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L'ANDAMENTO DELL'OCCUPAZIONE IN PIEMONTE NEL 1998

REGIONE PIEMONTE Grandi Gruppi di Industrie

5. L'ANDAMENTO DELL'OCCUPAZIONE IN PIEMONTE NEL 1998

Il 1998 inizia in Piemonte con buone prospettive, sia sul piano economico sia su quello occupazionale, ma si chiude in un quadro di incertezza, con le aspettative di crescita e di sviluppo che si sono man mano raffreddate, pur senza sfociare in un clima apertamente recessivo.

Le stime prodotte dalle rilevazioni ISTAT sulle forze di lavoro presentano, in effetti, un quadro grigio, attraversato più da ombre che da luci: nel complesso l’occupazione si sarebbe ridotta in Piemonte nel corso dell’anno di 13.000 unità (da 1.700.000 a 1.686.000 addetti, pari a -0,8%).

La flessione appare equamente ripartita per sesso, confermando una netta prevalenza maschile nell’aggregato in esame (gli uomini sono il 61% degli occupati, come l’anno precedente), si suddivide tra lavoro autonomo e alle dipendenze, anche se gli indipendenti ne sono maggiormente colpiti in termini proporzionali (-1,4%, contro –0,6%), e interessa, sia pure con accentuazioni diverse, tutti e tre i principali settori di attività.

L’andamento delle variazioni trimestrali segnala per il Piemonte, dopo un inizio piuttosto brillante (+1,4% a gennaio ’98 rispetto al gennaio ‘97), una brusca caduta dell’indice, che tocca un minimo a luglio, quando la forte flessione è probabilmente dovuta in misura significativa all’accumulo di uscite dal lavoro per pensionamento, per poi risalire ad ottobre, quando il segno resta comunque ancora negativo.

Le variazioni settoriali nella nostra regione sono complesse e vanno esaminate con attenzione: in agricoltura il saldo è pesantemente negativo (-8.000 unità, -10%) per l’ulteriore forte diminuzione dei coltivatori diretti, processo in parte fisiologico (oltre 1/3 delle uscite è riferito ad ultrasessantenni), ma in parte dovuto alle difficoltà che sta vivendo il settore per i difficili rapporti con la Comunità Economica Europea.

Il bilancio del settore secondario è in passivo di 4.000 unità (-0,6%): in realtà ad un calo dell’occupazione nell’industria in senso stretto (-7.000 unità) si contrappone una crescita nel ramo delle costruzioni. La

flessione nell’industria di trasformazione è interamente di segno maschile e appare concentrata nella fascia orientale della regione, dall’Alessandrino al Verbano, coinvolgendo soprattutto giovani operai.

Va segnalato, in un contesto riflessivo, il forte incremento dell’impiego temporaneo (da 22.000 a 28.000 unità), che si mantiene peraltro su livelli ancora modesti nello stock (il 5% del totale, fra i lavoratori dipendenti): il dato indica lo stato di crescente precarietà dell’occupazione industriale, soprattutto tra i giovani, che costituiscono l’utenza principale per le assunzioni a termine (il 13% dei soggetti con meno di 30 anni nel settore dichiara di possedere un posto di lavoro provvisorio), peraltro congruente con il clima d’incertezza attuale e con le esigenze di flessibilità avanzate dalle imprese.

Nel ramo edile l’incremento è appannaggio degli indipendenti (+5.300 unità), a fronte di una flessione dei dipendenti (-2.500 addetti), una dinamica che va fatta risalire alle difficoltà delle imprese maggiori per i ritardi nel rilancio delle grandi opere infrastrutturali, da tempo programmate, ed all’espansione delle aziende più piccole, trainata dai provvedimenti di incentivazione agli interventi di ristrutturazione: nelle imprese minori l’aumento dell’occupazione autonoma è connesso ad un processo di polverizzazione particolarmente accentuato, con la costituzione di numerose micro-imprese, dove opera il solo titolare.

Battuta d’arresto, infine, per il terziario, che perde 2.000 occupati. Il punto di cedimento maggiore è rappresentato dal lavoro autonomo nel commercio (-6.000 unità, una caduta che ha il suo epicentro in provincia di Torino), che trova solo parziale compensazione nell’aumento del lavoro alle dipendenze nel comparto (+4.000 unità). In ridimensionamento anche le attività di intermediazione finanziaria (e si può ritenere questo un primo effetto dei processi di concentrazione in atto nel settore del credito, che sembrano destinati a proseguire, con probabili ricadute negative sul versante occupazionale), mentre si arresta la crescita nei servizi alle

P I E M O N T E

OCCUPATI PER SETTORE E TIPO DI OCCUPAZIONE (x1000)

Variazione interannuale

Media 1997 Media 1998 DIPEND. INDIPEND. TOTALE

Dip. Indip. Tot Dip. Indip. Tot v.ass. val.% v.ass. val.% v.ass. val.%

imprese; in quest’ultimo caso si registra in pratica una sostituzione di personale dipendente con lavoratori autonomi, che fa pensare a una fase di riorganizzazione mirante a un maggiore utilizzo di consulenze esterne.

Qualche spunto positivo lo offrono solo il ramo trasporti e comunicazioni, dove è probabile che i segnali di risveglio interessino il campo delle telecomunicazioni, in fase di grande fermento, ed i servizi postali (assunzioni temporanee nel pubblico e sviluppo delle attività private), e la Pubblica Amministrazione, forse più in dipendenza di assunzioni di carattere temporaneo.

Su un piano più strettamente qualitativo, notiamo nell’ultimo anno un chiaro orientamento della domanda a favore di figure dal contenuto professionale medio-alto, con un’espansione occupazionale dei lavoratori con un titolo di studio superiore all’obbligo e un peggioramento netto per i soggetti che non sono andati oltre la licenza media.

Uno degli aspetti cui gli operatori attribuiscono maggiore importanza (e che come si è visto nei Capitoli introduttivi costituisce un elemento critico dal punto di vista della sicurezza sul lavoro) è quello delle occupazioni

“atipiche”, che assumono grande rilievo nei dati di flusso registrati dal Collocamento. Va sottolineato al proposito che il ricorso alle forme di impiego di questa natura copre ormai un ventaglio ben più vasto di quello classico, riferito al part-time e ai tempi determinati, includendo in particolare quelle figure che formalmente rientrano nel lavoro indipendente, ma che, di fatto, svolgono un’attività di carattere “parasubordinato”: è il caso dei “soci di cooperativa” (+18% nell’ultimo anno) e delle collaborazioni coordinate e continuative, cui va fatto risalire in gran parte l’incremento dei liberi professionisti (+17%).

Anche le occupazioni atipiche “classiche” acquistano comunque un crescente rilievo, e nell’ultimo anno si individua un processo di sostituzione di posti di lavori “tipici” con posti di lavoro “atipici”. In Piemonte la flessione registrata fra gli occupati interessa, infatti, esclusivamente i lavoratori a tempo pieno, perché il numero di part-timers si mantiene stabile; fra i dipendenti gli assunti con contratto a termine aumentano di 6.000 unità, mentre diminuiscono di 19.000 unità gli occupati stabili.

Si va così configurando una situazione di crescente flessibilità occupazionale, soprattutto fra i giovani, ma in un contesto di riferimento in cui, è opportuno precisare, la grande maggioranza dello stock di lavoratori mantiene un rapporto di lavoro “tipico”.

Sul territorio le stime ISTAT segnalano una crisi generalizzata nell’Alessandrino, dove l’occupazione si ridurrebbe di ben 9.000 unità (-6%), in prevalenza maschi, una flessione consistente in provincia di Torino (-18.000 addetti), attribuibile per intero al terziario, e dovuta principalmente alla caduta del lavoro autonomo nel commercio e del lavoro dipendente nel credito-assicurazioni, e un saldo negativo nel Vercellese (-3.000 occupati),

in seguito al cedimento dell’industria. Nelle restanti province prevalgono le spinte positive, soprattutto nelle province di Novara (+7.000 unità) e Cuneo (+6.000 addetti).

I dati INAIL relativi all’andamento delle ore lavorate confermano la forte flessione nel settore agricolo, l’arretramento nei servizi, riconoscibile nel calo del monte ore nelle attività varie, e la crescita nel ramo edile.

Le attività industriali, che l’INAIL analizza con un maggior dettaglio si osservano in questa fonte dinamiche contrapposte: una flessione per il tessile-abbigliamento, la lavorazione del legno e il ramo energetico, una sostanziale stabilità nel metalmeccanico ed un incremento per le industrie chimiche e assimilate (gomma-plastica, carta, pelli e cuoio). Il saldo generale risulta negativo, in coerenza con le stime ISTAT, anche se la variazione appare per l’INAIL più contenuta: sul dato incide però sicuramente la riduzione nel ricorso alla Cassa Integrazione (quasi 7 milioni di ore in meno nel 1998), che produce un aumento delle ore lavorate a parità di occupazione nominale.

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