P R E M E S S A
Le pagine che seguono vogliono essere un contributo, per quanto modesto, allo studio delle vicende del movimento operaio italiano attra-verso l'esame ragionato, non tanto dei dibattiti politici di vertice delle organizzazioni di classe, quanto delle testimonianze dirette relative alla condizione complessiva della classe operaia (rapporti informativi, ufficiali e di opposizione e stampa clandestina). Contributo tanto più limitato in quanto relativo a un breve arco di tempo, il quinquennio 1929-1934, e a un settore parziale, seppure estremamente significativo, della classe operaia, quale il proletariato torinese. Duplice è lo scopo di questo « stu-dio »: lumeggiare, da un lato, le condizioni reali di vita e di lavoro delle masse torinesi, nonché la misura e le forme del disagio che esse esprimono in tali condizioni e del dissenso al regime fascista. Evidenziare, dall'altro, l'incidenza e il ruolo del PCI e del tentativo che esso opera di raccordare le proprie indicazioni strategiche ai movimenti e agli impulsi insorgenti nelle masse torinesi.
Che movimenti di protesta e di rivolta vi fossero non vi è dubbio, com'è ampiamente testimoniato dai documenti inediti citati nel corso della ricerca. Caratteristiche costanti ne erano: la difensività degli obbiettivi
(rifiuto della contrazione dei livelli salariali e di occupazione, operata dalle classi imprenditoriali e politiche, opposizione alla intensificazione dello sfruttamento) ; la spontaneità ed episodicità delle lotte; l'assenza di strutture organizzative capaci di estendere la lotta e di prevenire e rispondere alla repressione della stessa.
I limiti dell'azione del PCI sono l'esatto risvolto di queste caratteri-stiche e rivelano una sfasatura tra la « correttezza » delle analisi e delle zi.
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indicazioni elaborate dalla dirigenza del partito e la difficoltà o incapacità dei quadri intermedi e di base ad applicarle sul terreno concreto e quoti-diano della realtà di fabbrica.
Così, ad esempio, l'indicazione data dal centro politico del partito di sfruttare le « possibilità legali » di intervento nelle organizzazioni sin-dacali fasciste per egemonizzare i movimenti di massa via via insorgenti e per radicare il partito nella fabbrica, non ebbe gli effetti sperati, non solo per l'efficacia e la violenza dell'apparato repressivo statuale, ma anche per la riluttanza degli stessi quadri intermedi del partito ad applicarla.
Sicché pur filtrando alcune parole d'ordine del partito all'interno delle agitazioni operaie, quasi mai i militanti di base riescono a svolgere le funzioni dell'avanguardia politica, e cioè a guidare ed estendere l'agi-tazione. La riluttanza dei quadri politici di base a impegnarsi nel lavoro di massa all'interno delle organizzazioni sindacali fasciste, e, di riflesso, la quasi totale assenza del partito nelle esplosioni di malcontento e di ribellione, possono essere spiegate, in ipotesi, col fatto che mentre il partito aveva debellato ai suoi vertici le posizioni attesiste proprie dei vari Lasca, Tresso, Ravazzoli, Leonetti e Silone, queste erano perdurate nell'atteggiamento della grande parte dei militanti di base; atteggiamento difensivo ancorché giustificato dall'efficacia e violenza della repressione fascista.
Talché si apre una prospettiva d'indagine incentrata su questo pro-blema: per quali motivi storici (inerenti cioè alla politica economica-sociale e alla politica estera del regime) e per quali trasformazioni sog-gettive (della metodologia politica e delle indicazioni strategiche del PCI) l'azione dell'opposizione clandestina diviene maggioritaria nel proletariato torinese del '43, da minoritaria o nulla che era nel '34 *.
* Indicazioni: A.P.C., Archivio del Partito comunista presso l'Istituto « Gram-sci » di Roma; A.C.S., Archivio Centrale di Stato, Roma; « Battaglie sindacali » è reperibile in un fondo speciale dell'Istituto « Gramsci ». Ringrazio l'Istituto Gramsci di Roma e l'Archivio Centrale dello Stato per avermi reso possibile la consultazione e la cernita delle fonti documentarie e di stampa che sono a fondamento del mio lavoro.
1. La condizione della classe operaia.
Il Mortara, osservando le condizioni relative allo sviluppo e ripresa per l'industria meccanica in Italia, citava come unico aspetto positivo il basso costo della forza lavoro \ Infatti, se dovessimo dare un giudizio sintetico sulla situazione della classe operaia in Italia durante il regime fascista, dovremmo dire che esso si concretizza fondamentalmente in due aspetti: pressione sui salari e intensificazione dei ritmi di lavorazione, con conseguente disoccupazione. Quanto al primo aspetto, cioè la pres-sione sui salari, essa si esplica sia attraverso le riduzioni, che dal '22 al '29 ammontano al 3 8 % , sia attraverso la firma di nuovi contratti di la-voro, che, facendo slittare le qualifiche verso il basso, diminuiscono con-temporaneamente i minimi salariali. A titolo di esempio valga l'esame del contratto dei metallurgici di Torino, stipulato nell'aprile del '29:
Contratto fascista del '29 Operaio specializzato L. 28,00 Operaio qualificato L . 21,90 Manovale specializzato L. 19,60 Manovale comune L. 18,00 Apprendisti (18-20 anni) L. 12,80
Minimi di paga (FIOM) del '20
Operaio qualificato di I categoria L. L. 2 6 , 1 5 L. 24,00 L. 23,10 L. 21,20 L. 18,90 Operaio qualificato di II categoria
Operaio qualificato di I I I categoria Manovale comune
Apprendista
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Tuttavia, non basta un raffronto quantitativo dei minimi salariali, occorre anche tener conto del fatto che, mentre le tariffe stabilite dal contratto fascista rappresentano il massimo del guadagno raggiungibile da un operaio, secondo una valutazione comunista, ai minimi stipulati nel '20 va in genere aggiunto ancora un 3 0 % sulla paga base 2. Inoltre, con il nuovo contratto, si verifica il fenomeno cui abbiamo accennato, cioè uno slittamento notevole delle categorie, per cui la maggior parte degli operai specializzati viene passata alla categoria dei manovali specializzati. Calcolando inoltre che, secondo statistiche ufficiali, l'indice del costo della vita è salito, dal luglio 1920 = 100, al primo trimestre 1929 = 136, si ha una riduzione del salario reale degli operai metallurgici torinesi di circa il 3 9 , 4 0 % .
Un altro aspetto della condizione operaia è costituito dall'intensifica-zione dei ritmi di lavoro, fenomeno che, dietro il paravento dell'organiz-zazione scientifica del lavoro, in Italia assume il nome di « sistema Be-daux ». L'introduzione del sistema BeBe-daux è uno degli strumenti che l'industria italiana adotta per far fronte alla crisi economica di questi anni, oltre a quello della centralizzazione dell'industria, attraverso la for-mazione di consorzi obbligatori e volontari o di intese tra gruppi indu-striali. Proprio nel '29 a Torino, si creano due accordi importantissimi, che testimoniano di questa tendenza del capitalismo: quello nel settore della seta tra la Snia-Viscosa, la Sope di Chatillon, la Società Italiana della Viscosa e della seta artificiale di Varedo; quello avvenuto nel settore della produzione dei veicoli adibiti al trasporto pubblico e privato, che comprende, sotto l'egida della Fiat, la Spa e la Ceirano 3.
Se i provvedimenti, citati sopra, riguardano il processo di razionaliz-zazione che l'industria italiana adotta per far fronte alla crisi economica, nello stesso tempo, il capitalismo scopre l'« organizzazione scientifica del lavoro ». È noto come questa passi attraverso tre operazioni: a) il rinnovo dei macchinari e dell'attrezzatura tecnica nel suo complesso; b) un'accen-tuazione della divisione del lavoro; c) l'eliminazione dei cosiddetti « tem-pi morti » della lavorazione.
2 II contratto metallurgico di Torino, « Stato operaio » (Parigi), III, aprile-maggio 1929 p. 339: « Per farsi un concetto esatto del valore del salano reale del 1929 rispetto al valore del salario reale del 1920 bisogna tener conto: 1) che t minimi di paga concordati dai fascisti rappresentano il massimo che gli operai gua-dagnano, mentre è noto che la stragrande maggioranza degli operai metallurgici delle grandi fabbriche di Torino guadagnavano almeno il 30% m più del mimmo stabilito. Gli apprendisti dai 16 ai 18 anni guadagnavano da 14 a 16 lire, le donne sopra i 16 anni addette alle macchine guadagnavano da 8 a 10 lire al giorno ».
PARTITO COMUNISTA E CLASSE OPERAIA A TORINO 165 La scarsità di capitali disponibili impedisce, in questo periodo, all'in-dustria nel suo complesso, oltre che nei settori più avanzati, di rinnovare i propri macchinari, donde la tendenza a riorganizzare il sistema produt-tivo soprattutto razionalizzando e intensificando lo sfruttamento della forza-lavoro.
Nel '29, in seguito alla introduzione sperimentale del « sistema Be-daux » nelle officine della Fiat di Villar Perosa, sorge a Torino una so-cietà presieduta dallo stesso Agnelli per lo studio e l'applicazione su larga scala del nuovo sistema produttivo, il quale consiste per l'appunto nel-l'accelerazione dei ritmi di lavorazione, attraverso il taglio dei tempi morti.
Il malcontento delle maestranze, che esplode addirittura in forme di protesta collettiva (come vedremo, per esempio, alla Pomilio Areonauti-ca), costringe il sindacato torinese degli operai metallurgici, al termine di una tumultuosa assemblea, a votare un o.d.g. contro l'adozione del sistema.
La risposta degli industriali torinesi è immediata: « [...] L'o.d.g. Volato [il sindacalista che aveva proposto l'o.d.g. contro il Bedaux] a Torino, osserva che l'industria italiana ha mercati di assorbimento limi-tati, traendo da questa premessa la conclusione che non è necessaria per noi la grande produzione quantitativa. Orbene tale affermazione è im-pugnabile da qualsiasi punto di vista la si consideri: a) di fronte all'indu-stria straniera che prevale con le sue infinite risorse e coi bassi costi di produzione, l'industria italiana non ha che una strada da scegliere: o morire o mettersi in condizioni di resistere sul terreno dei prezzi di ven-dita; b) la piccola produzione opera in senso opposto all'economia gene-rale di un'azienda; c) contro il risparmio, rappresentato dall'uniformità delle lavorazioni sta la spesa ingente degli studi, dei progetti, delle espe-rienze, della pubblicità che ogni tipo di prodotto trae con sé; d) i modesti mercati di assorbimento sono sempre più facilmente preda della grande concorrenza che non i forti mercati dove si mantiene una posizione solida »4. L'articolo termina con un invito alla prudenza, allorché si toccano problemi tanto delicati.
Un successo momentaneo viene conseguito dagli industriali, allorché intervengono nella polemica le gerarchie fasciste e il governo. Mussolini, al Consiglio centrale delle corporazioni, dichiara che i problemi inerenti ai metodi di lavorazione sono di esclusiva competenza degli industriali. 4. A proposito del voto al congresso dei metallurgici, « Informazione indu-striale » (Torino), n. 25, 21 giugno 1929.
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L'adozione del « sistema Bedaux » è un avvenimento di grande rile-vanza. In primo luogo perché è l'unico tentativo intrapreso in Italia di organizzazione scientifica del lavoro; in secondo luogo perché costituirà un motivo di scontro fortissimo tra la classe operaia e la classe imprendi-toriale, e si concluderà soltanto nel '35, con la vittoria della prima, so-prattutto per le lotte sostenute dagli operai della Pirelli e metallurgici di Milano.
Inoltre la sua applicazione, come vedremo esaminando via via le condizioni della classe operaia torinese, induce in questa una serie di ef-fetti: aumento della disoccupazione, intensificazione dei ritmi di lavora-zione, abbassamento delle tariffe dei cottimi, e quindi appesantimento della condizione di lavoro della classe operaia, non separata da ulteriori decurtazioni del livello dei salari5.
In che consisteva esattamente il « sistema Bedaux »? Mentre il tay-lorismo si proponeva lo studio dei movimenti, onde eliminare quelli scientificamente inutili, il sistema Bedaux mirava semplicemente a un'eli-minazione delle « pause » inutili, e quindi ad accelerare i movimenti compiuti dall'operaio, ed aumentarne il numero in uno stesso spazio di tempo. Qual era il risvolto a livello salariale? « Stabilito il Bedaux, ve-niva detto in " Stato operaio " , cioè la quantità di operazioni che l'operaio deve compiere in un minuto primo, l'operaio è costretto — sotto pena di veder ridotto il suo guadagno giornaliero o anche di essere licenziato — a fare almeno 60 Bedaux all'ora » 6. Nella maggior parte dei casi, in realtà, riesce impossibile raggiungere i 60 Bedaux all'ora, anche perché l'unità lavorativa viene calcolata, e quindi fissata, in condizioni di atipi-cità (si impiega l'operaio più addestrato, quando non è provato dalla fa-tica), sicché l'operaio comune viene a perdere una cospicua parte del suo salario. L o stesso « Lavoro fascista », in un articolo del '32, era costretto ad ammettere: « In un reparto fucine di una nota azienda torinese, prima che il Bedaux fosse introdotto gli operai raggiungevano una paga oraria di L . 3,90 con una produzione che non era più della quarta parte di quella raggiunta in questi ultimi mesi. L e medie recentemente
verifi-5 M. DOBB, I salari, Torino, 1965, p. 72: « Un ben noto esperto delle que-stioni del personale dichiarò che il sistema Bedaux determinava guadagni orari più bassi della maggior parte degli altri sistemi ad incentivo americam. Era evidente che esso aveva per effetto generale di stimolare un incremento della produzione proporzionalmente più alto che non l'incremento del salario previsto. Inchieste effettuate in America dimostrarono che la sua applicazione provocava aumenti della produzione di circa il 50% in media ed aumenti del salario per operaio di solo
il 20% circa ». „ 6. M . MONTAGNANA, Il sistema Bedaux e la classe operarla, « htato operaio »
PARTITO COMUNISTA E C L A S S E OPERAIA A TORINO 167 cate danno una paga oraria di poco più di L. 2,50, poco superiore al minimo contrattuale di L. 2,25 » 7.
In seguito all'intervento del Consiglio nazionale delle corporazioni nel dibattito tra sindacalisti e industriali, i primi furono costretti a tacere, mentre, secondo dati forniti dall'on. Clavenzani, durante un'assemblea sindacale del '33, il Bedaux si diffonde rapidamente, al punto che (anno
1927 = 100) nel 1932 ben 1332 industrie lo applicano.
U n altro aspetto della condizione operaia in questi anni è la disoccu-pazione, sia causata dalla crisi economica, sia come effetto indotto dalla razionalizzazione del lavoro. Per l'anno 1929 non abbiamo dati ufficiali relativi alla città di Torino, bensì dati approssimativi forniti da un rap-porto compilato da Tresso, in seguito ad un sopraluogo compiuto a To-rino per il Partito Comunista d'Italia, secondo cui il numero di disoccu-pati ammonta a 30.000 unità 8.
7. « Il Lavoro fascista » (Roma), 13 settembre 1932.
8. A.P.C., Rapporto su Torino, 1/12/1929; n. 634, f.to Blasco (pseudonimo di Tresso): « Le cifre non sono tolte dalle statistiche ufficiali, ma sono date dai com-pagni stessi, e vanno considerate come cifre ricevute ad occhio e croce. Il loro valore è, quindi, del tutto approssimativo. Esse indicano però, nel loro insieme, un fenomeno ed una profondità del medesimo, che sono indubbiamente esatti. Va aggiunto che queste cifre si riferiscono soltanto ad alcuni stabilimenti, venuti alla memoria dei compagni nel corso della conversazione, ma il fenomeno va esteso a quasi tutta la provincia di Torino. I compagni calcolano che a Torino vi siano, oggi, oltre 30.000 operai disoccupati. Stando alle cifre della diminuzione della maestranza nei singoli stabilimenti, questa cifra non appare affatto esagerata, anzi si dimostra inferiore alla realtà. Si deve tener conto tuttavia, che in questi ultimi tempi ha preso un notevole sviluppo a Torino l'industria edilizia e stradale e che molti operai cacciati dagli stabilimenti si sono rifugiati nella edilizia. Tutti i sintomi che si hanno dimostrano che si va verso un aggravamento della situazione. Corre voce, per esempio, che durante il mese di dicembre la Fiat-Lingotto non lavorerà più di 64 ore in tutto il mese, e nel mese di gennaio vi sarà una sospensione com-pleta del lavoro di almeno 15 giorni. Va riportato che alla Fiat-Lingotto, la grande maggioranza degli operai, lavora già da parecchio tempo non più di 3-4 giorni alla settimana. All'Ansaldo si va pure verso un orario ridotto e si prevedono nuovi licenziamenti. Negli altri stabilimenti in prospettiva — sempre secondo i compagni di Torino — si va verso la stessa situazione ».
Nome dello stabilimento
Fiat Lingotto Sala d'armi Aviazione Centro Itala N . degli operai' occupati prima 20.000 500 2.000 1.200 N . degli operai
occ. attualmente Note
3.000
150 200 250
Prima lavoravano settimana inte-ra, oggi 3 giorni la settimana e si va verso una crisi più grave del lavoro.
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A l numero, già impressionante, dei disoccupati va aggiunto quello degli operai occupati con una riduzione sensibile sia dell'orario giornaliero, sia delle giornate di lavoro per settimana, per cui le maestranze occupate non lavorano in media più di due o tre giorni alla settimana, ricevendo un salario al di sotto della sussistenza.
Durante l'anno 1930 la situazione, per la classe operaia, non subisce una schiarita, conseguentemente all'andamento sfavorevole della crisi eco-nomica, anzi si appesantisce, e la situazione di disagio economico si allarga anche alla piccola e media borghesia commerciante ed impiegatizia tori-nese. Solo pochi operai lavorano più di tre giorni alla settimana, e si tratta di operai occupati nelle fabbriche che producono materiale bellico.
N o m e dello stabilimento N . degli operai occupati prima occ. attualmente N . degli operai Note
Diatto Fiat 1.500 200 Carrozzeria speciale 500 250 Viscosa tessile 1.000 700 Fonderia Fiat 400 250 Aeronautica Italia 2.000 500 Ansaldo Automobili 2.500 300 Westinghouse 200 200 Ruotificio 100 50 Lancia 3.000 500 Spa 500 500 Rasetti 100 100 S.E.I. 200 50 Grandi Motori Fiat 2.000 400 Ferriere 3.000 1.500 Radiatori 300 150 Villar Perosa 1.300 350 Martelleria Freyus 100 50 Carrozzerie Alessio 200 100 Miche Ansaldo 200 100 Savigliano 2 000 700 Michelin 1.500 400 Cotonificio Poma 1.500 700 Elli e Zarboni 350 150 Acciaerie Fiat 2.500 1.500 Metallurgiche Fiat 3.000 1.200
Prima lavorava settimana inte-ra, oggi 3 giorni la settimana. id. come sopra.
Prima lavorava 10 giorni. Prima settimana intera, ora set-timana intera con molte sospen-sioni.
Settimana intera prima ed ora. id. id. id. id. id. id.
Prima settimana intera, adesso 6 ore al giorno.
Prima settimana intera con molti straordinari, ora 5 giorni la set-timana (donne).
Tutti giovani.
Prima settimana intera con straordinari, ora settimana intera.
Settimana intera prima ed anche ora.
PARTITO COMUNISTA E C L A S S E OPERAIA A TORINO 169 Pochissimi, inoltre, fra la massa dei disoccupati percepiscono il sussidio di disoccupazione9.
D'altro canto la situazione degli operai occupati, all'interno della fabbrica, diviene ogni giorno più pesante a causa dello « sviluppo delle misure di selezionamento del personale condotto sul piano della raziona-lizzazione intensificata: riduzione del personale, riduzione cottimi, crono-metraggio, catena, ordinamenti interni sempre più rigorosi, revisione tariffe ».
Infine il problema del carovita e dell'aumento degli affitti, fa sentire il suo peso non solo sulla classe operaia ma anche sui settori più deboli della piccola borghesia 10.
Che il livello dell'occupazione sia in continuo decremento, mentre il malcontento delle masse diviene ogni giorno più esteso e più profondo, ce lo conferma una nota informativa anonima, indirizzata al capo del governo, in cui si chiede un intervento più sollecito dei sindacati, onde controllare l'opposizione crescente al regime: « Il numero degli operai disoccupati », denuncia l'anonimo informatore, « è salito in quest'ultima 9. A.P.C., Comitato Ligure-Piemontese, Rapporto 639, 11/11/30, f.to Gari-baldi (pseudonimo di G. Pozzi), e ancora in un altro rapporto citato in P. SECCHIA,
L'azione svolta dal Partito Comunista in Italia durante il fascismo, 1926-1932, Mi-lano, 1970, p. 336: « Torino-, I problemi più scottanti attualmente a Torino si concentrano sui salari, sugli affitti, sul carovita, sulla disoccupazione. Alla Fiat la produzione non progredisce. È cessata completamente la fabbricazione di vetture tipo 509 (lanciata nel 1928). Alla Lingotto si lavora solo 4 giorni alla settimana. Da notare l'impossibilità tecnica di introdurre il sistema Bedaux data la situazione irregolare e instabile della produzione [...] Infatti sinora, i vari tentativi svoltisi all'Areonautica, alla Fiat, alla Spa sono falliti ed hanno suscitato un forte movimento di malcontento e di resistenza degli operai. Il selezionamento, specie nella metal-lurgia, aviazione e industria elettrica è collegato ad una vera militarizzazione del personale, ciò che dimostra lo svolgimento del piano di preparazione alla produ-duzione bellica ».
10. A.P.C., Rapporto sul sopraluogo nel Piemonte dal 14 aprile al 6 maggio 1930, n. 867, f.to Comini (pseudonimo di Eros Vecchi): « Anche il problema del carovita fa sentire il suo peso sulle condizioni precarie delle famiglie operaie. I mormorii, le maledizioni, le insinuazioni sul " trucco " che ha permesso, coll'aboli-zione del dazio, di aumentare il prezzo dei generi alimentari, coll'introducoll'aboli-zione delle nuove tasse di consumo, si possono udire un po' dovunque ed anche tra strati di impiegati e di funzionari [...]. Larga eco di protesta ha sollevato l'aumento dei tabacchi, il quale è venuto proprio nei giorni di marinarismo fascista, ha maggior-mente messo in rilievo la natura del regime. Si potevano udire apertamaggior-mente sui tramvay operai, a mezzogiorno, nei ristoranti e nella strada i commenti pepati con-tro il provvedimento. [...] Sul problema della disoccupazione suscita malcontento la misura che obbliga tutti i disoccupati ad iscriversi all'Ufficio di Collocamento fascista, il quale filtra la mano d'opera, dando la precedenza agli elementi fascisti. [...] Il problema degli affitti, specie a Torino, va acutizzandosi ogni giorno di più e il fatto che esso tocca anche considerevoli strati di piccola borghesia urbana, lo rende ancora più vasto ».
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quindicina e sono colpiti soprattutto quelli appartenenti all'industria