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Agli inizi del Novecento Jules Lermina inizia a collaborare con «Journal des voyages» e dal febbraio 1901 all’agosto del 1913 consegna cinque novelle e dieci racconti d’avventura di varia lunghezza, piazzandosi così tra i dieci romanzieri più prolifici del giornale. Inoltre, in una nota del 1903, la direzione lo cita fra gli scrittori più illustri dell’epoca:

C’est le Journal des Voyages, nous osons le dire, qui a sinon créé, au moins développé et porté à la perfection actuelle le roman de voyages. C’est dans ses colonnes que le Boussenard, les Henry Leturque, les Jules Lermina, les Danrit, les Camille Debans, les Paul d’Ivoi e tant d’autres ont évoqué et décrit les aventures les plus extraordinaires et les héros les plus passionants1

Lermina firma tre dei diciotto romanzi della pubblicazione intitolata «La Vie d’aventures» lanciata da Léon Dewez, direttore del «Journal des voyages»: è proprio Lermina ad aprire la serie con Enterrée vivante e a questo racconto seguono Rocabol le bandit (firmato William Cobb) e La Mort qui court2. È in questo contesto che Lermina crea il personaggio di Toto Fouinard3, le cui dodici avventure appaiono settimanalmente dal novembre 1908 per la seconda serie di «La Vie d’aventures».

In un esauriente articolo contenuto in Le Rocambole, Marie Palewska esamina i dieci racconti più lunghi apparsi su «Le Journal de Voyages»4.

Il primo si intitola La fiancée du dieu rouge5.

1 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 134.

2 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 91. I tre racconti sono citati da Marie

Palewska nel suo articolo «Entre utopie er réalité: aventures humaines selon Jules Lermina dans le Journal des Voyages».

3 Supra, pp. 15-35.

4 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., pp. 91-141.

5 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 92. Il racconto La fiancée du dieu rouge è

stato pubblicato dal n°218 al n°226 di «Le Journal des Voyages» (3 febbraio-31marzo 1901) ed è stato illustrato da Eugène Damblans.

La storia è ambientata in India «avec tout son cortège de fanatisme et de mystère»6 e Lermina riprende un topos dei romanzi dell’epoca: la presenza di società segrete senza scrupoli nelle colonie inglesi.

Le peripezie a cui vanno incontro i protagonisti sono ambientate in una cornice esotica che è un classico per il genere e che ha anche la funzione di sottolineare la superiorità degli Europei rispetto ai “barbari” di paesi lontani, conosciuti dalla maggior parte dei lettori soltanto attraverso luoghi comuni diffusi da storie di fantasia.

Marie Palewska cita come esempio un romanzo di Paul d’Ivoi: Le Docteur Mystère7 (1900), che riprende tutti questi aspetti.

Le sette sono una costante nei racconti ambientati nelle colonie: la più celebre è quella dei Thug strangolatori, adoratori della dea Kali, ma nel libro La Maison à vapeur (1879)8, Jules Verne ne menziona altre, tra le quali i Khounds del racconto di Lermina in questione… I nomi cambiano, ma la ferocia di queste tribù è la medesima.

La fiancée du dieu rouge è una fanciulla indù di nome Riah Sanda che è stata venduta dal padre ai Khounds. La ragazza è destinata a diventare la sposa di Manuck Soro – il loro dio della guerra – ed è marchiata sulla fronte dal sangue delle vittime che la setta offre ogni anno alla divinità, in attesa del suo stesso sacrificio.

Sir William Lewis la salva dal suo triste destino trattando col capo della tribù e la porta a Calcutta, dove amministra con benevolenza i suoi vasti domini. La vicenda ricorda vagamente l’episodio ambientato in India nel romanzo Le tour du monde en quatre-vingts jours9, anche se Sir William resta soltanto una figura paterna per la ragazza e, come vedremo presto, non sarà premiato per la sua generosità. I Khounds, infatti, non hanno rinunciato alla fanciulla, la rapiscono e uccidono il suo protettore.

Tutto sembrerebbe perduto ma Lucien – un giovane francese innamorato di Riah – e Denwar – un vecchio indù buddista – sono determinati a liberarla e partono all’inseguimento dei rapitori.

Quando il lieto fine sembra scontato, la ragazza muore tra le braccia di Lucien, dicendogli che lo ama: malauguratemente ha già pronuncito il giuramento di fedeltà a Manuck Soro e non c’è niente che l’eroe possa fare per sciogliere il patto con un dio.

6 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p.92.

7 Le Docteur Mystère è un eroe tipico del romanzo d’avventura di questo periodo: persegue una grandiosa

opera di liberazione dell’India e protegge i bramini e gli inglesi dai crudeli indù.

8 Questo romanzo fa parte della serie «Voyages extraordinaires» ed è anch’esso ambientato in India. 9 Nel libro Le Tour du monde en quatre-vingts jours (1873) di Jules Verne, Fogg e Passepartout, giunti a

La fiancée du dieu rouge è un racconto tragico che presenta svariati elementi ricorrenti nel romanzo coloniale francese: sir William, ad esempio, è il prototipo del colono illuminato e rappresenta una critica manifesta alla colonizzazione inglese in India, caratterizzata da un «cynisme commercial»10 che ha fatto mettere da parte agli europei la lotta contro le tradizioni incivili degli indigeni per un beneficio economico immediato.

La collusione tra gli inglesi e i bramini è deplorevole ed è una delle ragioni della decadenza del paese.

Il francese Lucien si distingue per la sua intelligenza e il suo animo generoso, mentre gli indù sono inebetiti dalla dominazione degli europei e sono considerati alla stregua di primitivi, incapaci di gestirsi da soli.

Riah incarna l’indigena che seduce con il suo erotismo ingenuo: indossa abiti leggeri che mettono in risalto la sua figura, porta gioielli scintillanti ed è capace di incantare con le sue doti da danzatrice. Insomma, è una “femme fatale” inconsapevole.

Il finale ci suggerisce che tra Europei e Indù esiste un abisso che nemmeno l’amore può colmare e la morte della ragazza né è una conferma.

Un altro elemento tipico del genere è la ricerca delle origini: Lucien è giunto in India per studiare il sanscrito e i dialetti del posto e – in riferimento alle più recenti ricerche scientifiche – il giovane afferma di essere discepolo di Reinach, Latham, Benfey e Penka, respingendo la tesi dell’origine asiatica degli Indo-Europei.

Il suo amico etnografo, invece, studia la parentela delle razze “inferiori”, sviluppando l’idea che gli indù derivano da un «mélange de la race rouge avec la race noire»11.

L’immagine fornita da Lermina, dunque, è ideologicamente orientata e famigliare ai lettori del romanzo d’avventura della sua epoca, ma nel racconto spiccano due elementi drammatici, sapientemente esasperati: la furia del ciclone – già annunciato nelle prime righe della storia – che è una vera e propria visione apocalittica…

tout craqua, tout se disloqua, tout s’effondra […] La pierre, le fer, rien ne lui résiste. Il courbe des barres énormes comme des baguettes d’osier, il rompt des poutres, il casse le plus gros arbres comme de fétus de paillir12

10 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p.94. 11 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p.94. 12 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p.95.

L’altra scena è quella del sacrificio, in cui i Khound sono inebriati dal sangue che cola. Queste visioni terrificanti sono piuttosto frequenti nei romanzi d’avventura, nelle cui pagine sono spesso disseminati pericoli naturali e umani.

Più originale è la figura di Denwar. La sua religione lo rende pacato e generoso, niente lo turba se non la sofferenza altrui ed è guidato da questo motto: «Nul ne peut être heureux tant qu’il existe un seul être malheureux»13

Agli occhi del popolo appare come un santo «investi d’un pouvoir surhumain»14, ma pur sconfiggendo il capo dei Khound, non può far niente per salvare Riah, il cui marchio le fa sviluppare un’attrazione incontrastabile verso la morte, tanto che – ossessionata dal canto dei Khounds – è lei stessa ad andare incontro al suo destino, come ipnotizzata. L’annuncio della storia recita:

Le dieu rouge est tout-puissant et ceux qui se prosternent à ses pieds jouissent d’un pouvoir occulte qui les rend invulnérables et terrifiants»15

In questa presentazione riscontriamo tracce del gusto di Lermina per le scienze occulte di cui parleremo più avanti16.

L’opera risulta meno oscura di Le Docteur Mystère17, che mostrava il trionfo della scienza europea sulle superstizioni indù.

«La fiancée du dieu rouge» si focalizza sul fallimento e sul mistero poiché: «La science des hommes ne peut rien contre les fatalités du destin…»18

Il secondo racconto lungo di Lermina è pubblicato l’anno successivo e si intitola: Dix mille lieues sans le vouloir19. L’eroe appartiene a un’altra categoria rappresentativa del romanzo d’avventura: il viaggiatore involontario. Il sottotitolo recita: «Aventures d’un voyageur malgré lui»20.

In questo tipo di racconto le avventure non sono cercate, ma subite dal protagonista. Di solito il personaggio principale incorre in un evento drammatico che

13 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 95. 14 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 95. 15 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 96. 16 Infra, cap. VII, pp. 101-131.

17 Supra, p. 79, nota 7.

18 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 96.

19 Dix mille lieues sans le vouloir viene pubblicato su «Journal des Voyages» dal 2 febbraio all’11 maggio

1902, sempre illustrato da Damblans.

innesta un effetto a catena e in questo caso è la morte del padre a catapultare il protagonista – Jean Marbach – in una serie di peripezie che lo portano fino a Tokyo.

Jean, giovane impiegato di banca, desidera trovare l’assassino di suo padre, anch’egli bancario, convinto che sia stato ucciso per aver scoperto una manovra disonesta e nutre dei sospetti su Jacques Lehr, il vice direttore.

Lehr invia Jean a Nancy per verificare dei conti, ma durante il viaggio in treno viene drogato e derubato di tutti i documenti. Si risveglia a Colmar (in territorio tedesco) e viene arrestato perché scambiato per un ladro evaso di prigione.

Un’esplosione provocata da una guardia lancia Jean nella cella vicina, mentre il legittimo occupante è trovato morto nella sua. Il nuovo scambio d’identità porta il protagonista al bagno di Metgethen, ma riesce a evadere assieme a un compagno, un polacco che lo trascina fino a Mosca, da amici rivoluzionari.

Jean si ritrova così in mezzo a una rivolta popolare e viene ferito nella repressione brutale dei cosacchi, dopodiché sarà trascinato sull’isola di Sakhaline per lavorare in una miniera di carbone. Vi passa quattro mesi prima che un reporter americano a cui ha salvato la vita durante la rivolta riesca a farlo fuggire da un pozzo che conduce al mare ed è così che giunge a Tokyo, dove lo attende un clamoroso colpo di scena: è lì che vive il vero Jacques Lehr, l’uomo che ha conosciuto e che ha assassinato suo padre non è altro che Peter Waldstein – il ladro per cui l’avevano scambiato a Colmar – che ha usurpato la sua identità. Il padre di Jean aveva scoperto la verità e il malvivente lo aveva ucciso ed elaborato un piano per allontanare il figlio sospettoso. La giustizia trionferà grazie al ritorno di Jean a Parigi e al suicidio dell’assassino. Il racconto non gioca sulla suspence poiché la colpevolezza del vice direttore è suggerita fin dall’inizio e non si può certo dire che il racconto brilli per oginalità, visto che la vicenda in alcuni punti – come la reclusione al bagno di Metgethen – ricorda fin troppo il romanzo Le comte de Monte-Cristo21 (anche il compagno dell’eroe gli rivela dov’è nascosto il suo oro).

Non è tanto il lato poliziesco a colpire, ma quello politico: la drammaticità risiede nell’impotenza del protagonista davanti ai prussiani e poi ai russi.

La guerra del 1870 è evocata più di una volta e quando Jean arriva in territorio tedesco si trova in preda alla «bestialité atavique de ses ennemis héréditaires»22.

21 A Lermina il romanzo di Dumas piacque tanto che ne scrisse due seguiti: Le fils de Monte-Cristo (1881)

e Le trésor de Monte-Cristo (1885).

I personaggi che il protagonista incontra tra Muhlbach e Leipzig sono perlopiù ottusi o violenti, mentre i forzati conosciuti da Jean sono innocenti e valorosi, ma sono travolti dalla bestialità prussiana.

La fraternità franco-polacca è dichiarata formalmente: «Vous êtes français, donc sympathique à ma nation»23

Il clima di oppressione in Russia è più volte sottolineato nel corso del racconto: esemplare è la storia della cattedrale di San Basilio, il cui architetto è stato condannato a morte da Ivan IV affinché non potesse costruire un’altra chiesa altrettanto bella.

I rivoluzionari sono dipinti come persone intelligenti e pacifiche che rivendicano diritti sacrosanti, ma che soccombono sotto la violenta repressione dei cosacchi.

L’ultima tappa del cammino di Jean – il bagno di Sakhaline – era già nota ai lettori del «Journal de voyage» dato che un romanzo di Michel Delines apparso qualche tempo prima sulle sue pagine si intitolava proprio Le Forçat de Sakhaline e che l’autore non si limita a citare il luogo24.

Quando si parla di Russia nei romanzi francesi di questo periodo, il forzato deportato in Siberia è una figura piuttosto frequente perché questa tipologia di personaggio permette all’autore di descrivere l’orrore della prigionia.

Lermina scrive che il prigioniero è come un «enterré vivant»25 in un «enfer noir»26, infatti, è a lui che si riferisce l’esortazione dantesca «Laissez ici tout espoir, vous qui entrez»27.

Janine Neboit-Mombet ha scritto un saggio sull’immagine della Russia nella letteratura francese dal 1859 al 1900 in cui sostiene che i romanzi del «Journal des voyages» forniscono una visione politica più impegnata e una critica più decisa al totalitarismo zarista rispetto ai testi di Verne, che a volte sembra quasi voler attenuare un giudizio troppo severo nei confronti dello zar:

23 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 99.

24 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 135. Michel Delines, Le Forçat de

Sakhaline. Il romanzo è stato pubblicato su «Journal des voyages» dal n° 218 al n° 232 dal 3 febbraio al 12 maggio 1901, mentre il testo di Lermina ha occupato le pagine della rivista l’anno successivo. Di certo, i lettori abituali ricordavano ancora quella storia quando si sono imbattuti in questa riga: «Jean devint livide. Ce nom effrayant de Sakhaline, il l’avait entendu prononcer, il lavait lu le récit de Michel Delines[…]».

25 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 99. 26 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 99.

27 Bulletin des Amis du Roman populaire, Le Rocambole, cit., p. 99. Utilizzando la frase di Dante, Lermina

riprende l’annuncio del romanzo Le Forçat de Sakhaline, apparso sul n° 216 della rivista il 20 gennaio del 1901, a p. 122.

L’auteur euphémise à la fois la sévérité du tsar et les conditions de déportation. Le tsar étant dans l’impossibilité de contrôler cas par cas l’application de ses ukases, le doute plane sur sa responsabilité directe dans l’exil de Fédor […] Les conditions de l’arrestation et la vie en déportation du père de Nadia sont banalisées, ce qui en attenue la portée28

Il romanzo a cui fa riferimento Janine Neboit-Mombet è Michel Strogoff29 di Verne. Mentre il celebre autore non si sofferma sulle barbarie della dittatura, «Journal des voyages» pubblica varie storie dove «Il y a condamnation évidente du régime de la part de l’intellectuel»30

Dix mille lieus sans le vouloir lo conferma31.

Un altro racconto particolarmente interessante è Rose noire, rose Blanche32. Le tematiche principali sono tre: l’odio tra bianchi e neri, il ritorno dei figli degli schiavi americani nei loro paesi di origine e la civilizzazione dei popoli africani da parte degli europei. L’eroe è un uomo di colore: Sam Hanga, un ricco piantatore della Florida dalle idee progressiste, che desidera tornare nel suo paese (l’Etiopia, Sam è il re della tribù dei Gallas) per mettere in atto «la régénération des peuples noirs»33 grazie alle conoscenze che ha acquisito in America.

Il protagonista invia una spedizione in Africa, guidata dall’ingegnere francese Guy d’Alteroche, che condivide gli ideali di Sam e che ne ama la sorella Lila, «la rosa nera».

La Guerra di Secessione, però, non è un ricordo lontano e l’odio razziale non è sopito: Sam si trova coinvolto in un alterco con un avventuriero bianco e per difendere sua sorella spara e ferisce la figlia di uno dei più importanti banchieri della Florida, Edith Woodville, «la rosa bianca», la donna di cui è innamorato nonostante il disprezzo che lei gli ha sempre dimostrato.

L’episodio provoca una rivolta e Edith accusa Sam di averla ferita intenzionalmente per vendicarsi del suo rifiuto. Sam viene improgionato, ma la folla incendia la prigione e lo lincia. Gli amici dell’eroe intervengono e lo rianimano grazie

28 Janine Neboit-Mombet, L’image de la Russie dans le roman français, Clermond-Ferrand, Presses

Universitaires Blaise-Pascal, 2005, pp. 44-45.

29 Jules Verne, Michel Strogoff (1876). Il romanzo racconta il viaggio verso Irkutsk di Michel, corriere

dello Zar di Russia. Il giovane ha il compito di avvisare il fratello dello Zar dell'imminente arrivo dell'orda dei Tartari guidata dal traditore Ivan Ogareff. Al suo arrivo la città è già stata assediata dai nemici, ma Michel riuscirà a uccidere il loro capo e a metterli in fuga.

30 Janine Neboit-Mombet, L’image de la Russie dans le roman français, cit., p. 95. 31 Supra, pp. 81-83.

32 Rose noire, rose Blanche è pubblicato dal n° 335 al n°363 della rivista (dal 3 maggio al 15 novembre

1903) e le illustrazioni sono curate ancora una volta da Damblans.

all’aiuto di un servitore-stregone, ma al suo risveglio c’è una pessima notizia che lo attende: suo fratello Magvar vuole utilizzare gli strumenti che ha inviato in Africa per sottomettere i popoli vicini e grazie all’aiuto del somalo Hed Kab si è impadronito della nave dove Lila e la madre Zuma si erano imbarcate per partire per Cuba. Sulla barca c’è anche Edith, rapita da Zuma per vendicare il figlio.

Sam e Guy raggiungono Cuba e si procurano un altro battello per inseguire i traditori che nel frattempo litigano per il comando: è Magvar ad avere la meglio e getta in mare il suo alleato.

Magvar arriva nel luogo in cui la spedizione attendeva il suo capo e si impadronisce del campo, ma il somalo si è salvato, ha raggiunto la sua tribù e l’ha condotta in guerra contro i Gallas che sarebbero decimati senza l’intervento di Sam e Guy. Guy uccide Hed Kab e Magvar preferisce il suicidio alla prigionia.

Un mese più tardi il sogno di Sam si realizza: una nuova città è edificata sul territorio dei Gallas e il lieto fine è completo grazie a un doppio matrimonio… la rosa nera si sposa con Guy e la rosa bianca con Sam. In realtà Edith aveva accusato l’uomo solo per paura dell’amore che provava per lui.

All’inizio del romanzo, Lermina descrive la difficile accettazione dell’emancipazione dei neri in Florida dopo la Guerra di Secessione: molti bianchi non vedono di buon occhio l’ascesa sociale di alcuni di loro e conservano i pregiudizi razziali del passato.

In un articolo del 1892 intitolato «Les nègres en Afrique», lo stesso «Journal des voyages» scrive:

Il s’en faut de beaucoup quel es Américains aient pris le parti de s’accomoder avec la population nègre qui habite la grande République. À plusieurs reprises, le Congrès et d’autres corporations se sont occupés de la question du meilleur mode de se débarrasser des nègres34

Le ostilità, in realtà, non sono mai cessate. Il pregiudizio fa sì che i concittadini di Hanga diano credito a un forestiero qualunque, a un ex forzato, piuttosto che a un uomo rispettabile, che ha dimostrato il suo valore in più occasioni.

La brutalità del linciaggio denuncia i più bassi istinti dell’uomo, ma questo non

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