Un punto di svolta nelle vicende conservative della Pinacoteca, si registra solo con l’inizio dell’Ottocento, quando fu avviata una intensa campagna di restauri dei dipinti lì conservati. A partire da quel momento, dunque, abbiamo un passaggio importante nella storia della conservazione delle opere e una importante fase di transizione nell’organizzazione amministrativa, nella gestione documentaria, nel concetto di pubblicità dell’arte (soprattutto per quanto riguarda l’evoluzione del concetto di museo nel suo valore di bene pubblico in senso proprio ed esteso, che si inserisce fra le conquiste dei moti rivoluzionari, senza dei quali non vi sarebbe stato un cambiamento così radicale e incisivo). Già alcuni studi, tuttavia, hanno ravvisato nello specifico, come in merito alle disposizioni prese in materia di restauro di dipinti e alla normativa riguardante le opere d’arte, per tutto il periodo dell’occupazione francese in Italia (fino al 1814) non si possa parlare di novità24, se non appunto per la organizzazione burocratica della documentazione. Dopo il 1814, si avvia invece una intensa campagna di restauri, che apporta appunto un significativo cambiamento rispetto alla prassi precedente. Ma per ciò che attiene specificamente il restauro delle opere d’arte questi mutamenti non sono necessariamente da leggere in chiave evoluzionistica, cioè come un effettivo progresso, ma in generale come un segno di una diversa impostazione tecnica e di un approccio generale differente rispetto alla tradizione tipica del contesto romano nella cura delle opere.
Le modifiche più significative, dunque, avverranno solo dopo il periodo dell’occupazione francese. Per quanto attiene nello specifico alla normativa sulle opere d’arte, invece, va evidenziato come gli amministratori transalpini ripresero la normativa pontificia riorganizzandola, e, a differenza di ciò che accadde altri settori, senza entrare in contrasto con la precedente gestione Vaticana25. Per ciò che riguarda in particolare la
24 Cfr. G
IACOMINI F., «per reale vantaggio..., cit., p. 21.
25 Sebbene sono sempre da ricordare la funzionale organizzazione che il periodo di occupazione
francese seppe improntare nel nostro paese, per quanto attiene nello specifico le leggi in materia di opere d’arte il modello sul quale basarono le loro disposizioni rimase quello fissato dalla secolare tradizione dello stato della Chiesa. Sulla gestione delle opere d’arte durante il periodo dell’occupazione francese cfr.
Pinacoteca, in effetti, durante il periodo dell’occupazione francese, non riscontriamo grandi mutamenti gestionali. Al contrario, come si evince dall’esame del fondo della Miscellanea francese), vengono piuttosto riprese e ribadite le disposizioni precedenti; ed i provvedimenti amministrativi che riguardano la gestione della Galleria non evidenziano operazioni di particolare rilievo in discontinuità rispetto alla prassi settecentesca. I dettagli di spesa del periodo dell’occupazione, infatti, fanno riferimento solo ad indicazioni di pagamento per il personale e alle spese occorrenti all’ordinario nell’uso quotidiano, come ad esempio il riscaldamento e le pulizie:
Spese ordinarie
Barili dieci olio a scudi 40 il boccale e scudi 50 per porto, scudi 112.50 Sacchi carbonella con porto, scudi 3.30
Pasa tre legna compresa caricatura, porto e rimettitura, scudi 10.95
Carta, cera di Spagna, spille e spazzole, ed altre minute spese, scudi 12.6926
Non ci fu, dunque, una nuova organizzazione e una nuova gestione delle finanze, ma furono ribadite le stesse disposizioni, secondo i principi di razionalizzazione della gestione amministrativa citati nel fondo specifico in apertura del fascicolo.
Come accennavamo, rispetto al caso specifico della Pinacoteca Capitolina fu solo alla fine del periodo dell’occupazione francese, e con il passaggio dell’amministrazione ai Sacri Palazzi Apostolici, che si ebbe un radicale cambiamento nella politica di gestione della cura dei dipinti della Galleria. La svolta è segnata dalla creazione dell’Ispettorato alle pubbliche pitture nel 1814, guidato da Vincenzo Camuccini, il quale ebbe l’incarico specifico di valutare lo stato conservativo dei dipinti e di fare eseguire gli eventuali restauri. Da questo momento, infatti, la documentazione registra una campagna di interventi sistematici sulle opere della Pinacoteca. Ulteriori interventi risalgono poi al successivo passaggio dell’amministrazione della Pinacoteca, quando nel 1839 tornerà nuovamente sotto il controllo del Camerlengato, fino al suo approdo
CURZI V., Bene culturale..., cit.; in particolare sulla ripresa e riorganizzazione della legislazione pontificia pp. 94-95.
all’amministrazione municipale nel 184727. Per quanto riguarda in particolare la prima di queste fasi, si possono citare i seguenti interventi – selezionati tra i principali compiuti sui dipinti della Pinacoteca dal 1817 al 1821 –, di cui offriamo un regesto ricavato e selezionato dalla documentazione pubblicata da Carloni28:
10 dicembre 1817,
Restauratore: Giuseppe Candida
Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore delle pubbliche pitture di Roma Ratto d’Europa, Rubens, restaurato
S. Elena, Paolo Veronese, restaurato
S. Sebastiano, Domenichino, restaurato: foderatura e telaio nuovo a chiave Sibilla, Domenichino, restaurato: foderatura e telaio nuovo a chiave
10 settembre 1818
Direzione lavori: Vincenzo Camuccini Restauratore: Giuseppe Candida
Probatica piscina: Domenichino restaurato Andromeda e Perseo, Cavalier d’Arpino restaurato 10 febbraio 1818
Direzione lavori: Vincenzo Camuccini Restauratore: Giuseppe Candida
Ratto delle Sabine, Pietro da Cortona: restauro, foderatura, telaio Maddalena, Tintoretto: restauro, foderatura, telaio
Battaglia, Pietro da Cortona: restauro, foderatura, telaio Anima Beata, Guido Reni: restauro
Sibilla Persica, Guercino: restauro
27 Per i passaggi di competenze della Pinacoteca cfr. G
UARINO S., L’inventario della Pinacoteca
Capitolina del 1839, in «Bollettino dei musei comunali di Roma», VII, 1993, pp. 66-85.
28 Per i restauri compiuti in Pinacoteca Capitolina dal 1817 fino al 1821 e per le esatte
identificazioni dei dipinti indicati nei documenti citati (qui ripresi in maniera essenziale al solo fine di raccogliere in modo completo le indicazioni sugli interventi fino al periodo in cui la Pinacoteca passa sotto l’amministrazione municipale) cfr. CARLONI R., Giuseppe Candida ed i restauri romani delle
“pubbliche pitture”per ordine di Antonio Canova e sotto la direzione di Vincenzo Camuccini, in «Bollettino dei Musei Comunali di Roma», 13, 1999, pp. 93-120.
S. Barbara, Carracci: restauro
Madonna e Bambino, Albani: restauro 6 marzo 1818
Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche pitture Restauratore: Giuseppe Candida
Lavori di falegname, scudi 42: spianare le tavole, assicurare il quadro Ritratto di Raffaello, P. Perugino: restauro
20 giugno 1818,
Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche pitture Restauratore: Giuseppe Candida
Ordine dei lavori Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti
Cleopatra genuflessa davanti ad Augusto scudi 30 “essendo in cattivo stato” ripulito e restaurato
3 luglio 1818, scudi 4 Restauratore: Pupilli
Cleopatra e Marcantonio: telaio 31 luglio 1818, scudi 15
Restauratore: Giuseppe Candida
Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche pitture Ordine dei lavori: Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti
Presentazione al tempio, fra Bartolomeo da San Marco: ripulito, accomodato ove era patito, riaccompagnato le tinte, dato vernice.
10 settembre 1818, scudi 30 Restauratore: Giuseppe Candida
Ordine dei lavori: Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche pitture Sacra famiglia, Garofalo
Dama con putti, Garofalo Annunciazione, Garofalo
Madonna con Bambino in gloria e angeli, Garofalo Adorazione dei pastori, Garofalo
Madonna e Bambino in ovato, Cignani Madonna e Bambino, Garofalo
Ritratto Michelangelo, Bronzino 12 settembre 1819,
restauratore: Lorenzo Principe29
distacco dal telaio e rimessi in telai nuovi due quadri 25 maggio 1819,
Restauratore: Giuseppe Candida
Ordine dei lavori Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche pitture Madonna con Bambino, Perugino
n. 7 quadretti Garofalo 1819,
Restauratore: Candida
Ordine dei lavori Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche pitture Maddalena, Albani
S. Giovanni, mezza figura, Guercino Due quadri grandi per traverso, Mola Sacra famiglia, Tiziano
Gesù fra i dottori, Mazzolino
Altro quadro come sopra, buon maestro del Cinquecento Altro quadro come sopra, buon maestro del Cinquecento Madonna e Bambino, scuola veneziana
Il Samaritano, scuola veneziana Ninfe e animali, scuola fiamminga
Cristo fra i dottori, buon maestro incognito Paradiso
Presepe, Scarsellino da Ferrara S. Francesco, Giacomo Tintoretto
Madonna con Bambino e Santi, di Procaccini
29 Figlio di Giovanni Principe.
San Sebastiano, mezza figura, buon maestro febbraio 1820, scudi 90
Restauratore: Giuseppe Candida
Ordine dei lavori Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche pitture Ritratto, Murillo
Presepe, Scarsellino S. Girolamo, Guido Reni
Madonna con Bambino e santi, scuola ferrarese Testa d’uomo, scuola bolognese
Ritratto, Guido giovanetto Testa d’uomo, scuola ferrarese San Girolamo in ginocchio
Madonna con Bambino e san Francesco ed angeli, Carracci n. 4 quadretti raffiguranti teste
Annunciazione, Barocci: foderatura Beata Michelina, Barocci: foderatura 1 aprile 1820
restauratore: Lorenzo Principe, ritirato dipinto in Galleria Capitolina 22 agosto 1821
Restauratore: Giuseppe Candida
Ordine dei lavori: Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti Direzione lavori: Vincenzo Camuccini, Ispettore alle pubbliche La vanità, Tiziano
Santa Lucia, Garofalo
Il Battesimo di Gesù Cristo, Scarsellino La Maga Circe e Ulisse, della Sirani Baccanale per traverso, Poussin
Baccanale stessa grandezza del precedente, Pietro da Cortona 22 agosto 1822
sono registrati diversi pagamenti a Lorenzo Principe per aver foderato e fermato il colore:
La Cleopatra, Guercino La Madonna, Garofalo
Sofonisba, della Sirani, le viene passata la tempera a tutto il dipinto e fermato il colore in più luoghi.
Già da questo elenco si evince uno stacco piuttosto evidente rispetto alla prassi degli interventi compiuti fino ad allora sulle opere presenti in Pinacoteca. Passando invece al periodo successivo, quando l’amministrazione passa nuovamente al Camerlengato, gli interventi compiuti, rintracciati in questo caso da fonti manoscritte, sono riassunti dal seguente regesto:
19 agosto 1841 doc. firmato Agricola
viene tolto il cristallo ad alcuni dipinti e poi sono restaurati:
tavola di Benvenuto Garofalo, tolto il cristallo e ripulito, data nuova vernice per aridità colore
tavola Carracci tolto cristallo restaurate alcune parti per assenza aria tolto il cristallo rame di Carracci idem
tolto il cristallo tavola Carracci copia di un quadro del Museo Capodimonte restauro eseguito da Giovanni Regis
tolto il cristallo lavagna opera Albani ripulito e data la vernice
rame Agostino Carracci La comunione di San Girolamo per le sopradette ragioni tolto il cristallo
4 agosto 1841
Regis Giovanni restaura alcune piccole cose danneggiate dal tempo a causa del cristallo presente davanti al dipinto raffigurante Lo sposalizio di Santa Caterina copia di Annibale Carracci dall’originale di Correggio conservato a Napoli.
9 agosto 1842
[...] Cleopatra prostrata innanzi Marc’Antonio; quadro rovinatissimo [...] venisse nuovamente foderato togliendo via le già sovraposte antiche fodere inconcludenti; anzi nocive [...] restauratore de’quadri signor Galli doppo la operazione del trasporto del
colore in altra tela venisse con ogni più scrupolosa diligenza restaurato sotto l’assoluta direzione del signor ispettore e dello scrivente [Filippo Agricola] [...]motivo che si distacca il colore dalla tela per la sua aridità, e per l’orribile restauro eseguito nelli tempi andati veruna cura ed assistenza [...].
1844
Giovanni Regis restaura il Ratto d’Europa di Paolo Veronese tolta la vernice e darla in «altro luogo purgarlo e smacchiarlo ed alcune piccole ammende [?] e restauri».
21 giugno 1844 Filippo Agricola
Esamina il quadro del Ratto d’Europa tolte alcune prosciugature, stesura di vernice mastice per ridare la lucentezza. Inoltre nuovo telaio
14 ottobre 1845
vengono eseguiti alcuni restauri sui dipinti: S.Sebastiano Guido Reni, [affidato allo Scalzi] due mezze figure scuola veneziana
San Giovanni pittura su rame del Parmigianino
due mezze figure del Parmigianino [restaurato da G. Regis] 21 dicembre 1845
realizzazione di una cornice per il quadro di Paolo Veronese [intagliatore e doratore Clementi]
[16 agosto 1845]
restauro Sibilla Guercino vengono riprese delle parti che hanno sofferto
riattate due mezze figure avendo sofferto per il cristallo essendo completamente “prosciugate” e tolti molti restauri fatti ad olio
il San Sebastiano di Guido Reni rifatte alcune parti e “rinettato” della «terribile sovrapposta vernice»
dipinto su rame del Parmigianino essendo cadute in alcune parti il colore 12 settembre 1846
viene eseguito il restauro del dipinto di Crivelli raffigurante La morte di Maria. [La richiesta dell’intervento viene avanzata da Filippo Agricola al cardinale Camerlengo
Riario il 6 agosto proponendo Giovanni Regis come restauratore, il quale dovrà rimediare al sollevamento di colore diffuso, e a varie screpolature dovute principalmente al particolare caldo subito durante la stagione estiva]30.
La serie degli interventi compiuti sui dipinti a partire dal 1817 sono stati letti come il segno di una nuova attenzione da parte delle autorità competenti nei confronti della Pinacoteca. Mentre, come si è accennato, è forse più corretto parlare di una diversa impostazione che viene ad impiantarsi in una realtà che fino ad allora aveva seguito una sua specifica e diversa linea di pensiero. Da una prassi di tipo conservativo, orientata ad evitare interventi radicali e a favore di una cura quotidiana delle opere, da quella data si afferma piuttosto una mentalità incline verso l’applicazione più estesa e sistematica di veri e propri restauri in senso pieno, che andavano al di là delle semplici operazioni di pulizia e manutenzione praticate da secoli nel contesto romano. È utile, a tal proposito, sottolineare i provvedimenti per la nomina da parte di Paolo III dei mundatores, che avevano il compito specifico di occuparsi della cura dei dipinti della Cappella Sistina31. I loro interventi erano infatti limitati alla pulitura delle opere, con operazioni che andavano dalla semplice spolveratura, alla «smidollatura» per i casi di sporco più persistente: una tecnica, quest’ultima, che consisteva anch’essa in una semplice pulizia effettuata con pagnotte di pane caldo strusciate sulle pitture murali per asportare lo strato di sporco. Sebbene si trassasse di operazioni assai semplici e poco invasive, si può osservare come fossero efficaci: ad esempio, una recente rilettura degli interventi eseguiti Carlo Maratti nella Loggia di Psiche32, in occasione del recente restauro, ha dato modo di riscontrare nei suoi procedimenti una particolare cautela nell’esecuzione. Ancora nel Settecento l’attenzione all’opera d’arte come manufatto, e quindi a tutte le sue componenti materiali e conservative, facevano parte del bagaglio culturale sia di coloro che si occupavano direttamente di restauro, sia dei collezionisti e, più in generale, del pubblico degli estimatori d’arte33. Questo stato di cose si evince tanto dalle
30 Regesto di documenti tratti dal fondo del Camerlengato parte II, b. 200, dell’Archivio di Stato di
Roma.
31 GIANNINI C., Lessico del restauro, Firenze 1991, p. 41. 32 VAROLI PIAZZA R., La loggia di Psiche, Roma 1996.
33 Un fondamentale esempio in tal senso sono le Considerazioni sulla Pittura redatte dal medico
citate parole dell’Algarotti sulla fondamentale rilevanza del dato materiale delle opere per la buona riuscita formativa dello studente, quanto, in generale, da altri testi dei
gentiluomini dell’epoca, i quali arricchivano le loro collezioni senza separare il loro
interesse per l’opera dalle esigenze della sua conservazione materiale connesse anche alle necessità espositive. Così, ad esempio, come si è osservato nei capitoli precedenti, Riminaldi ricordava nelle sue lettere ai nipoti, o così scriveva De Brosses, come si vedrà meglio più avanti: entrambi costoro, infatti, si mostravano informati e curiosi della cura e della consistenza materiale delle opere, facendo numerosi riferimenti e citando notizie connesse a queste esigenze, usufruendo a volte di un contatto diretto con gli stessi protagonisti della manutenzione delle opere d’arte del tempo, che, come si è accennato e come si cercherà di spiegare meglio ora, erano in primo luogo degli artigiani.