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Introduzione; 2 Il presidente della repubblica in consiglio; 3 I rappresen tanti del governo in consiglio; 4 Il capo di stato maggiore della difesa (e gl

Nel documento Il Consiglio supremo di difesa (pagine 152-200)

NORME ATTUATIVE, PRASSI, DOTTRINA DAL 1950 AL

1. Introduzione; 2 Il presidente della repubblica in consiglio; 3 I rappresen tanti del governo in consiglio; 4 Il capo di stato maggiore della difesa (e gl

altri vertici tecnico-militari) in consiglio; 5. Gli altri membri straordinari in consiglio; 6. Il segretario e l'ufficio di segreteria; 7. Comitati di ministri e commissioni di studio; 8. La formazione della volontà consiliare; 9. Ordinamento interno e natura giuridica dell'organo.

1.1 – La L. 624/1950. La legge istitutiva, si è visto nel capitolo precedente, indica solo in via approssimativa l'organizzazione interna del CSD; e, attribuendo natura “relativa” alla riserva di legge prevista dall'art. 87.9 Cost., autorizza il go- verno a intervenire con una normativa attuativa di natura regolamentare:

“il governo è autorizzato ad emanare le norme necessarie per l'attuazione della presente legge” (art.9.1);

“il numero massimo dei componenti l'ufficio di segreteria sarà determinato con decreto del presidente del consiglio dei ministri, di concerto con i ministri per il tesoro e per la difesa” (art.6.4).

Le due autorizzazioni rinviano a regolamenti di diversa natura: nel primo caso a quelli governativi, deliberati dal consiglio dei ministri e adottati con forma di de- creto del presidente della repubblica (D.P.R.); nel secondo a quelli ministeriali, adottati con decreto del presidente del consiglio (D.P.Cons.).

1.2 – Il primo regolamento interno (1951). Il governo non ottemperò subito al compito affidatogli dalla legge istitutiva e le prime quattro riunioni del CSD, tenutesi nel corso del secondo semestre 1950, si svolsero in assenza della normativa di attuazione. Addirittura la prime due riunioni, 7 e 29 luglio 1950, furono convocate quando ancora la legge istitutiva, nel primo caso, non era stata approvata e, nel secondo, non era ancora entrata in vigore.

Il regolamento interno del consiglio fu adottato tra la fine del 1951 e i primi mesi del 1952, ma la sua natura non era quella di un regolamento governativo nella forma di D.P.R., come previsto dalla legge istitutiva. Venne scelta un'altra strada: adottare il regolamento tramite un atto interno (e riservato) dello stesso CSD. In realtà il contenuto del regolamento fu concordato nel novembre del 1951 tra il presidente della repubblica e il presidente del consiglio, come risulta dalla data apposta in calce all'atto, e solo successivamente – presumibilmente nella prima seduta utile, quella del 14 febbraio (di cui non è noto il verbale) – adottato dal CSD con la contestuale nomina del segretario372.

Le motivazioni che spinsero Einaudi e De Gasperi a scartare l'ipotesi del D.P.R. sono indicate nello stesso preambolo del regolamento del ‘51:

“sembra (…) che, date la speciale natura del consiglio supremo e l'impossibilità di una rigida regolamentazione del suo funzionamento, non sia opportuno procedere all'emanazione delle norme esecutive, autorizzate, ma non prescritte dall'art.9 della legge. Sarà il consiglio stesso a determinare, con proprie deliberazioni, i criteri che dovranno essere seguiti per il funzionamento dell'organo collegiale e dell'ufficio di segreteria, beninteso, nei limiti stabiliti dalla legge.”

L'intento ufficiale era così quello di garantire una certa flessibilità nella disciplina dell'ordinamento interno del CSD. A questo, probabilmente, si aggiungeva anche

372 Il testo integrale del regolamento interno del CSD con dicitura “testo definitivo” e la data del novembre 1951 si trova sia presso il fondo Einaudi (Archivio storico Fondazione Einaudi di

la volontà di mantenere il riserbo sull'argomento, evitando ogni forma di pubblicità.

Il regolamento – recante “costituzione e funzionamento della segreteria del consiglio supremo di difesa” – è incentrato sul ruolo e i compiti del segretario nelle vari fasi delle attività consiliare. Tuttavia la sua disciplina, benché in via incidentale, affronta anche altri aspetti dell'organizzazione interna dell’organo, quali i poteri e il ruolo del presidente. Il regolamento è altresì preceduto da un preambolo che, oltre a chiarire la ratio delle disposizioni, contiene interessanti indicazioni sulla natura giuridica e il ruolo del CSD; e per tale motivo sarà ripreso e approfondito più avanti.

1.2 – I decreti dei primi anni '90 e il protocollo del 2000. Il regolamento del '51 è rimasto in vigore sino all'inizio degli anni '90, quando rispettivamente il VI e il VII governo Andreotti adottarono i due decreti attuativi previsti dalla legge istitutiva: il decreto del presidente della repubblica 4 agosto 1990, n. 251 – “Regolamento di attuazione della legge 28 luglio 1950, n. 624”373; e il decreto del presidente del consiglio dei ministri 4 maggio 1992, n. 389 – “Regolamento di organizzazione e funzionamento dell'ufficio di segreteria del consiglio supremo di difesa”374.

Il primo è un regolamento governativo adottato con forma di D.P.R., in attuazione dell'art. 9 della legge istitutiva, con lo scopo di disciplinare il funzionamento interno e la struttura del CSD.

Il secondo è un regolamento ministeriale emanato con forma di D.P.Cons., in attuazione dell'art. 6.3 della legge istitutiva, per disciplinare in dettaglio la struttura e il funzionamento dell'ufficio di segreteria.

Infine il 26 luglio 2000 – ai sensi dell'art. 10.10 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante “Ordinamento della presidenza del consiglio dei ministri” – il segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri e il segretario generale della presidenza della repubblica hanno stipulato un protocollo d'intesa sulla collocazione e l'organizzazione dell'ufficio di segreteria del CSD375.

Come sarà dimostrato avanti, la normativa degli anni ’90, benché contenga una disciplina molto più dettagliata ed esauriente di quella del ’51, lascia ancora irrisolte molte problematiche sul funzionamento interno dell’organo e, in particolare, sul ruolo esercitato dai singoli componenti.

1.3 – La prassi. I limiti dell’indagine. Nel complesso la normativa regolamen- tare che seguì la legge istitutiva è risultata approssimativa e lacunosa, e di fatto ha lasciato che molte questioni organizzative e funzionali del CSD fossero risolte in modo flessibile e informale dagli stessi membri.

Tale circostanza induce a dare grande valore alla prassi: i verbali delle riunioni, la documentazione allegata (lettere di convocazione, deliberazioni), i comunicati

373 G.U., n. 203, 1990. 374 G.U., n. 225, 1992. 375 G.U., n. 177, 2000.

ufficiali e le indiscrezioni di stampa saranno determinanti per comprendere appieno l'effettivo ruolo assunto dai vari membri del CSD nel corso delle sedute e i rapporti tra essi intercorrenti; elementi a loro volta essenziali per accertare la natura giuridica dello stesso consiglio.

Sul punto occorre però una precisazione.

Data l’indisponibilità dei verbali successivi alla presidenza Pertini (introduzione), l’indagine sull’ordinamento interno del CSD (condotta in questa prima parte del cap. 4) verterà essenzialmente sulla prassi dei primi decenni di attività consiliare; e su tale fase temporale (1954/1985) si potrà, altresì, giungere a conclusioni certe e documentate. Diversamente, in relazione al periodo successivo al 1985 (in particolare quello coincidente con l’evoluzione bipolare del sistema politico italiano, avviata a metà degli anni ’90 e ancor oggi in atto) sarà possibile proporre solo ricostruzioni ipotetiche, che saranno poi riprese e sviluppate nell’ultima parte dell’opera (cap. 5).

2 – Il presidente della repubblica in consiglio

2.1 – I punti fermi di Costituzione e legge istituiva. La presidenza del CSD ha carattere di effettività. La legge istitutiva è chiara sul punto. Il capo dello stato decide la convocazione delle sedute (art.7.2) e la partecipazione dei membri straordinari, determinando così la composizione del consiglio (art.3). Al vice- presidente, il presidente del consiglio, è riservato l'unico potere di proporre la convocazione straordinaria dell’organo (art.7.2). Nessuna menzione è fatta di eventuali poteri di supplenza, vicarianza e codirezione.

Il legislatore del '50 lascia però aperte molte questioni connesse alla partecipazione del capo dello stato.

• Il potere di convocare il CSD e determinarne la composizione implica anche i poteri di fissare l'ordine del giorno e dirigere la discussione?

• Gli atti assunti e imputabili direttamente al capo dello stato in qualità di presidente del CSD (convocazione, invito alla partecipazione) necessitano della controfirma ministeriale?

• Il capo dello stato può partecipare alla discussione, entrare nel merito delle questioni politiche e influenzare la determinazione conclusiva, oppure deve limitarsi a dirigere la discussione?

Nel capitolo precedente si sono riportate le soluzioni prospettate dalla dottrina. In questo paragrafo sarà esaminato l'effettivo ruolo assunto dal capo dello stato nelle varie fasi dell’attività consiliare, sulla base dei regolamenti interni e della prassi. 2.2 – Il ruolo del presidente nella fase istruttoria: il regolamento interno del '51 e la prassi. Il regolamento – completando le lacune lasciate dalla legge istitutiva e in sostanziale conformità alle principali ricostruzioni dottrinali – attribuisce al capo dello stato, nella sua qualità di presidente del CSD, il potere di stabilire l'ordine del giorno e la data di convocazione della sedute:

“Il presidente, esaminati gli elementi sottopostigli dal segretario, stabilisce l’ordine del giorno e la data di convocazione” (art. 2.2).

La normativa del '51 affronta anche il problema della controfirma degli atti presidenziali formalmente autonomi (quali la convocazione), attribuendo direttamente al segretario l’adozione dell’atto.

“Il segretario provvedere alla diramazione ai componenti del consiglio, dell'avviso di convocazione e dell'ordine del giorno corredato dagli eventuali appunti illustrativi dei singoli argomenti indicati nello stesso” (art. 2.3).

La questione è stata quindi risolta conferendo la titolarità sostanziale dell'atto al presidente e la sua formale adozione al segretario del consiglio.

Il regolamento sottopone infine il segretario, per lo svolgimento dei suoi compiti istruttori, alla diretta dipendenza funzionale del presidente, oltre a quella del consiglio, come prescrive la legge.

“Il segretario raccoglie gli elementi necessari per la predisposizione dell’ordine del giorno delle riunioni del consiglio, attenendosi alle precedenti determinazioni del consiglio, alle istruzioni del presidente delle repubblica, e tenendo conto delle eventuali segnalazioni pervenute da parte degli organi competenti” (art.2.1).

Ora – considerato che il riferimento alle “precedenti determinazioni del consiglio” è alquanto improbabile e appare come un ossequio formale alla legge istitutiva che subordina tutta l'attività istruttoria alle direttive del consiglio (art.5); che la partecipazione di altri imprecisati membri del collegio (“organi competenti”) è limitata a “segnalazioni”, ovvero proposte non vincolanti, tra l'altro “eventuali”; e che i principi generali in materia di collegi conducono ad attribuire al presidente i poteri tecnico/procedimentali inerenti l’attività dell’organo376 – appare evidente che il segretario svolgerà la sua attività istruttoria essenzialmente alla luce delle “istruzioni” del capo dello stato, alla cui diretta dipendenza funzionale è quindi sottoposto.

Le soluzioni contenute nel regolamento del '51 sono sostanzialmente confermate dalla prassi.

Nella fase istruttoria dell'attività consiliare, la convocazione delle sedute con l'indicazione degli argomenti all'ordine del giorno avviene tramite una comunicazione formale del segretario ai singoli membri, su indicazione del capo dello stato.

Ciò risulta espressamente dalla formula presente in ogni lettera di convocazione firmata dal segretario:

“Signor (…), mi onoro di informarLa che, d'ordine del Signor Presidente della Repubblica, il Consiglio Supremo di Difesa è convocato al palazzo del Quirinale il (…) per discutere il seguente ordine del giorno (...)”377.

L'effettiva titolarità del capo dello stato in ordine alla convocazione della seduta e alla determinazione dell'ordine del giorno si desume altresì da molti dei verbali disponibili.

A titolo esemplificativo nella seduta 2 maggio 1958 il presidente Gronchi

“premette di aver creduto opportuno convocare il consiglio un poco per fissare l'attenzione su alcuni punti che interessano la difesa italiana nel quadro dell'aggiornamento dei piani difensivi Nato, e un poco perché dalla discussione si possano avere direttive per l’imminente riunione del consiglio atlantico a Copenaghen378.”

376 La dottrina che si è occupata della teoria generale degli organi collegiali è unanime nel ritenere prerogativa del presidente il potere di convocazione e quello di fissazione dell'ordine del giorno della adunanze. “Il potere di stabilire il contenuto dell'ordine del giorno spetta al titolare del potere di convocazione, e quindi al presidente.” R. VILLATA . “Il potere di determinare l'ordine del giorno di solito spetta al presidente.” G. B. VERBARI [1981,75]; “Se ora guardiamo alla fissazione dell'ordine del giorno, cioè al potere di chi determina l'oggetto di una certa adunanza di un collegio, possiamo dire che esso spetta o alla legge (…) oppure spetta al soggetto che opera la convocazione, normalmente il presidente.” S. VALENTINI [1980, 251].

377 Le modalità della convocazione con l'elusione del problema della controfirma erano state già rilevate da L. PALADIN [1986, 230/nota 321].

Rimane da precisare se trova conferma nella prassi il potere presidenziale di invitare a propria discrezione i membri straordinari, allargando così la composizione del consiglio.

La risposta è affermativa.

In occasione dell'invito dei membri straordinari delle forze armate, come si vedrà avanti (par. 4), non di rado i presidenti Leone e Pertini manifestarono espressamente le motivazioni che li avevano spinti alla convocazione.

Ulteriore conferma, riguardo a Pertini, è data da una nota interna degli uffici della presidenza della repubblica in relazione alla seduta 26 ottobre 1979, ove è testualmente riportato:

“al momento si è in attesa di conoscere se il Signor Presidente della Repubblica riterrà opportuno partecipino alla riunione anche i capi di stato maggiore delle tre forze armate”379.

Relativamente alle presidenze Cossiga – ove più intensa e variegata è la partecipazione dei membri straordinari, e non solo di quelli appartenenti alle forze armate [tab. Co/6] – non sono disponibili i verbali; tuttavia il carteggio tra il segretario del CSD e gli uffici interni della presidenza della repubblica inerenti la preparazione delle sedute mostra l'imputabilità diretta al capo dello stato del potere di convocazione. A titolo esemplificativo si richiamano tre note inviate dal segretario del consiglio all'ufficio cerimoniale della presidenza della repubblica in vista della seduta del 31 gennaio 1986. Da queste si desume chiaramente che gli inviti ai membri straordinari sono disposti direttamente dal presidente della repubblica380.

In conclusione, almeno sino all’adozione del nuovo regolamento interno del 1990, il capo dello stato, in qualità di presidente del CSD, come accade generalmente negli organi collegiali, ha il monopolio della fase precedente l’adunanza, determinando l’ordine del giorno, la data di convocazione delle sedute e la partecipazione dei membri straordinari; oltre ad esercitare un diretto controllo sull’attività istruttoria di competenza del segretario.

379 Nota del servizio affari militari al servizio cerimoniale della presidenza della repubblica in data 26 ottobre 1979, con oggetto: partecipanti alla riunione del CSD del giorno 26 ottobre 1979.

ASPdR, Cerimoniale.

380 “Comunico, per la parte di rispettiva competenza, che il signor presidente della repubblica ha disposto la riunione del consiglio supremo di difesa per il giorno 31 gennaio 1986, alle ore 10.00. Partecipanti: - membri istituzionali: (…); - personalità invitate: On. Arnaldo Forlani (vice- presidente del consiglio); (…).” Lettera 27 dicembre 1985. “In merito alla riunione del consiglio supremo di difesa convocata per il giorno 31 gennaio p.v., confermo quanto indicato con il foglio a seguito e comunico le seguenti ulteriori disposizioni del signor presidente della repubblica: - altre personalità invitate: on. Giuseppe Zamberletti (ministro per il coordinamento della protezione civile), gen. Luigi Poli (capo di stato maggiore dell'esercito), (…)” Lettera 11 gennaio 1986. “Comunico le modifiche apportate dal signor presidente della repubblica alla riunione del consiglio supremo di difesa del giorno 31 gennaio p.v.: - personalità invitate: è stato revocato l'invito all'on. Giuseppe Zamberletti, non più interessato agli argomenti in discussione; (...)” Lettera 16 gennaio 1986. ASPdR, Cerimoniale.

I radicali e, in parte, temporanei cambiamenti apportati nella materia dal D.P.R. 251/1990 saranno valutati avanti, nei paragrafi relativi al presidente del consiglio (par. 3) e al segretario (par. 6).

2.3 – Il ruolo del presidente nella fase attuativa: il regolamento interno del ’51 e la prassi. Il regolamento individua il presidente, assieme al consiglio nel suo insieme, quale garante della corretta attuazione delle deliberazioni consiliari da parte degli organi competenti.

È infatti al capo dello stato che il segretario deve riferire le

“eventuali difformità e lacune dei provvedimenti adottati rispetto alle deliberazioni del consiglio” (art. 4.3).

La prassi conferma quanto sopra statuito.

Non era infrequente che il presidente, in sede di CSD, prima di affrontare i punti all'ordine del giorno, chiedesse conto – direttamente ai soggetti interessati (ministri e capo SMD) – dello stato di attuazione delle delibere consiliari o ne sollecitasse l’esecuzione.

A titolo esemplificativo nella seduta 19 ottobre 1960, durante il settennato di Gronchi,

“il presidente chiede se la vendita degli immobili e delle aree militari non più funzionali si stia effettuando e se abbia corso l'attuazione dei previsti provvedimenti di unificazione e ridimensionamento delle diverse branche dell'apparato militare che consentano economie di personale e di mezzi a vantaggio delle unità operative.381”

In modo simile nella seduta 9 dicembre 1960,

“il presidente, avanti di dare inizio alla discussione degli argomenti all'ordine del giorno, chiede notizia sul lavoro svolto dai due comitati di ministri di cui alla determinazione del consiglio supremo di difesa in data 19 ottobre (…).382”

Anche il presidente Saragat, nella seduta 16 aprile 1971, sollecitò i ministri all'attuazione delle deliberazioni consiliari ammonendo che

“il consiglio sarà riunito (…) per esaminare le conclusioni che il gruppo ristretto di ministri proposto dal presidente del consiglio avrà tratto dall'esame del problema posto dagli obiettivi di difesa da raggiungere e dall'equilibrio generale del bilancio da assicurare.383”

Lo stesso presidente Leone, nella seduta luglio 1974, chiese conto al capo SMD degli studi sulla costituzione del fondo di promozione industriale, commissionati nella precedente seduta del collegio384.

381 ASPdR, CSD, verbali. 382 ASPdR, CSD, verbali. 383 ASPdR, CSD, verbali.

384 “Il PRESIDENTE (…) dà la parola all'am. Henke perché (…) informi il consiglio dello studio sulla costituzione del fondo di promozione industriale di cui il consesso ebbe ad occuparsi nella sua seduta precedente.” ASPdR, CSD, verbali, 8 luglio 1974.

2.4 – Il ruolo del presidente in adunanza: la prassi. La legge istitutiva e il regolamento interno del ‘51, mentre affrontano, seppur sommariamente, il ruolo del capo dello stato nella fase istruttoria e in quella esecutiva del procedimento di formazione dell'attività consiliare, non forniscono alcuna indicazione sulla partecipazione dello stesso presidente alla fase costitutiva, quella del dibattito in adunanza e dell'eventuale adozione delle deliberazioni consiliari; la fase più complessa e carica di implicazioni sistematiche.

La stessa lacuna è presente anche nel regolamento del ’90.

Sicché il ruolo del presidente della repubblica in adunanza può essere accertato solo tramite l’esame della prassi.

La documentazione disponibile sarà valutata in relazione a due distinte sfere dell'azione esplicabile in consiglio dal capo dello stato:

1. quella di presidente dell’organo con i connessi poteri di direzione della discussione (partecipazione tecnico/direttiva);

2. quella di membro politico che interviene nel merito della questioni partecipando alla discussione e all'adozione delle deliberazioni come gli altri componenti (partecipazione politica).

Le due prerogative, solitamente compresenti nella figura di presidente di un organo collegiale, non sono necessariamente connesse385.

Già nel dibattito in assemblea costituente (cap. 2) si era posto il problema del ruolo del capo dello stato qualora fosse stato chiamato a presiedere il consiglio dei ministri. Nella discussione in commissione Lussu sosteneva che

“la presenza del presidente della repubblica in seno al consiglio dei ministri potesse dare carattere di maggior obiettività alla discussione; del resto questi dovrà limitarsi a porre i problemi in termini obiettivi, senza mai prendere posizione”.

In modo simile parte della dottrina (cap. 3), al fine di salvaguardare la figura del capo dello stato quale arbitro e garante della Costituzione politicamente irresponsabile, aveva ipotizzato che in sede di CSD avrebbe rivestito “una posizione di puro dirigente della discussione simile al presidente della camera, che al momento in cui si viene ai voti si astiene”386; il presidente dovrà quindi astenersi “da quelle discussioni e votazioni che per il modo in cui siano state impostate comportino una presa di posizione in merito all'indirizzo governativo”; e i suoi interventi in consiglio “si svilupperanno in senso tecnico ed avranno di mira le esigenze dei singoli istituti ed anche le più ampie esigenze del sistema costituzionale387.”

385 La duplice funzione del presidente in sede di adunanza è evidenziata anche dalla dottrina che si è occupata degli organi collegiali. “(...) Di solito il presidente del collegio, oltre che essere portatore di interessi alieni (ma potrebbe anche non essere portatore di tali interessi), è titolare di un interesse precipuo, che è quello al funzionamento del collegio.” G. B. VERBARI [1981, 73]. “Il presidente cumula una duplice funzione: come membro del collegio ha le attribuzioni di tutti gli altri componenti, come presidente risulta titolare dei poteri strumentali necessari allo svolgimento dell'attività dell'ufficio collegiale.” R. VILLATA. In modo simile S. VALENTINI [1980, 117]. 386 P. CALAMANDREI [1968].

Una tale ipotesi si era del resto già verificata in epoca statutaria in relazione alla partecipazione del presidente del consiglio alla commissione suprema per la difesa dello stato (cap. 1). La legislazione che disciplinò l'istituto dal 1908 al 1913 consentiva al presidente del consiglio di presiedere le sedute del collegio esercitando tutti i poteri direttivi connessi alla carica (formazione dell'ordine del giorno, convocazione, direzione della discussione, rinvio della decisione, messa ai voti), ma gli impediva di entrare nel merito delle questioni dibattute e, soprattutto, di partecipare al voto delle deliberazioni.

Un'ultima considerazione di carattere generale prima di affrontare separatamente le due sfere dell’azione presidenziale: il capo dello stato è presente in tutte le

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