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IN MECCANICA QUANTISTICA: LA RICERCA DI UN

PRINCIPIO DI INDIVIDUALITÀ E IDENTITÀ

Dopo aver discusso ampiamente i fondamenti della meccanica quantistica e delle statistiche quantistiche, si intraprende, con maggiori conoscenze, la ricerca di un principio di individualità e identità in ambito quantistico.

La problematica di base da affrontare è duplice: da un lato è necessario capire la natura delle particelle quantistiche (se sono individuali o meno), una questione ontologica, dall’altro capire come poterle distinguere nel caso fossero individuali,

una questione epistemologica121.

Si immagini allora di portare “a processo” la questione della individualità e discernibilità delle particelle in meccanica quantistica.

Ai fini della nostra metafora, per rendere l’esposizione più fluida e chiara, si analizzeranno le quattro possibili “deposizioni” che sono:

DEPOSIZIONE A) Le particelle quantistiche sono non individuali e non discernibili;

DEPOSIZIONE B) Le particelle quantistiche sono non individuali ma sono discernibili;

DEPOSIZIONE C) Le particelle quantistiche sono individuali ma non discernibili;

DEPOSIZIONE D) Le particelle quantistiche sono individuali e discernibili.

121 Cfr. French (2011).

Si immagini che ciascuna deposizione sia esposta da un testimone (supporter), il quale è chiamato a deporre da un avvocato difensore. Il testimone cerca di supportare la propria deposizione con i propri argomenti a favore. Le deposizioni dei quattro testimoni saranno sottoposte puntualmente a obiezioni da parte di un avvocato accusatore, che cercherà di smontare via via le basi di queste asserzioni. La penultima parola spetterà ad una giuria che formulerà il proprio parere sulla metafisica emergente dalle deposizioni poste nel processo. Ascoltati i testimoni e la giuria, l’ultima parola sarà del giudice che, oggettivo ed imparziale, esprimerà

un giudizio sulla questione della individualità e discernibilità.

Si inizi ora il processo seguendo l’ordine delle deposizioni mostrate. L’avvocato difensore chiama a deporre il TESTIMONE A, che suffraga la DEPOSIZIONE

A. Seguiranno a ruota e nell’ordine gli altri testimoni

TESI DEL TESTIMONE A) Le particelle sono non individuali e non discernibili.

“Come è noto, il concetto di individualità in meccanica quantistica è messo a dura prova, in particolar modo, dallo stato di sovrapposizione dell’entanglement, in cui

lo stato di due particelle è irriducibile ai rispettivi stati intrinsechi individuali. Di più, il peso ontologico dell’entanglement si rivela essere una prova del fatto che

l’intero universo può essere considerato come un unico ente, ragione che assolutizza l’indiscernibilità delle particelle.122

La mancanza di identità delle particelle in meccanica quantistica è un concetto non nuovo, anzi su di esso si è a lungo soffermato il dibattito filosofico: La non individualità delle particelle quantistiche affonda radici nelle riflessioni di Born ed Heisenberg123.

Born (1943), in particolare, affermava la non individualità dei fotoni, ritenendo che la meccanica quantistica non si basa su un’ontologia di oggetti individuali ma sulle strutture invarianti124 (French e Krause 2006, p. 118).

Anche per Weyl (1950) le particelle quantistiche hanno perso individualità attribuendola agli stati (French e Krause 2006, p. 105): In The Philososhy of

Mathematics and Natural Science (1949), Weyl analizza gli aggregati di particelle

definibili come un insieme con cardinalità su cui è definita una relazione di equivalenza con classi di equivalenza di elementi dello stesso tipo e nello stesso stato. In questo modo i bosoni sono degli aggregati ma non gli elettroni (French e Krause 2006, p.129). Dello stesso parere Schrödinger (1952), che parla di una perdita dell’individualità delle particelle quantistiche, o meglio “una particella è un’entità individuale che mantiene la sua sameness per sempre […] i costituenti

ultimi della materia non hanno affatto questa sameness”125.

In tempi più recenti, Dalla Chiara e Toraldo di Francia riassumono lo stato della fisica quantistica con l’espressione “la terra dell’anonimato” (1993). Tuttavia

122 Questo aspetto è cruciale perché accende la miccia che innesca nella meccanica quantistica l’esplosione della non località e dell’olismo.

123 Cfr. French (2011).

124 Bohr (1985) invece supporta l’individualità in meccanica quantistica in quanto è la “discontinuità essenziale” del quanto di azione di Planck che da l’individualità.

125 Cfr. Schrödinger (1996, p. 121). Hesse (1963) sostiene la non individualità mediante la negazione dell’auto-identità.

determinano un modo per “costruire” matematicamente le particelle che sono descritte da questa teoria: l’elettrone, ad esempio, è rappresentato dalla collezione dei quaset, elementi indistinguibili che soddisfano una serie di assiomi non comprendenti l’autoidentità126. Seguendo lo slogan di Quine (1969) “no entity

without identity”, un altro modo per cercare di trattare questi oggetti che non

hanno né individualità né discernibilità, è rappresentato dallo sviluppo della logica non booleana, come quella di Schrödinger (da Costa e Krause, 1994).

Neppure la teoria degli insiemi, essenziale per trattare gli oggetti individuali e distinguibili, può essere maneggiata in ambito quantistico. Gli oggetti quantistici possiedono cardinalità ma non ordinalità (French e Krause, 2006; Domenich e Holik, 2007): Sono vaghi (French e Krause, 2003) ma non vaghi nel vero senso della parola (Darby, 2010) vaghi nel senso della teoria dei quasi-set (Smith, 2008)127.

La visione più diffusa e accettata, la Received View, sull’individualità e discernibilità delle particelle in meccanica quantistica afferma che l’individualità delle particelle sia come “evaporata”, e questa evaporazione dell’individualità quantistica sarebbe rafforzata dalla capacità di risolvere la situazione fisico-teorica proposta nel paradosso di Gibbs, perché unificherebbe le previsioni della meccanica statistica e della termodinamica. Entro ora più nel dettaglio.

126 Lavine (1991) sostiene qualcosa di analogo: le particelle sarebbero formate da “stuff” e gli stati a molte particelle non conterrebbero parti proprie. Si veda French (2011).

127 Tuttavia vi è un modo di trattare dal punto di vista logico e ontologico gli oggetti quantistici, ed il miglior formalismo di cui disponiamo è il formalismo della teoria dei campi quantistici. Da Costa e Krause (1994), French e Krause (1999, 2006, 2010), Dalla Chiara, Giuntini e Krause (1998)ritengono che le particelle quantistiche siano descrivibili da questa teoria.