C A P I T O L O P R I M O
L O S T U D I O D E L L E SPESE P U B B L I C H E P E R L ' I S T R U Z I O N E N E L Q U A D R O D E L L ' A N A L I S I E C O N O M I C A D E L L ' I S T R U Z I O N E
E D E L L A T E O R I A D E L L E SPESE P U B B L I C H E 1. Osservazioni sull'analisi economica dell'istruzione.
L'analisi economica dell'istruzione 1 si è incentrata sul problema del contributo che l'istruzione dà allo sviluppo economico. Il concetto cen-trale di questa disciplina è quello che vede nell'istruzione una forma di investimento in capitale umano: per cui l'istruzione compare, accanto al capitale materiale, come una delle fonti dello sviluppo economico. Ci si è così chiesti: quale contributo l'istruzione dà allo sviluppo economico? È maggiore o minore di quello dato dal capitale materiale? Quali tipi di istruzione sono più importanti per lo sviluppo?
È per rispondere a queste domande che si è venuto formando il ramo principale di questa disciplina: l'analisi del tasso di rendimento del-l'istruzione, calcolato partendo dalle differenze salariali tra persone più o meno istruite sull'intero arco della vita lavorativa.
Il secondo filone di ricerca che è stato sviluppato è costituito dagli studi di pianificazione scolastica: la preoccupazione qui è che non si creino degli squilibri tra domanda ed offerta di personale qualificato nel corso del processo di sviluppo.
1. Per una bibliografia completa, commentata e costantemente aggiornata,
cfr. M . BLAUG, Economics of Educatìon, A Selected Annotated Bibliography,
Lon-don, 1966 1.
Per una raccolta antologica di saggi, cfr. Economics of Education 1 e 2, edited
by M . BLAUG, London, 1 9 6 8 - 6 9 , e Readings in the Economics of Education, selected
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Mentre l'analisi del tasso di rendimento dell'istruzione vuole fornire dei criteri per scegliere tra investimento in capitale materiale ed in capi-tale umano, e tra varie forme di istruzione, gli studi di pianificazione scolastica si preoccupano di evitare degli squilibri tra bisogni dell'econo-mia in personale qualificato e disponibilità dello stesso.
Questo concetto di « bisogni dell'economia » non sempre viene però chiaramente precisato: sovente tende a nascondere o le preferenze, o i giudizi soggettivi del ricercatore; talora è consistito semplicemente nel-l'estrapolazione di un trend. Per cui appare chiaro che i due tipi di in-dagine (tasso di rendimento e pianificazione scolastica) vanno combinati, in modo che la preoccupazione dell'equilibrio si accompagni a quella della razionalità e dell'efficienza dell'equilibrio stesso 2.
Appare evidente comunque, già da questi rapidi accenni, che l'am-bizione degli studiosi di economia dell'istruzione è di rendersi diretta-mente utili in sede di politica dello sviluppo economico. Ciò è reso più chiaro dalle origini stesse della disciplina, che è sorta alla fine degli anni cinquanta, quando si era diffusa l'impressione che uno degli ostacoli prin-cipali ad un più rapido sviluppo, sia dei paesi sviluppati che di quelli sottosviluppati, fosse costituito appunto dall'insufficiente istruzione.
Oggi è dato avvertire una certa attenuazione di enfasi su questo tema e la preoccupazione accennata ha perso il suo carattere di urgenza. Piut-tosto si è generalizzata la preoccupazione di segno contrario; quella del-l'eccessivo espandersi delle spese pubbliche per l'istruzione, con la con-seguente necessità di trovare dei metodi per limitarle.
Corrispondentemente gli economisti hanno accentrato il loro interesse non più sui problemi della produttività dell'istruzione, ma su quelli della produttività all'interno del sistema scolastico. L'istruzione è qui intesa nel senso di « processo educativo », che ci si pone il problema di raziona-lizzare.
Anche qui però ciò che colpisce è la preoccupazione di rendersi utili immediatamente in sede di politica economica. Questa angolatura unila-terale, incentrata sul rapporto istruzione-sviluppo, a mio avviso, finisce col restringere il campo di ricerca, rispetto a quello che si addice ad una considerazione approfondita dei problemi economici dell'istruzione.
Il fenomeno educativo è estremamente complesso e non può non costituire oggetto di indagine in quasi tutte le scienze sociali. È naturale una certa suddivisione del lavoro fra specialisti delle diverse discipline, ma ciò non significa che gli economisti debbano limitarsi a studiare gli 2. In questo senso: M . BLAUG, Approaches to Educational Planning, « Eco-nomie Journal » (London), 1967, pp. 262-287.
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effetti dell'istruzione sullo sviluppo economico: i rapporti tra sistema educativo e sistema economico non si limitano a questo aspetto, ma sono molto più complessi.
Bisogna per lo meno tener presente che l'istruzione è fattore di mo-bilità nella stratificazione sociale o può venire considerata come tale: bisogna tener quindi conto di essa in sede di analisi dei problemi della distribuzione del reddito.
Inoltre l'istruzione è anche un « bene di consumo », che viene ri-chiesto in quanto tale.
Infine essa non è soltanto una causa dello sviluppo economico, ma ne è anche un effetto: e va quindi svolto uno studio approfondito delle trasformazioni nella struttura e nel ruolo della scuola nei confronti del-l'economia, che sono indotte dallo sviluppo economico.
Tutti questi temi appaiono trascurati, od oggetto soltanto di analisi isolate.
Forse ha giocato in modo eccessivo il timore di uscire dai confini della scienza economica, di fare opera di sociologo o di pedagogista: ma in questo modo, a mio avviso, si è caduti nel difetto opposto di creare dei compartimenti stagni tra una disciplina e l'altra. L'economista può dare il suo contributo specifico anche se lavora fianco a fianco con il sociologo, il pedagogista, lo scienziato politico e lo storico. A d esempio, la mancata collaborazione con lo storico porta ad una impostazione di questa disciplina che difetta di prospettiva storica: il problema contin-gente del momento viene isolato e studiato in sé, senza tener conto del prima, e quindi ottenendo non soddisfacenti previsioni sul « poi » (vedi il fallimento delle previsioni di mano d'opera qualificata effettuate in tanti paesi nei primi anni del '60). V a detto però che non sempre queste discipline parallele hanno uno sviluppo soddisfacente: ad esempio in Italia gli studi sulla storia economico-sociale dell'istruzione sono decisa-mente poco sviluppati3.
3. L'unica storia dell'istruzione in Italia che si presenti come opera completa ed approfondita è: D . BERTONI JOVINE, La scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri, Roma, 1967. Si tratta però di uno studio che insiste più sugli aspetti filosofici e pedagogici, che su quelli economici e sociali. Vi sono poi numerose opere su aspetti particolari; tra le più interessanti, A . SANTONI RUGIU, Il professore nella scuola italiana, Firenze, 1967. Sulle trasformazioni giuridiche ed amministrative: E. ROBAUD, Disegno storico della scuola italiana, Firenze, 1961.
Recentemente anche in Italia si è incominciato ad interessarsi alla storia economico-sociale dell'istruzione (molto più coltivata in altri paesi); cfr. ad es., per l'Inghilterra, P. W. MUSGRAVE, Society and Education in England since 1800, Lon-don, 1967. Sono sintomo di questo risveglio un volumetto di C . M . CIPOLLA,
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Nella prospettiva indicata possono essere maggiormente approfonditi una serie di temi particolari. Problemi come quello della domanda privata di istruzione e dei motivi che la spiegano; della domanda di personale qualificato da parte delle imprese e degli effetti delle modificazioni tecno-logiche sulla stessa; della struttura delle differenze salariali tra persone più o meno istruite e dei motivi della sua variazione nel tempo, appaiono suscettibili di indagini approfondite. La presente ricerca vuol prendere in esame uno degli aspetti che sono stati trascurati: si tratta delle deter-minanti storiche e teoriche delle spese pubbliche nel settore scolastico. L o Stato si presenta nel campo dell'istruzione sia come titolare di una domanda di istruzione, intesa come consumo collettivo, sia come produt-tore di istruzione, in quanto istituisce scuole pubbliche, sia come richie-dente di personale qualificato. È mia intenzione occuparmi del primo punto, cioè delle cause della domanda pubblica di istruzione; sul secondo tema c'è stato un certo dibattito, mentre l'ultimo appare trascurato.
U n o studio delle spese pubbliche per l'istruzione costituisce però anche un aspetto della più vasta problematica delle spese pubbliche nel loro complesso, che sarà bene passare brevemente ad esaminare.
2. Osservazioni sugli studi relativi alle determinanti delle spese pubbliche. È noto che lo studio delle spese pubbliche, nel corso della storia del pensiero finanziario, è stato trascurato e che gli studiosi di finanza pub-blica hanno dedicato i loro maggiori sforzi allo studio dei problemi tributari.
Solo recentemente si è registrata un'inversione di tendenza e la let-teratura sulle spese pubbliche si è venuta estendendo a ritmi molto ele-vati. N o n è nostro compito presentare una sintesi di questa ormai enorme letteratura: vogliamo solo svolgere alcune osservazioni per spiegare l'im-postazione della presente ricerca. L'aspetto che a noi interessa è quello relativo alle determinanti delle spese pubbliche: si tratta di spiegare l'impetuoso sviluppo di queste spese nelle nostre società e di ricercare i fattori che portano lo Stato ad intervenire in maniera crescente, con una gamma di strumenti tra i quali primeggia la spesa pubblica. V a al Wagner, com'è noto, il merito di aver per primo impostato il problema in modo esauriente, con la sua famosa legge sulla progressione crescente delle spese pubbliche. Il tema è stato sostanzialmente trascurato nella Literacy and Development in the West, London, 1969; ad esso ha fatto seguito un convegno tenuto a Pavia, sul tema: Istruzione e sviluppo economico nel XIX secolo (5-9 aprile 1970).
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successiva evoluzione del pensiero finanziario, con qualche episodica ec-cezione (Sitta, Graziani, Pantaleoni e soprattutto N i t t i4) . Diffusa è stata l'opinione che un tema di questo tipo appartenga alla scienza politica, alla sociologia o alla storia, più che non all'indagine economica: ritrovia-mo questa affermazione in numerosi autori5. A mio avviso però è piut-tosto curioso che l'economista rinunci in partenza a darsi ragione della dinamica delle spese pubbliche, che è uno dei fenomeni centrali del nostro sistema economico. Dire che non si può spiegare il comportamento del-l'operatore pubblico soltanto in termini di variabili economiche mi sem-bra molto ragionevole; ma dire che quelle variabili economiche da cui possono dipendere i comportamenti dell'operatore pubblico, variabili nello studio delle quali l'economista è particolarmente versato, non con-tano nulla o molto poco, mi pare per lo meno azzardato. Allo stesso modo in cui la moderna teoria dell'impresa pone al centro della sua ana-lisi l'interpretazione del comportamento della grande impresa, e cerca di studiarne fini e motivazioni, così mi pare legittimo indagare sui fini e sulle motivazioni economiche dello Stato.
Alcuni autori, partendo probabilmente da premesse analoghe a quelle sopra esposte, hanno iniziato a svolgere indagini in questo campo: essi però, a mio avviso, si sono mossi con eccessiva cautela e circospezione. Esemplare al proposito è il lavoro di Peacock e Wiseman 6, compiuto sulla scia di un'opera di S. Fabricant7.
Peacock e Wiseman individuano varie cause di aumento delle spese pubbliche, distinguendole in cause permanenti e cause temporanee: le prime costituite da fattori che operano con continuità; le seconde da fenomeni del tutto saltuari od eccezionali: guerre, crisi economiche ecc. Rinunciando a dare una spiegazione generale dell'aumento delle spese 4. P. SITTA, L'aumento progressivo delle spese pubbliche, Ferrara, 1 8 9 3 ; A.
GRAZIANI, Intorno all'aumento progressivo delle spese pubbliche, Modena, 1 8 8 7 ;
M. PANTALEONI, Erotemi di economia, Bari, 1 9 2 5 , voi. I I ; F. S . N I T T I , Princìpi di scienza delle finanze, Napoli, 1903 L
5. « Lo studio delle determinanti complessive dei fatti finanziari [...] lo con-sideriamo una parte del problema generale della politica », S . STEVE, Lezioni di scienza delle finanze, Padova, 1965, p. 41. Lo stesso autore però afferma: « di fronte a soggetti complessi come quelli che abbiamo descritto (la grande società per azioni moderna e lo Stato) un'analisi empirica del comportamento economico ha molta probabilità di essere più positiva di un'analisi diretta solo a stabilire le con-dizioni di razionalità nel comportamento di un soggetto che si suppone ispirato da un sistema di motivi unitario e stabile » (p. 36).
6. A. T. PEACOCK and J. WISEMAN, The Growth of Public Expenditure in the United Kingdom, New York, 1961 1; London, 1967 2.
7 . S . FABRICANT, The Trend in Government Activity in the United States since 1900, New York, 1952.
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pubbliche, i due autori si limitano a ricercare le cause che portano i con-tribuenti ad accettare le maggiori imposte. E le individuano nelle cause temporanee di aumento delle spese pubbliche. Queste infatti, per la loro particolare gravità, costringono i contribuenti ad accettare le maggiori imposte.
Sparita la causa temporanea, le imposte diminuiranno, ma non fino al livello di prima, in quanto vi sono ora le cause permanenti da soddisfare (esse prima non potevano operare, data la resistenza opposta dai contri-buenti).
Due obbiezioni si presentano spontanee a questa costruzione.
La prima è che non si vede perché le cause permanenti di sviluppo delle spese pubbliche non possano anch'esse portare ad un aumento della pressione fiscale. Le esigenze economiche del sistema, e le esigenze sociali della popolazione possono richiedere, con inarrestabile prepotenza, un aumento della tassazione.
Gli autori potrebbero replicare che, quando le esigenze della popola-zione e quelle del sistema economico mutano, si giunge necessariamente ad un punto critico di tensione, e cioè ad una disturbance, una perturba-zione: e che quindi la causa di aumento della pressione fiscale è la disturbance o causa temporanea, e non la causa permanente. Ma in que-sto modo il concetto di disturbance dovrebbe essere interpretato molto largamente, per ricomprendere tutte le grosse trasformazioni economico-sociali, che nel nostro secolo si susseguono continuamente.
In secondo luogo non si vede perché non si possa avere una lenta progressione della spesa pubblica anche in tempi « normali », cioè senza crisi acute di transizione, per un progressivo indebolimento della resi-stenza dei cittadini. È abbastanza sintomatico comunque che i due autori, anziché interrogarsi sulle cause dell'espansione delle spese, si domandino per quali motivi la pressione fiscale aumenta; la progressiva tendenza dell'operatore pubblico a spendere di più è assunta come un dato di fatto, come qualcosa che non ha da essere spiegato: ciò che va spiegato, secondo loro, è come lo Stato riesca ad indurre i cittadini a pagare più imposte. Quindi essi non studiano le cause dell'aumento delle spese, e neppure le cause dell'aumento della pressione fiscale, che sarebbe poi la stessa cosa; essi si chiedono perché la dinamica dell'aumento della pres-sione fiscale abbia un determinato andamento: che è un problema molto più limitato, la cui soluzione, quale viene offerta dagli autori, nella misura in cui è vera, è piuttosto ovvia. Sulla scia dello studio di Peacock e Wi-seman sono state compiute una serie di ricerche analoghe su altri paesi: questi studi però non si differenziano molto dal loro modello, e vanno
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perciò soggetti alle stesse critiche 8. V i è tutto un altro filone di studi sulle determinanti delle spese pubbliche, non più time series, ma cross section. La maggior parte di essi, anch'essi avviati da uno spunto fornito dal Fabricant nel volume citato, consiste nel confrontare le spese pubbli-che dei vari Stati ed enti locali degli Stati Uniti, ponendo in correlazione le spese stesse con una serie di variabili, quali il reddito medio pro-capite, la densità della popolazione, il livello di urbanesimo ecc.9. Il principale difetto di questi studi, dal nostro punto di vista, sta nel fatto che non è facile determinare se le differenze che vengono rilevate tra le spese pubbliche di Stati diversi siano da imputare alle variabili indipendenti considerate, oppure alle diverse caratteristiche (per tradizione, mentalità, storia e clima) delle varie zone. Come hanno giustamente messo in luce alcuni autori, un'analisi time series promette di essere molto più fruttuo-sa: infatti in tal caso le caratteristiche ambientali di una data località vengono tenute costanti, e le variazioni delle spese possono più sicura-mente essere attribuite alle variazioni dei fattori esplicativi presi in considerazione: per cui ad esempio, in sede di previsione, si possono rag-giungere conclusioni molto più attendibili1 0.
È chiaro d'altro canto che un'indagine cross-section, associata ad una time series, sarebbe tuttavia molto utile: potrebbero allora essere posti a confronto non i livelli assoluti delle spese in un dato momento, bensì la loro dinamica in un dato periodo di tempo
8. Per una sintetica rassegna, A . T . PEACOCK and J. WISEMAN, op. cit., lntro-duction to the Second Edition, p. v.
9. Cfr., tra gli altri, G. W. FISHER, Interstate Variation in State and Locai Government Expenditures, « National Tax Journal » (Chicago), 1964, March; S.
SACHS and R. HARRIS, The Determinante of State and Locai Government Expendi-tures and Intergovernmental Flow of Funds, « National Tax Journal » (Chicago), 1964, March.
10. « A scopi di previsione, analisi time series di singole unità governative sarebbero inequivocabilmente superiori all'approccio cross-section per la ragione seguente: le variazioni di spese per una data unità governativa possono quasi sempre essere previste più accuratamente partendo dalla sua storia anziché da un insieme di nessi funzionali che valgono in un dato momento tra unità governative con carat-teristiche politiche ed economiche molto diverse [...] Siccome i fattori che influen-zano le decisioni di spesa pubblica probabilmente differiscono considerevolmente tra governi, dettagliati e specifici studi time series sono necessari, al fine di impa-rare di più sulle determinanti delle spese », E. R. MORSS, Some Thoughts on the Determinante of State and Locai Expenditures, « National Tax Journal » (Chicago), 1966, March.
11. In questo stesso senso, anche se pongono a confronto le spese di due anni molto vicini tra loro, R. BAHL and R. SAUNDERS: « Un problema che sembra essere stato trascurato in queste analisi cross-section riguarda la determinazione di quei fattori che influenzano i cambiamenti nel livello delle spese statali e locali. Cioè, quale porzione della variazione nei cambiamenti delle spese pubbliche può essere 6.
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Una seconda critica a questi lavori è data dal fatto che le variabili in essi considerate sono eccessivamente generiche, di modo che il mecca-nismo mediante il quale esse influenzano le variazioni delle spese non risulta assolutamente illuminato.
Quest'ultima osservazione conduce a ritenere che un'analisi non ag-gregata, ma distinta funzione per funzione, possa dare risultati migliori: è chiaro infatti che le variabili che possono influenzare la spesa per la difesa sono probabilmente molto diverse da quelle che giustificano la spesa per i musei o per le assicurazioni sociali.
Isolando i vari gruppi di spese, le si potrà collocare nel loro contesto, individuandone la funzione nel quadro economico in cui si inseriscono. Per tutti questi motivi abbiamo ritenuto che, allo stato attuale delle conoscenze, fosse più opportuno condurre una ricerca time series, e limi-tata ad una sola funzione.
D i studi sulle determinanti delle spese pubbliche per l'istruzione ne sono già stati compiuti alcuni, anche se non numerosi.
Un'accurata ricerca time series è stata compiuta da J. Vaizey, sull'evo-luzione delle spese pubbliche per l'istruzione in Inghilterra dal 1 9 1 9 al
1965: l'autore però non va al di là di una descrizione di ciò che è suc-cesso con scarsi tentativi di analisi causale 12. Cross section è invece la ri-cerca di J. Miner, che confronta le spese per l'istruzione di un certo numero di Stati negli U S A 13 ; a questo proposito si possono riprendere le critiche sopra sollevate nei confronti degli studi cross-section sulle spese pubbliche complessive: sia nel senso che le differenze tra le loca-lità non possono essere evidenziate, con conseguenze negative ad esempio sull'utilizzabilità dei risultati in sede di previsione (cfr. a questo proposito le osservazioni di Blot e Debeauvais, a conclusione di un articolo, in cui pongono in correlazione le spese pubbliche per l'istruzione di 104 paesi, per il 1 9 6 1 , con il P N L e la popolazione)1 4; sia nel senso che le variabili spiegata da cambiamenti nel livello delle variabili indipendenti », Determinante of Changes in State and Locai Government Expenditures, « National Tax Journal » (Chicago), 1965, March.
1 2 . J . VAIZEY, The Coste of Education, London, 1 9 5 8 ; seconda edizione, sotto il titolo: Resources for Education, An Economie Study of Education in the U. K., 1920-65, London, 1968.
1 3 . J. MINER, Social and Economie Factors in Spending for Public Education, Syracuse, 1963.
14. D . BLOT and M. DEBEAUVAIS, Educational Expenditures in Developing Areas: Some Statistical Aspects, in OECD, Financing of Education for Economie Growth, Paris, 1966: « Sembra piuttosto dubbio se conclusioni operative possano essere tratte sulla base di questi risultati statistici. Un'analisi cross-sectional del