• Non ci sono risultati.

I principi che riguardano la pressione intracranica sono stati riassunti da due medici inglesi, Alexander Monro e Geroge Kellie, in quella che oggi è conosciuta appunto come “teoria di Monro-Kellie” secondo la quale, dopo la chiusura delle suture craniche, “il volume della

scatola cranica risulta immutabile, per cui qualsiasi procedimento che aggiunge volume a questo sistema deve quindi spostare un uguale volume da altre parti del sistema”141,142. Da

ciò deriva che la pressione intracranica rappresenta l’equilibrio della pressione esercitata dai contenuti della scatola cranica, che si comporta come una struttura non espandibile. Se la somma dei volumi di encefalo, CSF e sangue restano costanti questo equilibrio pressorio si mantiene, altrimenti, se il volume di uno solo di questi contenuti aumenta è necessario che il volume di un altro diminuisca per poter mantenere costante il valore di ICP.

In seguito ad un trauma si instaura congestione per l’aumento del volume di sangue all’interno del cranio; l’iperemia può persistere per alcuni giorni dopo l’evento traumatico ed è dovuta alla vasodilatazione necessaria per il mantenimento di un flusso ematico costante143,144.

31

Come anticipato, l’aumento dei valori di pressione del CSF oltre i 20 mmHg è definita ipertensione endocranica. Tale condizione è una delle complicanze più frequenti del trauma cranico, comparendo nel 45-80% dei casi di TBI e correlando direttamente con l’outcome del paziente145,146,147.

L’aumento della pressione intracranica può essere determinato direttamente da stravaso ematico, e quindi da ematomi o emorragie, o dalla formazione di edema cerebrale, in grado di mantenere l’incremento della ICP anche dopo le prime ore dal trauma. L’edema cerebrale è riportato nel 60% dei pazienti con ematoma post-traumatico e nel 15% dei pazienti senza lesioni occupanti spazio148.

Tipicamente l’edema cerebrale può essere diffuso o localizzato e la sua presenza costituisce un fattore di rischio indipendente di incrementata mortalità e morbilità dopo un trauma cranico149.

Dal punto di vista fisiopatologico si distinguono almeno due forme di edema cerebrale: quello vasogenico e quello citotossico.

Il primo si associa frequentemente alla presenza di focolai contusivi o ematomi150,151,152 ed è la conseguenza di un danno diretto ed indiretto a livello endoteliale, tale da determinare un’alterazione della permeabilità cerebro-vascolare. Dagli astrociti e dalle cellule endoteliali, infatti, vengono rilasciate citochine proinfiammatorie quali il TNF-α, IL-6 e IL- β-1 in grado di danneggiare ulteriormente la barriera emato-encefalica. Come conseguenza si ha l’ingresso di potassio, e dunque di acqua, dal compartimento ematico verso il parenchima cerebrale. Il danno delle cellule neuronali determina anche la liberazione di proteine intracellulari nell’interstizio del parenchima cerebrale, che incrementano ulteriormente il gradiente osmotico favorevole all’ingresso di acqua verso il parenchima cerebrale.

La forma citotossica, invece, rappresenta la forma precoce di edema che si instaura in seguito ad ischemia post-traumatica e ad ipossia tissutale153,154. Esso è dovuto ad un’alterazione nei normali processi metabolici della cellula con secondaria disfunzione dei sistemi di trasporto transmembrana degli ioni sodio e potassio, i quali sono necessari per mantenimento delle differenze ioniche tra plasma e parenchima cerebrale. La massiccia liberazione di glutammato indotta dal trauma cranico riveste un ruolo fondamentale nell’attivare i canali EAAT1/2, che fungono da trasportatori dello ione sodio. La mancata o ridotta fuoriuscita del sodio dalle cellule richiama acqua verso il compartimento intracellulare con conseguente rigonfiamento della cellula stessa.

Esistono varie metodiche invasive e non invasive per il monitoraggio della pressione intracranica. Tra le metodiche non invasive vi sono l’ecocolorDoppler transcranico, la misurazione del diametro del III ventricolo e l’oftalmodinamometria.

Le metodiche invasive sono rappresentate dal posizionamento di cateteri intracranici (subdurali, subaracnoidei, intraventricolari, intraparenchimali) e dall’esecuzione di puntura lombare con manometria. Quest’ultima metodica non è di scelta in quanto non è precisa né accurata poiché lo spazio subaracnoideo spinale può essere isolato da quello sovratentoriale in caso di ostruzione delle vie liquorali a livello dell’incisura tentoriale. Tra i vari tipi di cateteri, invece, sarebbero da preferire quelli intraventricolari, in quanto essi rendono

32

possibile anche la deliquorazione, quando necessaria. Questi dispositivi, d’altro canto, espongono ad un maggior rischio di infezioni e risultano più difficili da posizionare.

Le indicazioni al monitoraggio invasivo della ICP sono155: 1) trauma cranico severo (GCS score ≤ 8) con:

- TC encefalo senza mdc anormale all’ammissione (ematomi, focolai lacero- contusivi, edema, segni di compressione delle cisterne della base cioè II-III- IV stadio della scala di Marshall)

o

- TC senza mdc normale ma in presenza di più di due condizioni tra: età > 40 anni, PAS < 90 mmHg, posizione di decerebrazione o decorticazione o

anomalie pupillari

2) trauma cranico severo che richieda la sedazione del paziente (coma indotto) 3) politrauma con alterato livello di coscienza

Normalmente non vi sono rigidi limiti temporali per il mantenimento del catetere, di solito la durata è condizionata dall’evoluzione del quadro clinico del paziente. Le complicanze più frequenti della misurazione invasiva della ICP sono rappresentate da emorragie, infezioni (1% dei pazienti), ostruzioni del catetere o malposizionamento.

Il trattamento medico in caso di sospetta ipertensione endocranica, in attesa di posizionare un catetere, si fonda sulla somministrazione di diuretici osmotici (mannitolo), sull’induzione di iperventilazione (riduzione della ICP mediata dalla vasocostrizione indotta dall’ipocapnia) e, in casi selezionati e refrattari alla suddetta terapia, sulla somministrazione di barbiturici, in particolare tiopentone.

A livello clinico, l’edema cerebrale e l’ipertensione endocranica inducono nei casi più severi una vera e propria erniazione cerebrale, in quanto quando la ICP diviene incontrollabile la massa cerebrale è infatti spinta attraverso i fori della base del cranio. L’erniazione cerebrale può presentarsi da pochi minuti ad alcuni giorni dopo il trauma e, se non trattata tempestivamente trattata, conduce il paziente al decesso nella totalità dei casi.

33

Figura 10. Complicanze sistemiche del trauma cranico (tratto da Systemic complications of traumatic brain

injury, Wijayatilake, Dhuleep S.; Sherren, Peter B.; Jigajinni, Suyogi V. Current Opinion in Anesthesiology28 (5):525-531, October 2015.)

Documenti correlati