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Capitolo III: Enhancement

12. Obiezioni

12.1 Longevità

Una maggiore longevità ed il raggiungimento del conseguente logico rappresentato dall‟immortalità rappresentano il santo Graal dell‟enhancement210. Che l‟uomo comunemente desideri vivere più a lungo, se non in eterno, è un dato comune.

Si noti che immortalità non significa invulnerabilità, e che quindi anche gli immortali possono morire, e se si può assumere che ogni qualvolta si salvi una vita, di fatto si stia ritardando il momento dell‟inevitabile morte, si può anche pensare l‟immortalità come un effetto collaterale della cura e della prevenzione di un‟intera gamma di malanni.

Poiché diamo grande importanza alle terapie salva vita, piuttosto che ritenerle inutili, ne segue che altrettanta importanza debba spettare alle terapie che estendono i normali tempi vitali.

Harris delinea, e procediamo ad affrontare, cinque tipi di argomentazione che sono state mosse contro l‟estensione della vita:

l‟estensione della vita sarebbe ingiusta;

sarebbe senza senso e indesiderabile a causa dell‟inevitabile noia di una vita infinita;

sarebbe in ogni caso futile o auto-ingannevole in quanto l‟identità personale non potrebbe sopravvivere, mantenersi, per i tempi di una vita indefinitamente più lunga;

potrebbe condurre verso la sovrappopolazione e la fine della riproduzione; l‟estensione della vita avrebbe costi proibitivi211

.

210 L‟espressione è di John Harris: Harris, J. (2007). Enhancing Evolution: The Ethical Case for Making

Better People, Princeton University Press. P.59.

162 Sicuramente, osserva l‟autore, le tecnologie che occorre sviluppare per estendere sensibilmente le nostre aspettative di vita avranno costi di accesso molto alti, oltre che probabilmente quanti vorranno avere dei figli potenziati dovranno ricorrere a forme di procreazione assistita, per cui è verosimile che, anche all‟interno di società ricche, certe prospettive saranno per un periodo più o meno lungo destinate solo a pochi.

In termini globali la differenza fra società ricche e povere sarà acuita e le fasce sociali saranno divise da un‟ulteriore distanza. Questo è, però, solo un aspetto della questione che può essere vista sotto il profilo della giustizia.

Vi è anche il discorso di popolazioni parallele della medesima società: se queste tecnologie di estensione della vita potranno essere sviluppate con successo si assisterà alla contemporanea presenza di persone normalmente mortali ed altre più o meno „immortali‟, o in linea generale „potenziate‟.

Se il raggiungimento di maggiori aspettative di vita è considerato un bene, è difficile comprendere, per Harris, come possa rappresentare un‟ingiustizia il fatto che possa essere disponibile per alcuni e non per tutti. Comunemente le società sono in grado di aiutare alcuni, ma non tutti, eppure questo non è considerato un motivo per non fare del bene a nessuno. L‟obiettivo deve essere quello, secondo l‟autore, di rendere tali opportunità disponibili per tutti, ma non negandole a pochi finché non siano ampiamente disponibili. È usuale che l‟introduzione di nuove tecnologie faccia emergere questo tipo di problemi. Per Harris il bipotenziamento rappresenta un bene, così come non blocchiamo i trapianti di reni per il motivo che non ve ne sono a sufficienza per tutti, e non lasciamo morire tutti coloro che aspettano un trapianto perché sarebbe ingiusto salvarne alcuni ma non tutti. Allo stesso modo, acquisito che il biopotenziamento è un bene, il nostro dovere morale è quello di massimizzare i benefici e quindi di promuovere, e come sempre impegnarci per rendere disponibili per tutti, ciò che viene ritenuto un bene212.

A nostro aviso il ragionamento di Harris, per quanto lineare, non tiene veramente conto della questione della giustizia. Un discorso di giustizia sociale è un discorso che dovrebbe abbracciare un insieme di persone collettivamente, e non come singoli il cui beneficio è un bene in sé.

163 Ciò che è giusto o ingiusto, in questo contesto, si dovrebbe valutare in relazione ai vari componenti dell‟insieme. Se dieci persone accedono ad un bene e altre mille ne sono escluse ha senso valutare se nella situazione considerata si stia verificando un‟ingiustizia. Se il bene di quei dieci può provocare dei danni agli altri mille, nel senso che li pone in una situazione di svantaggio, ha ancora più senso fermarsi a considerare la questione della giustizia.

Non desideriamo suggerire che il biopotenziamento debba essere messo al bando finché non sarà a disposizione di tutti (anche perché chi sono tutti? Tutti i cittadini delle società ricche? Tutta l‟umanità?), ma solo che la questione della giustizia presenta dei risvolti che meriterebbero una considerazione maggiore.

In termini strettamente utilitaristici la tendenza all‟accrescimento della felicità generale provocato dai dieci che accedono al nuovo bene, può essere invertita dalla condizione di danno che soffrono i mille che non accedono al bene, ma che dall‟accesso al suddetto bene da parte dei dieci sono danneggiati.

Coloro che potrebbero essere annoiati da una vita infinita non sono condannati all‟esistenza, ma possono in qualsiasi momento uscirne, per gli altri però la praticabilità di questa strada potrebbe risultare più che desiderabile213. La trattazione di questo punto da parte di Harris, per quanto concisa, pare godere di una lapalissiana evidenza.

Filosofi come Hans Jonas e Walter Glannon hanno ritenuto che in un periodo sensibilmente più lungo rispetto al tempo normale di una vita umana l‟identità personale si perda, lasciando spazio a successivi sé214. Conseguentemente i motivi per desiderare di continuare ad esistere decadono.

Harris si dichiara assolutamente non convinto del fatto che l‟identità personale debba estinguersi per lasciare spazio ad altre identità nel tempo, oltre che, secondo l‟autore, non è difficile dimostrare come, anche qualora questi passaggi si verificassero, si possa continuare a desiderare di vivere per un tempo indefinito.

Ponendo l‟esempio di un individuo che viva un periodo eccezionalmente lungo di vita, un periodo di tempo in cui si succedono tre identità „A‟, „B‟, „C‟.

213 Ibid. P.64.

214 Ibid. Pp.65-67. John Harris prende in considerazione i seguenti testi di Jonas e Glannon:

- Glannon, W. (2002) Identity, prudential concern and extended lives. Bioethics. 16. Pp.266-283; - Jonas, H. (1992) The burden and blessing of mortality. The Hastings Center Report. 22. Pp.34-40.

164 Non è irrazionale per questo individuo vivere pienamente come „A‟, pur essendo cosciente e desiderando un giorno di divenire „B‟, il quale non sarà „A‟, ma ne conserverà memoria. Lo stesso potrà accadere da „B‟ a „C‟, il quale non manterrà ricordi di „A‟, anche nel caso che „A‟ fosse cosciente dal principio che „C‟ sarebbe stato un giorno rispetto a lui completamente estraneo. Questo, appena accennato, è un esempio di cambio d‟identità verticale.

Lo stesso discorso può essere applicato a cambi d‟identità orizzontali, ossia che non sono causati da, e non si verificano in, un ampio arco di tempo. Prendiamo in esame il caso dell'uso di medicinali o di qualsiasi miglioratore chimico delle facoltà mentali, che porti un individuo ad un potenziamento così importante della memoria, della concentrazione, dell‟intelligenza, tale da imporre nella sua vita dei cambiamenti tanto radicali che si consideri opportuno parlare di una nuova persona, e che quindi un cambio d‟identità abbia avuto luogo.

Harris si dichiara ancora scettico riguardo l‟eventualità della perdita d‟identità. Ammettendo tuttavia questa opzione, anche in questo caso egli ritiene che non sia irrazionale e degno di essere ostacolato il desiderio di colui che volesse migliorare così profondamente le proprie caratteristiche da risultare in una nuova identità, sia questa „B‟ oppure „C‟. Al massimo ciò che può succedere è che utilizzando lo stesso corpo si succedano più individualità, prospettiva che è vista favorevolmente dall‟autore, anche in termini ambientalistici.

Molte persone ritengono che un‟estensione sensibile del tempo vitale degli uomini avrebbe effetti disastrosi in termini di sovrappopolazione, a causa dell‟accumularsi delle generazioni. Questo scenario è assolutamente verosimile per l‟autore, il punto però da tenere in considerazione prima di tentare di ostacolare le attuali ricerche orientate nella direzione di una maggiore longevità, è che per un lungo periodo tali possibilità saranno a disposizione di veramente poche persone a causa dei costi, e che delle soluzioni e regolamentazioni possono essere trovate senza ricorrere al taglio censorio fin dall‟inizio.

Il tema della sovrappopolazione, è per Harris fonte di un‟ulteriore spunto di riflessione: si può porre la questione se la creazione di future generazioni rappresenti una circostanza necessaria, o anche solo desiderabile.

Ponendo che vivano dieci miliardi di persone, c‟è differenza se questi dieci miliardi sono sempre gli stessi o se sono generazioni che si succedono? Supponendo che si

165 parli di persone che vivono anni di vita con qualità, da un punto di vista che ritenga importante solo il numero di anni che vengono vissuti non c‟è differenza alcuna se i titolari sono sempre gli stessi o se nuovi subentrano ai vecchi.

Harris ritiene questo approccio il meno desiderabile, per lui ha importanza vivere una vita contrassegnata dalla qualità, ma anche gli individui sono un fattore determinante, se vivono indefinitamente dieci miliardi di persone, il numero di anni vissuti con qualità non cambia rispetto ad un mondo caratterizzato dal ricambio generazionale, ma il numero di individui beneficiati dall‟esistenza sarà drasticamente inferiore. Una soluzione potrebbe essere quella di un‟autoregolamentazione, anche in considerazione del fatto che se nuove persone non fanno la propria comparsa è verosimile il rischio che l‟umanità si privi di tante idee, novità e cambiamenti che i giovani possono apportare e che in generale possono essere l‟originale contributo di nuove persone215.

Per quanto riguarda i costi, è molto probabile che una persona che, a meno di incidenti, sia virtualmente in grado di vivere indefinitamente costerà alla sanità molto meno rispetto a chi non condivide le stesse caratteristiche.

Quella dei costi, così sviluppata, non ci pare neanche una vera e propria obiezione, come per il discorso della noia di una vita lunghissima, e anche per quanto riguarda il discorso dei rischi della sovrappopolazione, si può facilmente immaginare che, senza eccedere di buona fiducia, questi siano aspetti pratici destinati ad essere autoregolamentati o ad essere oggetto di regolamentazione da parte delle istituzioni.

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