3.1 Descrizione dell’area di studio
3.4.1 Piano di gestione del Distretto Appennino Centrale
Il Piano di gestione del Distretto Appennino Centrale comprende un programma di misure che fa riferimento e integra la pianificazione e programmazione già esistente, derivante da altre normative o da normative sulle acque precedenti alla direttiva quadro (d.lgs. 152/99, l. 183/89), primi fra tutti i Piani regionali di tutela delle acque e i Piani di bacino con relativi Piani stralcio.
Con riferimento al ruolo del settore agricolo, sono individuate alcune pressioni ambientali esercitate sulle acque e le misure da intraprendere nella pianificazione/programmazione a livello di Consorzi di bonifica e irrigazione e/o a livello regionale.
L’analisi delle pressioni e degli impatti e la valutazione economica riconosce ad alcuni corpi idrici appartenenti al Distretto un livello di criticità e di specificità tale da necessitare una pianificazione per bacini, integrata nel Piano di gestione del Distretto come misure supplementari per il raggiungimento degli obiettivi ambientali. Il riferimento alle pressioni esercitate dall’agricoltura si ritrova in alcuni punti dell’analisi per corpi idrici e ambiti territoriali sottoposti a pressioni significative, come descritto nella tabella che segue (tab. 3.5). Nello specifico, sono indicate non solo le pressioni considerate significative che derivano dalle attività agricole, ma anche le problematiche che direttamente o indirettamente possono coinvolgere le aree agricole, ad esempio le alterazioni morfologiche e la gestione dei reticoli idrografici.
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Tabella 3.5 Pressioni significative individuate nel Piano di gestione del Distretto Appennino Centrale
Bacino Pressione significativa
Tevere - Lago di Piediluco Fonti diffuse: attività agricole
Tevere - Lago Trasimeno
Fonti diffuse: attività agro-zootecniche Prelievi per irrigazione
Regolazione di portata e alterazioni morfologiche: bacino ampliato da un canale adduttore
Gestione dei corsi d’acqua: alterazioni fisiche del reticolo Tevere - fiume Tevere
tratto metropolitano da Castel Giubileo alla foce
Prelievi per irrigazione
Gestione dei corsi d’acqua: alterazioni fisiche del reticolo scolante
Intrusione salina
Altre alterazioni morfologiche: alterazioni nell’area riparia e nella zona di piena
Bacini del Lazio - Laghi di Albano e di Nemi e degli
acquiferi dei Colli Albani Prelievi irrigui Intrusione salina
Bacini del Lazio Altre alterazioni morfologiche: alterazioni nell’area riparia e nella zona di piena Bacini delle Marche Gestione dei corsi d’acqua: alterazioni fisiche del reticolo Altre alterazioni morfologiche: alterazioni nell’area riparia e
nella zona di piena
Bacini abruzzesi e del Sangro Altre alterazioni morfologiche: alterazioni nell’area riparia e nella zona di piena
Fonte: tratto dal Pdg del Distretto idrografico Appennino Centrale
Le misure di base del Piano60 che, si ricorda, rappresentano i requisiti minimi per il conseguimento
dello stato ecologico buono per i corpi idrici entro il 2015, per la tutela degli habitat e delle specie e per la prevenzione dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, fanno riferimento, essenzialmente, all’attuazione della normativa di riferimento, non considerando le direttive europee che sono rientrate nella DQA 2000/60 e quindi abrogate. Tra le misure di base, oltre alle normative, sono considerati gli strumenti
per:
il recupero costi; la perdita di inquinanti; il risparmio idrico;
i controlli e le autorizzazioni.
Le misure supplementari e aggiuntive sono definite per contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali quando le misure di base non sono ritenute sufficienti. Gli accordi negoziati in materia ambientale, che coinvolgono diversi soggetti competenti e portatori di interesse, sono considerati uno strumento attuativo del Piano.
Il piano riporta tra le misure supplementari “distrettuali”, valide e da attuare in tutto il territorio: indirizzi e azioni per la tutela qualitativa;
indirizzi e azioni per la tutela quantitativa; indirizzi e azioni per la gestione del territorio;
121 azioni per lo sviluppo del quadro conoscitivo;
azioni di raccordo con la pianificazione paesaggistica e le strategie di sviluppo socio-economico, con la direttiva 2007/60/CE;
indirizzi per le procedure di rilascio delle concessioni di derivazione idrica superficiale e sotterranea.
Queste misure sono riferite a processi di “governance multilivello” con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, pubblici e privati. Ulteriori misure generali individuate nel Piano di gestione riguardano: la riduzione delle emissioni e dei prelievi, sia con il ricorso a fonti alternative (riuso, desalinizzazione) sia con l’efficientamento degli usi; la ricostituzione e ripristino delle zone umide; la realizzazione e la diffusione di buone prassi anche con progetti educativi, di ricerca, sviluppo e dimostrazione.
Considerando i possibili diversi livelli di attuazione, distrettuale, regionale e locale, le misure nel Piano sono così distinte:
per il livello distrettuale:
- misure per l’utilizzazione razionale della risorsa idrica: fissazione di condizioni minime di deflusso in particolari nodi di controllo della rete idrografica, misure provvisorie per la salvaguardia quantitativa della risorsa in ambiti strategici potenzialmente vulnerabili (strutture carbonatiche del massiccio centrale);
- promozione degli accordi negoziati (infradistrettuali e interdistrettuali) tra più Regioni per la ripartizione della risorsa idrica;
per il livello regionale:
- direttive al livello locale per l’obbligatorietà e forme di incentivazione al riuso ed al riutilizzo delle acque;
- definizione, in linea con le direttive distrettuali, dell’assegnazione ai vari usi della risorsa idrica interamente compresa nella giurisdizione regionale e delle connesse misure provvisorie per la salvaguardia quantitativa in ambiti particolarmente critici (vulcani della dorsale tirrenica) e strategici a scala regional
- e (calcari della dorsale tirrenica);
per il livello locale (Province, Comuni, Consorzi di bonifica e Comunità montane): - politiche educative al risparmio idrico;
- contenimento delle dinamiche di frammentazione della struttura urbana.
A livello strutturale, gli obiettivi strategici e su vasta scala che il Piano si pone sono:
a) grandi schemi idrici di approvvigionamento della risorsa e di distribuzione dell’acqua ai poli regionali di fornitura per i diversi usi; tali schemi sono tra loro interconnessi (per equilibrare i deficit estremi nei periodi di siccità o di scarsità d’acqua e per compensare i deficit di risorsa in aree “povere”) e alimentano sub-schemi di fornitura alle utilizzazioni appartenenti alla stessa categoria d’uso (poli regionali di fornitura);
b) schemi autonomi di approvvigionamento e fornitura, laddove la realizzazione di un grande schema idrico è economicamente, socialmente o tecnicamente improponibile;
c) auto approvvigionamento da parte del singolo utilizzatore, laddove la realizzazione di uno schema autonomo è economicamente, socialmente o tecnicamente improponibile.
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