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La giurisdizione del giudice amministrativo

Anche la competenza giurisdizionale in materia tributaria del giudice amministrativo, T.A.R. e Consiglio di Stato, ha carattere residuale, poiché a questo giudice sono devolute le controversie che non rientrano nell’ambito della giurisdizione delle Commissioni tributarie o del Giudice Ordinario.

In materia tributaria ci sono atti caratterizzati da discrezionalità, ai quali corrispondono posizioni di interesse legittimo, la cui cognizione spetta al giudice amministrativo.

La tutela degli interessi legittimi che non sono riconducibili nella giurisdizione delle Commissioni tributarie è di spettanza del giudice amministrativo187. Ciò è confermato dall’art. 7, comma 4, dello Statuto del Contribuente, il quale sancisce che la natura tributaria di un atto non pregiudica il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, qualora ne ricorrano i presupposti.

In generale, il riparto di giurisdizione è regolato dal criterio secondo il quale il giudice ordinario è giudice dei diritti soggettivi, mentre il giudice amministrativo lo è degli interessi legittimi. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, il riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice amministrativo non si basa né sulla causa petendi né sul petitum, ma sul tipo di atto impugnabile, poiché in entrambi i casi si tratta di tutelare un interesse legittimo: 188 dinanzi al giudice tributario si impugnano atti autoritativi, i quali postulano una tutela di tipo costitutivo e questo comporta che il cittadino si trovi in una posizione di interesse legittimo189.

Innanzitutto, sono impugnabili con ricorso al giudice amministrativo gli atti generali ed, in particolare, i regolamenti. Anche nel processo tributario può essere dedotta l’illegittimità di atti generali, come motivo di annullamento dell’atto individuale impugnato dal ricorrente,

187

Cfr. per tutti M. BASILAVECCHIA, Il riparto di giurisdizione tra Commissioni tributarie e giudice

amministrativo ordinario, cit., p. 805 ss.

188 Cfr. F. TESAURO, Manuale del processo tributario, cit., p. 47 s. 189

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ma la Commissione tributaria può solamente conoscere in via incidentale dell’illegittimità dell’atto generale e disapplicarlo in relazione al caso concreto. Il giudice amministrativo, invece, può conoscere dell’illegittimità dell’atto in via principale ed ha il potere di annullarlo con effetto erga omnes190.

Una previsione espressa in favore della giurisdizione del giudice amministrativo è contenuta nell’art. 7, u.c., d.lgs. 546/1992, in base al quale “le commissioni tributarie, se ritengono

illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente”.

La tutela giurisdizionale accordata al soggetto passivo del tributo viene frazionata: è attribuito alle commissioni tributarie il potere di disapplicare gli atti amministrativi generali ed i regolamenti, qualora siano ritenuti illegittimi e al giudice amministrativo, nella medesima ipotesi, di annullarlo con efficacia erga omnes. E’ escluso, infatti, che possano essere impugnati davanti alle commissioni tributarie gli atti amministrativi generali idonei ad incidere soltanto su una generalità indeterminata di contribuenti, salva la loro impugnabilità, ai fini dell’annullamento, davanti al giudice amministrativo.

Oltre agli atti generali, il ricorso al giudice amministrativo riguarda i provvedimenti individuali, lesivi di interessi legittimi, che non rientrano nell’ambito di quelli considerati impugnabili innanzi le Commissioni tributarie, previsti dall’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992 o che comunque non sono ad essi strumentali, in modo tale che la tutela nei confronti di tali provvedimenti non sia già assicurata mediante il ricorso contro gli atti impugnabili ex art. 19 davanti alle Commissioni tributarie191. In particolare, possono essere impugnati davanti al giudice amministrativo alcuni provvedimenti nei quali il destinatario impugna la decisione assunta dall’Amministrazione finanziaria, non per violazione del diritto soggettivo del contribuente che è tenuto alla debenza del tributo, ma per violazione di un interesse legittimo realizzato a seguito dell’esercizio dell’attività discrezionale svolta

190 V. per tutti F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, vol. I, Torino, 1994, p. 317 s. 191

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dall’amministrazione stessa. Ne sono esempio il provvedimento dell’Amministrazione finanziaria che stabilisce il domicilio fiscale in luogo diverso da quello ordinario (art. 59, D.P.R. 600/1973) ed il provvedimento di fermo amministrativo in materia di rimborsi d’imposta (art. 69, R.D. 2440/1923).

È possibile anche impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti strumentali e prodromici, quali sono gli atti istruttori dell’Amministrazione finanziaria che siano lesivi di interessi legittimi. In questo caso bisogna verificare in ciascuna impugnazione, se vi sia una effettiva lesione e l’interesse a ricorrere. Il processo verbale di constatazione, le richieste di trasmissione di dati, notizie ed informazioni, le autorizzazioni alle indagini bancarie, ecc., non sono impugnabili direttamente e immediatamente neanche davanti al giudice amministrativo, poiché se sono ritenuti illegittimi, il destinatario non vi darà corso e se questi atti verranno poi utilizzati dall’Amministrazione finanziaria come base della propria attività di accertamento e imposizione, il contribuente potrà impugnarli attraverso l’impugnazione davanti al giudice tributario dell’atto tipico che ne è conseguito (avviso di accertamento).

Rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, tra le quali è compresa la concessione del servizio di riscossione mediante ruolo dei tributi (Ris. Min. del 30 luglio 2004, n. 103/E). Sono escluse, tuttavia, le controversie riguardanti le sanzioni amministrative non tributarie irrogate nei confronti dei concessionari per violazione dei doveri derivanti dal rapporto concessorio, poiché devolute alla giurisdizione del giudice tributario. Oltre a questa tipologia appena indicata, l’Agenzia delle Entrate, a titolo esemplificativo, ha indicato come sanzioni amministrative non tributarie quelle previste in caso di omessa o tardiva trasmissione delle dichiarazioni da parte dei soggetti incaricati, come ad esempio, i commercialisti, il CAF, ecc., individuati dall’art. 3, comma 3, D.P.R. 322/1998 (art. 7-bis, d.lgs. 241/1997); quelle comminate in materia di visto di conformità, di asseverazione e di certificazione tributaria (art. 39, d.lgs.

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241/1997); le sanzioni previste in caso di impiego di lavoratori irregolari, ovvero non risultanti dalle scritture contabili obbligatorie (art. 3, comma 3, D.L. 12/2002)192.

Restano, quindi, devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie riguardanti tutte le altre questioni in materia di obblighi derivanti dal rapporto di concessione del servizio pubblico di riscossione dei tributi, comprese quelle aventi ad oggetto gli interessi legali previsti dalla normativa sulla definizione agevolata delle sanzioni amministrative (artt. 47, 48 e 49, d.lgs. 112/1999) che non hanno natura sanzionatoria. La giurisdizione del giudice amministrativo deriva dal fatto che al concessionario è affidata una vera e propria funzione pubblica193.

È impugnabile dinanzi al giudice amministrativo anche il provvedimento di diniego dell’Amministrazione finanziaria in tema di sospensione amministrativa che si applica alla riscossione.

Infatti, l’art. 39 del D.P.R. 602/1973 stabilisce che l’ente impositore può sospendere la riscossione fino alla pubblicazione della sentenza della commissione tributaria provinciale. Su questo punto, il Consiglio di Stato, con la sentenza del 9 novembre 2005, n. 6269, ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo, essendo, il provvedimento di sospensione, espressione del potere amministrativo di autotutela, che “mira ad evitare una

riscossione che sia sostanzialmente ingiusta o inopportuna, per l’esistenza di fatti o circostanze che sono oggetto di esclusiva valutazione, tipicamente discrezionale, dell’amministrazione”.

In tutte le ipotesi in cui l’istanza di sospensione viene rigettata dall’ente impositore, il contribuente può ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale competente, impugnando il provvedimento di rigetto o il silenzio-rifiuto, per motivi di legittimità. Se il TAR precedentemente adito nega la concessione della sospensione, è possibile presentare ricorso al giudice ordinario, per l’ottenimento del provvedimento cautelare di sospensione della riscossione (art. 700 c.p.c.).

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Cfr., Circ. Min., 21 marzo 2002, n. 25/E e Circ. Min., 17 settembre 2004, n. 41/E, disponibili su

http://def.finanze.it.

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E’ possibile chiedere al giudice amministrativo la tutela del diritto di accesso agli atti dei procedimenti tributari, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990.

Sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo anche le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione delle tariffe d’estimo catastale e quelle relative agli oneri di urbanizzazione (art. 7, L. 205/2000 e art. 16, L. 10/1977), mentre si impugnano dinanzi alle commissioni tributarie gli atti di classamento e quelli attributivi di rendita.

Infine, anche le cause inerenti il diniego di iscrizione all’Anagrafe delle ONLUS istituita presso il Ministero delle Finanze ai sensi dell’art. 11, d.lgs. 460/1997, rientrano nella giurisdizione amministrativa, posto che gli effetti giuridici connessi allo status di ONLUS “attengono non

solo alla spettanza di specifiche agevolazioni fiscali, ma anche alla fruizione di benefici previsti dalla legge ad altri fini”194.

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