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1.4 Metodologia di analisi

2.1.3 Irrigazione collettiva

L’area di studio presenta un’idrografia molto variegata, caratterizzata da una notevole disomogeneità dei bacini idrografici e da corpi ricettori finali distinti, rappresentati dal Mar Ligure e Tirreno, nel versante occidentale, Mar Adriatico in quello orientale (Autorità di bacino del fiume Arno, 2010).

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In origine, la pratica irrigua nel territorio del Distretto idrografico dell’Appennino Settentrionale era concentrata nelle aree di pianura, caratterizzate da una buona disponibilità di acque sotterranee. Nel tempo, a seguito della realizzazione di opere di bonifica idraulica, l’irrigazione si è diffusa come pratica stabile in diverse aree del territorio del Distretto, soprattutto in quelle pianeggianti romagnole e toscane (Zucaro e Furlani, 2009; Zucaro e Tudini, 2008; Zucaro e Arzeni, 2009). Dopo la prima era industriale, infatti, con l’avvento dei motori, le opere di bonifica e di derivazione dai fiumi divennero molto diffuse, ampliando l’estensione dei terreni coltivabili ed incentivando l’adozione di colture e pratiche irrigue allora innovative.

Nonostante l’irrigazione collettiva, soprattutto nel secondo dopoguerra, abbia subito uno sviluppo considerevole, il territorio del Distretto è ancora fortemente interessato dalla diffusione di irrigazione a carattere autonomo, diffusa soprattutto nei bacini minori liguri, in Toscana e nei territori romagnoli. Gli attingimenti, per i quali data la natura autonoma non esistono informazioni sui volumi prelevati, sono rappresentati, in prevalenza, da pozzi.

Negli ultimi anni l’aumento della variabilità climatica ha posto in risalto la necessità di adeguare la rete irrigua esistente alle nuove esigenze irrigue e di espandere l’irrigazione collettiva nel territorio oggetto di analisi, al fine di garantire continuità alla fornitura di acqua irrigua e di limitare il fenomeno del prelievo eccessivo delle acque di falda che generalmente si verifica nella stagione irrigua contribuendo ad alimentare il fenomeno dell’intrusione del cuneo salino nelle aree agricole litoranee (Zucaro, 2011).

Nel territorio del Distretto attualmente sono presenti e operanti 12 Enti irrigui. I più rilevanti, in termini di estensione delle strutture e di volumi prelevati, sono: il Canale Lunense, i Consorzi di Bonifica Versilia Massaciuccoli e Val di Chiana Aretina e la Grossetana, nei territori tirrenici, gli Enti Renana, Bonifica della Romagna e Integrale Fiumi Foglia, Metauro e Cesano, nel versante adriatico.

La rete irrigua principale, che comprende l’adduzione primaria dall’opera di presa e la rete secondaria originata dalla prima ripartizione della primaria, serve una superficie attrezzata di circa 136.000 ettari. Considerando le componenti primarie e secondarie, complessivamente si estende per 1.049 km (sia con funzione di bonifica che di irrigazione) e in larga prevalenza è costituita da canali a cielo aperto, soprattutto nelle aree a storica vocazione irrigua; qui infatti, l’importante opera di bonifica avvenuta in particolare nel Sarzanese, nella Lunigiana e nella Romagna ha profondamente caratterizzato l’idrografia del territorio e i canali a cielo aperto, ancora oggi fondamentali per la bonifica, sono stati realizzati attraverso una completa integrazione con la rete idrografica e hanno contribuito alla valorizzazione dei territori. Il 58% circa della rete principale è, infatti, costituita da canali, mentre il restante 42% si compone di condotte in pressione, che caratterizzano gli schemi di recente realizzazione (fig. 2.4).

In totale nel Distretto idrografico l’irrigazione collettiva è garantita da 45 schemi irrigui, 24 dei quali concentrati nel territorio romagnolo, 6 nel marchigiano e 15 nel versante tirrenico. Lo schema irriguo principale è quello che si sviluppa lungo il Canale Emiliano Romagnolo (CER).Questo schema e è tra le

opere irrigue più importanti d’Italia, serve 9 Enti irrigui per un’area attrezzata complessiva di circa 119.000 ettari a cavallo tra i Distretti del Fiume Po e Appennino Settentrionale21. I lavori di costruzione sono iniziati

nel 1955 e sono proseguiti con lo sviluppo del complesso sistema idrico a servizio prevalentemente irriguo. La gestione del canale, degli impianti e della rete principale e la realizzazione degli interventi manutentivi e ampliativi sono a carico del Consorzio di secondo grado per il Canale Emiliano Romagnolo (CER), mentre la fase della distribuzione dell’acqua viene demandata ai Consorzi associati al secondo grado.

L’origine delle acque dello schema è, comunque, nel Distretto del Fiume Po.

Complessivamente, la sua rete principale, ricadente in parte nel Distretto Padano, è lunga circa 500 km (151 di adduzione), il 67% dei quali con funzione multipla e i restanti 33% con funzione irrigua. Strutturalmente lo schema è realizzato con canali a cielo aperto (77%) e, in misura minore, con condotte in pressione (15%) e canali chiusi (6%) (Zucaro e Furlani, 2009).

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Tra le aree costiere distrettuali si ricorda, invece, lo schema irriguo Massaciuccoli gestito dal Consorzio di bonifica Versilia-Massaciuccoli. Lo schema serve il comprensorio più grande dell’Ente, denominato Bacino Massaciuccoli Pisano e deriva le acque dal lago Massaciuccoli (oltre che dal Canale Barra-Barretta in misura non superiore a 0,32 m3/s come portata concessa). La rete di adduzione dello

schema (10,4 km) rappresenta oltre il 70% della rete consortile ed è costituita, essenzialmente, da canali in terra con scarsa vegetazione ripariale, mentre la rete di distribuzione rilevata (0,54 km) è costituita da condotte a pelo libero in cemento armato precompresso. Buona parte del territorio del comprensorio irriguo necessita di scolo meccanico, in quanto la quota dei terreni è inferiore al livello del mare di circa 3 m. Le acque del lago, attraverso gli argini frontali, il canale Emissario, il Fosso Barra-Barretta e il canale Allacciatore di Massaciuccoli sono immesse in un fitto sistema di canalizzazioni da cui nel periodo irriguo si attinge l’acqua.

Il lago svolge, dunque, una duplice funzione: da una parte costituisce il naturale recapito delle acque di bonifica allontanate, mediante canali artificiali ed idrovore, dalle aree circostanti (nel periodo invernale), dall’altra parte sono le acque convenute nel lago ad essere utilizzate per l’irrigazione nelle stesse aree circostanti (nel periodo primaverile-estivo). La captazione, soprattutto estiva, delle acque lacustri per l’irrigazione induce dei minimi estivi (fino a -75 cm rispetto al medio mare) che innescano nel lago il rientro di acque salate dal suo emissario, il canale Burlamacca. Questo comporta un arricchimento delle acque di nutrienti contenuti in fertilizzanti e concimi e dunque processi di eutrofizzazione frequenti. In risposta a tale problematica, l’Autorità di bacino del Serchio ha sottoscritto nel 2006 un Accordo di programma per la realizzazione di una grande derivazione dal fiume Serchio al lago di Massacciuccoli per la quale è stato già conclusa la progettazione definitiva e la valutazione di impatto ambientale22.

A ciò si aggiunge l’effetto provocato dall’emungimento a scopo irriguo dei pozzi Bagnetti (dello schema irriguo Destra Camaiore) e pozzo Traversagna (dello schema irriguo omonimo) presenti in altri due comprensori del territorio consortile. In questa zona si rileva, dunque, una forte pressione sulla falda che favorisce l’incremento della subsidenza e l’intrusione del cuneo salino nelle acque sotterranee, condizionando fortemente l’uso del suolo a fini agricoli.

Nelle aree più interne del Distretto, inoltre, si ricorda lo schema interregionale Montedoglio, rappresentato in particolare dal ramo adduttore occidentale da cui si diparte la rete di distribuzione gestita dalla Provincia di Arezzo. L’unico comprensorio irriguo servito è il Distretto1-Arezzo, che ricade nella Val di Chiana Aretina all’interno del territorio del Comune di Arezzo. L’area si sviluppa in una delle conche delle maggiori valli formata dal fiume Chiana, affluente in sinistra idrografica dell’Arno. La Val di Chiana è un’area storicamente afflitta da periodi siccitosi e negli anni passati è stata oggetto di crisi idriche. Grazie al fatto che qui tutti gli impianti sono forniti di strumentazione per la misura dei volumi erogati, si applica un ruolo basato sul consumo, mediante la corresponsione di un contributo monomio pari a 0,11 euro/m3.

L’applicazione del contributo per l’irrigazione a consumo, consente una maggiore razionalizzazione dell’uso della risorsa e un più efficace monitoraggio degli effettivi consumi irrigui. Sono, inoltre, in corso di realizzazione i lavori per il completamento dell’intera rete di adduzione dall’invaso di Montedoglio, che una volta ultimati permetteranno di portare l’acqua anche verso la Val di Chiana Senese (nonché in Umbria, nell’area circostante il lago Trasimeno) (Zucaro e Tudini, 2008).

Per quanto riguarda i sistemi di irrigazione prevalente negli Enti irrigui, nel corso degli anni si è arrivati all’abbandono di pratiche inefficienti, quali lo scorrimento (molto diffuso in passato), la sommersione e l’infiltrazione laterale, per adottare in maniera sempre più diffusa metodi moderni che garantiscono un notevole risparmio di acqua. Si rileva, infatti, un’elevata diffusione dell’irrigazione per aspersione (69%) e una crescente adozione di irrigazione localizzata, giunta negli ultimi anni al 24% (dati SIGRIAN 2009), rispetto ad un’irrisoria percentuale dei primi decenni del periodo post bellico (fig. 2.4).

55 Figura 2.4 Tipologie di reti irrigue e sistemi di irrigazione

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