• Non ci sono risultati.

MAURIZIO CATTELAN

IV. DOPO LA FINE IL RITORNO DELL'AVANGUARDIA?

3. MERCANTI D'AURA CATTELAN, HIRST E KOONS

3.1 MAURIZIO CATTELAN

Maurizio Cattelan (1960) è l’enfant terrible dell’arte contemporanea italiana.

287 Ibidem

288 Artprice, “Tendenze del mercato dell'arte 2010”, <http://imgpublic.artprice.com/pdf/trends2010_it.pdf>

Le sue opere sono provocatorie, esilaranti, permeate di una sottile ironia e di un forte spirito critico; combinano la pittura e la scultura con la performance, spesso sfociando in veri e propri happening. È famoso sia per i suoi lavori che per la personalità eccentrica: il suo rapporto con i media è di finta sfuggevolezza, ne è affascinato ma allo stesso tempo vuole far credere di disinteressarsene. Si fa costantemente gioco del sistema dell’arte, servendosi di temi e metodi della tradizione; ciò che gli interessa è la reazione del pubblico e usa la provocazione come strumento per fare breccia nell’osservatore. «Nel contemporaneo per continuare a catturare l'attenzione distratta del pubblico l'artista ha bisogno di scandalizzare, stravolgere la realtà e raccontarne i lati più bui. Lo vediamo in ogni Biennale, ma questo non basta per fare il salto nei libri di storia dell'arte. Bisogna muovere valori morali, civili ed estetici».289

Nelle sue opere vi è sempre il legame con la realtà: scandalizzando, cerca di far partecipare lo spettatore alla ricerca del senso, perché «la realtà che viviamo oggi è la neutralizzazione di ogni conflitto trasformato in spettacolo. Allora il tragico si trasforma in tragicomico, e segnala così l’estrema ambiguità in cui la realtà è precipitata, la realtà delle cose e delle parole che la nominano».290

Cattelan ha gestito la sua carriera in modo oculato, tramite una produzione limitata, senza inseguire il mercato con studi/factory o accordi con grandi griffe. Autodidatta, nel 1990 si impose all'attenzione del mondo dell'arte con l'opera “Strategie”: per la sua realizzazione si impossessò di 500 numeri di “Flash Art”, la più influente rivista d'arte contemporanea italiana del tempo, e ne sostituì la copertina con una di sua concezione che riprendeva il progetto grafico originario, ma che presentava a tutta pagina una delle sue opere, un castello di carte composto dalle precedenti copertine della rivista. Così facendo riuscì in poco tempo ad attirare l’attenzione dell'establishment dell'arte contemporanea italiano, poco aperto nei confronti degli artisti emergenti. Per la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia del 1993 presentò “Lavorare è un brutto mestiere”: fece immediatamente scalpore perché non si

289 <http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2010-09-24/provoca-quota- 080331.shtml#continue>

trattava di un’opera tangibile, dato che scelse di affittare il proprio spazio espositivo a un'agenzia di pubblicità, che lo utilizzò per scopi prettamente commerciali e del tutto lontani dal mondo dell'arte, promuovendo un profumo per tutta la durata dell'esposizione.

Dal 1995 ha iniziato a lavorare con ciò che tuttora lo rende subito identificabile (non senza polemiche da parte delle varie associazioni di animalisti) nel mondo dell'arte, ovvero animali imbalsamati quali cavalli, struzzi, asini, topi e cani. Dal 1999 ha invece cominciato a produrre l'altro suo “marchio di fabbrica”, le statue di cera complete di capelli e abiti, che utilizza per ritrarre anche se stesso in una sorta di autocelebrazione tridimensionale. Tra le opere più pagate di questo tipo vi è “Untitled” (2001, fig. 10), un’installazione creata per il Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, nella quale una statua con le sue sembianze fa capolino da un buco nel pavimento, guardando con stupore i dipinti dei maestri fiamminghi del XVII secolo appesi alle pareti.

Tra tutte le sculture in cera ve ne sono due che hanno fatto particolare scalpore: la prima è “Him” (2001, fig. 12), che nelle varie esposizioni viene solitamente posizionata al fondo di una grande stanza, di spalle; a prima vista sembra ritrarre semplicemente un bambino in ginocchio in atto di preghiera, ma in realtà non appena lo spettatore gli si avvicina si accorge che si tratta di Adolf Hitler, raffigurato da Cattelan con un'espressione commossa e gli occhi pieni di lacrime, quasi volesse chiedere perdono per le atrocità commesse.291

L'altra famosa opera, altrettanto discussa, è “La Nona Ora” (2001, fig. 9), che raffigura Papa Giovanni Paolo II disteso a terra, aggrappato alla croce pastorale, colpito da un meteorite. Inizialmente l'opera era rappresentata in piedi, ma successivamente l'artista, non soddisfatto dell'effetto che faceva sul pubblico, decise di tagliargli le gambe facendogli così assumere la posizione attuale. Per Cattelan non si tratta di mera provocazione o di volontà blasfema: la statua è un lavoro spirituale, che parla di sofferenza e il titolo allude all'ora in

291 Di recente “Him” è stata nuovamente oggetto di discussione per la scelta a detta di molti discutibile, di posizionare la statua all'entrata del Ghetto di Varsavia (fig. 13), uno dei luoghi simbolo dell'orrore dell'Olocausto, come parte della retrospettiva “Amen” dedicata a Cattelan in Polonia e incentrata su grandi temi come vita, morte, perdono, sacrificio e memoria storica.

cui Cristo sulla croce chiede al Padre perché l'ha abbandonato. L'opera rappresenta la caduta dell'invincibile, il simbolico annientamento del diretto corrispondente di Dio, di colui che salva, giudica e impone la legge, anch'egli però soggetto ai colpi del caso.292

Uno dei momenti più controversi della carriera di Cattelan è stato nel 2004, quando per la Fondazione Trussardi legò tre manichini con le fattezze di bambini ad un albero di Piazza XXIV Maggio a Milano (fig. 11), talmente realistici da sembrare tre piccoli impiccati. L’episodio in poche ore attirò l’attenzione dei media e un passante in particolare, sdegnato dall’installazione, salì sull’albero riuscendo a staccare uno dei fantocci, per poi cadere però rovinosamente a terra rompendosi una gamba.

Forse a causa di questa installazione un po' troppo esagerata, tra il 2005 e il 2010 il lavoro di Cattelan prende uno stampo più curatoriale, facendosi promotore di iniziative culturali, eventi e collaborazioni con giornali e riviste. Nel 2010 si ha l'ennesimo episodio controverso: crea “L.O.V.E.” (fig. 14), acronimo di “Libertà, Odio, Vendetta, Eternità”, una scultura monumentale posta in Piazza degli Affari, di fronte alla sede della Borsa di Milano, edificio costruito nel 1932 con i tipici stilemi del ventennio fascista. L'opera presenta un’enorme mano di marmo bianco di Carrara di circa 60 tonnellate, ritratta nel gesto del saluto fascista, ma con tutte le dita mozzate ad eccezione del dito medio; secondo la critica si tratterebbe al contempo di un gesto di irriverenza sia al simbolo del fascismo, sia al mondo della finanza. Inizialmente molto discussa propria per la sua portata simbolica, da poco tempo l'opera è stata donata dall'artista al Comune di Milano, il quale ha deciso che rimarrà posizionata di fronte alla Borsa per 40 anni, divenendo un'opera site-specific.293

Il primo aprile del 2011 Cattelan, intervistato dal quotidiano “La Repubblica”, ha annunciato di volersi ritirare dall’attività artistica perché stanco del sistema dell’arte contemporanea. Lo stesso Duchamp si ritirò presto, amareggiato dalla

292 <http://milano.corriere.it/milano/notizie/arte_e_cultura/10_settembre_13/cattelan-tre- opere-milano-1703749589188.shtml>

293 <http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_ottobre_10/dito-cattelan-proprieta- comune-love-piazza-affari-borsa-2112200372064.shtml>

constatazione che l’avanguardia del secondo dopoguerra si era diffusa in Europa passando proprio dalla breccia che lui stesso aveva aperto nel significato dell’opera d’arte: il suo successo culturale e commerciale confermava che il radicalismo duchampiano aveva perso la carica provocatoria originale. In un'intervista riportata ed esposta al Padiglione Italia in occasione della 54ma Biennale di Venezia, Cattelan ha dichiarato: «Ho bisogno di chiudere un ciclo. Considero finita questa esperienza di lavoro cominciata un ventennio fa. Non realizzo un'opera da due anni. […] Prima che succeda di ripetermi con le mie idee, mi fermo».294

Se il monumento milanese vuole rappresentare il culmine di un'indiscussa salita al successo, va detto che non molti hanno creduto al ritiro definitivo dalla scena artistica; forse come egli stesso ha dichiarato, è una via per reinventarsi e ritornare a far parte del mondo dell'arte in modo più provocatorio che mai.295

Documenti correlati