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2. La riflessione sul linguaggio nelle prime fasi della scienza grammaticale araba (‘ilm

2.1. Introduzione

Nei capitoli che seguono ci si propone di definire il contesto linguistico fondamentale in cui la scienza grammaticale araba definisce alcuni elementi essenziali riguardanti la lingua araba con cui Avicenna si confronta nell’ambito della sua discussione. Alla trattazione delle prime fasi della ‘ilm al-naḥw premettiamo una trattazione della concezione della lingua araba che emerge nei testi fondamentali alla base della riflessione grammaticale, essenziale per comprenderne le caratteristiche fondamentali: si tratta del Corano e degli

aḥādīṯ (sing.: ḥadīṯ)48

, a partire dai quali comincia, nelle prime fasi dell’Islam, la

codificazione del linguaggio arabo e la discussione del suo status. Segue una breve trattazione delle scienze islamiche, nella misura in cui esse sono strettamente legate alla riflessione grammaticale e prima di tutto alla riflessione sul linguaggio: in questa sede presentiamo lo sviluppo di temi affrontati anche nella discussione avicenniana da parte di alcuni autori esemplari. Nel terzo paragrafo si presenta una trattazione delle prime fasi della scienza grammaticale fino al dibattito tra grammatica e logica, originato dalla traduzione dei testi dell’ Organon aristotelico e dalla riflessione su di essi, e agli sviluppi immediatamente successivi. Tale dibattito ha infatti ripercussioni fondamentali sia sulla riflessione dei grammatici, influenzati a livello metodologico e teorico dalle opere logiche

48 Per un resoconto aggiornato del Corano, dei dibattiti attorno alla sua messa per iscritto e del contesto in cui

esso è composto, che genera anche la tradizione degli aḥādīṯ, si veda Neuwirth (2011). Nel testo a seguire il Corano è citato nella traduzione italiana ad opera di Bausani: cfr. Bausani A. (trad. e cura), Il Corano, BUR, Milano 2010.

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aristoteliche, che sulla riflessione dei filosofi, i quali devono difendere la legittimità e l’universalità della scienza della logica, esposta in opere tradotte dal greco, di fronte alle accuse dei grammatici. La sezione si chiude con alcune considerazioni sul grande predecessore di Avicenna, al-Fārābī, che nell’arco della sua produzione filosofica, ed in particolar modo nel suo commento grande all’ ʻIbāra49

, pone esplicitamente il problema del rapporto tra la lingua araba e la logica aristotelica, e sul filosofo ibn ‘Adī, il quale riprende e specifica a livello teorico la distinzione operata da al- Fārābī collocandosi sulla stessa linea argomentativa sviluppata da Avicenna nei capitoli di apertura dell’ ‘Ibāra. Poichè parleremo nei prossimi paragrafi della lingua araba, occorre una precisazione preliminare su cosa si voglia indicare a livello storico con tale affermazione50. Le ricorrenze di “arabo” e “lingua araba” nella presente trattazione vogliono indicare quello che Fischer51, nella sua suddivisione delle fasi della lingua araba, chiama “arabo classico”, ovvero la forma di arabo descritta dai grammatici arabi dell’ VIII secolo e chiamata da essi

al-ʻarabiyya. Benchè ovviamente l’arabo esista anche prima dell’Islam, è questa forma

della lingua araba, standardizzata dai grammatici nella loro opera di descrizione della lingua del Corano, che diviene a partire dagli inizi dell’Islam il linguaggio ufficiale della cultura e della civiltà islamica e, con l’espansione di questa, la lingua scritta ufficiale del mondo arabo fino ad oggi. Fischer presenta un ulteriore suddivisione in fasi dell’Arabo Classico:

- un primo periodo in cui l’arabo classico non era ancora pienamente regolato e standardizzato,

49 “‘Ibāra” è il titolo della traduzione in arabo del trattato aristotelico Peri Hermeneias, come abbiamo detto

nell’introduzione al presente lavoro. Esso è anche il titolo dell’opera di Avicenna che è la rielaborazione del

Peri Hermeneias Aristotelico, ed i primi quattro capitoli della quale sono l’oggetto della presente tesi.

50 Le numerose imprecisioni terminologiche per quanto riguardai vari stadi e le varie componenti della lingua

araba sono discusse da Owens (1997): riteniamo che ai fini della presente trattazione sia sufficiente premettere una spiegazione finalizzata a precisare il dominio linguistico a cui ci riferiamo con le espressioni “arabo” e “lingua araba”.

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- il periodo dell’Arabo Classico standardizzato, in cui i grammatici arabi hanno elaborato una struttura sistematica in grado di classificare e di rendere conto delle caratteristiche della lingua araba,

- un periodo post-classico, in cui sono introdotte nuove espressioni e costruzioni sintattiche

- il periodo, che arriva fino ad oggi, del “Modern Standard Arabic”, la lingua letteraria dei paesi di lingua araba, la quale è fortemente influenzata nel vocabolario e nelle espressioni dalle lingue europee.

Premesso che le norme espresse nella più antica descrizione grammaticale dell’arabo classico, il Kitāb di Sībawayh52, sono rimaste pressoché invariate fino ad oggi, e che dunque la distinzione tra le varie fasi sopra esposte è sottile e talvolta, per ammissione dello stesso Fischer, sfuocata, ci interessano ai fini della presente trattazione soltanto le prime due fasi. La seconda riguarda, e su questo torneremo in seguito nello specifico, il processo di descrizione e di standardizzazione dell’arabo classico da parte dei grammatici arabi, motivati nella loro azione da due esigenze fondamentali: la prima, legata al carattere di superiorità dell’arabo a sua volta testimoniato dal fatto di essere lingua del Corano, riguarda appunto la volontà di conservare la lingua araba nella quale è composto il Corano, in cui ci si riferisce ad una “lingua araba chiara” (s. 16.103), e dunque di prevenire la diffusione degli errori legati ad una lettura errata, causata a sua volta dall’interferenza con una forma colloquiale di arabo riconducibile ai vari dialetti arabi53. La seconda esigenza

52 Sībawayh (m 177/793), uno dei più grandi linguisti arabi, è noto per essere l’autore della prima opera

autorevole sulla grammatica araba, il Kitāb (“Libro”). Circa la sua biografia sappiamo soltanto, dalle fonti biografiche come il Fihrist di ibn al-Nadīm, che egli era di origini persiane e che visse a Baṣra per un certo periodo. Secondo una leggenda, riportata da al-Nadīm, il grammatico lasciò Baṣra in seguito alla sconfitta riportata in un dibattito linguistico con uno dei suoi rivali, al-Kisa‘i. Per un resoconto dettagliato del ruolo della sua opera nelle prime fasi della grammatica araba, si veda Owens (1990).

53 La pluralità di dialetti arabi esistenti nel periodo preislamico, laddove la lingua araba si differenziava in

base alle tribù in cui era parlata, continua ad essere presente in una certa misura anche dopo la diffusione dell’arabo classico come lingua ufficiale della civiltà islamica. In particolare, numerosi studi hanno sottolineato e posto all’origine dei vari dialetti odierni una differenza presente fin dall’inizio e sempre più accentuatasi tra l’arabo letterario e l’arabo parlato, colloquiale. Questo caso di diglossia, per cui da una parte si ha una lingua ufficiale che è standardizzata a partire da un corpus testuale chiuso (essenzialmente formato da Corano, ḥadīṯ e poesia preislamica) che tende ad essere chiusa a qualsiasi variazione, dall’altra una pluralità di dialetti volgari che si evolvono in modo naturale fino ad arrivare ai dialetti odierni (si veda la voce “History of Arabic” a cura di I. Ferrando nella Encyclopedia fo Arabic Language and Linguistics), è

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legata alla sistematizzazione e alla descrizione della lingua araba è quella di doverla insegnare ai non-Arabi, ed in particolare ai funzionari della classe amministrativa del regno califfale in continua espansione: sotto ‘Abd al-Malik (685-705), infatti, l’arabo diventa lingua dell’amministrazione al posto del greco e del persiano. La prima delle fasi isolate da Fischer riguarda invece il primo secolo dell’Islam, in cui la comunità islamica è essenzialmente formata da madrelingua arabi ed in cui nascono le prime riflessioni sulla lingua araba. Secondo la ricostruzione storica presentata dalla tradizione islamica, infatti, già a quest’epoca risalgono i primi tentativi di codificazione dell’ ʻarabiyya, identificata essenzialmente con il dialetto parlato dalla tribù meccana di Qurayš, alla quale appartiene Maometto e che dunque era veicolo della predicazione del Profeta. A questa prima fase appartiene anche la formazione del corpus di testi che resterà poi alla base di tutta la riflessione sulla lingua araba, composto, oltre che dalla poesia islamica, della quale qui non ci occuperemo, primariamente dal Corano e dalla tradizione degli aḥādīṯ: di questi testi, come si è detto, si presenta di seguito una breve analisi, in quanto essi sono le fonti primarie della concezione della lingua araba e della riflessione sui suoi elementi costitutivi, tema non solo al centro della grammatica ma anche all base di discussioni centrali nelle scienze religiose.

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