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IV. DOPO LA FINE IL RITORNO DELL'AVANGUARDIA?

3. MERCANTI D'AURA CATTELAN, HIRST E KOONS

3.3 JEFF KOONS

Ci sono degli artisti che si promuovono da soli e che non hanno bisogno dell’intermediazione delle gallerie e dei mercanti. E’ il caso di Jeffrey “Jeff” Koons (1955), poliedrico artista americano che prima di intraprendere questa carriera aveva lavorato al MOMA di New York nel settore reclutamento soci ed aveva imparato le basi del marketing lavorando a Wall Street. Considerato il legittimo successore di Andy Warhol, è riuscito in breve tempo a superarlo, portando il self-marketing e l'autopromozione a livelli inediti: oggi da solo rappresenta un brand di successo in tutto il mondo dell'arte, dato che per lui le opere sono dei veri e propri beni voluttuari da promuovere e da vendere.

Attualmente è uno degli artisti contemporanei più quotati al mondo: con le sue opere deliberatamente “leggere” ha saputo rappresentare appieno lo spirito pop e il boom dei consumi di fine Novecento: amato dai collezionisti e dai curatori, ha fatto del kitsch e del banale il suo biglietto da visita, realizzando (o meglio facendo realizzare, visto che, come Hirst, alle sue dipendenze vi è una nutrita schiera di assistenti e artigiani che lavora in una sorta di factory di stampo warholiano) lavori monumentali ispirati a oggetti della vita quotidiana.

La sua popolarità esplose a metà degli anni Ottanta, periodo in cui gli artisti iniziavano a indagare il vero significato dell’arte in un’epoca dominata dai mass media. Fin dal 1979 il suo lavoro procedette per quelle che vengono definite “serie”: le prime opere erano sculture concettuali, spesso oggetti comuni inseriti in teche di vetro illuminate, come i palloni da basket di “Three Ball Total Equilibrium Tank” (1985, fig. 24). Le sculture fatte di giocattoli gonfiabili (serie “Statuary”, fig. 25) risalgono alle fine degli anni Settanta, mentre la serie “Luxury and Dregadation”, tutta incentrata sull’alcol e sui suoi

effetti, è degli anni Ottanta. Tra tutte le serie, la più controversa è sicuramente “Made in Heaven”: tutte le fotografie, i dipinti e le sculture di questa serie ritraevano in modo molto esplicito Koons e l’ex moglie Ilona Staller (pornostar di origine ungherese meglio conosciuta in Italia come Cicciolina) impegnati in varie posizioni sessuali e in atteggiamenti amorosi.

Per la serie “Banality” Koons utilizzò materiali “classici” come la ceramica, la porcellana e il legno, in una sorta di ritorno alle origini: l’opera più famosa è “Michael Jackson and Bubbles” (1988, fig. 26), rappresentazione in lucidissima porcellana placcata d’oro del cantante e del suo fedele scimpanzè. Come per Cattelan e Hirst, ancora una volta saranno gli animali a dare notorietà all'artista: una delle sue opere più conosciute, complice l’immediato impatto visivo, è “Puppy” (1992, fig. 22), una scultura di 13 metri raffigurante un cucciolo di West Highland terrier, realizzata con oltre settantamila piante e fiori e provvista di un proprio sistema di irrigazione interno. Nel 1997 l’opera è stata acquistata dalla fondazione Solomon R. Guggenheim e posta all’entrata del museo di Bilbao, creando non poco scompiglio nel mondo dell'arte.

Alla serie “Celebration” appartiene “Hanging Heart (Magenta/Gold)” (2006, fig. 21), l’opera che ha consacrato definitivamente Koons nell’olimpo dell'arte. “Celebration” si caratterizza per l’uso di oggetti comuni presentati in grande scala, principalmente cuori, diamanti, uova, fiori e cani-palloncino, tutti rigorosamente lucidi e coloratissimi. Anche “Tulips” (1995-2004, fig. 23), l’opera di Koons più pagata in assoluto, venduta alla cifra record di 33.682.500 dollari il 14 novembre 2012 all’asta serale di Christie’s, fa parte della serie; realizzata in cinque versioni, rappresenta un enorme mazzo di tulipani colorati, alto circa due metri e lungo cinque. Moltissime opere di Koons sono state vendute all’asta: uno dei record è appunto quello di “Hanging Heart (Magenta/Gold)”, venduto il 14 novembre 2007 all’asta serale di Sotheby’s a New York per 23.561.000 dollari. Proveniente dalla collezione di Adam Lindemann, esemplare uno su cinque pezzi di differenti colori, è stata all’epoca della vendita l’opera d’arte di un artista vivente più costosa in assoluto; se l’è aggiudicata il gallerista Larry Gagosian per conto del magnate dell’acciaio

ucraino Victor Pinchuk, che già possedeva altri pezzi di “Celebration”.

Va notato però che a causa della recessione economica, i prezzi delle opere all'asta si ridussero considerevolmente e a partire dal 2009 anche le quotazioni di Koons, che sembravano in rapida crescita, diminuirono notevolmente. Curatori e collezionisti lo considerano un artista Neo-pop o Post-pop, afferente a quel movimento degli anni Ottanta che si sviluppò in reazione al Minimalismo e all’Arte Concettuale. La critica è divisa riguardo alla sua produzione artistica: alcuni lo considerano pionieristico e di fondamentale importanza nello sviluppo dell’arte contemporanea, altri invece lo vedono come un’enorme bolla commerciale, destinata a fallire non appena si esaurirà la sua carica provocatoria. Koons stesso ha dichiarato che nelle sue opere non vi è alcun significato nascosto, né alcuna volontà di critica sociale: l’unico significato è quello che si percepisce al primo sguardo e non esiste alcuno scostamento tra l’opera d’arte in sé e ciò che viene percepito dallo spettatore. Nell'ambito della sua produzione artistica, Koons adotta le quattro “P” fondamentali del marketing: Product, Price, Place, Promotion. Negli anni si è occupato attentamente della costruzione del proprio personaggio mediatico, impegnandosi affinché le sue opere raggiungessero quotazioni molto elevate non solo per il loro contenuto artistico ma per il valore di brand che implica la sua firma. Se Warhol fu il primo a teorizzare l'arte come vero e proprio business, facendo coincidere il valore artistico con quello economico, Koons ne seguì le orme, poiché «l'arte non consiste nel fare un quadro, ma nel venderlo».302 Egli realizza la cosiddetta “commodity sculpture”, la scultura

come merce, che si sviluppa a partire dai ready made duchampiani e che rompe i confini tra arte alta e cultura commerciale.303 Da sempre è attratto dall'aspetto

feticista dell'oggetto, dalla sua aura; mette in pratica quanto Benjamin aveva predetto anni prima, ovvero il bisogno culturale di compensare la perdita dell'aura dell'arte con la falsa attrattiva della merce e della notorietà.304 A Koons

spetta il compito di spostare il soggetto dell'opera d'arte dal prodotto all'aura.

302 Poli, 2002, p. VIII 303 Cfr. Foster, 2008, p. 113

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