I disturbi del comportamento alimentare 2.1 Epidemiologia
3.2 Interventi di Prevenzione per l’obesità
La prevenzione rappresenta un’arma necessaria (Sirchia G., 2004) per contrastare l’instaurarsi di abitudini nocive e la scuola dell’obbligo appare come il luogo più adatto dove svolgere tale attività sia per la facilità di entrare in contatto con tutta la popolazione giovanile che per la grande influenza che le abitudini del gruppo esercitano sul singolo individuo (SINU, 2001).
La scuola contribuisce a formare il modello di comportamento relativo ad alimentazione e attività fisica dei bambini e quindi può e deve giocare un ruolo strategico nell’instaurazione di un corretto stile di vita (Zenzen W., Kridli S., 2009). L’OMS con il programma Health Promoting Schools, sviluppatosi principalmente a livello europeo, attribuisce alla scuola un impegno per il benessere degli studenti e per
un ambiente sano, sicuro e supportivo, da realizzare anche attraverso programmi di educazione alla salute (WHO, 1997). Le scuole che promuovono salute mettono in atto interventi volti a rafforzare l’autostima degli studenti, facilitando lo sviluppo delle loro potenzialità fisiche, psicologiche e sociali valorizzando l’impegno e i risultati degli studenti: considerando l’individuo come soggetto di apprendimento non come oggetto di apprendimento (Bertini M., Braibanti P. e Gagliardi M.P., 2004).
La scuola quindi, è il setting ideale per la promozione della salute. Alla base di tale approccio si trova il modello bio-psico-sociale di salute (Engel GL., 1977) (Schwartz Gary E., 1982) che opera per la creazione di un ambiente sociale di sostegno che possa influenzare la visione, la percezione e l’azione di tutti coloro che vivono, lavorano, giocano e imparano all’interno della scuola, costruendo un clima positivo che influisce sul modo in cui si strutturano le relazioni, sulle decisioni, i valori e gli atteggiamenti personali.
Sono stati svolti, fino ad ora vari interventi di prevenzione dell’obesità infantile nelle scuole con molteplici modalità di realizzazione, rispetto all’ambito di azione, ai contenuti proposti, alle strategie utilizzate. Questi interventi sono stati svolti con vari obiettivi: apportare cambiamenti nell’alimentazione, ridurre il consumo di cibi ad alto apporto calorico oppure promuovere il consumo di frutta e verdura (sia all’interno delle mense scolastiche, sia nelle abitudini delle famiglie degli studenti), ridurre il comportamento sedentario e aumentare l’attività fisica (attraverso il potenziamento del programma di educazione fisica) (ISTISAN, 2015).
Oltre che per i contenuti, gli interventi possono differenziarsi anche per il diverso orientamento delle azioni, volte al cambiamento ambientale o al cambiamento del comportamento individuale, per la fascia di età identificata come target, per gli attori
coinvolti, per la durata del periodo di implementazione e per gli approcci teorici assunti a riferimento.
L’Evidence-Based Health Promotion applica i criteri dell’Evidence-Based Medicine (EBM) (Sackett D.L. et al., 1996) alla promozione della salute garantendo validità scientifica a interventi che sviluppano abilità e competenze personali e che incidono sui comportamenti (Jackson S.F. et al., 2001). Il problema dell’efficacia degli interventi di prevenzione rappresenta un nodo centrale che influenza le politiche sanitarie sia in termini di programmazione sanitaria che a livello di stanziamenti di fondi e destinazione di risorse.
Per una solida programmazione in sanità pubblica è fondamentale definire quali conoscenze scientifiche si possano considerare prove di efficacia e capire come rendere queste accessibili agli operatori sanitari.
Dal 2007 sono attivati tre sistemi di sorveglianza di popolazione specifici per fasce d’età; tra questi, nell’ambito del progetto “Sistema di indagini sui rischi comportamentali in età 6-17 anni”, il sistema di sorveglianza OKkio alla SALUTE utilizzato per monitorare la condizione di sovrappeso e obesità nei bambini e ragazzi delle scuole. Questo sistema viene impiegato a sostegno del governo locale per pianificare, indagare e valutare gli interventi dei Piani di prevenzione e promozione della salute, e rilevare i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi fissati nei Piani sanitari.
In Italia, nel 2010, l’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, nell’ambito del progetto “Programmi efficaci per la prevenzione dell’obesità: il contributo dei SIAN” finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute, ha elaborato un dossier sull’efficacia degli interventi per la prevenzione dell’obesità nei bambini e negli adolescenti, basata sulla revisione
sistematica di 27 articoli riferiti a revisioni sistematiche o narrative pubblicate fino al 2008 (ARS Toscana, 2010).
Nei Rapporti ISTISAN del 2015, “Prevenzione dell’obesità nella scuola: indicazioni a partire dalle evidenze della letteratura”, sulla base delle revisioni in letteratura, vengono riportati programmi realizzati nella scuola per la prevenzione e il controllo dell’obesità nei bambini. Tra essi il Comitato Tecnico OKkio della Salute 2012 ha messo in evidenza alcuni interventi che ricorrono più spesso come strumento di supporto e di indirizzo per la programmazione e la realizzazione di interventi di prevenzione dell’obesità nelle scuole, ovvero: KOPS (Kiel Obesity Prevention Study), CATCH (Coordinated Approach to Child Health), SPARK (Sports, Play and Active Recreation for Kids), APPLE Project (A Pilot Programme for Lifestyle and Exercise), Eat Well and Keep Moving.
Nel lavoro citato gli Autori sottolineano come, considerata la multidisciplinarietà connaturata agli interventi di prevenzione e promozione della salute, non sia facile definire criteri di efficacia semplici e universali in quanto spesso il cambiamento conseguente l’implementazione di un intervento non viene determinato solo dall’intervento stesso, ma dall’interazione tra intervento, natura dei soggetti coinvolti e circostanze (Leone L., 2007) (Dennis R., 2000).
Dall’analisi svolta, pur non potendo stabilire quale tipo di intervento sia il più efficace, è tuttavia possibile individuare quali sono le principali caratteristiche che qualificano tali interventi preventivi e che risultano strategiche per il raggiungimento di migliori risultati. Viene confermata la validità e l’importanza degli interventi di prevenzione dell’obesità realizzati nella scuola, e vengono indicati i tipi di azioni potenzialmente di maggiore efficacia:
Interventi multicomponenti in particolare quelli che combinano azioni mirate sia all’attività fisica che all’alimentazione. Dalle evidenze raccolte emerge che gli interventi che si focalizzano soltanto su un ambito, ad esempio la sola promozione di un’alimentazione sana, o il solo incremento dell’attività fisica, o la sola riduzione del comportamento sedentario, sono meno efficaci.
Interventi intersettoriali con il coinvolgimento dei diversi settori della comunità ottengono risultati positivi, anche in contesti svantaggiati. Nonostante l’osservazione di un gradiente sociale rispetto all’efficacia degli interventi preventivi sono stati ottenuti risultati anche nelle scuole dove la presenza di studenti con livello socioeconomico basso o appartenenti a minoranze etniche è particolarmente rilevante. Durata prolungata degli interventi. Non ci sono solide evidenze di efficacia degli interventi che durano meno di sei mesi e i risultati positivi aumentano per gli interventi con un periodo di implementazione più lungo. Il coinvolgimento dei genitori influenza positivamente l’intervento influenzato anche dal loro livello socioculturale e dalle loro aspettative. Le evidenze confermano la centralità del ruolo della famiglia sulla prevenzione dell’obesità e l’effettiva partecipazione dei genitori alle azioni realizzate a scuola e rivolte ai propri figli, sia come condivisione dell’intervento nel contesto scolastico sia come prolungamento delle azioni preventive anche nel contesto familiare con la creazione di una struttura sociale di supporto (Dalla Ragione, 2007-2008) (Dalle Grave R., 2013), al fine di creare interventi coordinati e continuativi che coinvolgano in misura maggiore i principali luoghi della formazione identitaria la famiglia e la scuola (Dalla Ragione, 2007-2008).
Utilizzo di una teoria del comportamento di riferimento per l’intervento, in particolare socio-cognitiva, ne favorisce l’efficacia.
Adattamento culturale degli interventi ha risultati positivi per i ragazzi di gruppi appartenenti a minoranze etniche.
L’introduzione nelle attività routinarie e all’interno dell’offerta formativa scolastica e una loro istituzionalizzazione come azioni da svolgere regolarmente contribuisce a rafforzarne l’efficacia.
I risultati ottenuti dai programmi scolastici analizzati, permettono di suggerire a chiunque sia interessato ad approfondire i temi della prevenzione, alcune considerazioni base, da cui partire per la realizzazione e l’ottimizzazione di nuovi programmi preventivi:
• Gli interventi dovrebbero maggiormente indirizzarsi verso la promozione della salute;
• Gli incontri devono essere inseriti facilmente nel contesto dell’orario scolastico con lezioni di durata non superiore ai 60 minuti e dovrebbero adottare una strategia informativa che utilizza il dialogo e le discussioni aperte;
• I conduttori dei programmi devono essere preparati adeguatamente ed in maniera esaustiva prima d’iniziare l’intervento;
• Il programma deve essere precedentemente redatto in dettaglio su un manuale per facilitarne il monitoraggio della fedeltà e la divulgazione;
• È consigliabile (per verifica dell’efficacia), usare un gruppo di controllo che non sia stato scelto nella scuola in cui è applicato l’intervento di prevenzione; • I programmi dovrebbero utilizzare misure di esito qualitative e quantitative
per valutare gli esiti primari e secondari che si desiderano raggiungere e anche la possibile comparsa di effetti negativi;
• Gli interventi devono essere continui e prolungati, con un follow-up a medio e lungo termine (Dalle Grave R., 2013).