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3.3 Test sul modello Marmousi

3.3.2 Inversione con approccio tradizionale

In una prima fase `e stata studiata la fattibilit`a di un’inversione con algoritmi genetici nello spazio dei modelli a 190 incognite precedentemente definite; per fare ci`o abbiamo impiegato come dato osservato il sismogramma generato sul modello LD, ovvero l’interpolante ottimo in griglia di inversione 19x10, ricampi- onato in griglia fitta. In questo modo abbiamo rimosso dal problema l’errore di parametrizzazione. I range impiegati in queste sperimentazioni sono piuttosto favorevoli, con un ampiezza media di circa 1000 m/s e contenenti il valore vero (vedi figura 3.34). I parametri impostati per l’inversione GA sono:

ˆ Numero di individui: 360 ˆ Numero di sottopopolazioni: 1 ˆ Numero di generazioni: 150 ˆ Tasso di selezione: 0.5 ˆ Tasso di mutazione: 0.1 ˆ Precisione di mutazione; 16 ˆ Pressione di selezione: 3 ˆ Ranking: Nonlineare

L’inversione in norma L2 tende a produrre un modello con un buon fit della forma d’onda a piccoli tempi ed offset, trascurando la porzione del dato relativa alle diving waves ed alle riflessioni a tempi lunghi, come si nota in figura 3.38; a tale fenomeno si associa un evoluzione del model misfit rispetto al modello vero crescente durante le ultime 10 generazioni (vedi figura 3.37, curva blu), chiaro indicatore di convergenza ad un minimo locale della funzione oggetto.

Le performance dell’inversione in norma L1 risultano superiori in termini di model misfit della soluzione finale, come risulta evidente dal confronto tra le figure 3.35 e 3.36; inoltre, il sismogramma predetto dal modeling sul modello finale presenta un miglior fit dei lunghi offset (figura 3.39), il che suggerisce che il peso con cui tali fasi sismiche incidono sul valore della funzione oggetto

Figura 3.34: I range di esistenza della soluzione per ciascuna colonna della griglia di inversione 19x10 in rosso il valore di riferimento. Si noti come i range non siano centrati rispetto al valore di riferimento.

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sia maggiore rispetto al caso L2 e che questo aiuti a vincolare il risultato del- l’inversione. Si noti come nelle figure 3.38 e 3.39 il dato sia stato visualizzato con una normalizzazione traccia per traccia, il che impedisce di apprezzare il significativo decadimento delle ampiezze con l’offset.

In generale, risulta notevole in entrambi i casi l’evoluzione della curva di data misfit, che mantiene un trend decrescente, senza raggiungere mai un plateau di misfit, nelle 150 generazioni effettuate, mentre la distanza tra misfit medio e minimo resta significativa anche nelle generazioni tardive (vedi figure 3.35 e 3.36). Tale comportamento anomalo denuncia un’incapacit`a di convergenza nello spazio dei modelli a 190 dimensioni cos`ı costruito ed `e probabilmente una conseguenza tangibile della curse of dimensionality.

Un’ulteriore evidenza della scarsa efficienza dell’esplorazione dello spazio dei modelli `e l’andamento a scalini della curva di misfit sul modello: la distanza tra il modello migliore corrente ed il modello vero, resta costante ad intervalli nell’ordine delle decine di generazioni, che risultano, in qualche modo, sprecate, dal momento che non producono un avvicinamento al minimo globale della funzione oggetto.

Figura 3.35: Inversione in norma L2. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala lineare. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione. Si noti come l’accenno di plateau nelle generazioni tardive sia correlato ad un aumento del model misfit in figura 3.37

Figura 3.36: Inversione in norma L1. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala lineare. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

Figura 3.37: Evolzione del model misfit rispetto alla generazione; in blu inver- sione in norma L2, in rosso in norma L1. Si noti come l’inversione ai minimi quadrati tenda ad allontanarsi dal modello ottimale nelle generazioni tardive (convergenza ad un minimo locale della funzione oggetto)

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Figura 3.38: In blu dato osservato, in nero il dato predetto sul modello risultato dell’inversione in norma L2. Il matching a offset lunghi `e sensibilmente peggiore rispetto all’inversione in norma L1 (figura 3.39)

Figura 3.39: In blu dato osservato, in nero il dato predetto sul modello risultato dell’inversione in norma L2. Si osserva un apprezzabile miglioramento del fit a offset lunghi rispetto all’inversione in norma L2 (figura 3.38).

Il secondo test `e stato effettuato impiegando dei range pi`u ampi e centrati rispetto ad un modello con gradiente di velocit`a crescente in profondit`a, che presenta caratteristiche assimilabili ai risultati delle classiche analisi di velocit`a; anche in questo caso il dominio esplorato contiene il modello di riferimento, ma, come si nota in figura 3.40, il constrain a priori fornito all’algoritmo `e decisamente inferiore. I parametri dell’algoritmo genetico sono stati variati in modo da aumentare il carattere esplorativo dell’inversione, incrementando il tasso di selezione e riducendo la pressione di selezione.

ˆ Numero di individui: 360 ˆ Numero di sottopopolazioni: 1 ˆ Numero di generazioni: 90 ˆ Tasso di selezione: 0.8 ˆ Tasso di mutazione: 0.1 ˆ Precisione di mutazione; 16 ˆ Pressione di selezione: 2

Figura 3.40: I blu i limiti estremi dei range per ciascuna colonna della griglia di inversione 19x10, in nero i range utilizzati nei test precedenti, in rosso il valore di riferimento

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ˆ Ranking: Nonlineare

I risultati ottenuti confermano le impressioni derivanti dai test precedenti e mostrano le severe difficolt`a dell’Algoritmo genetico a convergere al minimo globale della funzione oggetto, accentuate dall’aumento dell’ampiezza dei range, ovvero dell’iper-volume dello spazio dei modelli da esplorare. Il modello finale risulta molto distante da quello ottimale (vedi figura 3.41), e l’evoluzione del misfit del modello presenta, accentuato, l’andamento di tipo staircase ( 3.42) gi`a osservato in precedenza; a questo si associa un’evoluzione crescente, decisamente anomala, del valore medio della funzione oggetto all’aumentare delle generazioni. A seguito delle sperimentazioni effettuate, possiamo affermare ragionevol- mente che l’inversione in uno spazio dei modelli con 190 incognite e range realis- tici non `e praticabile con l’agoritmo genetico utilizzato in maniera tradizionale3.

Al fine di risolverne le criticit`a, proponiamo un nuovo tipo di approccio che ot- timizzi l’esplorazione dello spazio dei modelli, attenuando il problema della curse of dimensionality senza ridurre il numero di incognite del problema.

3Per quanto le impostazioni dell’algoritmo si discostino parzialmente da quelle dei test precedenti, possiamo ragionevolmente affermare che le considerazioni fatte possono essere es- tese al caso generale, essendo l’influenza della variazione di tali parametri trascurabile rispetto ai fattori qui discussi (dimensionalit`a del problema, ampiezza dei range e posizione relativa del modello vero rispetto ai punti estremi del dominio).

Figura 3.41: A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle genera- zioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala lineare. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

Figura 3.42: Evoluzione del model misfit rispetto al modello vero in funzione della generazione: il comportamento tipo staircase della curva `e sintomo di un’esplorazione inefficiente dello spazio dei modelli.

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