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Il contesto, gli interrogativi di ricerca, l’impianto metodologico

2. L’Italia dei netizen

Una breve occhiata al contesto specifico nazionale permette di annove- rare l’Italia fra i Paesi in visibile fermento per ciò che riguarda il ripetuto accesso a Internet tra le pratiche di vita quotidiana. Tralasciando per un mo- mento le considerazioni relative alla qualità d’uso8, secondo alcune rileva-

zioni (Hootsuite-WeAreSocial, 2019b) la penetrazione del suddetto mezzo rispetto all’intera popolazione risulta essere del 92% (pari a circa 54,8 mi- lioni di utenti). Si tratta di un trend nazionale in forte crescita (+27% rispetto al 2018), destinato a frenare bruscamente solo perché si appresta a raggiun- gere una diffusione quasi totale (cfr. figg. 19, 20), così come accadde in pas- sato con la televisione, il medium per eccellenza che fu in grado di costruire e alimentare un’identità culturale nazionale. Anche per il caso italiano un tale livello di penetrazione è probabilmente dovuto in buona parte alla possibilità di connettersi alla Rete tramite dispositivi mobili; infatti, sostanzialmente in linea con la media globale, a fronte di una popolazione di poco più di 59 milioni di abitanti, il numero di SIM attive che hanno registrato un regolare accesso a Internet è leggermente inferiore agli 86 milioni.

8 Le questioni inerenti al digital divide e alle nuove espressioni di tale fenomeno sono

Fig. 19 - Principali statistiche sull'uso del digitale in Italia Fonte: elaborazione da Hootsuite-WeAreSocial (2019b)

Fig. 20 - Andamento dell'uso del digitale in Italia Fonte: elaborazione da Hootsuite-WeAreSocial (2019b)

La ricca dieta mediale degli italiani comprende un rilevante utilizzo dei social network e dei servizi di instant messaging, tra i quali spiccano You-

tube, Whatsapp e Facebook, seguiti a distanza considerevole da Instagram,

Facebook Messenger, Twitter, LinkedIn e da altre piattaforme meno note e diffuse. Circa 35 milioni di persone, pari al 59% della popolazione, hanno

attivato uno o più account personali (mediamente 7,4 profili per singolo in- dividuo) su diverse piattaforme social (cfr. figg. 21-23).

Fig. 21 - Utilizzo medio giornaliero di Internet, social media, televisione e streaming musicale in Italia

Fonte: elaborazione da Hootsuite-WeAreSocial (2019b)

Come sostenuto da Mazzoli, le fasi finali di un progressivo processo di

domestication (Silverstone, 1999) dei media digitali da parte della late ma-

jority (cfr. Rogers, 1962) ha portato al raggiungimento di una condizione socio-culturale in cui «la Rete diventa pop» (Mazzoli, 2009).

Fig. 22 - Principali statistiche sull'utilizzo dei social media in Italia Fonte: elaborazione da Hootsuite-WeAreSocial (2019b)

Fig. 23 - Percentuale di internauti italiani che dichiarano di utilizzare ciascuna piattaforma

Riguardo all’e-commerce e alla propensione all’acquisto online, l’86% dei netizen italiani intervistati ha dichiarato di cercare in Rete prodotti/servizi da comprare, e il 93% ha visitato un marketplace o uno store digitale. Per il 75% di essi, queste attività si sono tradotte in transazioni avvenute (cfr. fig. 24), attraverso l’utilizzo lievemente prevalente di pc e laptop.

Fig. 24 - Ricerca e acquisto di prodotti/servizi in Italia Fonte: elaborazione da Hootsuite-WeAreSocial (2019b)

Il volume d’affari generato dall’e-commerce B2C in Italia nel 2018 am- monta a 41,5 miliardi di euro (Casaleggio Associati, 2019). Anche per il caso italiano si tratta di un andamento in continua crescita, che trova l’ennesima conferma grazie a un +18% registrato rispetto al 2017 (cfr. fig. 25). Il mer- cato dei servizi, latamente inteso, resta il primo beneficiario dell’economia digitale, poiché individua nelle Rete l’alleato ideale, l’habitat naturale in cui proliferare senza sforzi eccessivi. Infatti, il solo turismo (relativamente al trasporto passeggeri e alla prenotazione di strutture ricettive) ha raggiunto una spesa pari a oltre 14 miliardi di euro, il 9,3% in più rispetto all’anno precedente. Ciononostante, cresce anche il mercato dei beni di consumo (+13%), con oltre 15,6 miliardi di euro (cfr. fig. 26).

Alcune fra le categorie più interessanti in ambito di e-commerce (cfr. fig. 27) sono la moda (oltre 5 miliardi di euro, +13%); l’elettronica, telefonia e informatica (oltre 3,6 miliardi di euro, +13%); i prodotti e servizi per il tempo libero (oltre 3,2 miliardi di euro, +7,6%); l’arredo casa e i grandi elettrodo- mestici (oltre 2,2 miliardi di euro, +16%); e l’alimentare, salute e bellezza (oltre 1,4 miliardi di euro, +18%).

Fig. 25 - Andamento dell'e-commerce in Italia

Fig. 26 - Incidenza del mercato dei beni di consumo nell'e-commerce italiano Fonte: elaborazione da Hootsuite-WeAreSocial (2019b)

Fig. 27 - Crescita dell'e-commerce italiano per principali macro-categorie (2017-18) Fonte: elaborazione da Hootsuite-WeAreSocial (2019b)

Tali incrementi sono giustificati in buona parte dall’erosione della quota complessiva di acquisti che avvengono in maniera tradizionale, nei retail of- fline, sebbene fra le aziende più “smart” siano in atto una serie di sforzi volti

al presidio adeguato di tutti i touch point, così come è previsto dalle strategie di marketing omnichannel9.

Considerando quanto sostenuto nei capitoli precedenti, circa la possibilità di produttori e consumatori di condividere diversi vantaggi legati all’econo- mia digitale in un’ottica co-evolutiva, i dati finora riportati contribuiscono ulteriormente ad evidenziare questo potenziale. Ciò che ieri risultava inno- vativo oggi è divenuto norma, mentre domani potrebbe già accusare i segni di una rapida obsolescenza. Secondo il World Economic Forum (2015), la

net economy odierna sta vivendo un iniziale periodo di transizione, guidato per lo più da processi di “banale” rimediazione e ristrutturazione dei modelli di business, con ricadute pratiche nell’efficienza operativa, nella monetizza- zione dei big data e nell’espansione dell’offerta di prodotti/servizi. Tuttavia, secondo lo stesso report, la vera trasformazione avverrà nel momento in cui le imprese punteranno rigorosamente su obiettivi di lungo termine, tramite l’esaltazione dei servizi in seno ai prodotti (pratica sgraziatamente tradotta con il termine «bundlizzazione») e il maggiore sviluppo della pull-economy, in cui sarebbe lo stesso consumattore a modellare i mercati, premiando pro- dotti/servizi più innovativi e politiche aziendali più lungimiranti (cfr. fig. 28).

9 La risposta delle aziende italiane desta, al contempo, preoccupazioni e speranze. L’88%

di esse usa canali digitali e il 65% ha implementato uno spazio di e-commerce di proprietà. Fra questi, 1 sito su 4 offre la possibilità di ritirare gli acquisti presso un punto vendita fisico (Casaleggio Associati, 2019). I problemi risiedono sovente nella consapevolezza e nella qua- lità delle diverse strategie, per cui troppo spesso si lascia spazio a manovre improvvisate e inefficaci, che, inevitabilmente, o finiscono per avere un tasso di conversione al di sotto del potenziale della Rete, o creano gravi danni, anche irreparabili. Esempi recenti in questo senso sono dati dal caso Barilla (2013), che ha dovuto resistere, non senza molta fatica, a una pioggia incessante di critiche (con l’hashtag #BoicottaBarilla come principale strumento di parteci- pazione) relative a infelici dichiarazioni pubbliche (dello stesso Guido Barilla!) di carattere ostacolatorio verso le famiglie omosessuali (divenendo in seguito ambasciatrice dei diritti delle categorie LGBT); o dalla vicenda Mosaico Arredamenti (2008): «Sergio Samari sul suo piccolo blog lamenta un disservizio del mobilificio Mosaico - Sistemi di Arredamento, dal quale aveva comprato i mobili per la nuova casa. Anziché rispondere utilizzando i commenti del blog, l’amministratore delegato preferisce usare la carta bollata e chiedere un minimo di 400.000 euro di danni per diffamazione. Parte l’indignazione di molti blogger italiani e l’azienda viene costretta a ritirare la denuncia [...]. Oggi la Mosaico Arredamenti ha cambiato nome in Emozioni srl» (Cosenza, 2016). Questi non sono altro che alcuni dei possibili episodi di epic fail (“errori epici”) riportabili, tuttavia, a lato degli stessi, moltissime best practice fanno da contraltare. Inoltre, si è già detto dell’importanza di tollerare gli errori, pertanto, anche in questo caso vale la logica anglosassone del fail often, fail fast, fail cheap.

Esempi virtuosi di innovazione in ambito omnichannel arrivano invece da giganti come Ama-

zon e Alibaba: il primo ha lanciato, fra gli altri numerosi progetti (si veda Amazon Prime Now in Italia), AmazonGo, con l’intento di aprire in pochi anni 2.000 retail fisici GDO in connes- sione con il marketplace online; il secondo ha acquistato due catene della grande distribuzione con un totale di 1.500 punti vendita.

Fig. 28 - Il cammino della net-economy