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38 Kubrick, “Arancia meccanica“, 1971.

Nel documento Ciò che le parole non dicono. (pagine 39-42)

2.2. La prossemica, la scienza della prossimità

Se finora si è parlato di spazio ideologico, è arrivato il momento di parlare di spazio prettamente fisico.La prossemica, o scienza della prossimità, analizza lo spazio fisico che intercorre all’interno delle relazioni umane. Per introdurre l’argomento, ecco un altro esempio tratto dal libro di Cohen (2002) indicativo dell’importanza della prossemica.

“Tom ha 24 anni e lavora come pony express. Jenny ha 22 anni e fa la centralinista. Tom ha visto Jenny per la prima volta il giorno in cui è andato a consegnare documenti all’ufficio dove lavorava lei. Jenny in quel momento era occupata e non alzò neanche gli occhi per guardarlo, si limitò a firmare meccanicamente la ricevuta. Di solito Tom non si toglie il casco quando entra in ufficio. Tuttavia, nonostante il casco ingombrante, riuscì a notare Jenny. Pensò che era veramente carina. A Tom sarebbe piaciuto dirle qualcosa di gentile, magari anche di civettuolo, ma non voleva togliersi il casco, e tenendolo addosso tutto era più difficile, aveva l’aria di uno sgraziato astronauta. Il giorno successivo, Tom tornò alla ditta di Jenny per prendere altri documenti. Questa volta, prima di entrare in ufficio, si tolse il casco. Sapeva che se fosse riuscito ad ottenere un contatto visivo con Jenny, avrebbe avuto maggiori probabilità di scambiare due parole con lei. Invece Jenny non si rese nemmeno conto che era lo stesso ragazzo che aveva consegnato i documenti il giorno prima. «Di solito non mi tolgo mai il casco», disse Tom sorridendo. «E allora oggi perché lo fai, sei venuto per iscriverti ad un concorso di bellezza?». La brusca risposta di lei lo sconcertò. Forse, nonostante la sua prima impressione, Jenny era un tipo duro.«Sembri un astronauta con quello sulla testa», gli disse sorridendo. Tom notò che il suo sorriso era esteso e non nervoso. Ma non si sentì sufficientemente sicuro per dire altro. Sono sicuro che i maschi capiscono l’imbarazzo di Tom. Infatti sono ancora gli uomini che normalmente fanno la prima mossa, e sanno che facendolo corrono il rischio di un rifiuto. Come avrebbe potuto agire Tom per capire se lei avrebbe accettato un invito a bere qualcosa con lui? Ho il sospetto che le donne diranno: Cosa aspetti che facesse Jenny? Che gli prendesse la mano? Che si mettesse a civettare con lui? Tom comunque non si scoraggiò. Non fece molto, a dire la verità, ma aveva fiducia nel fatto che la ditta di Jenny nei giorni successivi avrebbe avuto bisogno di consegnargli altri documenti. Jenny rimase sorpresa che Tom non avesse risposto scherzosamente alla sua battuta sul suo concorso di bellezza. Ma sapeva che molti pony express sono permalosi, non

vogliono essere trattati con confidenza, in realtà progettano di fare grandi carriere. A pochi piace fare i fattorini. ˮ39

Esattamente in quale misura è stato importante lo spazio che intercorreva tra Tom e Jenny? Tom, per tutta la durata degli due incontri succeduti, non si è mai avvicinato a Jenny, le è rimasto distante, tra lei e lui, inoltre, era presente un ostacolo vero e proprio, la scrivania dietro la quale Jenny era seduta. Tom ha un carattere gentile, quasi impacciato, e con il suo comportamento ha voluto comunicare a Jenny che provava interesse per lei (vedi il gesto di togliersi il casco apposta e riaffermarlo verbalmente), ma avrebbe potuto fare di più: se si fosse avvicinato troppo o si fosse addirittura seduto sulla scrivania questo avrebbe sicuramente scaturito un effetto diverso su Jenny, perché avrebbe potuto costituire un trapasso dello spazio privato, che a volte viene addirittura letta come minaccia o pericolo incombente. Il grado di accettazione d’invasione della privacy è differente nelle diverse culture, prendiamo ad esempio gli studi di Hall citati all’interno di Inoue (1999): lasciare la porta dell’ufficio aperta per i tedeschi è sinonimo di poca cura, trascuratezza dell’ambiente rigido lavorativo, mentre per gli americani è un invito all’apertura e alla cooperazione tra individui che lavorano uniti. Tornando all’analisi del nostro episodio, se Jenny si fosse davvero dimostrata il tipo duro che pareva essere, cosa ci spinge a dire che non avrebbe accettato questo tipo di comportamento comunicativo? Eppure, in seguito all’analisi approfondita di questo episodio, si ritiene possibile il fatto che Jenny avesse tratto gradimento da come si è svolta la comunicazione, grazie al suo sorriso

“esteso e non nervosoˮ, quasi di conferma ad un Tom imbarazzato che, non avendo

letto correttamente i segnali di lei, ha preferito aspettare una seconda occasione per “tastare di nuovo il terrenoˮ. Proviamo ad immaginare come sarebbe andata, anche questa volta, se i due interlocutori fossero stati di nazionalità giapponese. E' opinione di chi scrive, che difficilmente una situazione del genere avrebbe anche solo visto la sua esistenza all’interno di un contesto lavorativo. Ma i giapponesi come percepiscono lo spazio? Se gli americani e i tedeschi percepiscono la privacy come spazio fisico, i giapponesi la vedono più come uno spazio ideologico. Il Giappone è un paese fortemente affollato, e nonostante ciò, riesce a creare il suo spazio personale. Prendiamo ad esempio lo spazio all’interno della metropolitana, questo, spesso durante le ore di punta, manca totalmente, ed è inevitabile il contatto fisico con gli

39 Cohen, 2002, p.69.

sconosciuti. Nonostante il contatto prolungato, sembra che i giapponesi accettino quest’idea non perché provano gradimento, bensì per preservare l’armonia creatasi nell’ambiente e non romperne l’equilibrio40. Tornando alla nostro episodio, possiamo affermare, alla luce di quanto detto da Kirkegaard, ipotizzando un tentativo di intrusione dello spazio privato della segretaria da parte del fattorino, questa probabilmente avrebbe accettato la situazione mostrando evidenti segni di imbarazzo, attraverso, ad esempio, comportamenti come il volgere lo sguardo in altre direzioni, l’allontanarsi a sua volta da chi invade la sua privacy, senza però reagire verbalmente, avendo paura di rompere il cosmo ideale in cui lei è inserita a livello lavorativo. Fatto sta che nella società lavorativa giapponese è difficile che una situazione del genere possa anche solo accadere, infatti, il loro status culturale mentale di spazio privato predilige grandi uffici lavorativi dove più persone collaborano essendo presenti fisicamente, in modo da far fluire la comunicazione (ibidem).Totalmente differente è la situazione nel mondo arabo, dove due componenti (dello stesso sesso) sovente tendono a stabilire contatti parlando a distanza molto ravvicinata, impensabile situazione tra maschio e femmina, soprattutto il luogo pubblico, a causa della regole socio-culturali del mondo arabo, e non religiose, come spesso si pensa (R.Tassan, 2007). Ancora, pensiamo al linguaggio prossemico in ambito didattico: come l’insegnante si pone nei confronti dei suoi alunni spazialmente all’interno della classe. Esso si trova, solitamente, in una posizione sopraelevata (ricordiamo le basi rialzate nelle aule universitarie, che vogliono ricordare le predicazioni in ambito ecclesiale effettuate tempo fa, dall’alto del pulpito da parte del sacerdote), il docente, quindi, pone , inconsciamente, “barriereˮ (Veneziano,2013) tra sé stesso e gli alunni, tra cui diventa ancora ostacolo (ricordiamo la scena di Jenny e Tom) la componente didattico arredativa rappresentata dalla cattedra, simbolo di ruolo intellettuale di prestigio rivestito, a differenza dei semplici banchi dei discenti. E' stato dimostrato (Cozzolino, 2012), che questo tipo di distanze non facilita assolutamente le relazioni docente-alunno, bensì le rende molto più complesse. Lo spazio “classeˮ risulta un mondo fatto da regole precise di rapporti gerarchici, rispetto e formazione: il problema insito in tutto ciò risiede nella distanza fisica, e quindi ideologica, che intercorre tra alunno ed insegnante, da un lato mantenuta tale a buon ragione, in quanto , si pensa, è utile segnare un limite di demarcazione tra le due figure, ma dall’altro sarebbe interessante assumere il punto di vista di alcuni docenti come mostrato da Vitucci(2013/2016) nella didattica audiovisiva, dove la figura dell’insegnante, oltre ad essere “motoreˮ, in quanto curatore delle attività vere e

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