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III. INTRODUZIONE AI FONDAMENTI DELLA MECCANICA

8. Il problema della località

8.1. L’analisi della località e della separabilità secondo Don

La località e la separabilità sono principi fondamentali che si basano sull’ontologia delle teorie di campo: il realismo delle regioni dello spazio tempo è

rappresentato dal tensore metrico e le interazioni sono sufficientemente descritte dai cambiamenti di stati reali e distinti. L’ontologia è quindi quella di una varietà

spazio-temporale con i suoi tensori metrici e con le strutture legate all’energia e all’impulso.

Usando le parole di Howard (2015, p. 155)

Einstein aveva argomenti d’ordine metodologico, epistemologico e metafisico decisamente non trascurabili […] per mantenere sia la località che la separabilità, il che contribuisce a spiegare il suo tenace impegno per il programma della teoria di campo come alternativa alla meccanica quantistica.

La teoria dei campi virtuali di Bohr, Kramer e Slater (BKS) riportò in luce le questioni sui rapporti di probabilità che Einstein attribuiva a sistemi fisici che avevano interagito nel passato. Secondo questa teoria, i campi virtuali, oltre ad essere il modo con cui un atomo comunica con quelli a lui vicini, attribuiscono un campo d’onda virtuale separato a sistemi separati dal punto di vista spaziale rendendoli statisticamente indipendenti. Tuttavia l’incapacità di BKS di conservare la probabilità di un’emissione o di un assorbimento atomico e

73 Per l’analisi in questione ci si è ispirati al testo di Howard (2015, § 3). Si veda anche Laudisa (2015).

l’energia e la quantità di moto per singoli “eventi quantistici” lontani fra loro, ma

solo per valor medi di numerosi “eventi quantistici”, fu osteggiata da un primo Einstein che era fortemente convinto che una teoria fisica quantistica avrebbe dovuto assumere una qualche sorta di correlazione, di dipendenza statistica di base dei sistemi tra loro separati per permettere la conservazione di energia e impulso74. Queste correlazioni furono spiegate grazie alla meccanica ondulatoria di Schrödinger che trasportò i campi d’onda dal piano fisico a quello delle fasi,

che ha anche fornito substrato alle correlazioni della statistica di Bose-Einstein di cui si parlerà in seguito. Ma le innovazioni di Schrödinger però avevano introdotto nella meccanica quantistica la non separabilità. Gli esperimenti di Compton-Simon, di Bothe-Geiger dimostrarono che le grandezze energia e quantità di moto erano conservate, e le correlazioni, ad esempio tra radiazione deflessa ed elettrone emesso nell’effetto Compton, sembravano fornire terreno alla visione di Einstein sulla teoria quantistica. Ma tali correlazioni potevano essere spiegate in termini di cause comuni e quindi non era ancora detta la parola fine sulla non località o sulla non separabilità.

Con l’enunciazione del principio di Pauli e gli esperimenti di Boethe-Geiger, nel 1925 era stata accettata l’ipotesi corpuscolare di Einstein dei quanti di luce,

mettendo una seria sconfitta alla teoria BKS75. Tuttavia erano noti anche gli esperimenti legati alla interferenza e a fenomeni ondulatori (come l’effetto

Ramsauer di Walter Elsasser) che nel 1924 indussero De Broglie a sostenere la non indipendenza e la non distinguibilità per le particelle quantistiche. Successivamente Schrödinger nel 1926 formulò delle interpretazioni ondulatorie,

74 Si veda Howard (2015, p. 163).

sviluppando enormemente quella che è stata chiamata meccanica ondulatoria, che sposavano le previsioni delle nuove statistiche quantistiche. Tutto ciò era finalizzato a spiegare e a comprendere la statistica di Bose-Einstein e il problema legato alla non fattorizzabilità delle probabilità. Come affermava Einstein in antitesi alla interpretazione probabilistica di Born della funzione d’onda di Schrödinger:

La meccanica quantistica esige molta attenzione. Ma una voce interiore suggerisce che non è ancora la cosa reale. La teoria offre molto, ma difficilmente si avvicina al segreto del Vecchio. In ogni caso, io sono convinto che Lui non giochi a dadi. (Einstein 1973, pp. 129-130)

A tal proposito l’esperimento della scatola di luce (uno dei famosi

Gedankenexperimente) era stato pensato da Einstein con l’intento di mostrare

l’inesattezza del principio di indeterminazione e quindi che la meccanica

quantistica fosse una teoria che dovesse essere riformulata in modo differente dal modo con cui era stata fondata. Ma il problema che assaliva Einstein era un altro:

date due soluzioni 1 e 2 dell’equazione di Schrödinger rispettivamente per due sottosistemi costituenti uno unico generale, non è sempre vero che il prodotto

2 1 

  è soluzione dell’equazione del sistema unico generale. Dopo aver tentato invano di coniugare la gravitazione e la teoria quantistica con delle equazioni di campo, Einstein cercò di combinare la relatività generale e la teoria quantistica che si era affermata, per poter dedurre le equazioni del moto delle particelle. In questo modo si sarebbe eliminata la rappresentazione statistica della particella. Il concetto di traiettoria, infatti, è legato a qualche cosa di deterministico o per lo meno è avulso da tutto ciò che è statistico. Tuttavia nella teoria quantistica

concetti come ad esempio quello di geodetica che sono termini legati al moto di un singolo o di più oggetti, non sono presenti. Schrödinger affermava:

Einstein ha un modello di ciò che è reale costituito da una mappa con delle bandierine. Per ogni cosa reale deve esserci una bandierina sulla mappa, e viceversa (Pauli 1985, p.406).

A sferzare un duro colpo a questa aspirazione di Einstein ci pensò l’esperimento

della diffrazione della doppia fenditura di Bethe del 1927, che era la smoking gun del ruolo esplicativo e cruciale della interferenza in meccanica quantistica. Tale risultato è totalmente non compatibile con l’ipotesi corpuscolare, in quanto la natura classica delle particelle quantistiche (indipendenti e localizzabili sempre) non ha potere esplicativo circa la struttura di interferenza che si ottiene nell’esperimento. Come affermava Einstein (Einstein 1927a, p. 546):

Ciò che la natura ci chiede non è una teoria dei quanti o una teoria delle onde, piuttosto la natura esige da noi una sintesi di entrambe le concezioni, sintesi che fino a ora – possiamo esserne certi – ha sempre superato ciò che il pensiero dei fisici può elaborare.

Sintetizzando il quadro che si sta delineando, si può affermare che: La meccanica ondulatoria di Schrödinger aveva portato un elemento di novità all’interno della

teoria quantistica: il concetto di non separabilità.

Questo concetto, sia dal punto di vista fisico che epistemologico, non è accettabile secondo Einstein, in quanto per avere determinismo o meglio per avere le equazioni dei moti di particelle elementari è condizione necessaria la separabilità. Come affermava Bohr (1927, p. 581):

le particelle materiali isolate sono astrazione, essendo le loro proprietà definibili e osservabili nella teoria quantistica solo attraverso la loro interazione con altri sistemi.

La posizione di Bohr è in sintonia con quella di Einstein, che vorrebbe ricavare l’equazione di moto della particella a partire dai parametri della teoria di campo e conseguentemente dall’equazione del moto si avrebbe la separabilità tra le

particelle. Inoltre come nota Howard (2015, p. 206)

la non separabilità è il fenomeno fondamentale […] l’incertezza ne è solo un sintomo. L’incertezza si intromette soltanto quando si pretende di descrivere le proprietà di un sistema indipendente, non essendoci alcun sistema veramente tale. […] in un universo separabile non ci devono essere incertezze.

Il pensiero di Einstein è a questo punto molto chiaro: per avere una corretta teoria scientifica completa è necessario che essa sia una teoria di campo, se si ha una teoria di campo allora certamente per essa valgono sia la località che la separabilità. Queste ultime proprietà sembrano apparentemente violate dalla meccanica quantistica, infatti essa considera due sistemi fisici (A e B) che hanno precedentemente interagito come non separabili. Quindi tale teoria è incompleta. Secondo Einstein un esempio che mostra questa incompletezza è l’esperimento di