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L’analogia legis: l’applicazione dell’art 2388, 4 comma

2. Altri vizi di invalidità delle delibere del c.d.a diversi dal conflitto di interessi: inquadramento

2.1 Le delibere non conformi alla legge o allo statuto: sussistenza di una lacuna

2.1.2 L’analogia legis: l’applicazione dell’art 2388, 4 comma

Rintracciata l’esistenza di una lacuna, occorre verificare quale disciplina debba essere individuata come modello per colmarla, ponendosi l’alternativa tra l’estensione analogica

dell’art. 2388, 4 comma e la normativa sull’invalidità delle decisioni dei soci ex art. 2479-ter392, secondo la tecnica dell’autointegrazione del modello normativo.

A prescindere dalle istanze di autosufficienza della disciplina della nuova s.r.l., che più volte la dottrina ha sottolineato, il procedimento analogico è volto ad individuare, nell’ambito dell’ordinamento giuridico, la disciplina del caso più simile a quello che ne è privo. La preferenza per l’applicazione all’invalidità delle delibere consiliari di s.r.l. della disciplina contenuta all’art. 2479-ter rispetto all’applicazione delle delibere consiliari di s.p.a., non può, quindi, farsi discendere esclusivamente dalla circostanza che essa sia interna al tipo s.r.l. senza tener conto se essa rappresenti o meno, all’interno dell’ordinamento, la disciplina del caso più simile a quello non regolato.

In quest’ottica, sembra più corretto applicare analogicamente l’art. 2388, 4 comma primo periodo, poiché la stessa ratio della norma si rinviene anche nella s.r.l. In particolare la limitazione dei soggetti legittimati all’impugnazione (ossia il collegio sindacale e gli amministratori assenti o dissenzienti) risiede nell’esigenza di evitare che l’impugnazione della delibera possa costituire un espediente per minare la prontezza e la rapidità dell’azione del consiglio, diventando uno strumento di ostruzionismo. Inoltre, è un principio generale quello della legittimazione ad impugnare le delibere annullabili circoscritta ai soli soggetti titolati a partecipare al collegio393.

Tale interpretazione porterebbe ad una diversa disciplina delle impugnazioni delle determinazioni di carattere gestorio a seconda dell’organo da cui vengono adottate; infatti, se la decisione venisse presa dagli amministratori, si applicherebbe la regola prevista dall’art. 2388, 4 comma, mentre, qualora in virtù del disposto dell’art. 2479 1 comma, fossero i soci a decidere, la decisione viziata ricadrebbe nel dettato dell’art. 2479- ter.

392 In quest’ultimo senso, PINTO, Funzione amministrativa e diritto degli azionisti, 2008, 265, nt. 185.

393 M. IRRERA, op. cit., 1133. Ritiene, invece, parte della dottrina che la disciplina dell’art. 2388 relativa alla

restrizione della legittimazione all’impugnazione, non possa estendersi per analogia, ma debba trovare luogo la disciplina testuale e meno restrittiva posta nella s.r.l. con riferimento alla ipotesi espressamente regolata del conflitto di interessi, e dunque troverebbe luogo la legittimazione di ciascun amministratore, in tal senso, v. N. SALANITRO, Profili, op. cit., 94.

Questa soluzione è in linea con quanto già previsto dal diritto interno della s.r.l., per cui è dato riscontrare che il regime di invalidità delle decisioni amministrative è differente a seconda dell’organo che assume tale decisione, come testimoniato dalla disciplina sulla invalidità per conflitto di interessi che è diversa per le decisioni degli amministratori (art. 2479-ter) e per quelle dei soci (art. 2479-ter, 2 comma).

L’esame, inoltre, delle tesi volte a circoscrivere i vizi di invalidità delle delibere non porta a soluzioni decisive e convincenti.

La possibilità di interpretare il silenzio normativo in ordine all’impugnazione delle delibere consiliari di s.r.l. non conformi alla legge o allo statuto come indicativo della volontà del legislatore di disciplinare diversamente la materia rispetto alla società per azioni, non può essere argomentata dalla volontà di assicurare una maggiore stabilità di azione al consiglio di amministrazione della s.r.l., posto che decisioni di tipo amministrativo potrebbero essere assunte anche dai soci e subire le impugnazioni previste per i deliberati di tale organo.

La previsione di rimedi di natura obbligatoria (responsabilità degli amministratori), inoltre, non è un argomento forte per ritenere esclusi quelli di natura reale (invalidità delle deliberazioni consiliari), giacché nel nostro ordinamento risulta chiaro che i due rimedi possano coesistere agendo su due piani differenti, come dimostrato nella disciplina della s.p.a.394.

Invero, i poteri previsti nell’art. 2476 in capo ai soci non consentirebbero loro di ottenere una tutela analoga a quella che potrebbe derivare dall’applicazione dell’art. 2388, comma 4, poiché essi non avrebbero alcuna efficacia sulle decisioni viziate già assunte dagli amministratori e, quindi, sugli effetti che tali decisioni illegittime possono determinare (ad esempio , in relazione ai soci)395.

394

N. SALANITRO, Profili, op. cit., 94.

395 A. DACCÒ, op. cit., 800; inoltre con riferimento al potere di revoca e alla proposizione dell’azione di

responsabilità occorre sottolineare che tali rimedi presuppongono direttamente o indirettamente la sussistenza di un danno patrimoniale alla società, circoscrivendo in tal modo l’interferenza con il rimedio impugnatorio ai casi in cui la delibera contraria alla legge o allo statuto sia anche dannosa per la società. In ogni caso, tali strumenti porterebbero a un ristoro dei danni per la società e alla rimozione degli amministratori, ma nessun effetto avrebbero sulla stabilità della delibera. Ovviamente nessuna sovrapposizione di tutela vi sarebbe nel caso in cui la delibera

In definitiva, il fatto che siano presenti anche altri strumenti di tutela non può motivare una riduzione di tutela. In tal modo, i soci di s.r.l. che hanno scelto un assetto amministrativo di tipo capitalistico non sarebbero privati degli strumenti di reazione alle delibere consiliari illegittime per profili diversi dal conflitto di interessi396.

La regola prevista nell’art. 2479, infine, non può ritenersi ostativa circa l’applicabilità analogica dell’art. 2388, 4 comma, poiché si pone su un piano diverso rispetto all’impugnativa prevista per la s.p.a.397. Lo strumento della devoluzione, infatti, non elimina la possibilità che vi siano delibere degli amministratori non conformi alla legge o allo statuto e rispetto a tale evenienza non appresta alcun rimedio398.