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I livelli della comunicazione non verbale e l’importanza visiva

Nel documento Ciò che le parole non dicono. (pagine 34-39)

19 Perego-Taylor, 2012, p.90, mia sintesi.

2. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE

2.1 I livelli della comunicazione non verbale e l’importanza visiva

La comunicazione non verbale avviene in diversi spazi ideologici, che stanno su piani differenti per importanza e valore comunicativo. Come anticipato nell’introduzione, l’analisi effettuata da Doise (1989) ci aiuta a capire ulteriormente le ragioni psicologiche che stanno dietro a questa classificazione spaziale che pone in azione due o più individui, in base al contesto sociale in cui essi agiscono e vivono. Il valore comunicativo di un’azione, un segnale, un comportamento, un simbolo, e, nello specifico, di “un’occhiataˮ, è insito in uno spazio con regole precise, ognuno dei quali appartiene ad uno o più livelli e trova potere di trasmissione attraverso la sua espressione.

2.1.1 Il Livello intrapersonale

Secondo la Programmazione Neurolinguistica (Bandler e Grinder, 1980), l’essere umano, prima di elaborare mentalmente il processo di rapporto con chi o cosa la circonda, effettua collegamenti tra il proprio “sistema di rappresentazioneˮ29e la CNV. Una sorta di scambio di informazioni tramite ricettori chimici che coinvolgono diversi fattori espressivi del nostro corpo, come per esempio la cadenza della voce, il suo tono, i movimenti oculari e la postura. Il livello intrapersonale è, come suggerisce la definizione, intimo, riservato, soggettivo, nonostante il soggetto non sia consapevole che certi processi sono in atto costantemente a livello neurologico e modificano la nostra espressione, sono una sorta di risposta primaria che il corpo elabora tra sé e sé. Interessante spunto può essere definito nell’approfondimento effettuato da Perego-Taylor riguardo al tracciamento oculare durante il processo di lettura dei sottotitoli, (Perego, Taylor 2012)indicativo dall’attrazione e dalla priorità dei movimenti oculari, tramite diretto dell’elaborazione neurologica in corso. I nostri occhi infatti costituiscono “vere e proprie vie d’accesso ai sistemi rappresentazionali

che l’individuo sta utilizzandoˮ30, caratteri fondamentali all’interno del livello

intrapersonale, nonché nell’intera comunicazione non verbale, in quanto fungono da localizzatore per la risposta immediata di gesti e azioni di risposta.Infatti, “tutti noi

quotidianamente affiniamo il sottile codice di relazione dei nostri occhi con l’universo circostante: in una dialettica fatta di avvicinamento, messa in contatto,

29 Cozzolino, 2003, p.28.

attrazioneˮ31, ancora, Tassan definisce gli occhi come “Imago animiˮ (Tassan, 2007): forniscono un riflesso interiore, a chi sa leggerli, di umori, bisogni, attenzioni e richieste, nonché forti rilevatori di menzogne: guardare in alto verso destra è il processo cognitivo dell’elaborazione di un pensiero, ma che potrebbe essere indicatore della formulazione di una menzogna da parte dell’interlocutore a cui viene posto un interrogativo, in quanto starebbe propriamente, inventandosi una verità alternativa.32

2.1.2 Il livello interpersonale e situazionale

Rientra nello studio di questo livello d’analisi, per esempio, la scena presentata precedentemente (paragrafo 2.1), che coinvolge la giovane coppia Mark e Sally. Propriamente, racchiude tutti quei rapporti interpersonali che coinvolgono due o più persone in una determinata situazione, quindi, possiamo dire, se la bolla nel primo livello di analisi comprendeva un unico soggetto, ora viene estesa a più attori. Diventa ancora più importante quindi l’analisi dello sguardo, importante risorsa per lo sviluppo dei rapporti sociali: “in una relazione vis-à-vis, è appropriato mantenere

un rapporto visivo con gli interlocutori per almeno il 70% della durata del rapporto comunicazionaleˮ33. Gli occhi sono forse uno dei più importanti strumenti che possediamo per comunicare, uno sguardo può dire tutto e niente, pensiamo alle cosiddette “occhiate d’intesa“, l’azione in sé presuppone una conoscenza più o meno profonda dei caratteri tra i due attori, ma è sintomatica di grande empatia e, soprattutto, non ha bisogno di parole per trasmettere il suo valore comunicativo. Ricordiamo l’analisi dell’episodio di Mark e Sally: “Se Sally desse un’occhiata sotto

il tavoloˮ34, basta infatti un rapido sguardo consapevole per accorgerci di stati

d’animo che le parole non dicono o che l’attore con cui si intraprende un processo comunicativo vuole trasmetterci. Osservare quindi diventa importante all’interno dei rapporti interpersonali, tanto che l’atto visivo precede il gesto, il simbolo, il segno in sé, possiamo identificarlo come una sorta di anticipatore comportamentale, una traccia che ci aiuta nella risposta o nell’intraprendere un determinato comportamento comunicativo. Lo sguardo è anche indicativo di bisogno, di ricerca di attenzione,

31 Veneziano, 2013, p.53.

32 Tassan, p.79, mia sintesi. 33 Tassan,2007, p.74.

attrazione e spesso dipendenza: quando si desidera qualcosa o si prova attrazione verso qualcuno, qualora l’oggetto di interesse fosse presente, si tende a guardarla quante più volte possibili, anche con occhiate fugaci, brevi, magari per non essere riconosciuti. Le nostre pupille si dilatano quando osservano l’oggetto del desiderio, o si restringono in caso di disinteresse (Hess, 1975).Ancora, lo sguardo può essere uno strumento pericoloso, fissare direttamente negli occhi una persona a lungo tempo può essere considerato“un’intrusione, un’invasione della sfera personaleˮ35.Uno sguardo è indicativo di ricerca di approvazione, che aumenta tramite la frequenza di sguardi che si volgono all’interlocutore (Efran, 1968)36, spesso se intratteniamo una

conversazione con una persona per cui proviamo una certa stima tendiamo a fissarlo negli occhi, quasi per cercare di catturare quei fattori di successo che lo hanno portato a generare tale interesse nei nostri confronti, una sorta di cattura dell’anima. All’interno del film “Imago mortisˮ di Stefano Bessoni (2008), viene studiata la tecnica fittizia fotografica chiamata “tanatografiaˮ che permetterebbe di catturare e riproporre l’ultima immagine che il defunto ha visto prima dell’ora della sua morte, poiché teoricamente impressa tramite lo sguardo nel sistema neuro cognitivo; la disciplina, tuttavia non ha alcun carattere scientifico, voglia quindi essere uno spunto interessante per l’importanza legata allo strumento oculare.

2.1.3 Il livello posizionale

“Relations between groups of people are determined both by the attidues and beheaviour patterns of the individuals who constitue those groups, and by their social, economic, political and ideological background.ˮ (Doise, Graham: Groups and invididuals: explanations in social Psychology)

All’interno di questo livello viene analizzato il comportamento comunicativo all’interno di posizioni sociali, identificate nel grado di gerarchia, nello status e nel ruolo che ciascun individuo occupa all’interno della società, che, tra l’altro, secondo la teoria dell’identità sociale (Tajfel, 1970, 1974, 1978, 1982; Turner, 1982)

,

35 Tassan, 2007, p.77.

aiuterebbe la formazione del “concetto di séˮ (Self-concept).Proviamo a pensare all’ambiente lavorativo all’interno di una compagnia giapponese: il direttore, (shachō) occupa una posizione sopraelevata rispetto ai sottoposti (buka), questo viene dimostrato da modalità che esprimono rispetto tipicamente linguistiche, come l’utilizzo del linguaggio onorifico (sonkeigo), ma anche dal comportamento comunicativo. Prendiamo ad esempio ancora il gesto dell’inchino, questo sarà conseguentemente più profondo e di maggiore durata quando rivolto verso un proprio superiore. Oppure, per fornire un esempio più generale, in modo che anche chi non conosce nei particolari usi e costumi della società giapponese possa comprendere appieno questo livello di analisi, basta che si pensi ad un consiglio d’assemblea svolto internamente ad una compagnia. Chi detiene un maggiore potere sociale all’interno del gruppo ne farà carattere comunicativo comportamentale attraverso, per esempio, una postura eretta, un tono di voce fermo e calmo, e, ciò che interessa di più in questo caso, uno sguardo fermo e diretto negli occhi di ciò con cui sta interagendo. Tale carattere comunicativo di “potereˮ è tipico della maggioranza di società occidentali (Kirkegaard, 2010).Il livello posizionale trova quindi significato in specifiche socioculturali, la nostra bolla si sta espandendo sempre di più, ora comprende anche le strutture sociali e gerarchiche all’interno delle quali gli esseri umani vivono e comunicano in una determinata società. Possiamo quindi affermare che “l’ambiente sociale esercita una forte influenza sui comportamenti (e quindi

sulla comunicazione)ˮ37, siamo quindi costantemente obbligati ad agire e comportarci

in un certo modo veicolati da determinate norme e imposizioni che l’ambiente sociale ci impone, a cui dobbiamo corrispondere un’adeguata risposta comunicativa per far parte di quel processo complicato che si identifica nel concetto di società civile. Senza norme e regolamentazioni che ci dettassero un certo tipo di azione e comportamento si verificherebbe quella che il filosofo Thomas Hobbes definisce come Bellum omnium contra omnes (Hobbes, 1651).

2.1.4 Il livello ideologico

Ultimo ma non meno importante spazio analitico è sancito dal cosiddetto livello ideologico. Se nel livello precedente venivano analizzati i rapporti esistenti tra attori

37 Tassan,2007, p.37.

appartenenti alla stessa cultura, riguardanti lo status sociale e il ruolo precipuo che rappresentavano all’interno della società, nel livello ideologico tutto ciò si estende ancor di più, assumendo connotazioni transculturali, in modo da cercare di collegare pattern specifici all’essere umano in generale, o comunque al tentativo di delimitazione dell’esistenza di essi in cerchie piuttosto ampie, come la nazionalità, l’etnia o la cultura. Prendiamo ad esempio l’uso dei gesti durante la conversazione, analizzando paesi differenti tra loro, sappiamo di per certo che paesi come il Regno Unito o la Scandinavia utilizzeranno meno questa forma comunicativa rispetto a noi italiani (Tassan, 2007). Tornando alla nostra analisi dell’importanza detenuta dallo strumento oculare, possiamo ricordare il caso giapponese: si è affermato che lo sguardo, durante la comunicazione, sia rivolto non verso gli occhi della persona, ma piuttosto tenda ad essere attratto ad un oggetto di interesse, ovvero il collo (Argyle, 1978). Sono differenti quindi i modi di utilizzo dello sguardo all’interno delle culture, e questo spazio ideologico tende ad analizzarli e identificarli come propri e specifici di determinate aree di interesse.

L’unico modo per catturare ogni minimo dettaglio di ciò che ci sta attorno risiede in un’attenta osservazione del fenomeno che pone in noi interesse. Prima di ogni azione, reazione, ciò che parla senza usare parole è il nostro sguardo, un movimento guizzante e il concetto che si sta cercando di assimilare viene recepito dalle nostre funzioni neurologiche, pronte ad elaborare una risposta, che sia di tipo verbale o non. La prima forma di comunicazione non verbale è talmente impercettibile che risiede in ogni minimo spostamento che le nostre pupille fanno quando guardano, osservano, giudicano, provano pietà, rassicurano e tante altre azioni che sono in grado di compiere, senza l’utilizzo di una sola parola. Fin dalla prima infanzia, il neonato , secondo studi di psicologia, ricerca gli occhi della madre (Cozzolino, 2003), perché costituiscono l’oggetto di maggiore interesse. E' attraverso lo sguardo che un neonato guarda per la prima volta il mondo, osserva, tenta di replicare e impara un cosiddetto codice comportamentale, ricordiamo il noto proverbio “Guarda e imparaˮ. Ecco che l’essere umano arriva a costituire il proprio aspetto sociale tramite la componente oculare, come abbiamo visto nei vari livelli di spazio ideologico, tramite un percorso ad espansione che non è costituito nel percorrere una linea retta, ma una bolla che man mano si allarga arrivando a comprendere un “superstrato“ culturale non verbale.

Volendo chiudere in maniera ironica, sempre nella correttezza politica più assoluta, riterrei adeguato citare infine la “Cura Ludovicoˮ nel film Arancia meccanica, (Kubrick, 1971) dove il giovane protagonista, Alex Delarge, nel tentativo di essere

“raddrizzatoˮ poiché non conforme ad una società inglese a causa delle sue ripetute violenze usate contro altre persone, e trasformato in una persona conforme alla società. Tutto questo tramite una sperimentazione scientifica, che consiste nell’obbligare il paziente a fissare scene di morte e guerra fino a provare nausea, associandole a qualcosa che era abituato ad amare e prediligere nella propria vita precedente, in questo caso, la nona sinfonia di Beethoven, che veniva riprodotta in loop durante queste sessioni di visione forzata, dove le palpebre erano bloccate da strumenti chirurgici e le pupille umettate di volta in volta da sedicenti medici che credevano nella cura. Ironico pensare come , all’interno del film, si pensasse di ricostruire da zero il carattere di una persona tramite un processo di rieducazione, e tutto ciò, per di più, tramite lo sguardo. 38

Nel documento Ciò che le parole non dicono. (pagine 34-39)