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Kass e Habermas

Capitolo III: Enhancement

12. Obiezioni

12.3 Kass e Habermas

In quest‟ultimo sottoparagrafo verranno prese in considerazione alcune obiezioni al biopotenziamento a partire dagli autori che le hanno poste. Buona parte delle maggiori questioni che sono state oggetto del presente e del precedente paragrafo sono state in vario modo poste da loro. Qui tratteremo alcune tematiche, in

170 parte già accennate, sperando che possano contribuire ad una maggiore completezza dell‟esposizione del dibattito etico in corso.

Quella di Leon Kass rappresenta sempre una voce importante del campo bioetico, spesso le sue posizioni sono definite conservatrici e di contrasto rispetto alle possibilità che potrebbero essere a disposizione dell‟uomo grazie alle biotecnologie. Si può dire che le sue critiche esemplificano le posizioni di molti scettici sulle potenzialità, ma soprattutto sulla bontà di cambiare in virtù delle nuove opportunità. Sull‟immortalità, ad esempio:

…a human choice for bodily immortality would suffer from the deep confusion of choosing to have some great good only on the condition of turning into someone else. Moreover, such an immortal someone else, in my view, will be less well off than we mortals are now, thanks indeed to our mortality.223

Kass ritiene che l‟uomo dovrebbe serenamente accettare ciò che è nella sua natura di essere mortale: la malattia, la vecchiaia e infine la morte. Il non accettare la morte pone l‟uomo in una situazione di contrasto con se stesso, come se fosse un errore logico. Le argomentazioni di Kass non mancano di vigore, sono buone argomentazioni, ma non sono le migliori.

L‟estensione della vita al di là di quelli che sono considerati i naturali limiti attuali dell‟essere umano, è un beneficio la cui evidenza è altrettanto forte.

L‟appello a ciò che è naturale o essenziale è destinato a non essere accolto, per sé, in quanto per sé non spiega perché la situazione originaria debba essere moralmente o pragmaticamente migliore. Ciò che normalmente segue i richiami alla natura dell‟uomo come tentativo fondante per ancorare la critica all‟immortalità, è una serie di previsioni nefaste sul futuro che si verificherebbero nel caso si decidesse di non ascoltare i richiami alla nostra essenza.

Così è anche nell‟articolo di Kass da cui è tratta la precedente citazione. Egli ritiene che in un futuro di non più umani ci sarebbero gravi problemi di diseguaglianza, mancanza di lavoro per i giovani e sovrappopolazione. Queste sono però, a ben vedere, questioni diverse, che non discendono affatto dalla maggiore preoccupazione, quella della disumanizzazione.

171 In „Ageless bodies, Happy souls‟ Kass considera, fra le altre cose, la questione della libertà e della coercizione in relazione all‟uso delle biotecnologie (un cattivo uso, in questo caso, per l‟autore)224. Secondo l‟autore americano anche un parziale controllo sul genotipo delle generazioni future avrebbe la conseguenza di aggiungersi ai già esistenti mezzi di controllo sociale da parte dei genitori sui figli, con rischi di dispotismo (che per Kass rappresenta anche uno dei maggiori rischi della clonazione).

Per Harris, Kass è in questo caso totalmente in errore. I genitori già dispongono di potenti mezzi per determinare buona parte del genotipo dei figli, oltre all‟educazione, come potente mezzo per indirizzarli225. Ciò che è per Harris inaccettabile del discorso di Kass è che egli assume senza argomenti plausibili, la malevolenza e la stupidità di genitori che decidono utilizzare tecniche di clonazione o biopotenziamento. Atteggiamento quest‟ultimo che è stato già criticato nel presente lavoro.

Per Kass un altro problema potrebbe essere rappresentato dall‟omogeneizzazione fra le capacità e le attitudini delle persone a cui potrebbe condurre un uso esteso delle tecniche di biopotenziamento.

Questa è una questione che, nella nostra considerazione, è bene sollevare, e di cui si dovrà tenere conto, ma non è certo un allarme tale da giustificare alcuno stop alle ricerche: si dovrà vedere come realmente agiranno tali potenziamenti sui singoli ed il modo in cui influenzeranno la società.

Harris confida nel fatto che ad essere interessate, a spiccare saranno delle caratteristiche già possedute dai soggetti, continuando a garantire l‟eterogeneità della popolazione. Tali caratteristiche potranno essere più spiccate di oggi in alcuni, ma difficilmente saranno possedute da tutti nella stessa misura226.

Anche da Kass, come da altri pensatori, i biopotenziamenti vengono visti come una sorta di scorciatoia che rende „sleale‟ il raggiungimento dei nuovi traguardi. A parte il fatto che potenziatori della memoria e della concentrazione non ci insegneranno mai la chimica o la storia se non sarà nostra premura passare ore a studiare, Harris

224 Kass, L. (2003). "Ageless bodies, Happy souls." The New Atlantis 1: 9-28.

225 Harris, J. (2007). Enhancing Evolution: The Ethical Case for Making Better People, Princeton

University Press. Pp.124-126.

172 suggerisce che, se davvero ci dovessimo trovare ad essere meno orgogliosi di questi traguardi, potremo ancora essere contenti delle decisioni che ci hanno condotto a potenziarci in vista del raggiungimento dei traguardi che abbiamo stimato degni di valore.

Riprendendo le parole di Tom Stoppard, Harris sostiene che le deformazioni non sono quelle di coloro che aspirano a raggiungere qualcosa di diverso e migliore, ma quelle di quanti non condividono e cercano di impedire ai primi di vivere una vita migliore227.

Un altro autore su cui ci soffermeremo brevemente è Jürgen Habermas, voce eminente della filosofia e della bioetica, nonché spunto di molte riflessioni per John Harris.

Le preoccupazioni di Habermas sono rivolte verso le conseguenze che le azioni presenti avranno nel futuro228. Egli parla di una schiavitù a cui le generazioni future saranno sottoposte in conseguenza di ciò che oggi facciamo e pianifichiamo di fare, così che le operazioni di biopotenziamento di oggi costringeranno le persone di domani ad essere in un modo che è stato voluto da altri, causandogli problemi di percezione di sé quali esseri autonomi e autori delle proprie vite. Anche questo è un argomento su cui si è già avuto modo di riflettere nel presente lavoro.

Habermas denuncia che l‟intervento dei genitori sul genoma dei figli al fine di potenziarli, come potrebbe accadere dopo una diagnosi preimpianto e mediante terapia genica, impedirebbe a quest‟ultimi di considerarsi i veri autori della propria vita. Il rischio a cui sarebbero soggetti sarebbe quello di vivere un rapporto di dipendenza inevitabile e permanente nei confronti dei propri genitori.

D‟altro canto, sottolinea Harris, non intervenire quando si potrebbe significa condannare le nuove generazioni a vite prive dei vantaggi e delle tutele che potrebbero essere garantite loro: se loro non possono acconsentire agli eventuali biopotenziamenti (critica di Habermas), è altrettanto vero che non possono consentire neanche alle conseguenti privazioni del non biopotenziamento, tenendo a mente che non ha valore nel pensiero di Harris un appello alla differenza fra agire e non agire229.

227 Stoppard, T. (1972). Jumpers. Faber and Faber.

228 Habermas, J. (2003). The Future of Human Nature. Cambridge.

173 Riguardo alla questione della percezione di sé come esseri non pienamente autonomi quale rischio per le generazioni future, Harris sembra suggerire che una sensazione del genere non sia legata solo al biopotenziamento, poiché i modi in cui i genitori e le società ci indirizzano sono numerosi e molto potenti, e a meno di ammettere forme di determinismo genetico nulla viene aggiunto di così importante da non essere bilanciato dai benefici in vista dei quali si farebbe ricorso a tali pratiche230.

13. A favore del biopotenziamento e l’obbligo della

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