3. Test di laboratorio per la ricerca delle catene leggere libere
4.2 Iperviscosità in Ipergammaglobulinemia trattata nelle Linee Guida ASFA 2019
La viscosità del sangue intero varia in funzione dell'ematocrito, dell'aggregazione dei globuli rossi, delle proteine plasmatiche e delle interazioni tra il sangue e la parete dei vasi sanguigni. All'aumentare della viscosità del sangue sia accompagna un aumento non lineare dello stress di parete (shearstress) nei piccoli vasi sanguigni, in particolare a basse velocità di taglio iniziali, produce danni al fragile endotelio venoso come quello dell'occhio e di altre mucose[110]. La sindrome da iperviscosità (HVS) si riferisce alle sequele cliniche causate dall’iperviscosità plasmatica che altera la fisiologia del flusso ematico, più comunemente si osserva nella Macroglobulinemia (WM) di Waldenström associata a IgM monoclonale o, meno frequentemente, con mieloma multiplo (MM) associato a IgA monoclonale o IgG3 [111].
Fra i segni di HVS sono inclusi cefalea, vertigini, nistagmo, perdita dell'udito, disturbi della vista (emorragia / distacco della retina), sonnolenza, coma e convulsioni. Altre manifestazioni includono insufficienza cardiaca congestizia (correlata alla sovra espansione del volume plasmatico), compromissione respiratoria, anomalie della coagulazione, anemia, affaticamento, polineuropatia periferica e anoressia [112]. Quando la proteina IgM associata a WM supera una concentrazione di 4 g / dL, la viscosità plasmatica relativa può superare 4 centipoise (cp; rispetto all'acqua: intervallo normale, 1,4-1,8 cp) e possono verificarsi HVS [113]. La misurazione della viscosità sierica non correla con i sintomi clinici dei pazienti. La maggior parte dei pazienti divengono sintomatici quando
44 raggiungono valori di 6-7 cp. L'HVS si presenta in MM con 6-7 g / dl di IgA monoclonale o 4 g / dL di IgG3 monoclonale nel plasma.
L'attuale standard di cura per HVS è il plasmaexchange al fine di rimuovere la paraproteina. La diagnosi precoce, che di solito può essere fatta dall'esame funduscopico, è cruciale per prevenire un'ulteriore progressione. Il PEx è preferibile che sia eseguito non appena viene fatta la diagnosi di HVS [114]. Il PEx non influisce sull’eziopatogenesi, pertanto la chemioterapia sistemica o l'immunoterapia devono essere iniziate subito dopo il PEx poiché i livelli sierici di IgM torneranno al basale in 4-5 settimane.[115] I pazienti con WM sono generalmente gestiti usando un approccio adatto al rischio di recidiva. I pazienti con sintomi soggettivi, compromissione ematologica e malattia “bulky” (lesione di diametro massimo superiore o uguale a 10 cm) devono essere trattati con la chemioterapia +/- immunoterapia. È raccomandata una combinazione di bendamustina e rituximab come terapia di prima linea per le malattie “bulky”, mentre il desametasone-rituximab-ciclofosfamide è stata suggerita come alternativa, specialmente nel contesto di malattie non “bulky” [116]. Altri protocolli includono inibitori del proteasoma (bortezomib e carfilzomib), analoghi nucleosidici (fludarabina e cladribina) e ibrutinib. Per i pazienti con funzione ematologica conservata e gammopatia monoclonale IgM di significato indeterminato (MGUS) (<10% infiltrazione del midollo linfoplasmatico) è più appropriato seguirli nel tempo. Le pazienti in gravidanza che non sono idonee a ricevere una terapia sistemica possono essere avviate al PEx.
LA PEx è stata usata con successo dalla fine degli anni '50 e ha dimostrato di invertire prontamente la retinopatia e altre manifestazioni cliniche di HVS [117]. Le IgM sono intravascolari all'80% e la viscosità sierica aumenta rapidamente con l'aumentare dei livelli di IgM. Pertanto, una riduzione relativamente piccola della concentrazione di IgM ha un effetto significativo sulla riduzione della viscosità sierica [118]. Il PEx riduce la viscosità del 20-30% per trattamento. Un aumento transitorio del livello di IgM dopo terapia con rituximab è stato riportato nel 30-70% dei pazienti entro 4 settimane dall'inizio del trattamento. Il PEx deve essere utilizzato prima di somministrare rituximab se la viscosità sierica > 3,5 cp o livello di IgM > 4 g / dL [119]. La malattia di von
45 Willebrand acquisita è stata segnalata in WM. Bassi livelli di fattore di von Willebrand sono associati a una maggiore concentrazione di IgM e HVS [120]. Non è noto se i pazienti con proteine IgM con attività autoanticorpale e conseguente danno d'organo immuno-mediato debbano ricevere PEx più aggressivo.
Sono state descritte tecniche di filtrazione a cascata e filtrazione su membrana che possono avere un'efficacia simile al PEx nella rimozione della proteina M [121]. I protocolli di trattamento con PEx prevedono che la sua frequenza vari da giornaliero 1 PEx a giorni alterni fino alla scomparsa dei sintomi acuti (generalmente 1-3 procedure). Si raccomanda il monitoraggio clinico, la viscosità e i livelli di IgM durante il trattamento per determinare il proseguimento del PEx. Il recupero funzionale della retina in pazienti con WM e sottoposti a PEx può avvenire già dopo un singolo trattamento. La definizione di un programma di mantenimento (1 PEx/7-30gg) si basa sull’andamento del quadro clinico con particolare riferimento alla funzionalità della retina e può configurarsi come terapia di mantenimento della stabilità clinica durante l'avvio della chemioterapia +/- immunoterapia. Il PEx ha indicazioni di profilassi se è eseguito per ridurre o mantenere le IgM a <4 g / dL prima della terapia con rituximab [122].
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SCOPO DELLA TESI
• Lo scopo del nostro studio è studiare le discrepanze dei dosaggi delle catene leggere libere con i due reattivi in un caso clinico di discrasia plasmacellulare non mielomatosa durate il trattamento con il plasmaexchange.
• Un altro obbiettivo è stato quello di capire anche l’andamento delle IgM durante terapia aferetica.
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MATERIALI E METODI
La paziente si presenta il giorno 26 gennaio 2018 presso il Centro di Medicina Trasfusionale e Biologia dei Trapianti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, e dopo avere effettuato la prima visita con una accurata anamnesi, esame obiettivo, ed emocromo di controllo la paziente inizia il trattamento con PlasmaExchange bisettimanale, scambiando 1 volemia/seduta con Albumina al 5%, riservando l’uso del plasma all’eventuale compenso delle alterazioni coagulative.
In occasione delle sue sedute dall’8 aprile fino al 24 luglio vengono raccolti dei campioni di plasma prima e dopo la PEx sui quali abbiamo eseguito ulteriori analisi. Viene raccolto anche un campione di urina durante le sedute di aferesi. Il campione di sangue in provetta con EDTA da 9 ml viene prelevato prima della terapia aferetica e mentre l’altro campione di sangue sempre in provetta con EDTA viene prelevato subito dopo aver finito lo scambio plasmatico. I due campioni vengono centrifugati a 3500 g per 15 minuti a temperatura ambiente, poi il plasma è stato aliquotato e conservato a -20°C.
Elettroforesi delle sieroproteine
L'elettroforesi delle sieroproteine è un esame eseguito praticamente in tutti i laboratori clinici, rappresentando l'indagine di laboratorio necessaria per la rilevazione di una componente monoclonale. L'elettroforesi capillare, oltre a presentare vantaggi pratici quali la possibilità di un'elevata automazione, si è dimostrata capace di fornire un'accurata stima delle frazioni proteiche. Nella elettroforesi capillare la separazione delle frazioni proteiche avviene in un capillare di silice, riempito di una soluzione tampone a cui è applicato un voltaggio molto elevato che riduce il tempo di migrazione a pochi minuti. Le proteine sono poi rilevate e quantificate mediante misura diretta della loro assorbanza alla lunghezza d'onda di 214 nm. Con la tecnica dell’elettroforesi le proteine sieriche vengono separate in 5 frazioni principali: albumina, α1-globuline, α2-globuline, β-globuline e γ-globuline. L’elevata risoluzione della elettroforesi capillare consente di separare entro la frazione
48 β- due frazioni denominate β-1 e β-2. L’interpretazione clinica del grafico elettroforetico si basa sulla variazione del contenuto di una o più delle 5 frazioni maggiori e sull’analisi visiva del risultato al fine di riscontrare eventuali alterazioni patologiche rispetto al tracciato normale. Presso il laboratorio dello studio delle elettroforesi viene utilizzato il CAPILLARYS 3 TERA della Sebia che offre una produttività ancora più elevata grazie ai suoi 12 capillari in silice.
Immunofissazione Siero
La tipizzazione immunologica della componente M è accompagnata dall’immunofissazione delle sieroproteine che non solo conferma l’esistenza della componente monoclonale ma definisce la tipologia della componente monoclonale poiché identifica il tipo di catena pesante e/o di catena leggera presenti nella componente monoclonale. Per effettuare la immunofissazione il siero del paziente viene applicato su più corsie di un gel di agarosio, e dopo l’elettroforesi, su ogni singola corsia del gel sono aggiunti degli specifici antisieri anti-catena leggera e anti-catena pesante. Questi antisieri sono tipicamente rivolti contro le IgG, IgM, IgA, le catene leggere di tipo ĸ e λ, sebbene possano essere utilizzati anche altri antisieri contro le componenti monoclonali meno comuni, le IgD e le IgE. È inoltre presente nel gel una corsia, utilizzata successivamente come confronto con le corsie adiacenti, in cui viene applicato il siero del paziente e dopo la migrazione delle sieroproteine, esse vengono fissate con un fissativo acido che permette la loro visualizzazione in bande analoghe alla separazione ottenuta tramite la elettroforesi. Dopo la rimozione degli antisieri il gel viene lavato con una soluzione di lavaggio e colorato con il violetto acido.
Elettroforesi su gel di poliacrilammide (SDS-PAGE)
L’elettroforesi su gel di poliacrilammide in presenza di sodio dodecilsolfato (SDS-PAGE) viene utilizzata per l’analisi qualitativa di miscele proteiche consentendo di separare le proteine in base al loro peso molecolare mediante la loro migrazione attraverso le maglie di un gel di poliacrilammide sotto l’influenza di un campo elettrico. Ciò è consentito dalla preparazione del campione con un
49 tampone di caricamento contenente sodio dodecilsolfato (SDS), un detergente anionico capace di complessarsi alle proteine (una molecola di SDS ogni due residui amminoacidici) conferendo loro una carica netta negativa costante per unità di massa. In queste condizioni tutte le proteine della miscela sono completamente denaturate permettendo quindi la loro separazione solo in base al loro peso molecolare. Il tampone di caricamento presente nel campione contiene inoltre un tracciante colorato ionizzabile (blu di bromofenolo) che permette di seguire l’andamento della corsa elettroforetica, e glicerolo che aumenta la densità del campione e quindi consente la sua deposizione sul fondo del pozzetto di caricamento. Il gel di poliacrilammide è formato da un gradiente discontinuo di due gel a pH e concentrazioni di acrilammide diversi: un gel superiore di impaccamento (stacking gel) e uno inferiore dove avviene la separazione delle proteine (resolving gel). Per i campioni di plasma e quelli delle urine è stato utilizzato un gel al 12% per separare e mettere in evidenzia proteine con pesi molecolari tra i 10 e i 150 kDa.
Ogni esperimento ha previsto la realizzazione di due gel: uno adibito alla colorazione con blu di Coomassie per la visualizzazione di tutte le proteine presenti nel campione e l’altro gel adibito al trasferimento delle proteine su una membrana di nitrocellulosa per la preparazione di un Western Blot. È stato prima preparato il resolving gel aggiungendo all’interno di una provetta:
- 1,675 ml di H2O
- 1,250 ml di Tris HCl 1,5 M, pH 8,8 - 0,050 ml di SDS 10% w/v in H2O
- 2 ml di Acrilamide/Bisacrilamide 30%
- 0,025 ml di persolfato di ammonio (APS) 10% w/v H20
- 0,005 ml di Temed
La soluzione è stata colata con l’aiuto di una pasteur tra due lastre di vetro separate da due spaziatori dello spessore di 0,75 mm fino ad un’altezza di 5,2 cm. Dato che la polimerizzazione
50 dell’acrilammide è un esempio di catalisi radicalica ed è una reazione esotermica, sulla superficie del gel di separazione è stato depositato un sottile strato di butanolo saturo in acqua in modo tale da isolare la superficie dal contatto con l’ossigeno che potrebbe interferire con la polimerizzazione; inoltre il butanolo permette di livellare la superficie del gel. Il gel è lasciato a polimerizzare per 45 minuti temperatura ambiente. Dopo la polimerizzazione, il butanolo è stato rimosso e sul gel di separazione è stata colata la soluzione per il gel di impaccamento. La miscela per due gel si ottiene miscelando:
- 3,05 ml di H2O
- 1,25 ml di Tris-HCl 0,5 M, pH 6,8 - 0,1 ml di SDS 10% w/v in H2O
- 0,65 ml di Acrilamide/Bisacrilamide 30%
- 0,025 ml di persolfato di ammonio (APS) 10% w/v in H2O
- 0,005 ml di Temed
Immediatamente dopo aver colato la soluzione per il gel di impaccamento è stato posizionato un pettine dello stesso spessore degli spaziatori, che, successivamente alla polimerizzazione del gel, viene rimosso. In corrispondenza dei denti del pettine si ottengono i pozzetti per il caricamento dei campioni.
Preparazione dei campioni per l’elettroforesi
Per ciascun campione è stata scongelata un’aliquota di campione che è stata sottoposta a centrifugazione a 5000g per 10 minuti a 4°C. In base al risultato semi-quantitativo dell’immunofissazione, si è deciso di caricare un volume di 10 µL.
Una volta caricati i campioni, in entrambi i gel, la corsa elettroforetica è stata eseguita con un voltaggio costante a 200 V per circa 50 minuti; la camera elettroforetica è stata riempita con una
51 soluzione tampone (running buffer), costituita da Tris-Base 25 mM, glicina 192 mM e SDS 0,1% w/v che garantisce la continuità elettrica.
Al termine della corsa elettroforetica il gel adibito per la colorazione è stato rimosso dai vetri e immerso in una soluzione colorante, il blu di Coomassie 0.25% in H2O, acido acetico e metanolo nelle proporzioni 5:1:5, per circa 30 minuti in lieve agitazione. Il colorante in eccesso è stato recuperato e il gel è stato sottoposto a lavaggi successivi in soluzione decolorante costituita da H2O, acido acetico e metanolo nelle proporzioni 5:1:5. Il colorante che non si è legato alle proteine del gel viene rimosso e si rendono visibili le proteine come bande blu sullo sfondo trasparente del gel.
Il gel da utilizzare nella procedura di trasferimento delle proteine su una membrana di nitrocellulosa (per il Western-blotting) è stato messo ad equilibrare nel tampone di trasferimento (Tris-Base 25 mM, glicina 192 mM, metanolo 20%) per circa 10 minuti per eliminare l’eccesso di SDS presente nel gel.
Western Blot
La tecnica SDS-PAGE è una delle tecniche più utilizzate per l’analisi e la caratterizzazione di miscele proteiche; essa tuttavia offre informazioni limitate rispetto all’identità delle proteine, aspetto superato mediante il trasferimento elettrico delle proteine separate nel gel su di una membrana, di solito nitrocellulosa, sulla quale si procede alla rilevazione immunologica per mezzo di anticorpi specifici.
Dopo la corsa elettroforetica, il gel di acrilamide è stato tolto dalla camera elettroforetica e immerso nel tampone di trasferimento per 10 minuti. A parte sono stati equilibrati in tampone di trasferimento anche la membrana di nitrocellulosa, due fogli di carta assorbente e le spugnette che serviranno per la composizione del sandwich che, racchiuso tra due supporti di plastica perforati, è inserito nell’apparecchio di trasferimento riempito di tampone. Il trasferimento è stato eseguito ad una corrente costante di 200 mA per 1 ora e 30 minuti. Al termine, il sandwich è stato smontato e la
52 nitrocellulosa è stata incubata con una soluzione bloccante di latte scremato in polvere al 5% (w/v) in tampone fosfato di Dulbecco contenente tween-20 0.01% v/v (PBS-T) per 1 ora a temperatura ambiente in lieve agitazione in modo tale da bloccare tutti i siti di interazione idrofobica presenti sulla nitrocellulosa. Dopo tre lavaggi in PBS-T la nitrocellulosa è stata incubata per tutta la notte a 4°C, in leggera agitazione, con una soluzione di anticorpo primario diretto contro la proteina di interesse. Per rilevare le FLC-κ è stato usato un anticorpo anticatene leggere di tipo κ diluito 1:1000 in PBS-T. Entrambe le preparazioni sono anticorpi policlonali ottenuti in coniglio (Siemens Healthineers, Italia).
La mattina successiva la soluzione di anticorpo primario è stata recuperata e conservata in frigo alla temperatura di 4°C mentre la nitrocellulosa è stata lavata con PBS-T per rimuovere l’anticorpo primario in eccesso. Per visualizzare il legame proteina-anticorpo primario, la nitrocellulosa è stata incubata per 1 ora a temperatura ambiente con un anticorpo secondario coniugato con la perossidasi di rafano (Anti-Rabbit IgG HRP-linked, Cell Signaling) diluito 1:5000 in PBS-T con 2,5% w/v di latte scremato in polvere. I complessi antigene-anticorpo sono stati visualizzati mediante una reazione di chemiluminescenza. Per ottenere ciò, la nitrocellulosa è stata incubata per 1 minuto con una soluzione di un substrato chemiluminescente (BM chemiluminescence blotting substrate, Roche Diagnostics) per la perossidasi. Il segnale che si sviluppa è stato acquisito con lo strumento Chemi Doc (Bio-Rad) dotato di una telecamera digitale.
Nefelometria
La Nefelometria è una tecnica automatizzata di analisi quantitativa in fase liquida che permette la quantificazione di specifiche proteine presenti in un campione biologico mediante reazione immunochimica. Si basa sulla formazione di complessi antigene-anticorpo, che diffondono, proporzionalmente alla loro quantità, un raggio di luce. Il campione da analizzare, contenente l’antigene da ricercare, opportunamente diluito viene aggiunto alla cuvetta di reazione contenente la soluzione con l’anticorpo specifico, fornito dalla ditta. L’antigene, se presente, reagisce con
53 l’anticorpo specifico, portando alla formazione di un immunocomplesso. Al termine della reazione si procede alla valutazione della luce diffusa dalla sospensione a 90° rispetto a quella della radiazione incidente effettuando così la misura nefelometrica. La lunghezza d’onda del raggio incidente utilizzato dallo strumento durante questo lavoro è di 840 nm. La distribuzione dell’intensità della luce diffusa dipende dal rapporto tra le dimensioni delle particelle dei complessi antigene-anticorpo e dalla lunghezza d’onda di lettura. L’intensità della luce diffusa misurata è, in condizioni controllate, proporzionale alla quantità di complessi antigene-anticorpo nel campione. Con un calibratore, fornito dalla ditta, contenente una quantità nota di analita, viene creata una curva di calibrazione sulla quale vengono valutati i segnali della luce diffusa dagli immunocomplessi in modo da ricavare la concentrazione degli antigeni. Per la quantificazione delle catene leggere libere κ e λ, sia in campioni di siero sia in quelli di urina, è stato utilizzato il nefelometro BNII della ditta Siemens Healthineers. Il dosaggio delle FLC κ e λ è stato eseguito sia con il reattivo Freelite (The Binding Site) costituito da una preparazione di anticorpi policlonali specifici per le FLC, sia con il reattivo per le catene leggere totali (Siemens Healthineers). La miscela di anticorpi policlonali presenti in quest’ultimo permette il riconoscimento sia delle FLC sia delle catene leggere legate alla catena pesante dell’immunoglobulina.
Spettrometria di massa
L’uso della spettrometria di massa per la misurazione della componente monoclonale si basa sull’assunto che la massa molecolare delle singole proteine monoclonali possa essere utilizzata in sostituzione del pattern elettroforetico, per l'identificazione delle CM. In particolare, il riconoscimento di una singola immunoglobulina, nella sua componente costituita dalla catena pesante e dalla catena leggera, avviene tramite la sua unica sequenza aminoacidica e, pertanto, determinata massa molecolare. La massa molecolare permetterà di identificare la CM stessa anche nei successivi monitoraggi del paziente. In presenza di una proteina monoclonale, la massa molecolare della stessa, valutata con spettrometria di massa può essere distinta dal background policlonale. Nel nostro caso
54 abbiamo sottoposto l'urina della paziente contenente catene leggere libere alla Cromatografia liquida- spettrometria di massa (LC/MS). È una tecnica analitica basata sull'utilizzo della cromatografia liquida insieme alla spettrometria di massa. La LC-MS combina il potere di separazione della cromatografia dei materiali ad alto peso molecolare con la capacità dello spettrometro di massa di identificare in modo selettivo e confermare l'identifica molecolare. Esistono diversi metodi per interfacciare la cromatografia liquida alla spettrometria di massa, ma è stato l’accoppiamento con la sorgente di ionizzazione electrospray a rendere la tecnica LC-MS una procedura abbastanza sensibile per analizzare peptidi e proteine in studi di proteomica. La ionizzazione electrospray viene prodotta tramite l’applicazione di un’intensa differenza di potenziale all’estremità di un capillare attraverso il quale si ha il flusso della soluzione contenente l’analita. La nebulizzazione ed il processo di evaporazione del solvente vengono coadiuvati da due flussi di gas inerte, solitamente azoto. Un flusso è coassiale al flusso dell’analita (chiamato nebulizer), l’altro invece è controcorrente rispetto al flusso dell’analita e riscaldato (chiamato drying gas). Attraverso tali flussi gli ioni si formano in soluzione e passano in fase gassosa grazie alla differenza di potenziale applicata.
Sistemi SpectraOptia della TERUMO BCT
La paziente di questo caso clinico presenta un iperviscosità plasmatica, con alterazione del campo visivo, dovute ad iperIgM. Per migliorare i sintomi e per ridurre i livelli di IgM la paziente è stata sottoposta a trattamento con plasmaexchange bisettimanale, scambiando 1 volemia/seduta con Albumina al 5%, riservando l’uso del plasma all’eventuale compenso delle alterazioni coagulative. I trattamenti aferetici sono stati eseguiti presso la U.O. di Medicina Trasfusionale e Biologia dei Trapianti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa. Il plasmaexchange è stato effettuato con metodica Spectra Optia delle dita Terumo. Questo sistema avanzato utilizza una tecnologia di centrifugazione a flusso continuo ed il controllo della separazione degli emocomponenti tramite rilevamento ottico, fornendo agli operatori la possibilità di eseguire un'ampia varietà di procedure di aferesi su un'unica piattaforma [106]. L’interfaccia touch-screen del sistema Spectra Optia consente
55 all’operatore di interagire con l’apparecchiatura. L’operatore segue le istruzioni a video per immettere i dai del paziente e quelli procedurali, per caricare ed effettuare il priming del circuito e per effettuare le procedure di individuazione e di risoluzione dei guasti. Al termine della procedura, il sistema