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Kuwait e Arabia Saudita, la Virtual Service Permanent Establishment

4.2 Misure che modificano il concetto di “stabile organizzazione”

4.2.2 Kuwait e Arabia Saudita, la Virtual Service Permanent Establishment

di “virtual service permanent establishment” nella loro legislazione fiscale nazionale. Secondo questa normativa, un’impresa non residente avrà una “virtual service

permanent establishment” nel Paese della fonte qualora fornisca servizi a una

persona residente per un periodo superiore a quello previsto dal trattato fiscale applicabile. Questo approccio tiene conto solo della durata del contratto stesso, piuttosto che delle attività effettivamente svolte dal fornitore di servizi.231 La stabile organizzazione di servizi virtuale non considera necessaria la presenza fisica dei dipendenti per stabilire il nesso con lo Stato della fonte. Pertanto, qualsiasi servizio, fornito da un’entità residente in un Paese estero con cui è stato concluso un trattato fiscale ad un cliente residente nel Paese della fonte, per un periodo superiore rispetto a quello previsto dal trattato, configurerà una “virtual service permanent

establishment”, anche qualora non vi siano dipendenti presenti nel territorio e le

attività vengano svolte interamente da remoto.

Le soluzioni adottate dal Kuwait e dall’Arabia Saudita traggono il loro fondamento da una diversa interpretazione del paragrafo 3 dell’art. 5 del Modello di Convenzione delle Nazioni Unite232, che disciplina il principio della stabile organizzazione di servizi.233 L’interpretazione prevalente della disposizione contenuta nell’art. 5 del

231 EY Global Tax Alert, Kuwait Tax Authorities Adopt ‘Virtual Service PE’, 2015.

232 Il Modello di Convenzione delle Nazioni Unite contro la doppia imposizione è uno schema

alternativo al Modello di Convenzione OCSE. Il Modello delle Nazioni Unite è molto simile al Modello OCSE, se non per alcune previsioni che tendono a favorire il Paese della fonte. Questo Modello, infatti, è utilizzato per la stipulazione dei trattati fiscali tra Paesi avanzati e Paesi in via di sviluppo.

233 Si riporta il testo del paragrafo 3, lett. b) dell’art. 5 del Modello di Convenzione delle Nazioni Unite:

“The term “permanent establishment” also encompasses: […]

(b) The furnishing of services, including consultancy services, by an enterprise through employees or other personnel engaged by the enterprise for such purpose, but only if activities of that nature continue within a Contracting State for a period or periods aggregating more than 183 days in any 12-month

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Modello delle Nazioni Unite ritiene che la stabile organizzazione di servizi si configuri nel luogo in cui i servizi forniti dall’impresa non residente vengono utilizzati, e che sia necessaria una taxable presence nello Stato della fonte, attraverso dipendenti o altro personale assunto dall’impresa non residente.234

In occasione di alcune Sessioni del Comitato di Esperti di Cooperazione Fiscale delle Nazioni Unite, tra il 2012 e il 2014, i rappresentanti di alcuni Paesi in via di sviluppo hanno privilegiato una diversa interpretazione della disposizione di cui al terzo paragrafo dell’art. 5. In particolare, i rappresentanti di una minoranza di Paesi, tra i quali anche Kuwait e Arabia Saudita, ritengono che, nell’applicazione del termine “service permanent establishment” definito nel Modello di Convenzione delle Nazioni Unite, non sia necessaria la sussistenza della presenza fisica nel territorio.235 Il motivo alla base di questa interpretazione risiede nel fatto che il Modello di Convenzione delle Nazioni Unite utilizza il termine “furnishing of services”, che nella loro opinione si riferisce a servizi utilizzati o consumati nello Stato della fonte e che, pertanto, può includere anche servizi compiuti da remoto.236

Tale interpretazione, tuttavia, non è stata accettata dalla maggioranza dei rappresentanti degli altri Paesi, i quali hanno convenuto che, per renderla efficace, sarebbe necessario introdurre una modifica nei trattati bilaterali che sono stati stipulati.237

Un gran numero di esperti ha dichiarato che questa interpretazione comporterà un grado di incertezza “inaccettabile” per quanto riguarda la corretta interpretazione dei termini utilizzati nei trattati, e causerà notevoli difficoltà riguardo la loro applicazione a livello internazionale.238 Inoltre, potrebbe comportare l’impossibilità di applicazione dell’esenzione fiscale sull’imposta sul reddito di cui le imprese che

period commencing or ending in the fiscal year concerned.” Non è presente una norma analoga nel

Modello di Convenzione OCSE. Tuttavia, il paragrafo 144, p. 157 del Commentario a tale Modello include, dal 2008, una previsione alternativa alla stabile organizzazione di servizi.

234 OCSE, Tax Challenges Arising from Digitalisation – 2018 Interim Report, op. cit., p. 138, paragrafo

353.

235 EY Global Tax Alert, Saudi Arabian tax authorities introduce Virtual Service PE concept, 2015. 236 OCSE, Tax Challenges Arising from Digitalisation – 2018 Interim Report, op. cit., p. 138, paragrafo

353.

237 EY Global Tax Alert, Saudi Arabian tax authorities introduce Virtual Service PE concept, op. cit. 238 Ibid.

operano nel contesto transfrontaliero beneficerebbero in base ai trattati fiscali, generando, così, la doppia imposizione dei profitti derivanti dalla fornitura di servizi.239

Infine, è possibile affermare che le previsioni di Kuwait e Arabia Saudita comportino un “treaty override”, ovvero che “scavalchino” le disposizioni del trattato, ignorando, di fatto, l’esigenza della sussistenza della presenza fisica per la configurazione di una stabile organizzazione di servizi.240 La maggioranza dei trattati stipulati da questi due Paesi, infatti, contiene la disposizione riguardante la “service permanent

establishment” che, secondo un’interpretazione letterale della norma, richiede che

vi sia una presenza fisica nel Paese della fonte.

Sostanzialmente, mentre in futuro i trattati potranno essere conclusi includendo il concetto “virtual service permanent establishment”, attualmente, la concreta applicazione della misura potrebbe causare numerose controversie, facendo sorgere, così, oneri significativi, sia per le autorità fiscali dei Paesi coinvolti, sia per le imprese che svolgono la loro attività nel contesto transfrontaliero.