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mos iorns: la variante nulh temps di C è una locuzione temporale che si trova più spesso al plurale (nuls tems), cfr J ENSEN 1994, p 170 – amarai: la rima amara

Scelgo V come testo base, perché più affidabile a livello testuale Già Frank propendeva per la stessa soluzione; più recentemente Magdalena León Gómez

VI. 31 peitz] piegz C 32 n’ai] nay C 34 Ia non s’en] ia nossen C – pesaria·m] pezariam C 36 cui baissei] cuj baissej V, cuy baiziey C

10. mos iorns: la variante nulh temps di C è una locuzione temporale che si trova più spesso al plurale (nuls tems), cfr J ENSEN 1994, p 170 – amarai: la rima amara

: morai rafforza ulteriormente il concetto espresso dal sintagma aman morai. 11. sai e cre: la stessa dittologia sinonimica si trova, invertita, in II, BdT 377.6, v. 3: «que ben cre e sai». – aman morai: lo stesso sintagma si trova, sempre in rima, in VI, BdT 63.4, v. 8: «Aman viu et aman morrai». Si noti che anche in VI morai rima con sai come qui.

12. De Riquer traduce con il congiuntivo come se si trattasse di una forma ottativa: «Pues a ella le place, así me lo conceda», tuttavia acuill non può essere congiuntivo e la traduzione qui proposta sembra più fedele al testo anche perché, diversamente da quella di De Riquer, rispetta il costrutto platz qu(e). Qui il verbo

acolhir (con fonetica catalana) è utilizzato nel costrutto acolhir alc. ren nel senso

di «permettre qc (à qn), concéder qc (à qn)» (DOM, s.v. acolhir, si noti che questo passo di Pons è riportato tra gli esempi del dizionario); più comunemente il verbo si trova utilizzato nella lirica trobadorica nel senso di «recevoir aimablement, montrer sa bienveillance à [l’amoureux courtois]» (DOM, s.v. acolhir) per cui si veda CROPP 1975, pp. 163-168.

13. Cant: si potrebbe anche intendere in senso causale nel senso di ‘visto che…’. – tort ni orguil: cfr. Peirol, BdT 366.11, v. 9: «Si·m fai tort ni·m mostr’ orguoill».

14. m’o vey: il pronome riflessivo si può spiegare considerando che il verbo vezer è usato qui come verbo intellettuale: come illustra Jensen, «un pronom réfléchi est souvent ajouté […] aux verbs intellectuels» (JENSEN 1994, p. 194). – conoiser: in

poliptoto con conosc del verso successivo. Per lo stesso concetto cfr. ad esempio RmMirav, BdT 406.27, v. 21: «e no vuelh conoisser mon dan». La grafia con x è tipica del sistema grafico di V per la sequenza is < SCE, I, esito caratteristico del catalano (cfr. MOLL 2006, § 149, p. 124).

179 15 me fai de be: in antitesi con que·m fay tort del v. 13; de be è complemento partitivo come de yoy del v. 18. La cobla si struttura concettualmente sull’alternanza tra il bene e il male che la donna procura al poeta.

16. Già Frank segnala l’eco di BnVent BdT 70.40, v. 41: «Lo bes e·l mals sia·lh grazitz». Significativi per un confronto sembrano anche questi versi di Raimon Jordan: «e si·m fai be mout en serai joios | e si·m fai mal sufferrai pezansos | grazirai l’o, be e mal, eissamen», BdT 404.11, vv. 29-31 e un verso del catalano Berenguier de Palazol: «e sia en vos que·m fassatz mal o be», BdT 47.4, v. 22 (nell’edizione Asperti di Raimon Jordan si registrano diversi altri luoghi trobadorici dove compare lo stesso concetto qui espresso da Pons: cfr. le note 30 e 31 a XI, BdT 404.11). Si veda anche Sord, BdT 437.23, v. 9-10: «be grazirai doncx, quan venran | los bes, pos los mals grazisc tan». Per un confronto interno al legato lirico di Pons si veda IV, BdT 47.8, vv. 25-26: «tant m’es bel tot can ditz ni fai | que de nuil maltrait no·m sove». – graesc: forma rara, con dileguo della sibilante (< TI), alternativa a grazesc (anch’essa meno comune di grazisc); il fenomeno è tipico del catalano (cfr. Moll 2006, § 182, p. 138). Tratto catalano è anche la sostituzione del suffisso -ĒSCO con -ĪSCO nei verbi incoativi (vd. ZUFFEREY 1987, p. 247 e MOLL 2006, p. 219).

17-18. Il tema dello sguardo della donna che conquista completamente il poeta è topico nella lirica trobadorica. Cfr. per esempio BnVent, BdT 70.15, vv. 46-47: «c’aicel jorns me sembla nadaus | c’ab sos bels olhs espiritaus | m’esgarda» e, per il concetto generale, RicBarb, BdT 421.7, v. 40 «qu’ab esgart venc Amors primeiramen». Frank propone il confronto con questi versi di Bernart de Ventadorn: «Negus jois al meu no s’eschai, | can ma domna·m garda ni·m ve, | que·l seus bels douz semblans me vai | al cor, que m’adous’ e·m reve» (BdT 70.17, vv. 41-44) non solo per il contenuto ma anche per le tangenze lessicali con questa canzone di Pons: si notino i rimanti ve e reve (ai vv. 22 e 23 della nostra canzone), il sintagma

m’adous’ e·m reve, che è simile al sojorn’ e·m reve di Pons, e l’aggettivo douz.

17. C’om peitz me fai: è tipico dell’occitano l’uso di om (on < UNDE, la m si

spiega per l’influenza in fonetica sintattica della labiale successiva) in apertura di locuzioni che contengono una comparazione (peitz, si veda JENSEN 1994, pp. 141- 142): cfr. ad esempio GcFaid, BdT 167.39, v. 40: «on pietz mi fai, la·m fan plus abellir». L’espressione far peitz ritorna al v. 31. Altrove in Pons si trova

180 l’espressione peitz me vai (II, BdT 377.6, v. 11). – oil: < ŎCLU, esito catalano (cfr. MOLL 2006, § 55, p. 85).

20. Costrutto paratattico. Secondo Jensen «il y a couramment parataxe dans la proposition consécutive, facilitée par la présence dans la principale d’un antécédent marquant l’intensité ou la manière» (JENSEN 1994, p. 339); in questo caso si ha si.

– destreinh: < DISTRĬNGERE (cfr. FEW III, p. 101a). Secondo Cropp, nel vocabolario dei trovatori dell’età classica, il verbo destrenher «suggère toujours l’oppression de l’amour et la contrainte physique» (CROPP 1975, p. 294) e può avere come soggetto

o l’Amore o, come in questo caso, la donna. – non ay poder de me: per lo stesso concetto nel corpus lirico di Pons cfr. IV, BdT 47.8, vv. 3-4: «co·m ten Amor en son coman | e con fai de me so que·l plai» e, per la tangenza lessicale, V, BdT 377.7, vv. 27-28: «aixi son apoderatz | non ay poder que·m defenda» (anche in questo caso si ha un costrutto paratattico) e I, BdT 377.4, vv. 34-35: «qu’ieu non ai, tan soi conquis, | poder qu’estiers m’en defenda».

21. soletz: diminutivo non molto diffuso nella lirica dei trovatori; ritorna anche al v. 28; cfr. per un’espressione simile GcFaid, BdT 167.37, v. 44: «q’ieu volria mais totz soletz estar». – m’estau: è in poliptoto con il rimante del v. 6 estai riferito alla donna.

22. pes de leis ab lo cor que sa ve: il ricordo della donna la cui immagine risiede nel cuore del poeta è topos diffuso nella lirica trobadorica; in SQUILLACIOTI 1999,

pp. 365-366 si legge un’ampia campionatura di loci in cui si incontrano espressioni simili. Squillacioti distingue le espressioni ‘occhi del cuore’, ‘vedere col cuore’ e ‘vedere nel cuore’. Questo verso di Pons rientra nella seconda categoria per cui si può confrontare ad esempio il salut d’amor di ArnMar, Tant m’abellis e·m platz, vv. 129-131: «No·s poc de vos partir | Mos cors, don vos remir | En pensan» e BnVent BdT 70.41, vv. 41-42: «Domna, si no·us vezon mei olh, | be sapchatz que mos cors vos ve». – pes: si noti la figura etimologica 22 pes (verbo), 23 pes (sostantivo), 24 pessan.

23. douz pes: lo stesso sintagma in IV, BdT 47.8, v. 35: «s’aquel dolz pes no fos qui m’en secor».

24. cfr. VII, BdT 377.1, vv. 30-31: «que bon es lo parlar e·l dezire, | e bon quan pens de sa valor» e IV, BdT 47.8, vv. 33-35: «mas lo desire es zai ab me, | que·m

181 agra mort lonc temps a de dolor | s’aquel dolz pes no fos qui m’en socor». – mant: la grafia di C manht è quella più diffusa nel canzoniere per la «n mouillé implosif» (ZUFFEREY 1987, p. 147). – iornau: rimante piuttosto raro (lo si trova una volta in

Marcabru, BdT 293.33, v. 53). In VI, BdT 63.4 alla fine di ogni cobla si trova il rimante iorn.

25-26. La lode della donna è topica.

25. Domna: si tratta di uno dei casi nel legato lirico di Pons in cui l’apostrofe alla donna (alla seconda persona) si inserisce bruscamente tra due coblas alla terza persona (cfr. FRANK 1949, p. 282). Situazioni analoghe ricorrono varie volte nelle

canzoni del trovatore; talvolta il brusco passaggio dalla terza alla seconda persona avviene anche all’interno di una stessa cobla come nel caso, ad esempio, di V, BdT 377.7, vv. 37-40 e di VII, BdT 377.1, vv. 17-21. La locuzione e mon cabau (v. 28), che ho tradotto ‘tra me e me’, sembrerebbe suggerire che la sesta cobla sia una sorta di monologo interiore che si sviluppa nel cuore del poeta prendendo come interlocutrice la donna. – manenta: derivato da MANĒRE (cfr. FEW VI/2, p. 185a); si noti l’allitterazione 25 manenta, 26 mentir, mentau.

26. Il verso sembra riecheggiare nel catalano PoOrt, BdT 379.2, vv. 34-35: «qu’ieu non l’am et non la lau | quar la genser qu’hom mentau»; cfr. anche GlSal,

BdT 235.2, v. 19: «la genser es qu’hom mentau». – e, ses mentir: lo stesso sintagma,

nella stessa sede metrica, si trova anche nella dubbia BdT 377.2, v. 31: «e ses mentir negus hom no·us vendria».