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Interpello disapplicativo

Nel documento GIURISDIZIONE DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE (pagine 165-200)

2. Gli atti impugnabili

2.5. Interpello disapplicativo

Il nostro ordinamento prevede diverse tipologie di interpello: - l’interpello ordinario (art. 11, l. 27 luglio 2000, n. 212); - l’interpello antielusivo (art. 21, l. 30 dicembre 1991, n. 413);

- l’interpello disapplicativo (art. 37-bis, comma 8, DPR 29 settembre 1973, n. 600). L’interpello ordinario, come indicato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate del 3 marzo 2009, n. 7/E483, è utilizzabile qualora vi siano delle condizioni di incertezza obiettive circa la corretta interpretazione di norme tributarie.

In particolare, l’istanza di interpello ordinario, ai sensi dell’art. 11 della citata legge n. 212/2000, viene presentata dal contribuente per chiedere se sia corretta la sua interpretazione di una disposizione tributaria in rapporto ad un caso concreto e personale: il

petitum dell’istanza si risolve in un “chiedere per sapere”.484

L’interpello antielusivo, invece, è strumentale all’ottenimento di un parere circa alcune fattispecie le quali siano potenzialmente elusive485, ovvero permette al contribuente di

482

In questo senso A. QUERCI, Risarcimento del danno per illegittimo diniego di autotutela: una “backdoor

revolution”, cit., p. 407.

483

In Fisco, 2009, fasc. 1, n. 11, p. 1748.

484

Così G. PALUMBO, D. STEVANATO, P. FABBROCINI e R. LUPI, Il diniego di “disapplicazione” delle norme

antielusive: possibili rimedi giurisdizionali, in Dialoghi dir. trib., 2005, fasc. 1, p. 32.

485

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chiedere un parere preventivo all’Amministrazione finanziaria sull’applicazione di norme antielusive a casi concreti.486

Infine, l’interpello disapplicativo, disciplinato dal comma ottavo dell’art. 37-bis, DPR n. 600/1973, è strumentale alla disapplicazione di disposizioni antielusive.

Specificamente, con l’istanza di interpello disapplicativo, il contribuente non prospetta una domanda “volta semplicemente a conoscere la correttezza del proprio comportamento in rapporto a determinate norme tributarie, bensì, chiede la disapplicazione di una norma antielusiva487.”488

Tralasciando le altre due tipologie di interpello, l’interpello disapplicativo è quello sul quale ci si sofferma nel presente lavoro.

In particolare, si è detto come il contribuente, con l’istanza di interpello disapplicativo, chieda all’Amministrazione finanziaria che, in relazione alla propria situazione concreta e personale, non operi il divieto contenuto nella norma antielusiva, dimostrando che, nella particolare fattispecie, gli effetti elusivi che giustificano la norma della quale si richiede la disapplicazione non possono verificarsi.

Il contribuente, per ottenere la disapplicazione di una norma antielusiva, deve proporre la cd. “istanza di interpello disapplicativo” al Direttore regionale delle Entrate competente per territorio, “descrivendo compiutamente l’operazione e indicando le disposizioni normative di cui si chiede la disapplicazione.”489

486 Cfr. A. COTTO e G. VALENTE, Non impugnabili le risposte dell’Amministrazione finanziaria alle istanze di

interpello, in Fisco, fasc. 2, n. 11, p. 1771.

487

Una norma antielusiva ha carattere eccezionale, derogando ad una norma di diritto comune la quale attribuisce al contribuente specifici diritti e facoltà. Nello specifico, tale norma inibisce l’esercizio di questi diritti e facoltà nel momento in cui, al verificarsi di determinati presupposti indicati dalla stessa norma, questo esercizio sia idoneo a produrre effetti elusivi. (Cfr. G. PALUMBO, D. STEVANATO, P. FABBROCINI e R. LUPI, Il

diniego di “disapplicazione” delle norme antielusive: possibili rimedi giurisdizionali, cit., p. 33).

Le norme antielusive sono volte a contrastare singole fattispecie elusive e limitano, quando vi siano determinate condizioni, “deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario.” (A. COTTO e G. VALENTE, Non impugnabili le risposte

dell’Amministrazione finanziaria alle istanze di interpello, cit., p. 1771).

488

G. PALUMBO, D. STEVANATO, P. FABBROCINI e R. LUPI, Il diniego di “disapplicazione” delle norme

antielusive: possibili rimedi giurisdizionali, cit., p. 33.

489 A. BORGOGLIO, Inibita l’impugnabilità della risposta sull’interpello se l’Ufficio la dichiara improcedibile, in

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Le modalità con le quali predisporre e presentare l’istanza sono regolate dal D.M. 19 giugno 1998, n. 259, il quale, infatti, al comma terzo dell’art. 1 sancisce che “nell’istanza il

contribuente descrive compiutamente la fattispecie concreta per la quale ritiene non applicabili le disposizioni normative che limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammessi dall’ordinamento tributario; ad essa va allegata copia della documentazione, con relativo elenco, rilevante ai fini della individuazione e della qualificazione della fattispecie prospettata.”490

Questa istanza, come fissato dal comma primo dell’art. 1 sopra menzionato, deve essere spedita in plico raccomandato all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente e deve contenere “a pena di inammissibilità: i

dati identificativi del contribuente e del suo legale rappresentante; l’indicazione dell’eventuale domiciliatario presso il quale sono effettuate le comunicazioni; la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante.” 491

Per quanto attiene agli effetti dell’istanza di interpello disapplicativo, il comma sesto dell’art. 1, D.M. n. 259/1998, sancisce che “le determinazioni del direttore regionale delle entrate

vanno comunicate al contribuente, non oltre novanta giorni dalla presentazione dell’istanza, con provvedimento che è da ritenersi definitivo492.”493

All’utilizzo dell’interpello disapplicativo fa espresso riferimento anche la legge 23 dicembre 1994, n. 724, la quale disciplina le società di comodo. In particolare, il comma 4-bis dell’art. 30494 della legge appena citata, n. 724/1994, prevede la possibilità per il contribuente di

490

D.M. 19 giugno 1998, n. 259, art. 1, comma 3. Disponibile su http://def.finanze.it. Sul punto si veda anche A. BORGOGLIO, Inibita l’impugnabilità della risposta sull’interpello se l’Ufficio la dichiara improcedibile, cit.

491

D.M. 19 giugno 1998, n. 259, art. 1, comma 2. Disponibile su http://def.finanze.it. Sul punto si veda anche E. SOLLINI, Il diniego alla disapplicazione della disciplina delle società di comodo è ricorribile davanti al giudice

tributario?, in Fisco, 2008, fasc. 1, n. 36, p. 6482.

492 La Circolare n. 7/E del 2009, ha precisato che la definitività dell’atto sta nel fatto che “non è ammesso ricorso

ad altro organo dell’Amministrazione finanziaria”.

493

D.M. 19 giugno 1998, n. 259, art. 1, comma 6. Disponibile su http://def.finanze.it. Sul punto si veda anche A. COTTO e G. VALENTE, Non impugnabili le risposte dell’Amministrazione finanziaria alle istanze di interpello, cit., p. 1772.

494

Nel nostro ordinamento, la disciplina delle società di comodo è stata introdotta con l’art. 30, comma primo, l. 23 dicembre 1994, n. 724, con lo scopo di contrastare comportamenti elusivi. Per il raggiungimento di questo fine, la norma attribuisce una determinata redditività alle varie poste dell’attivo e di conseguenza, vengono

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richiedere la disapplicazione delle norme antielusive rivolte alle società di comodo, attraverso la presentazione dell’istanza ex art. 37-bis, comma ottavo, DPR n. 600 del 1973, qualora si verifichino oggettive495 situazioni che abbiano reso impossibile i risultati “pretesi”496 dalla normativa.

Per poter predisporre un interpello che sia efficace, è necessario che l’istanza “aderisca alla specificità della fattispecie operativa in esame, rendendo manifesta e concretamente delineata l’impossibilità”497 che si verifichino gli effetti elusivi a fondamento della norma della quale si chiede la disapplicazione.

Se il Direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate accoglie la richiesta, il contribuente potrà non applicare la norma antielusiva della quale ha chiesto la disapplicazione e usufruire delle detrazioni, deduzioni, crediti d’imposta, ecc., con le modalità ordinarie.

classificate “società di comodo” (alias “non operative”) quelle società che non raggiungono un determinato volume di ricavi presunto dalla legge. (Cfr. E. SOLLINI, Il diniego alla disapplicazione della disciplina delle società

di comodo è ricorribile davanti al giudice tributario?, cit., p. 6481).

Questa disciplina è volta a disincentivare la prosecuzione o costituzione di soggetti non operativi, attraverso l’utilizzazione di misure afflittive che possono riassumersi in un’imposizione di un reddito minimo da dichiarare; in limitazioni all’utilizzo di perdite pregresse ai fini fiscali, le quali possono essere computate in diminuzione soltanto di quella parte di reddito che eccede quello minimo; in limiti al recupero del credito Iva annuale, il quale non può essere richiesto a rimborso. Ulteriori penalizzazioni sono state introdotte con il D.l. 13 agosto 2011, n. 138: è stata aumentata l’aliquota Ires dal 27,5% al 38% per le società di capitali che non superano il “test di operatività” e per quelle in “perdita sistematica”, a decorrere dal 2012. (G. PAGANI, Interpello

disapplicativo in materia di società di comodo: risvolti contenziosi a seguito dei recenti sviluppi giurisprudenziali,

in Fisco, 2012, fasc. 1, n. 16, p. 2413. Il testo è disponibile anche sulla banca dati Fisconline).

Questa disciplina afflittiva non viene applicata qualora ricorrano cause di esclusione automatica. Alternativamente, è stata introdotta la possibilità per il contribuente, di avvalersi dello strumento dell’interpello disapplicativo, il cui oggetto è la dimostrazione di quelle situazioni oggettive le quali hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, incrementi di rimanenze, proventi minimi e reddito minimo. (A. COTTO e G. VALENTE, Non impugnabili le risposte dell’Amministrazione finanziaria alle istanze di interpello, cit., p. 1772).

Per un approfondimento sulle società di comodo, senza pretesa di esaustività, si rinvia ai lavori di L. TOSI, Le

società di comodo, Padova, 2008 e G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario. Parte speciale: il sistema delle imposte in Italia, Padova, 2008, p. 625 ss.

495

Il carattere di oggettività a cui si riferisce l’art. 30, comma 4-bis, l. n. 724/1994, sta nel fatto che la società o ente, ai fini della disapplicazione, non possa addurre qualsiasi situazione, ma solamente quelle fattispecie che non siano influenzate da scelte del contribuente, come ad esempio, una crisi del settore nel quale la società opera. (Cfr. M. BEGHIN, Gli enti collettivi di ogni tipo “non operativi”, in G. FALSITTA, Manuale di diritto

tributario. Parte speciale: il sistema delle imposte in Italia, cit., p. 638).

496

Espressione utilizzata da G. PAGANI, Interpello disapplicativo in materia di società di comodo: risvolti

contenziosi a seguito dei recenti sviluppi giurisprudenziali, cit., p. 2413.

497 In questi termini G. PAGANI, Interpello disapplicativo in materia di società di comodo: risvolti contenziosi a

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Qualora, invece, l’istanza venga respinta dal Direttore regionale, perché valutata negativamente, i rimedi adottabili sono controversi.

In particolare, prima della sentenza della Corte di Cassazione del 15 aprile 2011, n. 8663, con la quale (per la prima volta ed in contrasto con l’orientamento prevalente della giurisprudenza tributaria di merito498), è stato dichiarato ammissibile dinanzi il giudice tributario il ricorso avverso il provvedimento del Direttore regionale delle Entrate di diniego all’interpello disapplicativo di norme antielusive, parte della dottrina499 e la prassi amministrativa500, riteneva che questo provvedimento non potesse essere oggetto d’impugnazione in quanto non risultava dall’esercizio di un potere impositivo, ma era solamente una risposta in materia di interpello di norme elusive, non avente alcun effetto immediato e non contenente una pretesa tributaria che fosse definita, compiuta e non condizionata.501

Nello specifico, la Commissione tributaria provinciale di Torino, sebbene abbia ritenuto, con la sentenza n. 45 del 16 aprile 2008502, l’elencazione disposta all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 circa gli atti autonomamente impugnabili, non tassativa, estendendo la giurisdizione delle Commissioni tributarie a tutti quei provvedimenti che evidenzino una volontà dell’Amministrazione finanziaria compiuta e definitiva, e in quanto tali, in grado di incidere e ledere la sfera giuridica del contribuente in via immediata e diretta, si è espressa nel senso

498

Cfr. ad esempio, Comm. trib. reg. di Firenze, 22 marzo 2005, n. 33, disponibile su http://def.finanze.it; Comm. trib. prov. di Torino, Sez. IV, 16 aprile 2008, n. 45 e Comm. trib. prov. di Milano, Sez. VIII, 2 maggio 2008, n. 108, in banca dati Fisconline.

499

Cfr. ad esempio, G. PALUMBO, L’interpello “disapplicativo” ex art. 37-bis, comma 8, D.P.R. n. 600/1973:

tutela giurisdizionale, in G. PALUMBO, D. STEVANATO, P. FABBROCINI e R. LUPI, Il diniego di “disapplicazione” delle norme antielusive: possibili rimedi giurisdizionali, cit., p. 19 ss; D. STEVANATO, Il diniego di disapplicazione delle norme antielusive: assenza di “efficacia preclusiva” e superfluità di una tutela giurisdizionale, in G.

PALUMBO, D. STEVANATO, P. FABBROCINI e R. LUPI, Il diniego di “disapplicazione” delle norme antielusive:

possibili rimedi giurisdizionali, cit., p. 29 ss; R. LUPI, Un interpello “disapplicativo”, che apre la strada al giudizio tributario?, in G. PALUMBO, D. STEVANATO, P. FABBROCINI e R. LUPI, Il diniego di “disapplicazione” delle norme antielusive: possibili rimedi giurisdizionali, cit., p. 35 s; F. PISTOLESI, Tutela differita al giudice tributario in caso di risposta negativa all’interpello, in Corr. trib., 2009, fasc. 21, p. 1685 ss;

500 Cfr. Circ. 24 febbraio 2009, n. 5/E, in Fisco, 2009, fasc. 1, n. 10, p. 1568; Circ. 3 marzo 2009, n. 7/E, in Fisco,

2009, fasc. 1, n. 11, p. 1748.

501

Cfr. P. CASTELLANO e L. GEMINO, Il provvedimento di diniego all’interpello disapplicativo della norma

antielusiva quale atto autonomamente impugnabile, in Fisco, 2011, fasc. 2, n. 18, p. 2918.

502

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della non ammissibilità del ricorso contro il provvedimento di diniego all’interpello disapplicativo di norme antielusive503, per la mancata individuazione, in tale provvedimento di diniego, di una immediata e definita pretesa tributaria, dato che il Direttore regionale delle Entrate esprime il proprio parere circa la richiesta effettuata dal contribuente e questo parere “costituisce soltanto un atto prodromico alle successive pretese che l’Amministrazione espleterà nei termini e modalità di legge.”504

Ancora nel 2008, anche la Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sentenza del 2 maggio, n. 108505, si è espressa ritenendo il diniego all’interpello disapplicativo atto non impugnabile, poiché non indicato come tale dal legislatore nell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992: non può essere assimilato al diniego di un’agevolazione (comma 1, lett. h), d.lgs. n. 546/1992) poiché gli atti di diniego avverso i quali è possibili presentare ricorso sono solamente quelli espressamente indicati dal legislatore.506

Anche l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 7/E507 del 2009, si è pronunciata a favore della non impugnabilità della risposta dell’Amministrazione, in quanto questa risposta non vincola il contribuente, il quale resta comunque libero di uniformarsi oppure no all’interpretazione fornita dal Direttore regionale, sottolineando che “la non impugnabilità

delle risposte all’interpello si giustifica, essenzialmente, alla luce della loro natura di atti amministrativi non provvedimentali”508: le risposte agli interpelli sono privi “dei caratteri dell’autoritarietà e dell’esecutorietà, propri dei provvedimenti amministrativi, in ragione del carattere non vincolante della risposta nei confronti del contribuente, e del carattere della

503 Nel caso di specie l’interpello era volto a disapplicare la disciplina delle società di comodo. 504

Cfr. E. SOLLINI, Il diniego alla disapplicazione della disciplina delle società di comodo è ricorribile davanti al

giudice tributario?, cit., p. 6483.

505 Cfr. nota n. 199. 506

Così E. SOLLINI, Il diniego alla disapplicazione della disciplina delle società di comodo è ricorribile davanti al

giudice tributario?, cit., p. 6483 s.

507 Cfr. nota n. 201. 508

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esecutività, dal momento che il parere non produce nei confronti del richiedente effetti diretti ed immediati”.509

Altro principio espresso dall’Agenzia delle Entrate nella circolare appena menzionata, n. 7/E, riguarda la natura di atto impositivo di cui sono prive le risposte agli interpelli, poiché non contenenti la manifestazione di una pretesa impositiva in grado di ledere la sfera giuridica del contribuente.

Si ricorda che anche il Consiglio di Stato, con la decisione del 26 gennaio 2009, n. 414510, aveva ritenuto il diniego all’interpello disapplicativo non impugnabile, per il fatto di non essere stato incluso nell’elenco degli atti autonomamente impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, ex art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992, precisando, però, che il contribuente avrebbe potuto impugnarlo successivamente, insieme con l’eventuale avviso di accertamento.

Tuttavia, una parte della dottrina511 ha ritenuto il provvedimento di diniego all’interpello disapplicativo impugnabile in quanto “già ravvisabile in capo al contribuente un interesse sufficientemente forte da risultare meritevole di tutela in via immediata.”512

Anche la Commissione tributaria provinciale di Lecce si è espressa, con la sentenza 15 aprile 2008, n. 93513, a favore dell’impugnabilità del diniego all’interpello disapplicativo emesso dal Direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate.

In particolare i giudici di merito, in questa sentenza, hanno sostenuto l’ammissibilità del ricorso di tale provvedimento dinanzi al giudice tributario, poiché atto assimilabile al diniego

509

Così A. COTTO e G. VALENTE, Non impugnabili le risposte dell’Amministrazione finanziaria alle istanze di

interpello, cit., p. 1769.

510

In Corr. trib., 2009, fasc. 21, p. 1692.

511 P. RUSSO, Il riparto della giurisdizione fra giudice tributario e giudice amministrativo e contabile, cit., p. 14 s;

F. FABBROCINI, Alcune riflessioni sulla tutela dell’istante nell’interpello con particolare riferimento all’interpello

disapplicativo, in G. PALUMBO, D. STEVANATO, P. FABBROCINI e R. LUPI, Il diniego di “disapplicazione” delle norme antielusive: possibili rimedi giurisdizionali, cit., p. 31 ss; P. CASTELLANO e L. GEMINO, Il provvedimento di diniego all’interpello disapplicativo della norma antielusiva quale atto autonomamente impugnabile, cit., p.

2917 ss.

512 P. RUSSO, Il riparto della giurisdizione fra giudice tributario e giudice amministrativo e contabile, cit., p. 15. 513

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o revoca di agevolazioni514, previsto dalla lettera h), comma primo, d.lgs. n. 546/1992, affermando che la disapplicazione (in quel caso, della disciplina delle società non operative) può essere qualificata come una sorta di agevolazione fiscale515 ed hanno concluso affermando che considerare il ricorso avverso il diniego all’interpello disapplicativo inammissibile causerebbe una lesione al diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e al principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost., poiché l’unica alternativa che il contribuente avrebbe al ricorso consisterebbe nel pagamento di quanto derivato dalla legge per richiederne poi il rimborso.516

L’impugnabilità della risposta del Direttore regionale delle Entrate è stata implicitamente ammessa anche dalla Cassazione già nel 2004, quando, con la sentenza del 21 dicembre, n. 23731517, ha esaminato nel merito una causa derivante dall’impugnazione di un parere del

514 Per contro, parte della dottrina ritiene non assimilabile alla revoca di agevolazioni, il diniego all’interpello

disapllicativo: “con le norme agevolative il legislatore introduce regimi fiscali vantaggiosi rispetto a quelli

altrimenti operanti – invece – la richiesta di disapplicazione di una specifica norma antielusiva mira ad evitare una penalizzazione, riconducendo la fattispecie nell’alveo della disciplina ordinaria.” (D. STEVANATO, Un “principio di diritto” sbagliato per una decisione corretta?, in M. VOLTOLINA e D. STEVANATO, Società di comodo, interpello disapplicativo e impugnazione del diniego, in Dialoghi trib., 2012, fasc. 1, p. 46).

Secondo questo orientamento, le peculiarità del diniego non devono essere ricondotte in maniera forzata ad atti che il legislatore ha stabilito impugnabili autonomamente: non c’è coincidenza “tra la rimozione di un

ostacolo posto dal legislatore per evitare un effetto elusivo, (…) e una condizione di favore che prescinde dall’interesse fiscale (l’agevolazione), in quanto la seconda è posta a tutela di interessi diversi.” (M. VOLTOLINA, L’impugnazione “facoltativa” degli interpelli disapplicativi come via d’uscita dall’impasse, in M. VOLTOLINA e D.

STEVANATO, Società di comodo, interpello disapplicativo e impugnazione del diniego, in Dialoghi trib., 2012, fasc. 1, p. 44).

In questo senso si è espresso anche F. PADOVANI, La disapplicazione delle norme antielusive specifiche:

riflessioni sulla tutela processuale del contribuente, in Rass. trib., 2011, fasc. 5, p. 1186, il quale ha ritenuto che

il provvedimento direttoriale con il quale viene consentita la disapplicazione di una norma antielusiva non può essere assimilato al riconoscimento di un’agevolazione fiscale, perché “esso non è deputato a sottrarre la

fattispecie concreta al regime fiscale ad essa normalmente applicabile, sibbene ad accertare l’estraneità della prima rispetto al perimetro d’applicazione della norma impositiva così come meglio delimitata dalla norma antielusiva”.

515 Condivide pienamente questa conclusione E. SOLLINI, Il diniego alla disapplicazione della disciplina delle

società di comodo è ricorribile davanti al giudice tributario?, cit., p. 6483.

516

Si veda sul punto G. PAGANI, Interpello disapplicativo in materia di società di comodo: risvolti contenziosi a

seguito dei recenti sviluppi giurisprudenziali, cit.

517

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Direttore regionale, senza rilevare l’inammissibilità del ricorso per difetto di atto impugnabile.518

La Corte di Cassazione ha assunto recentemente una posizione ben precisa sul punto con la sentenza del 15 aprile 2011, n. 8663519. Essa ha dichiarato l’autonoma impugnabilità del diniego all’interpello disapplicativo ex art. 37, comma 4-bis, DPR n. 600/1973, sostenendo, in particolare, che è atto impugnabile in quanto atto recettizio, idoneo a ledere il diritto soggettivo del contribuente.

La Cassazione ha “offerto agli operatori riferimenti concreti”520 stabilendo che la risposta negativa del Direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate all’istanza di interpello disapplicativo debba essere ricompreso tra gli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19, comma primo, lettera h), ovvero tra gli atti di diniego e revoca di agevolazioni fiscali, precisando che “se (…) l’agevolazione fiscale si definisce tecnicamente un trattamento preferenziale in

campo tributario condizionato alla esistenza di determinati presupposti di fatto, non è revocabile in dubbio che il trattamento concesso al titolare di operazione dimostrata521 come non elusiva rientri pienamente in tale categoria”.522

Un’altra importante questione affrontata dalla Cassazione, concerne la posizione giuridica soggettiva del contribuente.

Per i giudici della Corte di Cassazione “il contribuente che assolve all’onere non ha un mero

interesse ad una decisione favorevole dell’Amministrazione, ovvero un interesse legittimo,

518

Cfr. A. COTTO e G. VALENTE, Non impugnabili le risposte dell’Amministrazione finanziaria alle istanze di

interpello, cit., p. 1772.

519

Il testo della sentenza è pubblicato in Fisco, 2011, fasc. 1, n. 18, p. 2865.

520 L’espressione è di G. PAGANI, Interpello disapplicativo in materia di società di comodo: risvolti contenziosi a

seguito dei recenti sviluppi giurisprudenziali, cit.

521

“E’ (…) sufficiente leggere il testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 8, (“le norme tributarie …, (…)

antielusive possono essere disapplicate ove il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi ..) per rilevare come l’unico onere imposto al contribuente per conseguire il potere di disapplicazione consiste nella dimostrazione di una situazione di fatto, ovvero la assenza dei pericoli di

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