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sofer: la variante suefri di C presenta la dittongazione condizionata di O

Scelgo V come testo base, perché più affidabile a livello testuale Già Frank propendeva per la stessa soluzione; più recentemente Magdalena León Gómez

VI. 31 peitz] piegz C 32 n’ai] nay C 34 Ia non s’en] ia nossen C – pesaria·m] pezariam C 36 cui baissei] cuj baissej V, cuy baiziey C

27. sofer: la variante suefri di C presenta la dittongazione condizionata di O

aperta tipica di questo canzoniere (vd. ZUFFEREY 1987, pp. 136-137).

28. que: è riferito ai mals del verso precedente stante che il verbo traire, costruito con mal, significa ‘soffrire’ (cfr. SW VIII, p. 363a). Il legame del relativo con mals isola l’espressione en deport rendendo più probabile l’emendamento e > en. – e

mon cabau: Frank stampa e[n] e glossa correttamente che un sintagma come per cabal, per son cabal o en son cabal «paraît signifier ‘pour sa part’, ‘de son côté’ et

s’accompagne souvent du sens de ‘seul’, ‘individuellement’» (FRANK 1949, p. 315).

Tuttavia, alla traduzione un po’ troppo libera di Frank, «dans ma demeure», è preferibile quella di De Riquer, «en mi mismo». Levy riporta per l’espressione estar

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en son cabal il significato di restare ‘en son particulier, c.-à-dire seul, sans amour’

(SW I, p. 178a). Per l’etimologia si veda FEW II, p. 253b: cabau < CAPĬTĀLIS. 29. L’insensibilità della dama nei confronti del dolore del poeta è lamentata anche altrove da Pons, cfr. I, BdT 377.4, v. 18: «ieu muer, mas a vos non cal»; VIII,

BdT 377.5, v. 35: «e·l guizardos no m’es res mas affans»; V, BdT 377.7, v. 15-16:

«Eu en sofre las dolors | et a leis non es honors».

30. alques de tort: il pronome neutro alques < ALIQUID + S costruito con la

preposizione de + sostantivo indica generalmente una quantità indefinita. Spesso

alques viene anche utilizzato come avverbio modificante un aggettivo nel senso di

‘piuttosto, abbastanza’ (ad esempio, alque lens ‘piuttosto lento’, cfr. JENSEN 1994, p.181). Sia Frank che De Riquer però vi riconoscono qui, probabilmente a ragione, una sfumatura diminutiva: «vous avez quelque peu tort» (Frank), «me parece que sois un poco injusta» (De Riquer). In effetti Pons non biasima mai la donna in modo troppo esplicito. Per lo stesso costrutto sintattico nel corpus del trovatore cfr. VIII,

BdT 377.5, v. 5: «E si·n diray alques de mos talans», dove sembrerebbe potersi

leggere la stessa sfumatura diminutiva.

31. Us lausengiers: l’invettiva contro i malparlieri si trova in altre tre canzoni di Pons sempre nell’ultima cobla (cfr. IV, VI, VII, ossia BdT 47.8, 63.4 e 377.1). La frequenza del termine nelle canzoni del nostro trovatore è assai significativa: i riferimenti ai malparlieri nel suo ridotto canzoniere sono infatti maggiori di quelli che si trovano nei più estesi corpora di Bernart de Ventadorn o di Arnaut de Maruelh. Il corpus di Pons de la Guardia, in questo senso, è uno dei più importanti tra quelli dei poeti del XII secolo per la definizione del concetto stesso di lauzengier nella lirica trobadorica: è assai notevole che le occorrenze del termine nelle canzoni del trovatore siano in tutto 7, mentre, ad esempio, nel legato lirico di Bernart de Ventadorn, ben più vasto, se ne trovino solo 6. Anche in VI e in VII, come qui, il riferimento è a un maldicente in particolare che perseguita il poeta (in IV si parla dei lauzengier al plurale anche se nei due versi finali – vv. 41-42 – si passa al singolare, ma è più probabile che si tratti di un singolare generico in un’espressione di tipo sentenzioso). Nelle quattro occorrenze dell’invettiva contro i maldicenti che si registrano nelle sue liriche Pons, secondo un modulo comune nella lirica trobadorica, dimostra di non badare troppo alle loro maldicenze, nella

183 certezza che le loro malefatte non andranno lontano (cfr. IV, vv. 41-42; VI, v. 46; VII, vv. 39-40). Una simile noncuranza nei confronti dei malparlieri è espressa ad esempio in modo esplicito da PAlv, BdT 323.19, v. 24: «e no mi tenran dan digz durs | d’omes iros | ni lauzengiers lengutz» e da AimPeg, BdT 10.39, vv. 17-19: «De lauzengiers ni de mal parladors | no·m clam de re, ans m’es lurs brutz honors, | per que·l menor de lur digz non desmen». Si noti in particolare che nella canzone VII si trova lo stesso sintagma bon conort che troviamo qui al v. 32, la stessa immagine dell’uccidere e la stessa congiunzione avversativa mas in apertura del verso: «c’aisel me vol de tot en tot ausire. | Mas bon conort n’ai, quan be m’o consire», vv. 39-40. Secondo Frank (cfr. FRANK 1949, p. 268) il maldicente in questione potrebbe essere identificato con uno dei corteggiatori di Marquesa d’Urgel (secondo quanto riferisce Bertran de Born nel sirventese Qan la novella flors par el

verjan, BdT 80.34, vv. 49-52) ossia Raimond Gaucerand de Pinós che si incontra

effettivamente al fianco di Pons in quattro documenti storici: in particolare, è testimone nel documento del 6 febbraio 1180 in cui Pons, su mandato del sovrano, affida a Bernardus de Portella le nipoti di cui aveva ricevuto la tutela dal fratello Raimondo de la Guardia otto mesi prima (ACA, Alf. I, n. 283); è anche tra i testimoni insieme a Pons di un documento della corona d’Aragona del 4 dicembre 1183 che certifica l’omaggio di Guillelmus de Santa Columba al sovrano (LFM, n. 456); lo ritroviamo poi in un documento del 1 dicembre 1184 in cui Pons è chiamato a giudicare una questione di proprietà che coinvolge Raimond Gaucerand e altri nobili locali (Sant Pere de la Portella, pp. 282-284); infine è tra i testimoni di un atto di vendita del 13 aprile 1187 in cui Pons vende al monastero di Santa Creus un maso (Santa Maria de Santes Creus, pp. 410-411). Si tratta nondimeno di un’ipotesi alquanto opinabile: non si deve dimenticare che anche l’identificazione di Marquesa d’Urgel con la donna celata dietro il senhal On-tot-mi-platz per quanto assai verosimile, è ipotetica. Si tratterebbe dunque di ipotesi concatenate. In più, generalmente, nella poesia trobadorica, come spiega Cropp, «le mot désigne un type, un personnage classique et non identifié» (CROPP 1975, p. 245): forse Pons

utilizza il singolare in questo senso. – far peitz de mort: l’espressione far peitz de è da intendersi nel senso di ‘trattare peggio di’ (cfr. AimPeg, BdT 10.32, v. 36: «et

184 ades on pieitz lor fan»). Per un’espressione simile in rima cfr. PVid, BdT 364.6, v. 16: «Pero ieu trac pieitz de mort».

33. il fai que vilans: come spiega Jensen a proposito di un’espressione simile, «il s’agit d’une locution très succinte dans laquelle que sert d’objet» (Jensen 1994, p. 8) mentre vilans funge da soggetto di un faire non ripetuto (l’espressione completa sarebbe ‘fare quello che fa un villano’). Ciò spiega l’impiego del caso soggetto in questo costrutto.

34. non: non si capisce perché De Riquer stampi in questo caso no seguendo