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LA TRADIZIONE DELL'AVANGUARDIA

IV. DOPO LA FINE IL RITORNO DELL'AVANGUARDIA?

5. LA TRADIZIONE DELL'AVANGUARDIA

Negli anni il sistema dell'arte è mutato in modo considerevole, soprattutto sul piano internazionale. Come si è visto, oggi rappresenta un modello sempre più subordinato a imperativi e logiche esterne al senso del fare artistico, come le speculazioni economiche, le strategie comunicazionali e di marketing, gli interessi privati. I cambiamenti in corso nel mondo dell'arte hanno premuto affinché venisse superata l'autoreferenzialità ermetica di cui è caduta vittima l'arte del Novecento con il duchampismo, ovvero con l'idea di un divenire puramente concettuale dell'arte, che dalle provocazioni di Duchamp è stata poi convertita dai suoi “discepoli” in una sorta di formula magica mediante la quale qualsiasi oggetto o situazione diventa un'opera d'arte nel momento stesso in cui è un artista a stabilirlo e uno spazio espositivo a legittimarlo.311 Secondo

Balzola e Rosa l'arte contemporanea

è come l'apparato decorativo di un sistema speculativo e autoriflettente, una “contemporaneità” che si propone, anzi si impone, in modo univoco come valore oggettivo, mentre è soltanto una vetrina di rappresentazioni funzionale al sistema economico-culturale. L'inaridimento del campo artistico, percepito ormai da molti addetti ai lavori e anche dalla gente comune, è dovuto principalmente a due fattori opposti: da una parte c'è un rispecchiamento passivo, superficiale e tautologico del tempo storico e delle sue regole del gioco; dall'altra, è in corso un processo di ripiegamento dell'arte su se stessa, che produce un concettualismo criptico, ostacola la partecipazione del pubblico e giustifica con un apparente principio di libertà qualsiasi operazione. 312

L'espressione artistica contemporanea sembra più subire i modelli culturali piuttosto che produrne di nuovi. Il processo di creazione delle opere d'arte è attualmente sottoposto a pressioni apparentemente contraddittorie: da un lato vi sono le indicazioni delle grandi gallerie, dei curatori e dei collezionisti più

311 Balzola, Rosa, 2011, p. 177 312 Ivi, p. 28

influenti, i quali stabiliscono le “stagioni” dell'arte; dall'altro, vi è una sorta di ideologia dell'“indifferenziato”, che fa scomparire la distinzione tra bello e brutto, tra nuovo e vecchio, tra buona o cattiva fattura di un'opera.313

L'arte contemporanea ha dovuto organizzarsi sempre più come un sistema funzionale: il mercato dell'arte degli anni Sessanta si è gradualmente strutturato, diventando un vero e proprio “sistema dell'arte”, che non solo cura la vendita delle opere, ma scopre e promuove gli artisti mediante una rete di musei, fondazioni, gallerie, riuscendo a generare il desiderio del possesso attraverso pratiche di marketing assimilate dal mondo economico e da quello commerciale. Nelle opere contemporanee viene ricercato in modo quasi ossessivo il soggetto provocatorio: violenza, aggressività, pornografia, eccesso, sono parte integrante delle opere, veicolati nella totale libertà di espressione e nella massima disinvoltura nell'utilizzo dei mezzi artistici.

Il sistema chiede opere immediatamente riconoscibili e serialmente riproducibili, funzionali all'idea di arte come intrattenimento. L'opera d'arte contemporanea ha perso un'identità fissa e un'identificazione stabile nel tempo: gli artisti si muovo tra le discipline, in una generale complementarietà di tecniche e linguaggi. A differenza delle opere d'arte classica, i materiali utilizzati nella realizzazione delle opere a partire dal XX secolo sono destinati a essere rapidamente superati; il valore della durata, come altri valori, è semplicemente sfumato nel tempo. Tuttavia come ricorda Benjamin, è proprio nel momento dell'obsolescenza che uno strumento, un linguaggio, una forma, si liberano e rendono possibile qualcosa di nuovo314; da questo l'arte deve riuscire

a trarre la spinta per reinventare i mezzi di cui dispone. «Per restituire all'arte la sua centralità sociale bisogna superare la tirannia dell'attualità imposta dai media e uscire dall'autoreferenzialità del sistema dell'arte “contemporanea”».315

Oggi l'arte va incontro alle dinamiche che regolano i processi mediatici, fondati sull'immediatezza; ciò che non passa attraverso i media non ha diritto di esistenza. Nel mondo dell'arte sembra che non sia più importante la qualità

313 Ivi, p. 29

314 Cfr. Benjamin, 2000, p. 24 315 Balzola, Rosa, 2011, p. 27

dell'opera, poiché quello che conta davvero è trovarsi di fronte a qualcosa di “contemporaneo”. Questo è diventato un aggettivo vincolante, una specie di precetto che condiziona l'approccio dell'esperienza creativa alla realtà.316

L'ossessione per il nuovo e la ricerca dello stupore continuo stanno forzando il limite dell'opera d'arte e della sua possibilità di comprensione da parte dello spettatore. Il problema dell'interpretazione del testo artistico diviene una costante nell'approcciarsi all'arte contemporanea: non è più chiaro quale sia l'oggetto e quale il soggetto, poiché la differenza tra i due tende ad assottigliarsi. Nel momento in cui ci si trova di fronte a qualcosa che non si riesce a definire o a collocare in un concetto, ci si chiede se si tratti o meno di vera arte; l'adozione di materiali inconsueti e l'inserimento del caso all'interno delle opere d'arte non hanno fatto altro che aumentare tale difficoltà.

Le rivoluzioni operate da parte delle avanguardie storiche tramite quelli che ora possono sembrare semplici gesti, ebbero un peso notevole nello sviluppo delle politiche artistiche della seconda metà del Novecento: i collage cubisti con materiali comuni come la carta e il legno aprirono il varco ai ready made duchampiani, agli object trouvé surrealisti e all'arte oggettuale in generale. «Dopo l’affermazione di massa della produzione industriale, gli artisti incominciarono a sentirsi attratti dalle qualità estetiche dei materiali e degli oggetti che ormai rappresentavano il loro nuovo panorama quotidiano».317

Il linguaggio artistico della prima metà del Novecento si distacca volontariamente dal pubblico, ponendosi inizialmente in contrapposizione all'arte accademica e tradizionale. Nel dopoguerra l'arte visiva cerca di tornare a una maggiore comprensibilità, divenendo collante per la comunità e stimolo alla riflessione in generale. Si può affermare che i cambiamenti avvenuti nella storia dell'arte riflettono sia i mutamenti in corso nella società, sia soprattutto quelli nella mentalità dell'uomo e nel suo modo di affrontare la quotidianità. Se da una parte l'arte contemporanea sembra essere un ambito completamente autoreferenziale, dall'altra offre allo spettatore degli spunti per smettere di essere considerata come un luogo estraneo e impenetrabile. Nessun artista può

316 Ibidem

realizzare opere totalmente illeggibili: quando ciò accade, per il pubblico può risultare difficile fornire una risposta all'opera, tanto che è piuttosto tentato di rifiutarla completamente per semplice comodità.

Se l'opera d'arte cerca un pubblico, la logica del sistema dell'arte contemporanea tende paradossalmente ad estrometterlo: esso passa in secondo piano, diventa secondario, e non può fare altro che partecipare ai grandi eventi dell'arte, ma non è né l'interlocutore né il target delle scelte curatoriali.318 Già

Benjamin segnalava come l'arte, inseguendo l'idea della sua purezza autoriflettente, si stesse trasformando in un dogma “teologico” negativo, che respinge qualsiasi funzione sociale e connessione con la realtà.319

L'incapacità dell'arte di dialogare con il grande pubblico, che nel frattempo è stato totalmente catturato dall'invasività mediatica, è una grave responsabilità storica di un'arte che ha lasciato il campo a una pura logica di mercato. Il mondo dell'arte si è appiattito sui modelli della comunicazione, compresa quella pubblicitaria, e si è adeguato alle regole di un mercato extra-artistico, conservando nello stesso tempo l'immagine stereotipata e anacronistica della figura dell'artista come demiurgo.320

Il gusto e la moda sono stati la negazione dell'avanguardia, rappresentando i fattori contro i quali essa era insorta. L'estetica ricopre un ruolo sempre minore nel giudizio sulle opere d'arte: ora a fare la differenza nella valutazione di un'opera per la vendita è la reputazione di chi l'aveva posseduta in precedenza, chi annovera un'opera simile nella propria collezione e soprattutto i prezzi raggiunti all'asta di recente. Come afferma Thompson, il prezzo dimostra con quale facilità la storia dell'arte venga oggi riscritta con il libretto degli assegni321; se un collezionista è disposto a pagare milioni per un'opera d'arte,

ciò significa automaticamente che tale opera è un capolavoro, espressione non solo di un'insieme di valori artistici, ma di uno status sociale.

Secondo la sociologa francese Nathalie Heinich l'arte contemporanea mette in

318 Cfr. Balzola, Rosa, 2011, p. 34 319 Cfr. Benjamin, 2000, pp. 25-26 320 Balzola, Rosa, 2011, p. 35 321 Thompson, 2008, p. 79

atto «un'operazione che le avanguardie artistiche ripetono dall’inizio del secolo: trasgredire una frontiera e, trasgredendola, mostrarla».322 Le

avanguardie storiche sono riuscite a mettere in crisi i principi canonici dell'opera, dalla figurazione alla rappresentazione, invertendo i criteri del valore artistico e delle norme estetiche. Per molto tempo si è pensato che la suddetta frontiera fosse simboleggiata dai ready made duchampiani e dal “Quadrato bianco su fondo bianco” (1918) di Kasimir Malevič, un'opera che oltrepassa tutti i limiti del figurativo, della tecnica e del colore, aprendo la via alla stagione minimalista. Dopo tutte le trasgressioni dei movimenti storici d'avanguardia, dopo tutte le novità introdotte nel mondo dell'arte, dopo l'Art

Brut, l'arte cinetica, la Pop Art, per molti era impensabile credere che l'arte

potesse stupire ancora. Negli anni sono state create opere con i rifiuti, con i rottami, con i manifesti strappati, con i neon, con le immagini pornografiche, con le scatole di cartone dei detersivi, persino con le feci in barattolo.323 L'arte è

uscita definitivamente dai musei e dalle sedi espositive convenzionali, sono nate la Land Art, la Body Art, le performance e gli happening; si è creato un vuoto a causa dello scarto sempre maggiore della differenza tra oggetti artistici e oggetti comuni tratti dalla quotidianità.

Heinich riflette sulle differenti reazioni degli spettatori: davanti alle opere d'arte contemporanea più scandalose si provano indignazione, rifiuto, rabbia, stizza, si possono deridere o si può persino aver voglia di distruggerle.324 La

distanza tra spettatori e artisti è ancora molto ampia, poiché quest'ultimi godono della legittimità del loro stato.

Tutto accade come se, appena un artista riesce a trasgredire una frontiera, un commentatore viene a colmare di senso il vuoto così aperto, spostando la frontiera per aprire sempre più lo spazio dei possibili nel mondo

322 Cfr. Heinich, 2005, p. 8

323 Il rimando è chiaramente a Piero Manzoni, che con la sua “Merda d'artista” (1961) ha creato uno dei più famosi casi dell'arte del Novecento. Il messaggio dell'autore era semplice: tutto quello che egli tocca è automaticamente dotato di un'aura di artisticità, la quale viene interiorizzata e di conseguenza digerita ed espulsa dal corpo.

324 A questo proposito vi è il già citato episodio del signore milanese che profondamente indignato dai tre bambini impiccati di Cattelan, si è arrampicato sull'albero per staccarli, riuscendo però solo a cadere al suolo ferendosi.

artistico, e spingendolo a cercare sempre più lontano nell’impossibile, riducendo a sempre meno lo scarto con i possibili del mondo comune.325

Questo processo genera un gioco vizioso nel quale l'artista, ormai legittimato nell'ultima delle sue trasgressioni, si sente in dovere di rischiare nuovamente proponendo temi e immagini ancora più choccanti. Vi è un fattore però da considerare: se l'opera gradualmente codifica le proprie procedure trasgressive, ogni trasgressione è inevitabilmente destinata a diventare convenzione; essa finirà con l'essere istituzionalizzata e inserita nei meccanismi di un'industria culturale che progressivamente la ingloba per annullarla. Con il passare del tempo e con i progressi della pratica artistica, paradossalmente si andrà a “trasgredire una trasgressione”, in una sorta di tradizionalizzazione del nuovo. Il destino di ogni movimento d'avanguardia è la normalizzazione mercificata? È possibile che, data la volontà di contrastare i movimenti artistici che vi erano in precedenza, si passi da un'avanguardia che va contro gli accademismi a una seconda avanguardia che si schiera contro la prima, generando un richiamo all'arte convenzionale e quindi un ritorno del tradizionale?

Il solo fatto di esporre in un museo o in una mostra priva parzialmente l'opera della sua carica scandalosa: il visitatore di un evento di portata mondiale come la Biennale d'Arte di Venezia sa cosa aspettarsi, è consapevole che all'interno troverà materiale più o meno “artistico” che lo farà stupire, indignare, incuriosire, probabilmente anche solo sorridere. Balzola e Rosa affermano:

Questo tipo di arte [contemporanea] rispecchia il tempo storico ma non agisce su di esso. Di conseguenza anche l'estetica è stata assorbita dalla comunicazione. Da una parte, il mondo pubblicitario si è appropriato di numerosi codici appartenenti all'arte, appiattendo la forma artistica in una formula creativa. Dall'altra, molti artisti si sono adeguati in modo acritico alle leggi vincenti della comunicazione, affidando il marketing del loro lavoro e della loro immagine alle agenzie pubblicitarie, concependo l'opera già in funzione delle sue possibilità di impatto e di amplificazione

mediatica. Parecchi gesti apparentemente “provocatori” e “trasgressivi” sono in realtà generati per attirare e nutrire il sistema dei media.326

Le stesse funzioni dei musei sono mutate nel tempo: oggi non si limitano a quelle tradizionali di conservazione ed esposizione al pubblico delle opere, ma anche e soprattutto a quelle di valorizzazione e legittimazione ufficiale delle nuove tendenze, della cosiddetta “art vivant”.327

Il rapporto fra i musei e l'arte contemporanea d'avanguardia inizia a svilupparsi lentamente a partire dagli anni Venti e Trenta del Novecento; nella prima fase è sostenuto soltanto dai mercanti più innovatori, da un limitato numero di collezionisti e dai critici militanti, ovvero da quell'élite culturale che era in contrapposizione al sistema artistico ufficiale. Il critico polacco Krzysztof

Pomian ha un'opinione interessante riguardo allo sviluppo di tale rapporto: egli sostiene che con l'affermazione definitiva dell'arte nata da una rottura radicale con il passato e con la progressiva crescita dei musei, il dubbio ormai più che fondato è che i musei siano diventati promotori di un'altra accademia, quella dell'avanguardia storica, ovvero di nuovo di un'arte che inizialmente non era stata affatto concepita per l'esposizione museale.

Per la seconda volta nella sua storia il museo ha deviato l'arte dalla sua finalità originaria e, spingendo gli artisti a fare delle opere fini a se stesse, ha contribuito a privarle di ogni significazione. Sarebbe comunque assurdo seguire l'opinione di certi critici del secolo passato e concludere che, per salvare l'arte, bisogna liquidare i musei […]. Bisogna trarre il giusto insegnamento da questa duplice esperienza e rendersi conto che il museo non può diventare destinatario diretto delle opere senza che questo produca degli effetti perversi.328

Il museo ha sempre giocato un ruolo importante nella consacrazione di un artista: negli ultimi decenni vi è stato un forte sviluppo che ha visto la nascita di nuovi musei sia in Europa che negli Stati Uniti, ma soprattutto in nuove

326 Balzola, Rosa, 2011, pp. 23-24 327 Poli, 2002, p. 113

realtà come Giappone, Cina ed Emirati Arabi. Un museo nasce come elemento di valorizzazione e legittimazione culturale: anche se modo minore rispetto al passato, per un artista è ancora importante poter entrare a far parte della collezione di un museo, perché vuol dire potersi definitivamente considerare un membro effettivo del mondo dell'arte.

Le stesse avanguardie storiche trovarono inizialmente la propria legittimazione nei musei. Negli anni Trenta del Novecento in Germania vi furono diversi musei che timidamente aprirono una sezione con opere d'arte contemporanea (principalmente espressioniste e cubiste), salvo poi doverla chiudere poco dopo a causa delle rigide imposizioni del regime nazista. In Olanda si iniziarono ad esporre opere cubiste, astratte, espressioniste e costruttiviste, mentre in Italia i primi musei che cominciarono a collezionare opere d'arte d'avanguardia furono il Museo d'Arte Moderna di Venezia (ora a Ca' Pesaro sul Canal Grande) e la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma a Valle Giulia. A New York nel 1920 nacque la “Société Anonyme Inc. Museum of Modern Art”, fondata da Katherine Sophie Dreier, pittrice e collezionista (tra i promotori dell’“Armory

Show”) e Marcel Duchamp, che ne fu il direttore artistico in collaborazione con

Man Ray. Il fine della società era la promozione imparziale di tutte le principali ricerche internazionali tramite mostre, conferenze e pubblicazioni: si occuparono dei cubisti, degli espressionisti tedeschi, dei suprematisti, dei costruttivisti, dei dadaisti, del Bauhaus, di De Stijl, dei surrealisti e dei futuristi italiani.329

Balzola e Rosa sul rapporto tra musei e avanguardia sostengono che grazie all'ausilio di alcuni curatori di punta e dei collezionisti si sia formata nel tempo un'avanguardia “istituzionalizzata”, ovvero dei gruppi o dei singoli artisti sui quali è stato investito molto per crearvi attorno un interesse di mercato. Secondo gli autori si è generato un paradosso: dagli anni Settanta-Ottanta le nuove avanguardie artistiche sono nate (o quantomeno sono state “svezzate”) direttamente nei nuovi musei d'arte contemporanea, in totale contrapposizione

329 La loro mostra più importante fu l'“International Exhibition of Modern Art” al Brooklyn Museum di New York, nel 1926-27, una grande rassegna d'arte d'avanguardia che presentava trecento opere di oltre cento artisti differenti. Cfr. Poli, 2002, p. 118

con i movimenti artistici di inizio Novecento, che destavano dibattiti e reazioni nell'opinione pubblica proprio perché preconizzavano qualcosa di diverso rispetto al senso comune e agli stili consolidati.330 «Adesso invece molte delle

più recenti forme di produzione artistica nascono già confezionate e istituzionalizzate, artisti giovanissimi sono acquistati al loro quasi esordio dai musei. Una vera e propria caccia al nuovo, o presunto tale».331

Il museo ha la funzione di legittimare le scelte del mercato storicizzandole mediante una sorta di “visto istituzionale”; esso diventa la vetrina ufficiale dell'arte contemporanea, che «pilota o impone questa storicizzazione, alza le quotazioni attraverso apposite esposizioni e lussuosi cataloghi, intervenendo sul DNA delle opere e delle correnti artistiche nascenti piuttosto che sulla documentazione di una loro autonoma vicenda».332 Va inteso come la locazione

ultima dell'esperienza umana, il luogo nel quale è possibile attribuire un “marchio di qualità” alle opere, una sorta di cattedrale dell'arte; la fretta di museificare la produzione artistica contemporanea rivela «una necessità di accreditare una “patina” di storicità e di certificare il valore oggettivo del prodotto».333 I musei d'arte contemporanea oggi acquistano opere di artisti

d'“avanguardia” poco dopo che queste sono state realizzate: quando un museo compra un lavoro di un artista emergente gli conferisce quella legittimità che un tempo era data dalla distanza forzata di quarant'anni che dovevano trascorrere tra l'esecuzione dell'opera e l'acquisizione museale.334

Oltre ad influenzare il ruolo del museo nella società attuale, le opere d’arte contemporanea spostano le frontiere dell’arte in generale, mettendo alla prova la capacità del contesto artistico di accettarle come beni legittimati. Nel testo “Le triple jeu de l’art contemporaine” (1998), Heinich parla di una “pragmatica dell’arte contemporanea”; l'autrice sostiene che essa funzioni come un gioco a tre poli, dati rispettivamente da trasgressione, reazione,

330 Cfr. Balzola, Rosa, 2011, p. 32 331 Ibidem

332 Ibid. 333 Ibid.

istituzionalizzazione, dove ciascuno dei tre rimanda strutturalmente agli altri due. Esistono dei ruoli per gli attori di questo “triplo gioco”: funzione di innovazione per i creatori, funzione di mediazione per i commentatori, funzione di adesione o di rifiuto per gli spettatori. L'artista non sarà più colui che designa come arte ciò che presenta, ma saranno le istituzioni a legittimarlo, ovvero gli specialisti dell'arte come i teorici, i critici o i curatori.

È interessante notare come nel processo di affermazione di un artista, il pubblico sia diventato progressivamente meno importante: come già ribadito oggi sono i galleristi, i collezionisti di spessore, i critici (compresi quelli militanti), i curatori a stabilire cosa può essere considerato vera “arte” e cosa no, e il pubblico non può che subire passivamente queste decisioni, poiché ciò che esso percepisce è già stato filtrato all'origine dagli addetti del settore. Negli ultimi anni è in corso un fenomeno ancora più interessante: la vera e propria legittimazione delle opere non avviene più per mano degli addetti ai lavori o, come accadeva un tempo, di un'istituzione ufficiale come l'accademia, bensì grazie al mercato, molto meno esigente e del tutto privo di pregiudizi. Come ha dichiarato un banditore di Christie's nel corso di un'intervista: «Se comprerei un Hirst? No. Ma noi non dettiamo il gusto, è il mercato a crearlo – noi mettiamo semplicemente l'arte all'asta».335

La critica d'arte americana Barbara Rose ha accusato il sistema dell'arte senza mezzi termini in un'intervista, considerandolo ormai privo di regole etiche e incentrato esclusivamente sul profitto.

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