4.0 - Il punto di vista dei professionisti
Al fine di determinare un quadro più completo e fedele possibile dei temi finora trattati, sono state raccolte le testimonianze di tre esperti, i quali si occupano di consulenze e attuazione di campagne di Social Media Marketing per conto di terze parti. Si è deciso di inserire il loro punto di vista, perché questo lavoro, trovandosi in ambito meramente accademico, necessitava di un supporto “professionale”, affinché si potesse confrontare teoria con pratica, e avere, quindi, una prospettiva più esaustiva ed esauriente dell’argomento in questione. I soggetti intervistati sono tre: Giovanni Borsari, Michele Scarpinato; il terzo soggetto ha preferito, invece, restare nell’anonimato. Inizialmente, è stato chiesto loro di fare un rapido confronto fra Marketing Tradizionale e Social Media Marketing, cercando di capire se questi due differenti strategie possano essere implementate separatamente, o se , visti i tempi, rappresentino due facce della stessa medaglia, che non possono prescindere l’una dall’altra. Le risposte ottenute sono molto interessanti. Secondo il punto di vista dell’esperto che ha preferito l’anonimato, una delle più grandi differenze tra Marketing Tradizionale e Social Media Marketing è sicuramente l’aspetto “territoriale”. I Social Media si espandono oltre i confini geografici, permettendo agli utenti di “rimbalzare da un angolo all’altro
del Globo ad una velocità straordinaria”. Questo elemento è di vitale importanza
per chi fa qualsiasi attività d’impresa, da quella di modeste dimensioni fino ad arrivare alle multinazionali: fornisce un punto di contatto diretto con tutti i clienti effettivi e i clienti potenziali. Un Social Network come Facebook, ad esempio, consente una profilazione piuttosto approfondita del proprio pubblico; si possono ottenere informazioni rilevanti per comprendere il tipo di utenti presenti nelle pagine ufficiali e quelle che sono le loro esigenze. Un’altra differenza, strettamente legata a questo concetto, riguarda i costi: sui Social Network vi è un abbattimento degli oneri che le aziende devono sostenere per ottenere le stesse informazioni; a tal proposito, i costi inerenti alla comunicazione, seppur bassi, ci sono; basti pensare alle inserzioni a pagamento oltre a quelle di tipo “organico”. Nel Marketing Tradizionale, invece, essi sono molto più elevati e gravosi; le imprese non possono non tenere conto di questo aspetto. “Marketing Tradizionale
e Social Media Marketing, comunque, possono e, in diversi casi, devono coesistere; naturalmente, ciò dipende sopratutto dalla tipologia dell’attività in questione”. Nel caso di un’attività di modeste dimensioni, ad esempio, potrebbe
bastare solo ed esclusivamente una pianificazione strategica offline, senza dover dare vita anche a una dispendiosa campagna online, che potrebbe non condurre ai benefici sperati e/o previsti: in questo caso, infatti, risulterebbe più importante operare sul territorio e rafforzare i rapporti con i clienti di quella realtà, dando la priorità al cosiddetto Marketing diretto. Tuttavia, ci sono anche casi in cui le due strategie devono procedere insieme; ad esempio, “nel caso in cui si voglia
promuovere un’attività didattica come un master di primo o secondo livello, si potrebbe ricorrere all’impiego di locandine da appendere all’ingresso di qualsivoglia facoltà. In questo modo, si cerca di ottenere l’attenzione di studenti potenzialmente interessati per il post laurea; tuttavia non essendo presenti fisicamente in loco, non si può conoscere, con assoluta precisione, il numero esatto di chi ha effettivamente visto la locandina, o di chi ha espresso apprezzamenti (o critiche) verso di essa; quindi, risulta molto complicato stabilire se tale tipologia di comunicazione sia, in questo caso, efficace (cioè, se abbia o meno registrato un impatto più o meno “profondo” nella memoria di colui che ha notato la locandina); ed è per questo motivo che, in questo caso, implementare una strategia online, a supporto, possa rivelarsi molto utile, affinché si ottengano informazioni circa gli individui che sono venuti a conoscenza del master; si riuscirebbe a capire chi può far parte effettivamente del target a cui lo stesso master si rivolge e chi, al contrario, no.”
Secondo Borsari, la principale differenza tra Social Media Marketing e Marketing Tradizionale risiede nella possibilità che le piattaforme social concedano ai
marketers di “velocizzare il proprio Brand. Come? Attraverso operazioni più immediate, costi più bassi, senza tralasciare un aspetto estremamente rilevante: i risultati della presenza online si possono quantificare e analizzare in tempi di gran lunga più rapidi; il Marketing legato esclusivamente al prodotto necessita, come è fisiologico che sia, di tempi di distribuzione, di ritorno economico infinitamente più lunghi rispetto a un Marketing sviluppato in Rete.”
Per quanto riguarda la questione della coesistenza tra le due differenti strategie, essa dipende soprattutto dalla natura dell’offerta e della struttura che caratterizza una determinata attività economica; quindi ciò dipende dal tipo di prodotto/ servizio offerto, dagli obiettivi precedentemente prefissati, da quali canali di distribuzione sfruttare e dalla volontà dell’azienda stessa di essere o non essere reperibile online.
vendono dei prodotti, solo che quello online - a differenza di quello fisico - non ha problemi di natura logistica, o ambientale, e, quindi, non si deve preoccupare di come si debbano sfruttare gli spazi a disposizione per ottimizzare l’esposizione dei prodotti; se un’attività è online, significa che è raggiungibile ovunque, e questo le permette di potersi concentrare anche su una tipologia di prodotti, cosa che un negozio fisico, invece, non potrebbe fare. Ad esempio, un e-commerce può vendere solo cellulari, mentre un punto vendita fisico, che vende solo cellulari, ha delle ristrettezze perché è consapevole del fatto che deve competere su un determinato territorio, deve conoscere minuziosamente quelli che sono i competitors e soprattutto deve cercare di capire qual è il loro numero nel raggio di centinaia di chilometri; in questo caso risulta molto più oneroso e dispendioso focalizzarsi solo su un singolo prodotto; i negozi fisici, infatti, tendono ad ampliare il ventaglio dei prodotti offerti, e il loro pubblico consiste in quella tipologia di clienti che possa accedervi di persona. Per quanto riguarda il Web, invece, la selezione dei clienti viene eseguita in base agli interessi degli stessi utenti; si può decidere, ad esempio, di diventare specialista nella vendita di iPhone, vendere solo quel tipo di cellulare, diventando, così, lo shop online di riferimento, perché vengono creati dei contenuti ad hoc e si va ad associare quel particolare Brand online con la vendita degli iPhone, l’affidabilità che ne scaturisce e il trasferimento di informazioni inerenti alla Apple e ai suoi telefoni.”
In secondo luogo, è stata presa in esame la questione inerente a quelle che sono le criticità che un’azienda possa essere costretta ad affrontare, quando ha intenzione di attuare e “operativizzare” una Campagna di Social Media Marketing. In altri termini, si è cercato di capire quali sono gli aspetti più “delicati”, che vanno affrontati con estrema pianificazione, nel momento in cui si vuole far partire una strategia di comunicazione che preveda l’impiego di piattaforme online. Le risposte ottenute si sono rivelate molto utili, e possono essere “sfruttate” per tutti coloro che in futuro possano aver interesse.
Quando si pianifica, prima, e si cerca di attuare e rendere operativa, poi, una strategia di Social Media Marketing, le incognite che potrebbero vanificare gli sforzi compiuti sono numerose; risulta di grande importanza, quindi, dare vita a una pianificazione meticolosa che possa prevedere quanti più scenari possibili in modo da evitare scenari catastrofici.
Per quanto riguarda il primo soggetto intervistato, gli aspetti critici, “molto spesso
sottovalutati, che potrebbero causare danni quasi irreparabili”, sono
essenzialmente tre.
Il primo aspetto riguarda il saper coinvolgere le parti: non solo il pubblico che è realmente o potenzialmente interessato all’offerta; ma si tratta di coinvolgere, anche e soprattutto, l’azienda stessa. Capita spesso che le aziende, in cui non è presente la figura del Social Media Manager, si rivolgano a professionisti, o consulenti esterni, a cui chiedano il raggiungimento di un determinato obiettivo (il
più delle volte, “l’aumento della visibilità online o la diffusione del messaggio di
valore che l’azienda vuol comunicare di se stessa”); il problema scaturisce quando
il consulente (ma anche, se presente, il Social Media Manager) viene lasciato operare da solo: ciò potrebbe portare a una distorsione di quello che l’azienda vuole comunicare effettivamente; in aggiunta vi è il rischio di “scissione” degli obiettivi tra quelli dell’azienda stessa e quelli della figura professionale; vi sarebbe la concreta minaccia che essi non possano più coincidere, portandoli in direzioni diverse, e magari contrastanti. Verrebbe meno la comunicazione del messaggio che l’azienda vuole trasmettere, e la pagina ufficiale diventerebbe una pagina in cui si diffondono notizie, seppur inerenti al Brand, in maniera molto simile alle pagine in cui viene svolta una mera rassegna di eventi o notizie.
“Ciò che, invece, impresa e Social Media Manager/consulente dovrebbero fare è
collaborare e cooperare al fine di raggiungere il medesimo risultato. La prima rappresenta “il cuore” del messaggio che essa vuol trasmettere al proprio target; il secondo, invece, conosce quali sono i mezzi migliori per farlo; se manca uno dei due, i risultati potrebbero essere compromessi”.
Il secondo aspetto critico, che se si vuole è collegato al precedente, riguarda la comunicazione e la diffusione del reale valore del prodotto o servizio che l’azienda fornisce ai suoi clienti; anche questo punto è molto delicato, poiché bisogna fare in modo che le percezioni che i consumatori hanno dell’offerta siano in linea con ciò che il Brand vuole comunicare dei suoi prodotti/servizi. In altri termini, si tratta di comunicare all’esterno in maniera efficace l’essenza stessa dell’azienda e che questa venga precipita correttamente dal consumatore.
Infine, ma non per importanza, vi è “il pericolo che ci possa essere un “abuso”
dell’utilizzo dei Social; questo fattore critico è molto rischioso, perché ultimamente si sta espandendo la tendenza a “strafare” e ad usufruire delle piattaforme online in maniera eccessiva, quasi come se stesse diventando un’ossessione. I Social Media sono certamente importanti, ma vanno usati con raziocinio. Capita sempre più spesso che le aziende esagerino: ad esempio, esistono certe realtà aziendali, le quali pubblicano numerosi contenuti ogni giorno; non ci si rende conto che queste azioni potrebbero creare fastidio/disagio al proprio pubblico, costringendolo, nei casi peggiori, ad abbandonare le pagine ufficiali, recando un danno all’azienda stessa”. Perfino una sola parola “fuori
posto” potrebbe avere conseguenze gravi e un’eco negativa per l’immagine aziendale incalcolabile. Ciò che bisognerebbe fare, invece, e a maggior ragione se si tratta di aziende di piccole dimensioni, è non amplificare troppo le proprie azioni sui Social Media; rispettare certi limiti cercando di non eccedere né da un
esigenze dell’azienda che si rivolge a loro, quali sono i punti di forza, quelli di debolezza, le particolarità, e che cosa si può distinguere dai competitors: si tratta dell’attuazione delle classiche strategie base di Marketing. Una volta che è stato realizzato questo passaggio, si procede all’analisi delle caratteristiche dei suoi clienti, quindi si cerca di identificare le peculiarità del suo target; se ha già delle campagne attive, si cerca di analizzare l’andamento di tali campagne, per comprendere quali sono i punti in cui intervenire e quali sono, invece, quelli da sfruttare. “Per esempio, chi si occupa di racing e di motori deve cercare di
rivolgersi non solo agli appassionati di motori, ma al mondo consumer nella sua interezza; ha bisogno di ritargetizzare il suo Brand in modo da farlo conoscere anche al clientela “normale”, cioè quella parte di consumatori non appassionati, ma che comunque possiede dei mezzi motorizzati. In casi come questi, si deve creare un potenziale pubblico, ponendo in essere una comunicazione che possa interessargli. Quindi, a volte capita che si debba studiare il pubblico già esistente, altre volte, ovviamente in base al cliente stesso, capita che si debba creare da zero un nuovo tipo di pubblico. Per fare questo, si possono sfruttare le cosiddette “Personas”: sono letteralmente dei personaggi, che hanno nome, cognome, età, lavoro ecc., il cui compito è quello di interpretare potenziali clienti. Ciò risulta molto utile perché esse interpretano a tutti gli effetti il potenziale target del caso in questione. Ovviamente a tali Personas non interessa il mondo racing o dei motori, tutto ciò che sanno è che la loro auto possiede quattro ruote, un volante e si spaventano non appena si accende una spia; quindi quello che deve interessare ai professionisti è di far comprendere che nello stesso momento in cui si accende una spia, gli si fornisce una risposta tempestiva. Ciò permette, nel momento in cui si conosce il proprio interlocutore, di anticipare le sue esigenze e stupirlo positivamente”.
Oltre al budget, agli obiettivi e alla tipologia di target, vi è un quarto elemento che può assumere una discreta rilevanza critica: il fattore tempo; in altre parole, si tratta del periodo temporale che trascorre prima di ottenere i benefici previsti dalla Campagna. Anche in questo caso, ciò dipende molto dalle caratteristiche del cliente con cui ci si relaziona. Capita sempre più spesso di trovare quel tipo di cliente che misura la qualità della campagna con il numero dei like ottenuto; oppure si interagisce con colui che, invece, misura la qualità in “copertura raggiunta”; infine, vi è anche un terzo soggetto da considerare e cioè quello che vuol vedere subito le conversioni, cioè il ritorno economico dell’investimento; generalmente, se si investisse in una Campagna per la conversione, nel momento in cui si attiva la campagna stessa, la conversione, seppur in piccole dosi, deve esserci; il clic, infatti, è immediato, e in questo caso il cliente vuole vedere risultati in brevissimo tempo. Di contro, però, bisogna considerare che, in realtà, e in molti casi non viene compreso, “vi è sempre un periodo di rodaggio che varia a
seconda dei casi, che non è determinabile a priori, e a seconda del tipo di Campagna che si sta realizzando i tempi si allungano o si restringono”.
Sicuramente, una Campagna online risulta più veloce, misurabile, e maggiormente modificabile nell’immediato; una Campagna Tradizionale, invece, per essere modificata richiede una serie di passaggi che allungano i tempi; passaggi che in quella digitale possono essere aggiornati nello stesso momento in cui sorge la necessità. Nelle Campagne online si ha la possibilità di fare anche i cosiddetti A/B test, mentre, in una campagna offline è pressoché impossibile farli. Gli A/B test rappresentano uno strumento molto efficace e rapido, perché permettono di mettere a confronto due tipologie di campagna, con la possibilità di capire quale stia procedendo meglio, e di proseguire con essa, abbandonando l’altra. Nel Marketing Tradizionale, si tende di più a realizzare e condurre indagini di mercato, e questo, necessariamente ha bisogno di più tempo.
Successivamente, l’attenzione è stata rivolta al tema delle metriche dei Social Network, come Facebook, cercando di comprendere quali siano da considerare, in base alla loro esperienza, più utili o più efficaci (come ad esempio l’andamento dei like o degli iscritti) per misurare gli sforzi aziendali sui social.
Secondo l’opinione del rispondente anonimo, l’andamento nel tempo dei like o degli iscritti può essere sia un indicatore utile sia inutile; ciò dipende da come sono stati generati i like o il numero delle iscrizioni. Qualora essi siano derivati da una campagna precedentemente e minuziosamente pianificata o qualora essi derivano da inserzioni, il monitorare tale tipologia di trend può rivelarsi un valido strumento. Nel caso in cui, invece, vengano cercati i “mi piace” con contenuti ad alta popolarità o fuori contesto rispetto alla natura dell’azienda, e cioè attraverso una ricerca di like esclusivamente fine a sé stessa, risulterebbe una pratica totalmente controproducente. “I like sono importanti se non sono l’obiettivo della
campagna.”
Un’atra tipologia di metrica che può rivelarsi adeguata è la quantificazione del grado di interazione con i post da parte del pubblico; per interazione si intendono tutti i messaggi, risposte, tag, condivisioni, ecc. che sono stati suscitati e stimolati da un determinato post in questione.
Infine, una metrica piuttosto interessante potrebbe essere rappresentata da quella che permette di “tracciare i link: ovvero indirizzi web che dai Social Network
possano reindirizzare al sito aziendale ufficiale; ciò permette non solo la misurazione della campagna online ma anche il livello del pubblico cui ci si rivolge, attraverso la misurazione del tempo medio impiegato sul sito da ciascun utente e attraverso altre tipologie di azioni (come, ad esempio, la condivisione dei
dopo; se tale indicatore fosse basso significherebbe che gli individui hanno volutamente cercato quell’indirizzo web perché realmente interessati”.
Secondo Borsari e Scarpinato, ciò dipende dall’obiettivo; per il cliente, invece, hanno molta importanza le cosiddette “Vanity” metrics (ad esempio, la pagina con più fan, con più like). Se l’obiettivo è l’aumento della notorietà del Brand, quello che dovrebbe interessare è che la Campagna abbia raggiunto quante più persone possibili, magari con una frequenza maggiore, e non il numero dei like. È altrettanto vero che se stati raggiunti pochi like, la Campagna, agli occhi del cliente, non sta procedendo positivamente. L’idea è quella di essere più pervasivi ma senza necessariamente raccogliere like. La condivisione del contenuto, sotto questo punto di vista, rispetto al like, è più importante. Nonostante questo, per tanti clienti l’andamento dei like risulta essere ciò che conta di più per il giudizio complessivo della Campagna. Per cercare di stimolare la condivisione, bisogna procedere alla creazione di contenuti organici che possano suscitare interesse negli utenti. A tal proposito, è opportuno distinguere tra metriche organiche e metriche a pagamento; infatti, a seconda della tipologia cambiano i valori. Quando si parla di organico, ci si riferisce al fatto che i risultati vengono conseguiti attraverso la gestione quotidiana delle piattaforme, gli sforzi compiuti, e l’effettivo successo della comunicazione. Mentre quelle a pagamento, di norma, consentono di “acquistare” like, o di ottenere più visibilità, a fronte di un corrispettivo in denaro. Oltre Facebook, è stato menzionato anche il Social Network Instagram e le sue metriche: Instagram si basa, in misura maggiore rispetto ad altri Social, sull’aspetto di Branding più che della conversione vera e propria, poiché manca un input che permetta di acquistare tramite questa piattaforma; al giorno d’oggi, è stata introdotta la possibilità per le aziende di inserire link che reindirizzano al loro sito, che può essere un e-commerce o un approfondimento del prodotto, restando sempre all’interno di Instagram. In questo caso, vi è l’obbligo di inserire che il prodotto è sponsorizzato con l’hashtag #ad. Per quanto concerne le metriche di Instagram, esse sono abbastanza limitate, perlopiù si garantiscono valori in termini di copertura del post e del profilo. Se la copertura è elevata, l’algoritmo tenderà a favorire la visibilità all’interno della piattaforma. Qui sorge un ulteriore aspetto critico, legato a questo tema, che riguarda in tutto e per tutto Instagram: inizialmente, gli utenti si sono iscritti a questo canale, per stare in contatto con gli amici e visionare i loro contenuti; adesso, invece, tramite l’algoritmo, gli influencer e i post più popolari, il più delle volte capita che si ritrovino contenuti fuori contesto; per questo motivo, vi è una sorta di “ricambio generazionale”, che registra l’abbandono della piattaforma da parte dei primi iscritti, e il concomitante approdo delle nuove generazioni. È come se il livello qualitativo di Instagram sia andato diminuendo nel corso del tempo, a favore dell’aspetto quantitativo (in termini di utenti registrati). Per quanto riguarda i Brand, anche in questo caso sono da menzionare le Vanity metrics: si
misura la qualità della Campagna attraverso il numero di like ottenuti e il numero dei follower, senza valutare, ad esempio, il rapporto che ci può essere tra numero di followers e interazioni. Questo succede anche su Facebook.
In merito alle interazioni generate per ogni specifico post, si è voluto approfondire un aspetto: è stato chiesto ai nostri rispondenti, sempre nell’ambito della loro