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III. INTRODUZIONE AI FONDAMENTI DELLA MECCANICA

11. Il problema della misurazione

Una soluzione al problema della misurazione che però si scontra con l’entanglment (è quindi ha un limite di coerenza rispetto a questa particolare

forma di sovrapposizione) è quella data da Hugh Everett, allievo di Wheeler. L’idea di Everett si sviluppò nel modo seguente: In base all’equazione di

Schrödinger un sistema fisico può trovarsi in uno stato di sovrapposizione. In questo stato la teoria non fornisce una risposta sul motivo per cui un risultato venga registrato piuttosto che un altro, cioè sul perché un certo risultato escluda gli altri. L’idea di Everett è quella di una molteplice evoluzione: non solo gli stati osservati evolvono in modo deterministico ma non oggettivistico ed il sistema assume un dato stato in seguito a una misurazione, bensì il sistema assume tutti gli stati possibili in altri universi perfettamente identici ma non comunicanti con quello dell’osservatore (la teoria del “Branch Universe”). Questa è una visione

forse audace ma dal punto di vista del formalismo matematico è ammissibile, come lo è la fisica senza freccia del tempo. L’universo ramificato di Everett fu poi

sviluppato da Bryce De Witt e Wheeler. Questa idea è decisamente contraria alla filosofia fortemente riduzionista del rasoio di Occam perché moltiplica gli enti in gioco, come lo è anche il meccanismo della retrocausazione che ha anche dei limiti: posto che l’universo non si ramifichi, non ammetterebbe quei meccanismi

di retrocausazione non consistenti, cioè quei meccanismi che creano un paradosso temporale (si pensi al paradosso dell’individuo che viaggia nel passato e uccide il proprio nonno ancora in fasce) che mettono in dubbio l’esistenza di uno stesso

determinismo: non si possono compiere certe scelte, alcune sono vietate83. Inoltre se l’universo cambia e non si ramifica, a causa di un cambiamento nel passato,

come è possibile spiegare il ramo del mondo da cui è partito l’ipotetico individuo che viaggia nel passato? Affiancare alla retrocausazione, il meccanismo everettiano della ramificazione dei mondi è un modo per superare molti paradossi. O si rifiuta la retrocausazione o se la si accetta si deve prendere in considerazione che anche gli enunciati di Everett siano veri. Con queste ipotesi si salvano tutte le teorie consistenti enunciate fin ora. Tutto ciò è molto difficile da accettare e fantasioso. A volte sembra più facile mettere una toppa alla teoria, ad esempio cercare dei segnali a distanza che spieghino EPR e che connettono due particelle separate e poste a distanze arbitrarie, o meglio cercare una spiegazione fisica, magari modificando la matematica che descrive il fenomeno.

Si può avere un’idea di un modello non pienamente formale che stia a cavallo tra fisica classica e fisica relativistica e che mostri l’esistenza di stati non separabili e

che non violino la località, senza ricorrere a retrocausazioni. Il modello che si esporrà più avanti (nel capitolo VII di questa tesi) mostrerà come sia possibile che un segnale viaggi da una posizione x1 a una posizione x2 arbitrariamente lontana

senza violare il principio di località. Si ipotizzerà che l’elettrone altro non sia che un’entità dotata di massa e di un certo raggio. L’elettrone verrà visto come un

pianeta la cui densità di massa supera il proprio valore critico di collasso a un buco nero. Calcolato il raggio per cui si ottiene un buco nero e facendo leva su quella che si potrebbe chiamare parte non osservativa di una teoria fisica, per valori inferiori a tale raggio si osserverà un collasso dell’orizzonte degli eventi, in

quanto la velocità di fuga invece che aumentare diminuisce: ciò implicherebbe una sorta di evaporazione dello spazio-tempo. Per un valore specifico del raggio, l’orizzonte degli eventi sarà talmente collassato da rendere nullo il valore della

velocità di fuga, per cui qualsiasi segnale potrà viaggiare e raggiungere qualsiasi luogo nell’universo. Però l’esempio che sarà proposto non spiegherà la natura di

questo segnale. Sarà presentato solo come modello dimostrativo.

Gli esperimenti dicono che la corretta descrizione sia l’entaglement e non le miscele statistiche che vengono ipotizzate dall’EPR. Lo stesso Bohm negli anni ‘50 dopo aver iniziato lavori critici sui fondamenti della meccanica quantistica,

verso la fine della sua vita prese una deriva verso filosofie spiritualistiche e parapsicologiche, verso la fisica della coscienza. Anche se si evita di ammettere la retrocausazione o altre ipotesi fantasiose, è evidente che il mondo sia non separato e interconnesso. Sistemi interagenti nel passato resteranno sempre interconnessi. Il tutto interagisce con il tutto. Le istanze metafisiche sono antirealistiche e anticausali, la visione è olistica. Il tutto non è solo la somma delle parti.

Importanti questioni che la tradizione filosofica del XX secolo di stampo neoempiristico aveva ritenuto come prive di significato, come il problema mente corpo, il problema del realismo, il problema della causalità, il problema dell’olismo, il problema dell’essere e il nulla, diventano tematiche cruciali e

centrali di estremo interesse fisico. Addirittura si può parlare seriamente del nulla. Secondo Martin Heidegger (1929) la scienza sarebbe incapace di rappresentare il nulla. In meccanica quantistica vi sono situazioni in cui emergono le proprietà fisiche del nulla. Vi è un paradosso discusso da Renniger (1960) in cui la mancata misurazione provoca cambiamenti dello stato fisico. Il famoso esperimento di

risultato negativo. L’esperimento è il seguente: si ha una sorgente di fotoni ad una

distanza breve si supponga di avere una calotta semisferica che può assorbire un fotone ma ha delle lacune, dopo di essa vi è una seconda calotta più grande, la quale è totalmente assorbente per fotoni (Figura 1). Possono succedere due cose: il fotone viene rilevato su S1 oppure il fotone non viene rilevato su S1, quindi fa

una strada maggiore e viene rilevato su S2.

Figura 1: Illustrazione dell’esperimento di risultato negativo.

Lo stato iniziale è descritto dalla sovrapposizione tra lo stato  assorbimento 1

dal rilevatore in S1 e  assorbimento dal rilevatore in S2 2 e appositamente

normalizzato con un opportuno coefficiente. Si conoscono anche i tempi di arrivo dei fotoni nei rilevatori. Al tempo t1 possono avvenire due cose o l’assorbimento e

la funzione d’onda collassa in  oppure si ha il non assorbimento. In 1

quest’ultimo caso si ha quella che viene chiamata misura di risultato negativo.

Cioè una misurazione che non ha un risultato, la meccanica quantistica però dice

assume una interpretazione di tipo macrorealistico84 al tempo t1 non si può avere

la riduzione, si deve aspettare il tempo t2. Queste interpretazioni che riconoscono

la realtà solo a livello macroscopico dovrebbero assumere che la visione del mondo (quella comune) sia quindi molto più incerta di quella della meccanica quantistica ortodossa. Si dovrebbe cioè mantenere la descrizione di sovrapposizione fino a t2. E quindi si ha una soluzione inconsistente. Un’altra via

è quella di riconoscere una realtà fisica al nulla, cioè quel che si rivela è il nulla85. A meno di non dirigersi verso spiegazioni di tipo interazionistico-mentalistiche rispetto al problema mente corpo, o altre metafisiche simili poco plausibili.

Si può quindi fare entanglement anche con il nulla. Il nulla è anche collegato con un famoso esperimento sulla non località della meccanica quantistica: Il paradosso di De Broglie. Si ha un elettrone in una scatola, che si può suddividere in due parti. La meccanica quantistica ha un formalismo che descrive l’elettrone ovunque

e da nessuna parte. Le due parti si separano e si cedono a due diversi osservatori. Un osservatore apre la scatola e trova l’elettrone, che si localizza, si ha la riduzione d’onda che fa sparire l’elettrone dalla scatola chiusa dell’altro

osservatore. Viceversa se non lo si trova, l’elettrone si localizza nella scatola chiusa dell’altro osservatore. Nel caso in cui la misura non ha rilevato nulla, si ha

la situazione di assenza della particella che è comunque un fenomeno fisico che cambia lo stato.

84 Vi sono stati vari tentativi per spiegare la riduzione della funzione d’onda: Secondo l’ interpretazione di von Neumann è la coscienza dell’osservatore che compie la riduzione, quella di Bohr è basata sul semplice apparato di misura. L’apparato di misurazione è il responsabile del collasso della funzione d’onda. Un'altra spiegazione di alcuni fisici come Daneri, Loinger e Prosperi o Ghirardi, Rimini e Weber è che la riduzione della funzione d’onda avviene spontaneamente ed è un’evoluzione verso l’equilibrio. Vi sono anche le spiegazioni interazionistiche o mentalistiche. Cfr. Tarozzi (1985, 1992).

85 Si potrebbe obiettare che quel che è rilevante, in questo caso, non sia la rivelazione del nulla, bensì l’assunzione che l’elettrone sia localizzato ancor prima della misura.