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Studio di funzionali di misfit in esperimenti di inversione Full Waveform acustica con Algoritmi Genetici

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(1)

Studio di funzionali di misfit in esperimenti di

inversione Full Waveform acustica

con algoritmi genetici

Tesi di Laurea

Giuseppe Provenzano

Universit`

a di Pisa

Laurea Magistrale in Geofisica di Esplorazione ed Applicata

Relatore: Prof Alfredo Mazzotti

Co-Relatore: Dr. Angelo Sajeva

Anno Accademico 2012/2013

(2)

Indice

1 La Full Waveform Inversion acustica 2

1.1 Forward modeling . . . 2

1.1.1 Cenni al metodo delle Differenze Finite . . . 3

1.1.2 Condizioni di dispersione numerica . . . 8

1.1.3 Condizioni di stabilit`a numerica . . . 10

1.2 La FWI come ottimizzazione locale . . . 12

1.2.1 Metodi di Newton e Gauss-Newton . . . 12

1.2.2 Metodo steepest-descent e calcolo del gradiente col meto-do Adjoint . . . 14

1.2.3 Non linearit`a e non univocit`a della FWI: l’importanza del modello iniziale . . . 16

2 Introduzione agli Algoritmi stocastici di inversione 19 2.1 L’Algoritmo Genetico . . . 21

2.1.1 Generazione della popolazione iniziale . . . 22

2.1.2 Ranking e Fitness-assignment . . . 23

2.1.3 Selezione . . . 24

2.1.4 Ricombinazione e Mutazione . . . 25

2.1.5 Reinserimento . . . 27

2.1.6 Convergenza . . . 27

2.2 Analisi statistica dell’ensemble dei modelli . . . 28

2.2.1 Stima degli integrali Bayesiani con Neighbourhood approximation della PPD . . . 31

(3)

3 Inversione Full Waveform con Algoritmi genetici: test su dataset

sintetici 33

3.1 Impostazione del problema . . . 33

3.1.1 Parametrizzazione del modello acustico . . . 33

3.1.2 Formalizzazione del problema inverso . . . 34

3.1.3 Funzionali di misfit utilizzati . . . 36

3.2 Test di Funzionali di Misfit su una porzione del modello Marmousi 37 3.2.1 Parametri del Modeling . . . 37

3.2.2 Parametri dell’algoritmo genetico . . . 40

3.2.3 Test di convergenza noise-free . . . 42

3.2.4 Test di robustezza a rumore non-gaussiano . . . 47

3.2.5 Test di robustezza ad una stima errata dell’ondina . . . . 51

3.2.6 Test di funzionali di misfit: applicazione su modelli ad alta definizione . . . 54

3.2.7 Costo computazionale . . . 61

3.2.8 Ricampionamento dell’ensemble dei modelli per la stima delle PPD . . . 61

3.3 Test sul modello Marmousi . . . 62

3.3.1 Parametri del Modeling . . . 62

3.3.2 Inversione con approccio tradizionale . . . 67

3.4 Range-Shrinking Layer Stripping . . . 74

3.4.1 Descrizione del metodo e test sperimentali . . . 74

3.4.2 Costo computazionale . . . 91

3.4.3 Utilizzo dei risultati come modello iniziale della FWI . . . 91

4 Commenti, considerazioni conclusive e possibili sviluppi 96

(4)

Introduzione

La Full Waveform Inversion `e un problema inverso fortemente non lineare e non univoco, tradizionalmente risolto con metodi di ottimizzazione locale, l’ef-ficacia dei quali dipende fortemente dalla bont`a del modello di velocit`a iniziale utilizzato. In questo lavoro di tesi affrontiamo il problema della determinazione del modello di velocit`a di background della FWI acustica 2-3 D attraverso un approccio puramente non lineare. Gli algoritmi stocastici di inversione sono stati in passato considerati non applicabili alla FWI, data l’estrema non linear-it`a del problema e l’elevato numero di gradi di libert`a dello spazio dei modelli, condizioni in cui si riscontra una difficolt`a di convergenza in tempi di calco-lo ragionevoli. Per aggirare tale problema, noto come curse of dimensionality, proponiamo un inversione su uno spazio dei modelli con dimensionalit`a ridotta, la cui soluzione `e rappresentativa delle strutture ad alta lunghezza d’onda del sottosuolo. In questo contesto, studiamo l’influenza del funzionale di misfit imp-iegato sulle performance dell’inversione globale, e proponiamo una strategia di tipo Layer Stripping. Dopo un’introduzione teorica ai metodi utilizzati ed alcune considerazioni sul modeling alle differenze finite, vengono presentati i risultati dei test sperimentali effettuati su dataset sintetici generati sul modello acustico Marmousi. Mostriamo infine come la soluzione del problema inverso su uno spazio dei modelli con dimensionalit`a ridotta cos`ı costruito sia un’alternativa promettente ai modelli iniziali della FWI ottenuti con approcci tradizionali.

(5)

Capitolo 1

La Full Waveform Inversion

acustica

L’inversione del sismogramma completo `e una procedura di data-fitting che ha il fine di estrarre informazioni ad alta risoluzione sulle proprieta elastiche del sottosuolo. Il metodo trova vasta applicazione nel campo della caratterizzazione e del monitoraggio dei reservoir, cos`ı come nella costruzione di modelli di velocit`a ad alta risoluzione con finalit`a di imaging (migrazione del campo d’onda) nella sismica a riflessione.

1.1

Forward modeling

Il modeling diretto della forma d’onda in problemi bidimensionali e tridimen-sionali `e effettuato tradizionalmente utilizzando approssimazioni alle differenze finite dell’equazione d’onda sismica nel dominio dei tempi, per quanto siano altrettanto diffusi approcci di risoluzione nel dominio delle frequenze, ovvero metodi agli elementi finiti, mutuati dalla sismologia passiva a bassa frequenza, come gli Spectral Elements Methods.

Le subroutine di forward modeling impiegate in questo lavoro di tesi ap-partengono alla categoria dei metodi alle differenze finite nel dominio dei tempi, nell’approssimazione acustica ed isotropa 2-3 fD, spesso utilizzata in sismologia di esplorazione per ragioni di costo computazionale.

(6)

1.1.1

Cenni al metodo delle Differenze Finite

I metodi alle differenze finite definiscono i valori dei parametri del modello di velocit`a in corrispondenza dei nodi di una griglia ed approssimano le derivate spaziali e temporali in un punto calcolando il rapporto incrementale rispetto ai valori assunti dal modello nei nodi adiacenti.

Consideriamo l’equazione d’onda sismica nell’approssimazione acustica a densit`a costante:

ρ∂

2u

∂t2 = α∇

2u + ∇α∇u + F (1.1)

Dove u rappresenta lo spostamento delle particelle, α il modulo di incom-pressibilit`a, F `e il termine sorgente, t la variabile temporale, e ∇ `e l’operatore vettoriale nabla [∂x∂ 1 ∂ ∂x2 ∂ ∂x3].

Per l’approssimazione alle differenze finite della 1.1, consideriamo l’espan-sione in serie di Taylor troncata al terzo ordine di una generica funzione ψ(x) nel punto x1= x0+ ∆x: ψ(x1) ' ψ(x0) + ∂ψ(x0) ∂x ∆x + ∂2ψ(x 0) ∂x2 ∆x2 2 + ∂3ψ(x 0) ∂x2 ∆x3 6 (1.2) . Riformulando la 1.2 in funzione di ∂ψ(x0) ∂x si ha : ∂ψ(x0) ∂x ' 1 ∆x[ψ(x1) − ψ(x0)] − ∂2ψ(x0) ∂x2 ∆x 2 − ∂3ψ(x0) ∂x2 ∆x2 6 (1.3) .

Da cui l’approssimazione al primo ordine di accuratezza della derivata prima, con un errore proporzionale a ∆x:

∂ψ(x0)

∂x ' 1

∆x[ψ(x) − ψ(x0)] (1.4) .

Ovvero la Forward Finite Difference approximation. Per ottenere un’accu-ratezza migliore, consideriamo il valore assunto dalla funzione ψ(x) nel punto x2= x0− ∆x ,ovvero, deriviamo l’espressione della Backward Finite Difference

(7)

ψ(x2) ' ψ(x0) − ∂ψ(x0) ∂x ∆x + ∂2ψ(x 0) ∂x2 ∆x2 2 − ∂3ψ(x 0) ∂x2 ∆x3 6 (1.5) Risolviamo nuovamente per ∂ψ(x0)

∂x : ∂ψ(x0) ∂x ' 1 ∆x[ψ(x0) − ψ(x2)] + ∂2ψ(x 0) ∂x2 ∆x 2 − ∂3ψ(x 0) ∂x2 ∆x2 6 (1.6) . Mediando la 1.3 e la 1.6 otteniamo: ∂ψ(x0) ∂x ' 1 2∆x[ψ(x1) − ψ(x2)] − ∂3ψ(x0) ∂x2 ∆x2 3 (1.7) .

Da cui l’approssimazione al secondo ordine di accuratezza della derivata prima centrata, con un errore proporzionale a ∆x2:

∂ψ(x0)

∂x ' 1

2∆x[ψ(x1) − ψ(x2)] (1.8) .

In modo simile otteniamo un’approssimazione al secondo ordine di accu-ratezza della derivata seconda, sommando le equazioni 1.2 e 1.5:

∂2ψ(x 0) ∂x2 ' 1 ∆x2[ψ(x1) − 2ψ(x0) + ψ(x2)] − ∂3ψ(x 0) ∂x2 ∆x2 3 (1.9) . Da cui: ∂2ψ(x0) ∂x2 ' 1 ∆x2[ψ(x1) − 2ψ(x0) + ψ(x2)] (1.10) E’ ora possibile scrivere l’approssimazione al secondo ordine di accuratezza dell’equazione 1.1. Per semplicit`a ci rifeririamo al caso 1D, in modo che il laplaciano si riduca alla derivata seconda spaziale. Siano j l’indice spaziale e i l’indice temporale della funzione u(x, t) discretizzata uji, si ha:

ρu j i+1− 2u j i + u j i−1 ∆t2 = α uj+1i − 2uji+ uj−1i ∆x2 + αj+1− αj−1 2∆x uj+1i − uj−1i 2∆x (1.11)

(8)

In figura 1.1 si mostrano degli snapshot della propagazione del campo d’onde acustico sul modello Marmousi ; il codice `e stato sviluppato nell’ambito di questo lavoro di tesi, implementando in linguaggio®MATLAB l’impianto matematico della 1.11. Un approccio generalmente utilizzato per la soluzione numerica dell’equazione d’onda consiste nel sostituire la variable spostamento u con la variabile velocit`a di spostamento v = ˙u e nell’esprimere il termine destro della 1.1 in termini di stress, ovvero, nel caso acustico, di pressione P . Si consideri ancora il caso acustico 1D a densit`a costante; si ha:

ρ∂ 2u x ∂t2 = ∂ ∂x  α∂ux ∂x  (1.12)

Operando la sostituzione di variabili v = ∂ux

∂t e P = (α ∂ux ∂x ), si ottiene: ρ∂v ∂t = ∂P ∂x (1.13)

La 1.12 pu`o quindi essere riformulata come il seguente sistema di equazioni differenziali di primo grado, avendo la sostituzione di variabili permesso di evitare il calcolo delle derivate seconde:

∂v ∂t = 1 ρ ∂P ∂x (1.14) ∂P ∂t = α ∂v ∂x

Per risolvere numericamente l’equazione d’onda cos`ı riformulata possiamo usare un’approssimazione al secondo ordine di accuratezza con le differenze finite centrate. Usando per gli indici le stesse convenzioni della 1.11, si ha:

vji+1− vi−1j 2∆t = 1 ρ Pij+1− Pij−1 2∆x (1.15) Pi+1j − Pi−1j 2∆t = α vij+1− vj−1i 2∆x (1.16)

In generale `e possibile definire approssimazioni di ordine n delle derivate in termini di polinomi il cui ordine ed i cui coefficienti sono funzione dell’accu-ratezza desiderata; in ogni caso la derivata F D di una funzione in un punto si

(9)

Figura 1.1: Propagazione del campo d’onda acustico approssimato alle differenze finite con uno schema al secondo ordine nel modello Marmousi. In primo piano il campo degli spostamenti, sullo sfondo il modello di velocit`a in scala di colori. Codice sviluppato in®MATLAB

(10)

Figura 1.2: A destra, schema FD tradizionale; a sinistra, staggered grid (Immagine tratta da Shearer [25]), p.59]

presenta in termini di media pesata dei valori assunti dalla funzione nei punti adiacenti, coinvolgendo un numero di punti crescente al crescere dell’accuratez-za desiderata. A fronte di una maggiore complessit`a di implementazione schemi alle differenze finite di ordine maggiore permettono di utilizzare griglie di mo-deling pi`u rade a parit`a di accuratezza e di ridurre il fenomeno della dispersione numerica alle alte frequenze spaziali, ragione per cui le subroutine per il mo-deling diretto del campo d’onde impiegano nella maggior parte dei casi schemi F D al quarto o all’ottavo ordine.

Una migliore accuratezza pu`o essere ottenuta utilizzando un approccio di tipo Staggered Grid (Virieux,1986 ). In questo caso le differenze finite relative alle velocit`a e quelle relative agli sforzi vengono calcolate su griglie differenti, sfasate di met`a del passo di campionamento sia nello spazio che nel tempo (Vedi figura 1.2) : vi+1/2j − vi−1/2j ∆t = 1 ρ Pij+1/2− Pij−1/2 ∆x (1.17) Pi+1j+1/2− Pij+1/2 ∆t = α vi+1/2j+1 − vji+1/2 ∆x (1.18)

Un’implementazione di questo tipo consente di ridurre l’errore di un fattore 4 (Aki e Richards [2] ,Shearer [25] ), poich`e il passo di campionamento `e stato di fatto dimezzato.

(11)

1.1.2

Condizioni di dispersione numerica

In qualche misura, il modeling alle differenze finite introduce sempre una dipen-denza fittizia della velocit`a di fase dalla frequenza e tale fenomeno prende il nome di dispersione numerica. Essa non ha niente a che vedere con la disper-sione geometrica delle onde di superficie, n`e con la dispersione introdotta dalla propagazione in mezzi viscoelastici e si verifica anche in modelli di velocit`a omo-genei. I fenomeni di dispersione numerica diventano particolarmente severi nel caso in cui la griglia di modeling non campioni in modo sufficientemente fitto, data una certa accuratezza dello schema F D, la minima lunghezza d’onda atte-sa. Per uno schema al secondo ordine di accuratezza `e raccomandabile rispettare la seguente condizione: ∆x < cmin 10fmax (1.19) Ovvero: ∆x <λmin 10

Dove cmin `e la minima velocit`a attesa, λmin `e la minima lunghezza d’onda

e fmax`e la massima frequenza temporale della sorgente.

Approssimazioni con accuratezze di ordine maggiore richiedono in generale un minor numero di punti per lunghezza d’onda; ad esempio, per un quarto ordine la condizione di dispersione numerica `e (J.Thorbecke [28]):

∆x < cmin 4fmax (1.20) Ovvero: ∆x <λmin 4

Si tratta tuttavia di regole del pollice: alcuni autori (Shearer [25]) racco-mandano un numero di punti per lunghezza d’onda doppio rispetto a quello qui indicato; `e noto inoltre come, per strutture nel modello di velocit`a assimilabili a strati sottili rispetto alla lunghezza d’onda, sia raccomadabile incrementare a 5 il numero di punti per lunghezza d’onda in uno schema al quarto ordine di accu-ratezza(Warner et al. [31]). In questo lavoro di tesi ci atterremo alle condizioni

(12)

Figura 1.3: Dispersione numerica in modello omogeneo: ∆x = 24 m, V=3400 m/s, Frequenza centrale della Ricker sorgente 50 Hz

definite dalle relazioni 1.19 e 1.20, utilizzando come frequenza massima fmax

la frequenza a cui lo spettro di potenza normalizzato assume valore 12 (Alford et al. [3]).

Test sulle condizioni necessarie ad evitare dispersione numerica sono stati condotti utilizzando un codice sviluppato in®Matlab per la simulazione della propagazione del campo d’onda acustico in 2D. Il codice implementa l’impianto matematico espresso dall’equazione 1.11, che costituisce un’approssimazione al secondo ordine di accuratezza dell’equazione d’onda. Nelle tre figure seguenti viene rappresentato nel dominio tempi-offset e nel dominio frequenza-numero d’onda uno shot sintetico simulato in un modello omogeneo con velocit`a pari a 3400 m/s, passo di discretizzazione spaziale pari a 24 metri, e frequenze centrali dell’ondina sorgente (una Ricker ) pari rispettivamente a 50 , 100 e 10 Hz. In figura 1.3 risulta evidente il fenomeno della dispersione numerica: la velocit`a di fase `e funzione della frequenza e, nella fattispecie, frequenze maggiori si pro-pagano a velocit`a minori; la griglia di discretizzazione in questo caso campiona la lunghezza d’onda corrispondente alla frequenza centrale della sorgente con 2.8 punti. In figura 1.4 `e stata incrementata la frequenza centrale della Rick-er a 100 Hz: in questo caso il fenomeno di dispRick-ersione risulta accentuato e vi si aggiunge un significativo aliasing spaziale, poich`e il campionamento per la

(13)

Figura 1.4: Dispersione numerica e aliasing in modello omogeneo: ∆x = 24 m, V=3400 m/s, Frequenza centrale della Ricker sorgente 100 Hz

frequenza centrale risulta inferiore a 2 punti per lunghezza d’onda (Teorema di Nyiquist ).

La figura 1.5 mostra infine un esempio di modeling sufficientemente accurato da non produrre significativa dispersione: mantenendo costanti tutti gli altri parametri, `e stata impiegata un’ondina sorgente con frequenza centrale pari a 10 Hz, il che permette di rispettare la condizione definita dalla 1.19

1.1.3

Condizioni di stabilit`

a numerica

Algoritmi del tipo explicit time-marching, ovvero in cui la soluzione al tempo t + ∆t `e funzione solo della soluzione a tempi t minori di t + ∆t, sono solo condizionalmente stabili (Fichtner, [11]). La condizione di convergenza della soluzione numerica `e nota come CFL condition(da R. Courant, K. Friedrichs e H. Lewy). Essa definisce la massima velocit`a del campo d’onde modellabile in relazione all’accuratezza della simulazione F D e al rapporto tra l’incremento spaziale e l’incremento temporale ∆x∆t, ovvero la velocit`a della griglia. Si ha:

cmax< C

∆x

∆t (1.21)

Dove C `e il numero di Courant ed `e in generale nell’ordine dell’unit`a. Per un modeling F D in due dimensioni al quarto ordine di accuratezza il numero

(14)

Figura 1.5: Modeling accurato, sismogramma privo di dispersione numerica ap-prezzabile: ∆x = 24 m , V=3400 m/s, Frequenza centrale della Ricker sorgente 10 Hz

di Courant `e pari a 0.606, ovvero otteniamo una soluzione instabile laddove all’interno di uno step temporale ∆t il campo d’onde abbia percorso una dis-tanza maggiore di 0.606∆x. Come importante corollario della 1.21 si ha che una riduzione del passo di campionamento spaziale pu`o rendere necessaria una riduzione del passo di campionamento temporale per evitare instabilit`a nella soluzione (J.Thorbecke [28], A.Fichtner [11]).

Utilizzando il codice alle differenze finite sviluppato in®Matlab sono stati effettuati test di stabilit`a numerica su un modello di velocit`a omogeneo. I parametri di discretizzazione della griglia sono: ∆x = 24 m e ∆t = 0.0023 s. I test dimostrano come incrementando la velocit`a di propagazione oltre il limite definito dalla condizione di stabilit`a CFL la soluzione diverga: in parti-colare `e stato stabilito empiricamente un valore del numero di Courant pari a 0.7 (figura 1.6).

(15)

Figura 1.6: Snapshot relativi alla simulazione del campo d’onde acustico su un modello omogeneo. A sinistra: V < 0.7∆x∆t. La soluzione numerica converge. A destra: V > 0.7∆x∆t. La soluzione esplode

1.2

La FWI come ottimizzazione locale

La Full waveform inversion usa le forme d’onda osservate d per ricavare infor-mazioni quantitative sulla distribuzione dei parametri elastici nel sottosuolo m . L’operatore diretto G che lega i dati d al modello di sottosuolo m, attraverso la relazione d = G(m), `e il propagatore che approssima l’equazione d’onda ed `

e, in generale, fortemente non lineare. Il problema inverso viene in questo caso risolto con metodi di ottimizzazione locale che cercano il minimo assoluto del funzionale di misfit (o funzione oggetto) nelle vicinanze di un modello iniziale di velocit`a che viene iterativamente perturbato.

1.2.1

Metodi di Newton e Gauss-Newton

Sia definito il funzionale di misfit (ovvero funzione costo, o funzione oggetto) in norma L2 : E(m) = N src X src=1 N rec X rec=1 ∆d†src,rec∆dsrc,rec (1.22)

In cui ∆d = d − G(m) `e il vettore dei residui , † indica l’operazione di trasposizione e le sommatorie vengono calcolate sui ricevitori e le sorgenti. Per semplicit`a, nei calcoli seguenti considereremo il caso con una sorgente ed un ricevitore.

Riscriviamo la funzione costo approssimata con una serie di Taylor troncata al secondo ordine intorno a un modello iniziale m0:

(16)

E(m) ' E(m0) + M X j=1 ∂E(m0) ∂mj ∆mj+ M X j=1 M X k=1 ∂2E(m 0) ∂mj∂mk ∆mj∆mk (1.23)

Calcoliamone ora la derivata parziale rispetto al parametro del modello mx

∂E(m) ∂mx = ∂E(m0) ∂mx + M X k=1 ∂2E(m 0) ∂mx∂mk ∆mk (1.24)

Ponendo la 1.24 uguale a zero e riarrangiando in funzione di ∆m otteniamo l’espressione per la perturbazione del modello iniziale:

∆m = − ∂ 2E(m 0) ∂m2 −1 ∂E(m0) ∂m (1.25)

Il termine a destra della 1.25 `e dato dal prodotto dell’ inverso della matrice Hessiana, che di seguito indicheremo con H, e del suo gradiente g. La per-turbazione ∆m del modello `e dunque definita univocamente dalla direzione di steepest descent, ovvero dal −g della funzione di misfit nel punto m0, scalata per

l’inverso della matrice Hessiana, che ne definisce la curvatura. Differenziando la 1.22 rispetto al generico parametro del modello ml si ottiene l’espressione del

gradiente della funzione oggetto:

∂E(m) ∂ml = ∂G(m) ∂ml † ∆d = J†∆d (1.26)

Dove J indica la matrice Jacobiana dell’operatore diretto, o matrice di sen-sibilit`a. Ponendo m = m0, otteniamo infine il valore di g da inserire nella

1.25.

Per ricavare l’espressione dell’ Hessiano deriviamo rispetto al generico parametro del modello mk la 1.26 ed otteniamo

∂2E(m) ∂ml∂mk = J†J − ∂J ∂mk † ∆d (1.27)

Infine, sostituendo nella 1.25, la 1.26 e la 1.27:

∆m = −  J†J − ∂J ∂mk † ∆d (−1) J†∆d (1.28)

Il metodo risoluzione del problema inverso cos`ı formulato prende il nome di metodo di Newton e pu`o essere sintetizzato nella seguente procedura iterativa:

(17)

1. Definizione del modello iniziale m0

2. Calcolo del vettore dei residui ∆d

3. Calcolo del gradiente g e dell’Hessiano H nel punto m dell’iterazione corrente

4. Calcolo di ∆m secondo la 1.28 e aggiornamento del modello mi+1 =

mi+ ∆m

5. Ritorno alla 2

6. L’algoritmo prosegue finch`e un numero di iterazioni massimo `e stato rag-giunto o si `e soddisfatto un certo criterio di convergenza

Spesso, per ragioni di costo computazionale, si impiega l’espressione approssi-mata dell’Hessiano, in cui il secondo termine della 1.27 viene trascurato; in questo caso l’espressione per la perturbazione del modello `e:

∆m = −(J†J)(−1)J†∆d (1.29)

Dove J†J `e l’Hessiano approssimato ˆH. Il metodo che impiega l’inverso di ˆH prende il nome di metodo di Gauss-Newton.

1.2.2

Metodo steepest-descent e calcolo del gradiente col

metodo Adjoint

Condizione necessaria affinch`e i metodi Newton-like convergano `e che la matrice Hessiana sia non singolare. Nel metodo di Levemberg-Marquardt l’equazione 1.29 viene modificata aggiungendo all’Hessiano un termine di regolarizzazione costituito dalla matrice identita, moltiplicata per uno scalare λ che viene adat-tativamente riscalato durante la procedura di inversione (Aster [6]). Si ha:

∆m = −(J†J + λI)(−1)J†∆d (1.30)

Laddove lo scalare λ fosse impostato in modo da rendere il termine di regolarizzazione molto pi`u grande dell’Hessiano s.s. si avrebbe:

(18)

In questo caso l’algoritmo di inversione aggiorna il modello dell’iterazione corrente nella direzione opposta a quella del gradiente g = J†∆d moltiplicata per un fattore scalare che prende il nome di step length. Si noti come la 1.30 cos-tituisca un’espressione generale di cui le 1.29 e 1.31 sono gli end member relativi rispettivamente al metodo di Gauss-Newton e al metodo steepest descent (Aster [6]). Quest’ultimo non richiede il calcolo della matrice Hessiana, ma rende ne-cessaria una stima della step length α = λ1 ottimale, che generalmente viene effettuata con una line search (Virieux et al. [29]).

Un metodo comunemente utilizzato, che costituisce una variante del metodo a gradiente, `e il metodo conjugate gradient, in cui il modello nell’iterazione i-esima, viene aggiornato nella direzione cgi che `e una combinazione lineare del gradiente all’iterazione corrente gi e della direzione calcolata all’iterazione precedente cgi−1 (Virieux et al. [29]):

cgi= gi+ wicgi−1 (1.32)

In cui il peso wi per ogni iterazione viene determinato come:

wi=

gi†(gi− gi−1) gi−1g

i

(1.33)

La maggior parte degli algoritmi di inversione locale FWI impiega il metodo conjugate gradient o steepest descent. Il costo computazionale relativo al calcolo del gradiente resta comunque spesso proibitivo, in quanto comporta il calcolo delle derivate parziali del campo d’onda rispetto ad ogni parametro del modello. Il metodo Adjoint state per il calcolo del gradiente, proposto da Tarantola [27] `e quello utilizzato nelle pi`u comuni implementazioni della FWI. Nell’ambito dell’approssimazione di Born possiamo scrivere:

G(m0+ ∆m) = G(m0) + S(∆m) (1.34)

Dove S `e l’operatore di scattering di primo ordine che lega linearmente la per-turbazione del campo d’onde con la perper-turbazione nel modello di velocit`a. La 1.34 `e di fatto un’espansione binomiale della funzione G(m) nell’intorno di m0,

in cui S rappresenta la matrice Jacobiana. Ci`o consente di riscrivere il gradiente della funzione d’errore, gi`a formalizzato nella 1.26, come:

(19)

Il trasposto (o adjoint ) di S `e l’operatore Reverse Time Migration in dominio pre-stack (Yong Ma [30]); il gradiente `e dunque un’immagine migrata dei residui sul dato, interpretati in termini di scattering causati dalle eterogeneit`a mancanti nel sottosuolo (Virieux et al. [29]). Il calcolo del gradiente con il metodo Adjoint state consiste nel retropropagaare i residui ∆d come una sorgente simultanea e cross-correlarli a lag zero con il campo d’onda primario.

1.2.3

Non linearit`

a e non univocit`

a della FWI:

l’importanza del modello iniziale

La non linearit`a dell’operatore diretto nella FWI fa si che la funzione di misfit presenti numerosi minimi locali in cui i metodi Newton-like tendono a conver-gere. Un ulteriore sorgente di non linearit`a `e il fenomeno del Cycle Skipping, ovvero la convergenza ad un minimo locale che si verifica nel caso in cui il campo d’onda relativo al modello iniziale sia sfasato di pi`u della met`a del periodo domi-nante della sorgente. In questo caso, rappresentato in figura 1.7, la direzione di steepest descent calcolata dalla FWI determina un aggiornamento del modello tale da produrre concordanza di fase tra il ciclo n+1 ed il ciclo n e, dunque, la convergenza ad un minimo locale della funzione costo.

Per di pi`u, la FWI `e un problema inverso non univoco: esiste cio`e in generale un set di infiniti modelli che producono un dato sintetico con un misfit entro una ragionevole soglia di tolleranza.

Un metodo utilizzato per mitigare la non linearit`a della FWI, e per evitare il fenomeno della convergenza ad un minimo locale, `e quello dell’inversione mul-tiscala (Virieux et al. [29],Fichtner [11]). Il metodo sfrutta la dipendenza tra la lunghezza d’onda delle strutture risolte ed il contenuto in frequenza della fun-zione di misfit; in altri termini, l’irregolarit`a, ovvero il numero di minimi locali, della funzione costo `e proporzionale alla frequenza del campo d’onda (Figura 1.8). Il metodo si configura come un’inversione a blocchi che pu`o essere cos`ı sintetizzata:

1. Si filtra passa-basso il dato con frequenza di taglio F

2. Si effettura l’inversione utilizzando come ondina sorgente l’ondina stimata filtrata e, come modello iniziale m0

(20)

Figura 1.7: Il fenomeno del Cycle-Skipping si verifica quando il modello iniziale produce un time delay maggiore di T2 con T periodo dominante dell’ondina sorgente.

3. Nel blocco di inversione successivo si filtra passa-basso il dato con frequen-za di taglio F + ∆F

4. Si usa la soluzione del blocco precedente (mi−1) come modello iniziale del

blocco di inversione corrente

5. Si procede fino alla frequenza desiderata

Questo metodo si rivela efficace nel ridurre i problemi di non linearit`a della FWI, ma dipende fortemente dalla disponibilit`a di basse frequenze nel dato osservato: queste aiutano infatti a vincolare la cinematica e indirizzano i blocchi di inver-sione successivi verso il minimo globale dell’errore. In ogni caso, dal momento che in geofisica di esplorazione non disponiamo di frequenze nell’ordine della frazione di Hz, risulta fondamentale disporre di un modello di velocit`a iniziale accurato. I metodi tradizionalmente utilizzati (Virieux et al. [29]) sono la Tra-veltime Tomography, l’inversione interativa nel dominio di Laplace e la Migration Velocity Analysis. Si tratta in generale di metodi piuttosto laboriosi e costosi in termini di tempo-uomo e che, nel caso delle tomografie traveltime, sono a loro

(21)

Figura 1.8: Approccio multiscala all’inversione FWI [Immagine tratta da Fichtner [11]]

volta fortemente dipendenti dal modello di velocit`a iniziale. Per queste ragioni proponiamo un approccio puramente non lineare alla determinazione del model-lo iniziale FWI : un’inversione tramite algoritmi stocastici delle strutture ad alta lunghezza d’onda del sottosuolo, che richiede come informazione a priori esclu-sivamente un’appropriata definizione del dominio di esistenza della soluzione.

(22)

Capitolo 2

Introduzione agli Algoritmi

stocastici di inversione

Problemi inversi non lineari possono giovarsi dell’utilizzo di metodi di ricerca diretta nello spazio vettoriale delle possibili soluzioni, che permettono di li-mitare il fenomeno di convergenza a minimi locali di cui soffrono i metodi di ottimizzazione Newton-like. Appartiene a questa categoria la vasta classe dei metodi stocastici noti come Monte Carlo; nella loro versione tradizionale, essi campionano lo spazio dei modelli in modo pseudo-random con una frequenza che tende ad una funzione di densit`a di probabilit`a a priori: essa pu`o essere uniforme all’interno del dominio di esistenza (Uniform Monte Carlo method ), o definita in modo da imporre dei constrain a priori alla soluzione (Inversio-ne Bayesiana s.s.). Per ogni modello campionato vie(Inversio-ne eseguito il calcolo del problema diretto e la stima di un indice di performance, espresso come norma n-esima degli scarti (opportunamente pesata e regolarizzata) tra il dato sinteti-co ed il dato osservato. Altri metodi impiegano una densit`a di campionamento che varia iterativamente, sfruttando in maniera adattativa i valori di fitness dei modelli per cui `e gi`a stato calcolato in problema diretto, in modo da dirigere la ricerca verso porzioni dello spazio dei modelli pi`u promettenti e ottimizzare cos`ı i tempi di calcolo. A quest’ultima classe di metodi self-learning appartengono gli Algoritmi Genetici (Holland, 1975; Goldberg, 1989), il Simulated Annealing (Rothman [19]) e il Neighbourhood Algorithm (Sambridge [21]).

In ogni caso, i metodi stocastici di ricerca diretta soffrono del problema noto come curse of dimensionality, ovvero della difficolt`a di campionare in

(23)

mo-do adeguato spazi dei modelli multidimensionali in tempi ragionevoli; infatti, il numero di modelli possibili, in un problema M − dimensionale in cui ogni grado di libert`a sia stato discretizzato in K − valori, `e pari a KM.

Immagi-niamo di dovere effettuare un’inversione acustica 2D in uno spazio dei modelli a 20 parametri, in cui ogni parametro possa assumere 3 valori fisicamente sig-nificativi: il numero di possibili modelli nel dominio cos`ı definito `e pari a 320. Un’esplorazione completa dello spazio dei modelli richiederebbe quindi il calcolo di 320problemi diretti; poich`e nel caso di un modeling acustico 2D alle differen-ze finite il tempo di calcolo di un dato predetto `e nell’ordine delle decine di secondi, l’inversione avrebbe un costo computazionale nell’ordine delle migliaia di anni. Anche applicando un metodo di ricerca stocastico tra quelli elencati, risulterebbe necessario generare un numero di modelli random che siano rap-presentativi delle possibili soluzioni e quindi in qualche modo proporzionale alla potenza di M .

Immaginiamo ora che la regione dello spazio dei modelli con un fit entro una soglia di tolleranza sia contenuta in una ipersfera inscritta nell’ipercubo M-dimensionale del campo di esistenza della soluzione: la probabilit`a di indi-viduare l’ipersfera delle soluzioni generando casualmente dei modelli all’interno dell’ipercubo risulta proporzionale al rapporto tra i volumi (Tarantola [26]):

V olsphere=

2πM2rM

M Γ(M/2) (2.1)

V olcube= (2r)M (2.2)

Il rapporto tra la 2.1 e la 2.2 tende rapidamente a zero all’aumentare di M , come rappresentato in figura 2.1.

Se, pi`u realisticamente, rappresentiamo la regione dello spazio dei modelli con f it accettabile come una piccola sfera all’interno di un ipercubo M di-mensionale di raggio rcubo >> rsf era ci rendiamo conto di quanto sia arduo il

compito che i metodi stocastici di inversione sono chiamati ad affrontare in spazi multidimensionali.

Tale problema intrinseco ai metodi di Monte Carlo ne determina l’inap-plicabilit`a pratica all’inversione Full Waveform 2D e 3D, che pu`o presentare dimensionalit`a nell’ordine di 103. L’idea che sottende questo lavoro di tesi `e

(24)

Figura 2.1: Immagine tratta da Tarantola [26]

che sia possibile effettuare l’inversione sismica delle strutture ad alta lunghezza d’onda del sottosuolo impiegando una griglia rada, con un numero di parametri indipendenti nell’ordine delle decine; supponendo che l’algoritmo di inversione impiegato sia in grado di convergere ad un minimo della funzione di misfit in uno spazio cos`ı costruito, `e possibile utilizzare la soluzione come modello di velocit`a di background da perturbare in una procedura di inversione FWI locale.

La scelta di impiegare l’Algoritmo genetico `e giustificata da studi effettuati su funzioni analitiche multiminima e su inversioni sismiche sintetiche (Sajeva et al. [20]), che hanno dimostrato come, per problemi a dimensionalit`a relativa-mente elevata (nell’ordine delle decine), un’inversione con GA opportunarelativa-mente progettata presenti migliori prestazioni in termini di tempi di calcolo e capacit`a di convergenza rispetto sia al NA che al SA.

2.1

L’Algoritmo Genetico

Gli algoritmi genetici sono una classe di algoritmi di ricerca globale stocastica che esplorano lo spazio dei modelli applicando i principi dell’evoluzionismo. Essi operano su una popolazione iniziale di individui, ovvero di possibili soluzioni, calcolando per ciascuno di essi un un parametro che ne definisca la performance e selezionando i migliori in accordo ad una definita pressione evolutiva. Gli individui selezionati vengono poi incrociati tra loro in modo da dare luogo alla

(25)

popolazione successiva di individui figli. Una mutazione casuale viene introdot-ta per mimare il fenomeno delle muintrodot-tazioni genetiche casuali che avvengono nel processo di riproduzione biologica. Il processo iterativo porta all’evoluzione di popolazioni di individui discendenti con prestazioni progressivamente migliori, ovvero, nell’analogia biologica, sempre pi`u adatti all’ambiente. Ciascun individ-uo viene rappresentato da un vettore a M componenti detto cromosoma, che ne costituisce il genotipo binario o reale; a questo corrisponde univocamente un fenotipo su cui opera la selezione fitness-based.

In generale a questa definizione di algoritmo genetico corrisponde una vari-et`a di algoritmi che differiscono anche sostanzialmente nel funzionamento e, a propria volta, ciascun algoritmo necessita di un attento tuning dei parametri di controllo (Sambridge [21]). L’algoritmo genetico utilizzato in questo lavoro di tesi `e quello sviluppato dal dipartimento di Automatic Control and Systems En-gineering dell’ Universit`a di Sheffield (Pohlheim et al. [9] [18]). Se ne descrivono di seguito le caratteristiche fondamentali per ogni fase dell’inversione.

2.1.1

Generazione della popolazione iniziale

La popolazione iniziale di individui viene generata come una matrice Nindx M

di numeri reali, dove Nind `e il numero di individui e M `e il numero di

inco-gnite, che, nel caso specifico, rappresentano le velocit`a delle onde di pressione per ogni nodo del modello acustico. Ciascun individuo `e costituito da numeri generati in modo pseudo-random all’interno di range definiti dall’operatore con una distribuzione che tende ad una pdf uniforme per Nind→inf.

Allo scopo di aumentare la diversit`a genetica, `e possibile suddividere gli individui in Nsub sottopopolazioni (o deme) all’interno delle quali l’algoritmo

opera come un GA tradizionale; attraverso il processo di migrazione, ad inter-valli preimpostati, ogni deme sostituisce un determinato numero di individui con individui scelti dalle altre sottopopolazioni, in modo random (Random Mi-gration), ovvero selezionando i migliori (Fitness-based Migration). Il numero di individui che migrano in una sottopopolazione `e definito dal prodotto tra il parametro tasso di migrazione e il numero di individui per deme.

Per quanto, in alcuni casi, sia stato dimostrato che l’utilizzo delle sottopopo-lazioni, in problemi multiminima pu`o determinare un miglioramento

(26)

dell’effica-cia dell’Algoritmo genetico (Pohlheim, [9] [18]), in questo lavoro di tesi i benefici derivanti da tale strategia non sono stati oggetto di sperimentazioni approfondite e la scelta `e ricaduta sull’utilizzo di una popolazione unica.

2.1.2

Ranking e Fitness-assignment

Per ciascun individuo si calcola un valore della funzione oggetto che `e inversa-mente proporzionale alla performance del modello; gli individui vengono cos`ı ordinati dal migliore al peggiore e viene loro assegnato un valore di fitness re-lativa: essa definisce la probabilit`a che un’individuo venga selezionato per la riproduzione della generazione successiva ed `e funzione del parametro pressione di selezione Sp. La modalit`a di ranking pu`o essere lineare o non lineare: nel ca-so di ranking lineare la fitness all’interno della popolazione decresce linearmente da Sp a 2 − Sp secondo la relazione:

F (xi) = (2 − Sp) + 2(Sp − 1)

xi− 1

Nind− 1

(2.3)

Dove xi `e la posizione occupata nel ranking dal cromosoma, Nind `e il numero

di individui e 1 ≤ Sp ≤ 2

Nel caso di ranking non lineare, la funzione di fitness relativo `e descritta dall’equazione: F (xi) = NindXxi−1 PNind j=1 X(j) (2.4)

Dove la pressione di selezione Sp `e soggetta al vincolo 1 ≤ Sp ≤ Nind− 1 e X

`e calcolato come le radici del polinomio:

Nind

X

k=1

SpXNind−k= XNind−1 (2.5)

In figura 2.2 un esempio di fitness relativa in funzione della posizione ricoperta dal modello nel ranking. La probabilit`a che un individuo venga selezionato per la riproduzione sar`a pari al rapporto tra la fitness dell’individuo e la sommatoria delle fitness degli individui della popolazione, ovvero:

P (xi) =

F (xi)

PNind

i=1 F (xi)

(27)

Figura 2.2: Funzioni di fitness al variare della pressione di selezione e della modalit`a di ranking (Immagine tratta da Pohlheim [18])

2.1.3

Selezione

La selezione `e il processo di campionamento della popolazione degli individui genitori, che daranno luogo attraverso ricombinazione alla popolazione discen-dente. Il numero di individui campionato `e funzione del parametro Selection Rate, o tasso di selezione Sr, secondo la relazione NindSr.

Il metodo di selezione qui utilizzato `e lo Stochastic Universal Sampling. Esso consiste nell’assegnare a ciascun modello un intervallo di un segmento unitario che sia proporzionale al valore di fitness normalizzata definito nella 2.6. Si genera in seguito un vettore di puntatori costituito da:

P s = [p1: ∆ : ∆Nof f] (2.7)

In cui p1 `e un numero random generato nell’intervallo [0 ∆], ∆ `e pari a N1

of f

e Nof f `e il numero di individui figli pari a NindSr. Ciascun individuo viene

campionato ogni volta che nel proprio intervallo `e contenuto un elemento del vettore P s.

Una variante del metodo SUS `e la Roulette wheel selection: in questo ca-so il vettore dei puntatori `e costituito da Nof f elementi pseudo-random con

(28)

Figura 2.3: Esempio di selezione operata su una popolazione di undici individui ordinati con ranking lineare e pressione di selezione pari a 2; il tasso di selezione `e pari a 0.6. In alto: Stochastic Universal Sampling; in basso: Roulette Wheel Selection(Immagine tratta da Pohlheim [18])

2.1.4

Ricombinazione e Mutazione

Dopo la selezione si ha una popolazione di genitori con dimensioni Nof f x M ; i

cromosomi genitori vengono ricombinati in coppie di individui adiacenti in modo da generare lo stesso numero di individui figli. In generale, la ricombinazione `e descritta dall’equazione:

Sij= G1ij(α) + G2ij(1 − α) (2.8)

Dove Sij `e la variabile j − esima dell’individuo figlio i − esimo, G1 e G2

sono gli individui genitori e α `e il fattore di proporzionalit`a, generato in modo pseudo-random nell’intervallo chiuso [-0.25 1.25]; nel metodo di ricombinazione lineare α viene generato indipendentemente per ogni coppia, ma rimane costante rispetto a j (figura 2.4, in alto), ovvero si ha α = αi; metodo di ricombinazione

Intermediate, α `e generato indipendentemente per ogni parametro del modello per ogni coppia (figura 2.4, in basso), ovvero α = αij. Per quanto sia pi`u

probabile che l’individuo figlio appartenga a un ipercubo nello spazio dei modelli limitato dagli individui genitori, il fatto che α possa essere maggiore di 1 e minore di 0 fa si che esista una probabilit`a diversa da zero che questo non avvenga. Probabilimente per effetto di un simile meccanismo di ricombinazione, `e doveroso fare notare come la soluzione cui converge l’algoritmo genetico risulti

(29)

Figura 2.4: In alto Linear Recombination. In basso Intermediate Recombination(Immagine tratta da Pohlheim [18])

comunque affetta da un notevole bias verso il centro dei range di esistenza. Ai cromosomi figli viene applicata una mutazione random all’interno dei range con una probabilit`a definita dall’operatore (mutation rate), in modo da evitare fenomeni di deriva genetica nelle operazioni di selezione e ricom-binazione, ovvero di convergenza a minimi locali dovuta a riduzione di diversit`a genetica. La variabile mutata viene prodotta come segue:

V armut= V ar + M utmask· R · ∆ (2.9)

In cui M utmask `e uno scalare che assume valore ±1 con probabilit`a pari

al mutation rate, R `e pari alla met`a dell’ampiezza del range di esistenza della variabile e ∆ `e definito come:

∆ =

p−1

X

i=0

αi2−i (2.10)

Dove p `e la precisione di mutazione ed α `e una variabile aleatoria binaria che vale 1 con probabilit`a 1/p, altrimenti `e pari a zero. Il parametro p definisce

(30)

in-direttamente il minimo mutation step possibile e la distribuzione degli individui mutati rispetto a quelli di partenza.

2.1.5

Reinserimento

Una volta generata la popolazione di individui figli, se ne determina il valore della funzione oggetto. Nel caso in cui il tasso di selezione sia diverso da 1, ovvero il numero di figli sia minore del numero di genitori, `e necessario operarne un reinserimento nella popolazione di individui genitori, in modo che il numero totale di individui non cambi; il reinserimento pu`o avvenire in modo casuale, ovvero in modo fitness-dependent : in questo caso i figli rimpiazzano i genitori con minore fitness.

2.1.6

Convergenza

A questo punto una nuova popolazione di Nindindividui `e stata creata e

l’algorit-mo procede con le operazioni di ranking, selezione, ricombinazione e mutazione fino a che un numero massimo di generazioni non sia stato raggiunto; ovvero `e possibile stabilire che l’algoritmo si arresti non appena uno o pi`u criteri di convergenza siano stati soddisfatti. Sia i l’indice della generazione, M in(i) e

M ean(i) i valore di misfit minimo e medio alla generazione i − esima, i criteri

di convergenza tradizionalmente impiegati sono:

ˆ Perdita di diversit`a genetica: | Mean(i) − M in(i) |≤ 1

ˆ Stazionariet`a dell’evoluzione del Misfit con le generazioni: | Min(i)− M in(i−1)|≤

2.

ˆ Riduzione del misfit fino ad una soglia desiderata Misfit(i)≤ 3.

In questo caso risulta cruciale una scelta appropriata dei parametri 1 2 ed 3

da parte dell’operatore. Tenendo conto della natura stocastica dell’algoritmo, risulta ragionevole fermare l’inversione solo laddove la condizione di convergenza scelta sia soddisfatta entro una tolleranza per un certo numero di generazioni.

(31)

2.2

Analisi statistica dell’ensemble dei

modelli

Il problema inverso cos`ı formulato produce un insieme di modelli che si sup-pone abbia campionato in modo adeguato le regioni dello spazio dei modelli che producono un fit accettabile rispetto ai dati. Un approccio di tipo determinis-tico al problema considera come soluzione il modello cui corrisponde il minimo del misfit; tuttavia, in un’ottica di inversione probabilistica, l’intero ensemble di modelli generati contiene informazioni utili sulla distribuzione dei parametri fisici nel sottosuolo, che possono essere estratti attraverso tecniche di inferenza Bayesiana (Sambridge [21] [22]). In un approccio bayesiano, il modello `e una variabile casuale e la soluzione del problema inverso `e la PPD, ovvero la fun-zione densit`a di probabilit`a a posteriori dei modelli, data dal Teorema di Bayes (Aster [6]):

P P D(m|dobs) =

L(dobs|m)Ppr(m)

k (2.11)

Dove P P D(m|dobs) `e la distribuzione di probabilit`a dei modelli

condiziona-ta all’osservazione del dato dobs, L(dobs|m) `e la funzione di verosimiglianza o

Likelihood, Ppr(m) `e la densit`a di probabilit`a a priori dei modelli e, infine, k `e

una costante di normalizzazione che fa si che l’integrale definito della P P D, dal limite inferiore al limite superiore del dominio , sia pari a 1. Si noti come, nel caso in cui Ppr sia uniforme nel dominio di esistenza della soluzione, la 2.11 si

riduca a:

P P D(m|dobs) =

L(dobs|m)kpr

k (2.12)

Ovvero la P P D `e pari alla Likelihood a meno di un fattore di scala.

La definizione della Likelihood richiede di formulare opportune ipotesi sulla natura del rumore che contamina il dato osservato(Menke [16], Aster [6]). Nel caso di statistica gaussiana la Likelihood prende la forma di una gaussiana M-dimensionale:

(32)

Si noti come l’argomento dell’esponenziale sia il Misfit in norma L2 pesato per

la covarianza del dato e che il massimo della PPD nell’approssimazione della 2.12 corrisponde in questo caso alla soluzione ai minimi quadrati del problema inverso.

Nel caso in cui si supponga una distribuzione del noise a coda lunga, ovvero approssimabile ad una pdf esponenziale simmetrica, si ha, nel caso di rumore incorrelato:

L(dobs|m) = k exp(−

| dobs− G(m) |

σ ) (2.14)

Il cui massimo, ancora nel caso di pdf a-priori uniforme, corrisponde alla soluzione in norma L1 del problema inverso.

I momenti della PPD di interesse per caratterizzare lo spazio dei modelli sono (Sambridge [22]):

ˆ Modello medio a posteriori per il parametro k-esimo ˆ

mk=

Z

P P D(m|dobs)mkdm (2.15)

ˆ Pdf marginali 1D: sono proiezioni della pdf a posteriori in una variabile e permettono una stima visiva della capacit`a di convergenza dell’algoritmo e dell’incertezza associata al singolo parametro

P dfm(mk) = Z .. Z P P D(m|dobs) M Y i=1 dmi∀i 6= k (2.16)

ˆ Pdf marginali 2D: sono proiezioni della pdf a posteriori nel dominio 2D definito da due parametri e consentono una stima visiva della correlazione tra coppie di parametri.

P dfm(mk1, mk2) = Z .. Z P P D(m|dobs) M Y i=1 dmi∀i 6= [k1, k2] (2.17)

ˆ Matrice di covarianza a posteriori: contiene negli elementi diagonali le varianze della stima dei parametri del modello e, negli elementi fuori-diagonale, le covarianze.

Covij =

Z

(33)

ˆ Matrice di risoluzione: `e una misura di quanto l’algoritmo riesce a stimare indipendentemente i parametri del modello; una stima perfettamente un-biased della soluzione si ha nel caso in cui la matrice di risoluzione sia la matrice identit`a (Menke [16], Tarantola [26]).

Res = I − Covprior−1 Covpost (2.19)

Il calcolo degli integrali della PPD, essendo quest’ultima una funzione multi-dimensionale, risulta per`o impraticabile per via analitica, e si fa ricorso quindi a tecniche di integrazione numerica di tipo Monte Carlo.

Consideriamo la forma generale dell’integrale della P P D:

Pg=

Z

c(m)P P D(m)m (2.20)

In cui si `e omesso di indicare la condizionalit`a della pdf e si `e indicato il generico integrando con c(m).

Un’approssimazione della 2.20 attraverso integrazione Monte Carlo `e data da: ˆ Pg= 1 Np Np X i=1 c(mi) P P D(mi) f (mi) (2.21)

Dove Np`e il numero di punti generati in modo random con densit`a di

cam-pionamento f (mi), in cui si approssima la funzione integranda. La 2.21 `e di

fatto una media dei valori di c(mi) pesata per il rapporto tra la funzione densit`a

di probabilit`a e la funzione densit`a di campionamento dell’integrazione Monte Carlo; possiamo quindi riscrivere la 2.21 come:

¯ c = 1 Np Np X i=1 c(mi)w(mi) (2.22) In cui: w(mi) = P P D(mi) f (mi) (2.23)

Nel processo di integrazione Monte Carlo l’errore `e proporzionale al reciproco della radice quadrata del numero di punti campionati ed alla quantit`a σmc =

[ ¯c2− ¯c2](1

2), in cui ¯c2 viene calcolato come:

¯ c2= 1 Np Np X i=1 c(mi) 2 w(mi) (2.24)

(34)

Si ha:

E = √1

Nσmc (2.25)

Durante l’integrazione, il valore di E viene monitorato e l’integrazione procede fino a che non si raggiunga una soglia desiderata (Sambridge [22]).

Nel caso in cui f (mi) = P P D(mi), ovvero nel caso in cui i punti random

generati abbiano una distribuzione uguale alla P P D, la 2.21 si riduce a una semplice sommatoria: ˆ Pg= 1 Np Np X i=1 c(mi) (2.26)

Si parla in questo caso di importance sampling della funzione integranda. La 2.26 rappresenta tuttavia un’approssimazione valida nel caso ideale in cui l’al-goritmo di inversione globale abbia prodotto un’ensemble di modelli con una distribuzione che sia vicina alla pdf a posteriori; nonostante l’algoritmo geneti-co campioni preferenzialmente le zone a pi`u elevata PPD, l’ensemble risultante segue invece in generale una distribuzione ignota.

2.2.1

Stima degli integrali Bayesiani

con Neighbourhood approximation della PPD

Il metodo qui utilizzato per la stima numerica degli integrali bayesiani `e quello dell’integrazione Monte Carlo con importance sampling di una PPD approssi-mata con il metodo Neighbourhood (Sambridge [22]).

L’approssimazione della PPD fa uso delle celle di Voronoi M −dimensionali per definire la regione prima vicina di ciascun modello dell’ensemble, all’interno della quale il valore di P P D `e considerato costante e pari al valore calcolato per il modello stesso. Le celle di Voronoi sono le regioni Nearest neighbour definite, per ciascun campione dell’ensemble di partenza, in termini di distanza L2tra il

modello mk e generico punto x:

k x − mk k= [(x − mk)†CM−1(x − mk)] (2.27)

In cui CM `e una matrice che ha la funzione di riscalare e rendere adimensionale

(35)

costante, si possa usare una matrice dei pesi CM pari alla matrice identita. La

cella di Voronoi intorno al generico campione mk `e data da:

V (mk) = [x |k x − mkk≤k x − mjk]∀j 6= k (2.28)

La trattazione che segue si fonda sull’assunzione che i valori di P P D calcolati per i campioni dell’ensemble di partenza siano rappresentativi della P P D nella propria regione prima-vicina ; sotto quest’ipotesi, si ha:

P P D(m) ' P P Dna(m) (2.29)

In cui P P Dna`e la Neighbourhood Approximation della P P D.

L’algoritmo genera quindi un nuovo insieme di Nr >> N punti di

inte-grazione r, la cui densit`a di campionamento frtende alla P P Dna:

fr(m) ' P P Dna(m) (2.30)

Sotto questa condizione `e possibile applicare la 2.26 modificata come segue:

ˆ Pna= 1 Nr Nr X i=1 c(ri) (2.31)

In cui r sono i modelli appartenenti all’ensemble ricampionato in accordo alla P P D approssimata. Risulta evidente che condizione necessaria affinch`e tale stima sia affidabile, `e che l’ensemble di partenza campioni in modo adeguato lo spazio dei modelli.

Si noti inoltre che il metodo non richiede il calcolo dei valori di pdf dei nuovi modelli generati e che dunque il costo computazionale si riduce a quello necessario a generare l’ensemble ricampionato; quest’ultimo `e espresso da :

tna∝ NrN M (2.32)

In cui Nr `e il numero dei nuovi punti di integrazione, N `e il numero di punti

dell’ensemble di partenza e M `e il numero di gradi di libert`a dello spazio dei modelli (Sambridge [22]).

(36)

Capitolo 3

Inversione Full Waveform

con Algoritmi genetici: test

su dataset sintetici

3.1

Impostazione del problema

3.1.1

Parametrizzazione del modello acustico

Sia dato un modello di velocit`a vero, ovvero un modello con una distribuzione dei valori di velocit`a delle onde di pressione che contenga le alte frequenze spaziali. Chiameremo questo modello HD, ovvero High Definition. L’idea fondante di questo lavoro di tesi `e che esista un modello Low definition che ne descriva le strutture a bassa frequenza, rappresentabile attraverso un numero di parametri ridotto, e che sia possibile ottenere tale modello come risultato dell’inversione con metodi globali della forma d’onda, opportunamente filtrata e pesata.

Distinguiamo, in quest’impostazione, una griglia di inversione, ovvero la dis-tribuzione spaziale del minimo numero di parametri necessari a rappresentare il modello Low Definition, ed una griglia di modeling, che ne costituisce l’in-terpolazione bilineare ad un passo di campionamento pari a quello del modello HD.

Essendo la griglia di inversione svincolata dalle esigenze del modeling, `e possibile parametrizzare il modello di velocit`a in modo da tenere conto delle caratteristiche geologiche note a priori, utilizzando diverse frequenze di campio-namento in X ed in Z; nel caso in esame, trattandosi di test sintetici ed essendo noto il modello di velocit`a vero, progettiamo una griglia di inversione tale da

(37)

riprodurre le strutture geologiche di interesse, ovvero quelle rappresentabili con-tenendo il numero di incognite ad un ordine di grandezza che permetta di non incorrere nel problema della curse of dimensionality.

La griglia di modeling rappresenta invece la distribuzione spaziale dei valori di velocit`a su cui viene calcolato il sismogramma sintetico ed `e legata alla griglia di inversione attraverso un’operazione di interpolazione bilineare. La griglia di modeling deve, a differenza della griglia di inversione, essere tale da rispettare le condizioni di stabilit`a e di accuratezza definite nei paragrafi 1.1.3 e 1.1.2 in accordo alla massima velocit`a e frequenza che ci aspettiamo di introdurre nella simulazione; inoltre, `e soggetta al vincolo ∆Xi = ∆Xj∀i 6= j, ovvero il passo

spaziale della griglia deve essere uguale in ogni direzione.

Si noter`a in seguito come il numero di nodi di una griglia di modeling op-portunamente progettata sia di due ordini di grandezza maggiore del numero di incognite del problema inverso e come dunque l’inversione con metodi direct search in uno spazio dei modelli con tale numero di incognite risulti decisamente pi`u impegnativa e time-consuming.

3.1.2

Formalizzazione del problema inverso

Il dato osservato viene generato sul modello di velocit`a acustico HD. Indichiamo con mtrue il set di parametri che identifica il modello HD e G l’operatore di

forward modeling che approssima l’equazione d’onda alle differenze finite.

dobs= G(mtrue) (3.1)

Il dato predetto `e generato dallo stesso propagatore d’onda G, che opera su un modello Low Definition risultante dall’interpolazione bilineare, tramite l’opera-tore F , del modello in griglia lasca ˆm, che costituisce il vettore delle incognite dell’inversione.

dpre= G[F ( ˆm)] (3.2)

Gli scarti e( ˆm) tra il sismogramma osservato e quello predetto sono funzione di un errore intrinseco, e non eliminabile in fase di inversione, alla parametriz-zazione del modello, ed un errore di predizione del dato funzione non lineare della differenza tra il modello migliore interpolante ed il modello corrente.

(38)

e( ˆm) = G(mtrue) − G[F ( ˆm)] (3.3)

e( ˆm) = (G(mtrue) − G[F ( ˆmbest)]) + (G[F ( ˆmbest)] − G[F ( ˆm)]) (3.4)

Dove con ˆmbest si `e indicato l’interpolante ottimale. Il primo addendo del

ter-mine destro dell’equazione 3.4 `e relativo all’errore di parametrizzazione, sempre presente, anche nel caso in cui ˆm = ˆmbest. Il secondo addendo descrive invece

la componente d’errore strettamente legata al processo di inversione.

Essendo noto mtrue, `e stato possibile ottenere ˆmbest attraverso inversione

tramite algoritmi genetici della relazione mtrue = F ( ˆm) + , con un criterio

a minimi quadrati. Ci`o ha permesso di valutare l’efficacia dell’inversione del sismogramma sintetico monitorando l’evoluzione in funzione delle generazioni del misfit del modello corrente, rispetto al modello migliore interpolante.

L’algoritmo genetico esplora lo spazio dei modelli con una densit`a di campio-namento che iterativamente tende a convergere verso le porzioni cui corrisponde, auspicabilmente, il minimo globale della funzione oggetto, definita come la nor-ma n − esinor-ma, opportunamente pesata e regolarizzata, degli scarti e( ˆm) tra le forme d’onda acustiche.

(39)

3.1.3

Funzionali di misfit utilizzati

Di seguito vengono presentati i funzionali di errore che sono stati oggetto dei test sperimentali di cui si discuter`a nei paragrafi successivi.

Norma L2 pesata (criterio Least square):

EL2(m) = e(m) † Wd†Wde(m) (3.5) Norma L1 pesata: EL1(m) = N X i=1 |e(m)i|wi (3.6)

Si tratta di un criterio di misfit robusto rispetto alla presenza di outlier statistici nel dato e, come vedremo, determina una pesatura degli scarti del sismogramma a lunghi tempi ed offset maggiore rispetto al criterio ai minimi quadrati.

Crosscorrelazione normalizzata alla somma delle energie:

EXcorr= 1 −

2XCobs.pre

ACpre+ ACobs

(3.7)

Rappresenta, pi`u che una misura della distanza tra i vettori dato predetto e dato osservato, una misura della somiglianza tra i segnali e tende a zero nel caso di matching perfetto tra i sismogrammi.

Norma n-esima degli scarti degli inviluppi delle forme d’onda. Sia definita la traccia analitica di u come:

uH = u + iH(u) (3.8)

in cui H(u) `e la trasformata di Hilbert del segnale, ovvero la sua quadratura. Indicando il modulo della traccia complessa 3.8 con η, abbiamo:

eη = η(d) − η(G(m)) (3.9)

La forma generale del funzionale di misfit calcolato rispetto agli inviluppi delle forme d’onda `e:

ELn(m) = N X i=1 (eη(m)i) n wi (3.10)

Si tratta di un funzionale d’errore robusto rispetto agli errori nella stima della fase dell’ondina sorgente.

(40)

3.2

Test di Funzionali di Misfit su una porzione

del modello Marmousi

Sono stati effettuati dei test di inversione del dato sismico sintetico generato su una porzione del modello Marmousi, scelta perch`e strutturalmente complessa e quindi adatta a verificare l’efficacia dell’algoritmo in situazioni geologiche tor-mentate (figura 3.1); le piccole dimensioni del modello sono state scelte in modo da contenere i tempi di calcolo del Forward Modeling. I test sono stati effettuati per valutare l’efficacia di diversi funzionali di misfit, nel caso privo di rumore, in presenza di rumore non-gaussiano, e nel caso di stima errata dell’ondina sorgente. In una prima fase, si `e scelto di rimuovere l’errore di parametriz-zazione, utilizzando come dato osservato il sismogramma calcolato sul modello interpolante ottimo in griglia di inversione, ricampionato in griglia fitta; suc-cessivamente le sperimentazioni sui funzionali di misfit sono state estese al caso generale, in cui il dato osservato `e costituito dal sismogramma calcolato sul modello in alta definizione.

Figura 3.1: La porzione del modello acustico Marmousi utilizzata per i test sintetici

3.2.1

Parametri del Modeling

Il kernel utilizzato per il calcolo dei sismogrammi sintetici `e FullWave3D, un codice alle differenze finite con accuratezza del quarto ordine messo a

(41)

dis-posizione da ENI e originariamente sviluppato dal Dipartimento di Geofisica dell’Imperial College di Londra ( [31]) .

Vengono di seguito riportati i parametri utilizzati nel modeling e nell’acqui-sizione sintetica del campo d’onda acustico del test Small Marmousi. Al fine di simulare un’acquisizione simile a quella utilizzata in sismologia di esplorazione, sorgenti e ricevitori sono stati posti ad una profondit`a di 24 m; i valori in metri riportati sono riferiti ad un’origine posta al bordo sinistro del modello.

ˆ Numero di shot: 16 ˆ Origine degli shot: 360 m ˆ Spaziatura degli shot: 128 m ˆ Numero di ricevitori: 31 ˆ Origine dei ricevitori: 48 m ˆ Spaziatura dei ricevitori: 72 m

ˆ Passo di campionamento spaziale: 24 m ˆ Numero di nodi in orizzontale : 98 ˆ Numero di nodi in verticale : 25

ˆ Passo di campionamento temporale: 1.8 ms ˆ Tempo di registrazione: 1.5 s

ˆ Massima frequenza consentita : 21 Hz ˆ Massima velocit`a consentita : 6600 m/s

L’ondina sorgente utilizzata `e la derivata di una Ricker ed ha una frequenza centrale pari a 10 Hz (figura 3.2), con un’ampiezza di banda tale da non generare, dati i parametri del modeling, fenomeni indesiderati di dispersione numerica (vedi paragrafo 1.1.2).

Per rimuovere i fenomeni di riflessioni ai bordi, la griglia di modeling `e stata espansa con 100 celle a destra, a sinistra e sul fondo del modello, di cui 50 assorbenti; in alto sono state impiegate 30 celle extra, di cui 20 attenuanti. Tali

(42)

Figura 3.2: In alto: ondina sorgente; in basso: spettro di ampiezza. Le oscil-lazioni sinc-like sono dovute alla presenza di uno scalino nel dominio dei tempi, che `e stato rimosso in fase preliminare.

impostazioni rappresentano un compromesso tra le esigenze di attenuazione delle riflessioni ai bordi e quelle di contenimento del costo computazionale. Si noti come l’impiego delle celle assorbenti al top del modello escluda la possibilit`a di multiple free-surface nel sismogramma calcolato: nonostante il modello in esame non contenga uno strato d’acqua che possa generare riflessioni multiple, si `e comunque mantenuta questa condizione al contorno per coerenza con le impostazioni utilizzate nei test successivi sul modello Marmousi.

(43)

3.2.2

Parametri dell’algoritmo genetico

Il modello di velocit`a `e stato parametrizzato con una griglia costituita da 7 nodi in verticale e 9 in orizzontale, per un numero di incognite pari a 63 (vedi figura 3.3); il passo della griglia nella direzione verticale `e pari a 96 metri, mentre in orizzontale la spaziatura `e di 291 metri. Una griglia cos`ı costruita `

e in grado di rappresentare in modo piuttosto accurato la distribuzione della velocit`a delle onde di pressione nel modello e di contenere il numero di gradi di libert`a del problema entro una soglia ragionevole. Di seguito si riportano i parametri dell’algoritmo genetico utilizzato nell’inversione.

ˆ Numero di individui: 240 ˆ Numero di sottopopolazioni: 1 ˆ Numero di generazioni: 80 ˆ Tasso di selezione: 0.8 ˆ Tasso di mutazione: 0.1 ˆ Pressione di selezione: 2 ˆ Ranking: Non lineare

Il dominio di esistenza della soluzione (in figura 3.4) `e stato progettato in modo da contenere il valore di velocit`a di riferimento (mbest, vedi

para-grafo 3.1.2), evitando che questo ricada in prossimit`a dei punti estremi, ovvero al centro dei range. Nel primo caso l’algoritmo di inversione mostra notevoli difficolt`a di convergenza, mentre il secondo rappresenterebbe una condizione estremamente favorevole (vedi paragrafo 2.1.4), ma non realistica, in quanto presupporrebbe una conoscenza a priori del modello di velocit`a. L’ampiezza media dei range `e pari a circa 1200 m/s.

(44)

Figura 3.3: In alto:confronto tra il modello LD e il modello HD ; In basso: con-fronto tra la griglia di inversione 7x9 e la griglia di modeling, ottenuta tramite interpolazione bilineare del modello 7x9 a 25x98

Figura 3.4: I range di esistenza della soluzione per ciascuna colonna della griglia di inversione 7x9, in rosso il valore di riferimento. Si noti come i range non siano centrati rispetto al valore di riferimento.

(45)

3.2.3

Test di convergenza noise-free

Di seguito presentiamo i risultati dei test effettuati sul modello Small Marmousi, in cui il dato osservato `e il sismogramma generato sul modello LD, ovvero mbest

interpolato in griglia di modeling. In questo caso abbiamo quindi rimosso la componente d’errore di parametrizzazione, ponendoci in una condizione ideale in cui, teoricamente, saremmo in grado di giungere ad un misfit sul dato pari a zero. Le sperimentazioni sono state condotte al fine di confrontare le performance di diversi funzionali di misfit (vedi 3.1.3):

ˆ Norma L2 ˆ Norma L1

ˆ Norma L2 degli scarti degli inviluppi ˆ Crosscorrelazione normalizzata

Le prestazioni dell’algoritmo di inversione in questo caso si dimostrano pari-menti apprezzabili con ciascuno dei criteri di misfit testati: la convergenza in prossimit`a del modello ottimale viene raggiunta in tempi ragionevoli. I risul-tati si riferiscono ad esperimenti effettuati impiegando lo stessa popolazione random iniziale, e sono rappresentativi1 del comportamento dell’algoritmo

os-servato negli esperimenti effettuati. Per valutare l’efficacia dell’inversione `e stata monitorata l’evoluzione in funzione delle generazioni del misfit in norma L1 tra il modello migliore ed il modello vero (model misfit, vedi figura 3.9). Nelle figure da 3.5 a 3.8 viene mostrata l’evoluzione del data misfit medio e minimo in funzione della generazione, e la distribuzione spaziale del model misfit del modello finale.

Risulta notevole la performance dell’inversione operata sull’inviluppo delle tracce: nonostante in questo caso venga meno nella funzione oggetto l’infor-mazione di fase sul sismogramma (e quindi, ad esempio, sulla polarit`a delle riflessioni), otteniamo un matching eccellente delle forme d’onda, paragonabile a quello ottenuto tramite inversione della forma d’onda completa (vedi figura

1Dato l’elevato costo computazionale, non `e stato possibile ottenere un campione statisticamente significativo al fine di calcolare media statistica e varianza.

(46)

Figura 3.5: Norma L2. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala semilogaritmica. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

3.10); probabilmente, tuttavia, tale risultato `e da ascriversi in parte all’utiliz-zo di range favorevoli, che rendono meno probabili eventuali misinterpretation della distribuzione di velocit`a.

Si noti, nella tabella seguente, come i valori di model misfit finale ottenuti nei diversi casi siano essenzialmente equivalenti, essendo la differenza tra i risul-tati ampiamente all’interno della possibile variabilit`a statistica dell’algoritmo stocastico.

Obj Fun Final L1 model misfit value [m/s]

L2 47

L1 51

EnvL2 50

(47)

Figura 3.6: Norma L1. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala semilogaritmica. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

Figura 3.7: Norma L2 degli inviluppi. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala semilogaritmica. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

(48)

Figura 3.8: Crosscorrelazione. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala semilog-aritmica. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

Figura 3.9: Evoluzione del model misfit in funzione delle generazioni. Vedi legenda

(49)

Figura 3.10 .

(50)

Figura 3.11: Esempio di common shot contaminato da burst di rumore. .

3.2.4

Test di robustezza a rumore non-gaussiano

Mantenendo il setting sperimentale dei test precedenti, ciascuno dei sedici shot del dato osservato `e stato contaminato con una matrice di noise, costituita da 6 spike posizionati casualmente e convoluti con un’ondina di Ricker con ampiezza paragonabile a quella degli arrivi diretti (figura 3.11). La presenza di trac-ce rumorose nel dato osservato ha determinato un notevole peggioramento della performance dell’inversione in norma L2: come `e noto in letteratura, la soluzione ai minimi quadrati `e particolarmente sensibile alla presenza di outlier statistici nel dato, ovvero ad una distribuzione non gaussiana del noise. L’evoluzione del model misfit, crescente al crescere delle generazioni (figura 3.15), `e indicativa della convergenza ad un minimo locale della funzione oggetto, fenomeno che si manifesta, nell’evoluzione del data misfit, in una convergenza precoce in ter-mini di perdita di diversit`a genetica: la differenza tra misfit medio e minimo tende a zero gi`a a cominicare dalla generazione 30. Un comportamento simile si riscontra anche nel caso di crosscorrelazione normalizzata (figure 3.12 e 3.13). L’inversione in norma L1, si dimostra invece robusta ed il peggioramento delle prestazioni `e contenuto rispetto al caso noise-free. In figura 3.16 si nota come il sismogramma calcolato per il modello soluzione dell’inversione in norma L1 non risenta della presenza nel dato dei picchi di rumore.

(51)

Figura 3.12: Norma L2 con rumore. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala lineare. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

Figura 3.13: Crosscorrelazione con rumore. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala lineare. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

(52)

Figura 3.14: Norma L1 con rumore. A sinistra: evoluzione del data misfit in funzione delle generazioni. In rosso, misfit medio, In blu, misfit minimo, scala lineare. A destra: distribuzione spaziale del model misfit finale in griglia di inversione.

Figura 3.15: Evoluzione del model misfit in funzione delle generazioni: si noti il comportamento robusto al rumore dell’inversione in norma L1 (vedi legenda)

(53)

Figura 3.16: Esempio di common shot : in rosso, calcolato per il modello soluzione dell’inversione in norma L1; in nero, dato osservato

.

Obj Fun Final L1 model misfit value [m/s]

L2 102

L1 63

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