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IV,4 LA CATABASI DI ANTONINO E IL RITORNO DEL BETILO A EMESA

La riforma religiosa dell’imperatore, unita ad una condotta di vita licenziosa e dissoluta, aveva sollevato contro Eliogabalo le ire dei pretoriani e del popolo di Roma620. Tutti i tentativi fatti da Mesa di ricondurre il nipote nel solco della tradizione non avevano sortito gli effetti desiderati, ragion per cui la siriana decise di prevenire una seconda caduta della dinastia, facendo adottare dal

princeps come Cesare, Severo Alessandro, il figlio di Giulia Mamea621.

La scelta si rivelò corretta e la situazione si calmò, la nomina di Alessandro prometteva un avvenire migliore, tanto più all’esercito che rivedeva in lui l’amato Caracalla.

Perché allora l’11 marzo del 222, neanche un anno dopo aver adottato Alessandro, Eliogabalo venne assassinato dai pretoriani? Le fonti aprono uno spaccato della vita imperiale che ci rivela quanto accaduto in questo breve arco di tempo622. L’imperatore si accorse molto presto di essere stato raggirato dalla nonna: Mesa l’aveva convinto facendo leva sulla sua devozione nei confronti di Elagabalus; la carica di sommo sacerdote richiedeva che si dedicasse interamente al culto patrio, lasciando ad Alessandro (in realtà alla stessa nonna) la stressante gestione del potere politico. Il princeps appena si rese conto delle vere intenzioni di Mesa e di come ormai il popolo e l’esercito adorassero unicamente Alessandro, provò senza successo ad eliminare il cugino623. La corte era ormai spaccata in due, da una parte c’era il partito di Eliogabalo e di sua madre Giulia Soemiade,

620

Su questa indignazione generale si veda quanto scritto da Erodiano (V, 8, 1): p£ntwn dè• oÛtwj tîn p£lai dokoÚntwn semnîn ™j Ûbrin kaˆ paroin…an ™kbebakceumšnwn, o† te ¥lloi p£ntej ¥nqrwpoi kaˆ m£lista oƒ stratiîtai ½cqonto kaˆ ™dusfÒroun.

621 H

DN. V, 7, 1-2; CASS.DIO. LXXX, 19; SHA Heliog. 5, 1.

622

Una recente indagine sulla storiografia degli ultimi anni del regno di Eliogabalo è stata condotta da A. Greco (Atque ex re, quae acciderat, Tiberinus Tractitiusque appellatus est: una rilettura delle fonti sulla fine del regno di Eliogabalo, «Bolletino di Studi Latini», XLII [2012], pp. 29-42).

623

dall’altra quello di Severo Alessandro, Giulia Mamea e Giulia Mesa. L’imperatore arrivò persino ad abbandonare il palazzo imperiale, ritirandosi presso gli Horti Spei Veteris, altra proprietà della famiglia sul colle Esquilino. Da qui tramò la distruzione politica del proprio avversario, intimando al senato di revocargli la carica di Cesare e procedendo lui stesso alla damnatio

memoriae:

Inter haec mal vitae inpudicissimae Alexandrum, quem sibi adoptaverat, a se amoveri iussit, dicens se paenitere adoptionis, mandavitque ad senatum, ut Caesaris ei nomen abrogaretur. Sed in senatu hoc prodito ingens silentium fuit; si quidem erat optimus iuvenis Alexander, ut postea conprobatum genere imperii eius, cum ideo displiceret patri, quod inpudicus non esset. Erat autem eidem consobrinus, ut quidam dicunt; a militibus etiam amabatur et senatui acceptus erat et equestri ordini. Nec defuit tamen furor usque ad exitium voti pessimi. Nam ei percussores immisit, et hoc quidem modo : ipse secessit ad hortos Spei veteris, quasi contra nocuum iuvenem vota concipiens, relicta in Palatio matre et avia et consobrino suo iussitque, ut trucidaretur iuvenis optimus et rei p. necessarius; misit et ad milites litteras, quibus iussit, ut abrogaretur nomen Caesaris Alexandro; misit qui et in castris statuarum eius titulos luto tegeret, ut fieri solet de tyrannis.624

Dopo che Eliogabalo ebbe ordinato ad alcuni suoi seguaci di imbrattare col fango tutte le iscrizioni di Severo Alessandro, l’intera guardia pretoriana si sollevò contro il princeps; tuttavia, grazie all’intervento dei prefetti del pretorio l’imperatore riuscì a salvarsi. Eliogabalo dovette però accettare diverse condizioni impostegli dai pretoriani, tra cui l’allontamento del suo amante, Ierocle, e di alcuni partigiani, ritenuti responsabili dell’empia condotta del princeps625.

Questo episodio, accaduto verosimilmente alla fine del 221, non servì comunque a riportare l’ordine. Si era ormai aperta una frattura insanabile fra le due parti, ed Eliogabalo non aveva intenzione di recedere dalle proprie

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SHA Heliog., 13, 1-7.

625 SHA Heliog., 15, 1-2: In castris vero milites precanti praefecto dixerunt se parsuros esse Heliogabalo, si et inpuros homines et aurigas et histriones a se dimoveret atque ad bonam frugem rediret his maxime summotis, qui cum omnium dolore apud eum plurimum poterant et qui omnia eius vendebant vel veritate vel fumis. Remoti sunt denique ad eo Hierocles, Gordius et Myrismus et duo improbi familiares, qui eum ex stulto stultiorem faciebant.

posizioni, consapevole che la sua salvezza dipendeva esclusivamente dalla rovina di Alessandro.

Alle calende di gennaio del 222, l’imperatore, che era stato designato console insieme ad Alessandro, si rifiutò di partecipare alla cerimonia e di adempiere, al fianco del cugino, i voti in onore di Iuppiter626. Fu un punto di non ritorno, il princeps proclamava apertamente la sua ribellione, sfidando non solo Mesa e la guardia pretoriana, ma anche il popolo di Roma e le sue istituzioni. L’affronto al mos maiorum accelerò la fine del principato di Eliogabalo; due mesi dopo, precisamente l’11 marzo, l’imperatore, accusato di tramare ancora contro Alessandro, venne barbaramente assassinato dai pretoriani. Secondo le testimonianze di Cassio Dione ed Erodiano il princeps venne ucciso insieme alla madre, andando incontro ad una morte orribile che non trova precedenti nelle vite degli imperatori passati. Su Eliogabalo ci fu un vero e proprio accanimento: dopo essere stato decapitato, il suo corpo venne denudato e trascinato per tutta la città, così da essere oggetto ad ogni tipo di sfregio da parte del popolo. Si decise infine di buttarlo nella cloaca, tuttavia, non essendovi spazio sufficiente per farvelo entrare, il corpo venne gettato nel Tevere, affinchè non avesse mai a ricevere sepoltura.

Fino ad oggi la critica ha prestato però poca attenzione a quanto tramandatoci dalla storiografia del IV secolo, mi riferisco alle testimonianze di Aurelio Vittore, Eutropio, l’Epitome de Caesaribus e l’Historia Augusta;

tutte opere largamente dipendenti dalla perduta Enmannsche

Kaisergeschichte. Gli studi non si sono soffermati adeguatamente sul ritratto

di Eliogabalo consegnatoci da queste fonti che, in maniera più marcata rispetto alla storiografia anteriore, appaiono fortemente contrassegnate da un’intonazione moralizzante.

626 SHA Heliog. 15, 7: Deinde in Capitolium ad vota concipienda et perficienda solemnia ire noluit, omniaque per pr(aetorem) urbanum facta sunt, quasi consules illic non essent.

In questo contesto, la morte del princeps siriano viene letta in chiave salvifica. L’uccisione di Eliogabalo si trasforma in un sacrificio di purificazione operato dall’intera comunità. Le fonti del IV secolo presentano in definitiva l’imperatore secondo il modulo del capro espiatorio: appaiono infatti palesi le analogie con il rituale greco del pharmakós627. A Colofone628, Abdera629, Atene630 e Massalia631, in situazioni di crisi o, in alternativa, ad intervalli di tempo regolari, la comunità, scelta una persona deforme o abietta, la conduceva in giro per la città, per poi alla fine espellerla. La cacciata dell’individuo avveniva secondo un iter preciso, quasi sempre violento, che poteva anche concludersi con la morte del soggetto.

La procedura prendeva il nome di kátharsis, ovvero di “purificazione”, e la persona cacciata veniva chiamata perípsema, cioè “immondizia”. Come sostenuto da W. Burkert l’intenzione dei Greci era di fare “pulizia”, proprio nel senso di rimuovere lo sporco con una spugna o uno straccio che è poi buttato via, gettato nella spazzatura, o distrutto632.

Queste stesse dinamiche si possono riscontrare nella vita Heliogabali dell’Historia Augusta come nel resto della tradizione storiografica del IV d.C. Le fonti definiscono obscenissimus il modus vivendi di Eliogabalo, oltre modo

627 W.B

URKERT, Griechische Religion…, cit., pp. 190 ss.

628

A Colofone, l’individuo che era stato scelto come pharmakós, veniva frustato con rami di fico e scille marittime, di cui sette volte sui genitali, dopodiché veniva cacciato dalla città (Hipponax fr. 5-10 West2). 629 Ad Abdera, il pharmakós veniva nutrito a spese della città per un determinato periodo, inseguito veniva condotto fuori dall’abitato e obbligato a compiere un giro intorno alle mura. Infine veniva cacciato tramite il lancio di pietre fuori dai confini (G.B.D'ALESSIO, Callimaco. Inni, Epigrammi, Frammenti, Milano 1996, fr. 90). 630 Ad Atene il rituale del pharmakós cadeva durante la festa delle Targelie. Un uomo ed una donna dall’aspetto ripugnante, dopo essere stati inghirlandati con una corona di fichi, venivano espulsi dalla città, quasi sicuramente con il lancio di pietre (L.DEUBNER, Attische Feste, Berlin 1932, pp. 179-188). Gli antichi volevano in ogni modo evitare il contatto fisico con il pharmakós, che li avrebbe di fatto contaminati. Per questa ragione l’espulsione o l’uccisione del capro espiatorio implicava l’utilizzo di armi che evitassero il contatto diretto.

631

A Massalia (Marsiglia) nel caso si verificasse una situazione di crisi, veniva scelto come pharmakós una persona indigente. Questa veniva nutrita a spese dello Stato per un anno, successivamente, dopo essere stata ornata con delle bende sacre, veniva condotta fuori dalla città per venire, infine, precipitata da una rupe (SERV. In Verg. Aen. 3, 57).

632 W.B

URKERT, Structure and History in Greek Mythology and Ritual, Berkeley 1979 (trad. it. Mito e rituale in Grecia. Struttura e storia, Roma-Bari 1987, p. 107).