349 comma 2-bis e 359-bis c.p.p., i quali disciplinano la facoltà di prelievare coattivamente materiale biologico dall’imputato e dalla persona sottoposta alle indagini. Per indicazioni bibliografiche in materia, si veda cap. III, nt. 53.

(99) Per un approfondimento sul rapporto tra la c.d. perizia biologica ed i controlli dei reati stradali in esame si rinvia al cap. III, § 9.

(100) L’impatto di simili pratiche sull’integrità fisica dell’individuo, con l’esclusione dei sensori passivi dell’aria espirata che prevedono l’ingresso di una cannula nella cavità nasale, sembra minimo.

(101) Per tutti, R. FROLDI, Lezioni di tossicologia forense, 5ª ed., Giappichelli, Torino, 2011, p. 116 s.

CAPITOLO III

CAPTAZIONE DELL’INDIZIO, ACQUISIZIONE

DEL DATO PROBATORIO, GARANZIE DIFENSIVE

SOMMARIO: 1) Preludio agli accertamenti. - 2) Il c.d. test etilometrico. - 3) Esami tossicologici