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Direzione Formazione Professionale - Lavoro

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Direzione

Formazione Professionale - Lavoro

GLI EVENTI INFORTUNISTICI IN PIEMONTE NEGLI ANNI 1980 - 1998

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Luglio 2001

OSSERVATORIO REGIONALE SUL MERCATO DEL LAVORO REGIONE PIEMONTE

OSSERVATORIO REGIONALE SUL MERCATO DEL LAVORO

L'utilizzo delle informazioni e degli elaborati statistici riportati è libero, a condizione che se ne citi la fonte.

Impostazione, trattamento dati ed analisi: Daniela Bornini Il capitolo 5 è a cura di Mauro Durando

Elaborazione grafica: Daniela Bornini

Coordinamento grafico editoriale: Stefania Piazza

Si ringraziano per la disponibilità e la collaborazione la Direzione Regionale Piemontese ed la Direzione Generale - Consulenza Statistico Attuariale dell’I.N.A.I.L..

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Stampato presso il Centro Stampa della Giunta Regionale

Distribuzione gratuita SOMMARIO

Il quadro di riferimento ... pag. 5 Introduzione ... pag. 9 1. Infortuni sul lavoro denunciati e definiti per tipo di definizione ... pag. 17 2. Infortuni sul lavoro e malattie professionali denunciati e definiti per tipo di definizione

- Settore Industria ... pag. 23 2.1 Infortuni sul lavoro ... pag. 23 2.2 Infortuni sul lavoro denunciati e definiti per grandi gruppi ... pag. 27 2.3 Malattie professionali ... pag. 30 3. Infortuni sul lavoro e malattie professionali denunciati e definiti per tipo di definizione

- Settore Agricoltura ... pag. 32 4. Infortuni sul lavoro e malattie professionali denunciati e definiti per tipo di definizione

- Settore Per Conto Stato ... pag. 34 5. L'andamento dell'occupazione in Piemonte nel 1997 ... pag. 36 6. Indici di frequenza ... pag. 40 Nota metodologica ... pag. 49 Allegati statistici ... pag. 57

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IL QUADRO DI RIFERIMENTO

La ormai decennale collaborazione con l’I.N.A.I.L., sancita da apposita convenzione, consente all’Osservatorio Regionale sul Mercato del Lavoro di inserire tra le proprie attività istituzionali l’osservazione e l’analisi del fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle patologie professionali in Piemonte, argomento ritenuto pertinente e, purtroppo, non disgiunto dalle problematiche del lavoro.

E’ noto, infatti, che il mondo del lavoro non è esente da rischi, anzi, ogni anno ed in ogni settore produttivo, si verifica una mole considerevole di eventi lesivi che, oltre a provocare al lavoratore - ed alla sua famiglia - danni fisici e psicologici più o meno gravi, detiene una grossa incidenza in ambito sociale.

Gli ultimi dati ufficiali disponibili riferiti al 1998 analizzati nel presente lavoro smorzano le previsioni cautamente ottimistiche formulate in passato circa il contenimento del fenomeno fino a ridurlo a livello meramente “frizionale”, eufemismo per indicare l’ineluttabilità dell’accadimento al di là di qualsiasi misura di precauzione.

In quest’ultimo anno, in Piemonte, infatti, si sono verificati aumenti, se pur di lieve entità, nel numero sia delle denunce sia degli indennizzi, con oltre 2000 casi di lesioni definitive all’infortunato e 91 morti, anche se queste ultime restano al di sotto delle 100 unità mentre nella prima metà degli anni ’90 avevano sempre superato tale soglia.

L’analisi delle frequenze degli accadimenti, inoltre, con valori in ascesa sull’anno precedente, suggerisce che si sta preparando una fase espansiva particolarmente preoccupante per i casi più gravi.

Appare dunque evidente che si deve riporre massima attenzione al fenomeno: nonostante sia praticamente impossibile eliminare totalmente il rischio su cui vanno ad incidere diversi fattori, non ultimo la semplice fatalità, esiste, tuttavia, un ampio margine di possibilità di contenimento che si esplica attraverso una maggiore responsabilizzazione unita al miglioramento delle misure di sicurezza, attività, queste, che si esprimono in una corretta capacità di prevenzione.

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Obiettivo ambizioso che richiede un salto qualitativo, un processo di maturazione, e che sarà possibile realizzare solo se si amplierà l’area dei destinatari non più limitata ai soli lavoratori ed agli operatori economici attuali ma anche a quelli del futuro. Fondamentale diventa, quindi, il coinvolgimento dei giovani, degli studenti a partire dalle prime classi della scuola con un’azione sistematica e pregnante di sensibilizzazione e di informazione da realizzare inserendo nei programmi scolastici specificità dedicate al tema della salute sul lavoro, in modo da pervenire alla diffusione e crescita di una cultura della prevenzione che oggi appare poco presente.

Il corpo legislativo, riformulato secondo le indicazioni contenute nel Decreto Legislativo 626/94, va in questa direzione, seppure con risultati ancora non rispondenti alle attese, e attribuisce maggiori responsabilità e competenze alla Pubblica Amministrazione cui vengono affidati compiti non solo di vigilanza, ma anche di informazione, consulenza ed assistenza.

Per quanto attiene l’ambito regionale piemontese, nel corso del 1999 si è dato vita al Comitato di Coordinamento istituito ai sensi dell’art.

27 del D. Lgs. 626/94 che prevede che le Regioni svolgano attività di informazione, consulenza ed assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, nonché di raccordo a livello centrale e locale.

Il Comitato, dunque, ha funzioni improntate prioritariamente a creare sinergie tra le Amministrazioni, soggetti pubblici e privati e parti sociali che operano in materia di prevenzione e di contenimento degli infortuni.

Esso costituisce la sede istituzionale per realizzare sul territorio l’uniformità degli interventi della Pubblica Amministrazione e per delineare, in modo congiunto, le linee programmatiche delle attività da assumere in materia di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro, così da rendere maggiormente incisive e coerenti le azioni da intraprendere.

Ciò ha richiesto, in prima battuta, l’avvio di un processo di riorganizzazione interna e di rilancio dei Servizi di Prevenzione delle ASL (SPreSAL) - primi punti di riferimento sul territorio della visibilità dell’attività regionale poiché titolari di funzioni di controllo e vigilanza - che presentavano alcune criticità caratterizzate da interventi operativi disomogenei e frammentari, attraverso la destinazione di risorse economiche, strumentazioni, personale e programmi di attività sulla base di indirizzi condivisi. Tale processo si è concretizzato attraverso la redazione della “relazione di attività”, dossier informativo su quanto e come realizzato dai servizi stessi.

Successivamente sono stati avviati numerosi programmi, tra cui spiccano la riorganizzazione del sistema informativo dei Dipartimenti di Prevenzione, la sorveglianza epidemiologica intesa anche ad incidere sul fenomeno delle malattie professionali e la formazione del personale dei Servizi. Sul versante dell’attività di vigilanza, sono stati approntati, in adesione all’iniziativa nazionale, il monitoraggio

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sull’applicazione del D. Lgs. 626/94, il programma di controllo di 1.000 cantieri edili, il progetto amianto, il programma di controllo sui rischi in ambito ospedaliero (verifica delle camere operatorie), il programma sulla sicurezza delle attività agricole e la costituzione della commissione tematica “macchine”, di supporto nelle segnalazioni di non conformità ai requisiti essenziali di sicurezza.

In sintesi, dopo aver definito il panorama generale su cui si deve operare, i lavori del Comitato di Coordinamento si sono orientati, coniugandosi con le programmazioni sopracitate, all’esame più dettagliato di alcuni aspetti meritevoli di intervento attraverso la costituzione di commissioni tematiche col duplice obiettivo di non disperdere progettualità e di migliorare l’efficacia.

Infine, alla luce delle indicazioni contenute nell'accordo sancito nella Conferenza Stato - Regioni sulla base degli impegni assunti con la sottoscrizione della “Carta 2000” e rientrante nelle competenze del Comitato Regionale di Coordinamento, la Regione Piemonte e la Direzione Regionale per il Piemonte dell'I.N.A.I.L. hanno sottoscritto un protocollo di intesa per la definizione e la realizzazione di un programma di collaborazione finalizzato ad ottimizzare il servizio all'utenza nello specifico campo della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

Il programma di collaborazione è ampio e prevede sistematicità degli scambi di informazione attraverso flussi informativi, una fruibilità immediata e diretta da parte della Regione e delle ASL dei dati per lo svolgimento dei rispettivi compiti istituzionali, la progettazione e realizzazione sperimentale di modelli di monitoraggio del rapporto costo/benefici della prevenzione, un’attività di analisi e ricerca epidemiologica sulle malattie professionali, la progettazione e realizzazione congiunta di campagne di sensibilizzazione per la prevenzione nonché progettazione di piani di formazione e sperimentazione di percorsi formativi nel campo della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

Analogo protocollo è stato stilato e concordato con l'I.N.P.S., con l'intento di realizzare sinergie e azioni integrate oltreché il reciproco scambio dei patrimoni informativi; pertanto, a breve termine, il documento verrà sottoscritto.

Un terzo protocollo d'intesa è stato firmato, per il comparto edile, con il Comitato Paritetico territoriale per la prevenzione infortuni, l'igiene e l'ambiente di Torino e provincia, mentre sono in corso di stesura due ulteriori documenti con le parti sociali (OO.SS. e Associazioni datoriali), di cui uno riguarda le opere per l'alta velocità (TAV) e l'altro a carattere generale.

Infine, l’attenzione della Pubblica Amministrazione si è concentrata con particolare intensità sul problema del lavoro irregolare e sommerso al punto che questa tematica è stata inclusa nel programma

“cento giorni” del recente Governo. Il fenomeno dell’economia sommersa è strettamente correlato a quello infortunistico poiché è del

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tutto evidente che, laddove sussiste evasione contributiva ed assicurativa, anche le norme di igiene e sicurezza in ambito lavorativo vengono ampiamente violate e non è per caso che la maggior frequenza degli accadimenti infortunistici avvenga proprio in quei comparti dove è più probabile la presenza del lavoro irregolare.

Già nella precedente legislatura con la legge finanziaria 448 del 1998 si poneva l’accento sul problema; l’articolo 78, infatti, prevede che vengano assunte misure organizzative a favore dei processi di emersione ed a tal fine costituisce il Comitato per l’Emersione del Lavoro non Regolare con relative diramazioni territoriali a livello regionale e provinciale.

La Regione Piemonte, istituiva, prima in Italia, già nell’agosto del 2000 la propria Commissione. I lavori della Commissione si sono orientati, in primo luogo, su di un’attività conoscitiva con un progetto di ricerca ad ampio raggio per meglio quantificare e conoscere il fenomeno, su attività di natura propositiva mediante la predisposizione di campagne di informazione rivolte ai lavoratori e alle imprese ed, infine, su attività di raccordo con gli altri organismi istituzionali operanti in materia sul territorio, nella fattispecie, lo Staff di Coordinamento per la Vigilanza Integrata, le Commissioni provinciali di prossima istituzione e il Comitato Regionale di Coordinamento istituito, come già visto in precedenza, dal D.lgs. 626/94.

Dall’insieme di tutti questi elementi emerge un quadro ampio e variegato di grande impegno e responsabilità per la Regione Piemonte che si trova a raccordare gli interventi generati da fronti diversi ma che vanno, comunque, nella medesima direzione: solo attraverso la garanzia di un lavoro regolare si potrà pervenire al miglioramento degli ambienti di vita e di lavoro con la conseguente riduzione del fenomeno infortunistico che ha grossa incidenza non solo sul piano personale ma anche a livello economico-sociale.

Crediamo, inoltre, che una corretta informazione, anche dal punto di vista statistico, possa diventare un buon strumento di prevenzione poiché è sulla sua precisione e puntualità che si basano le politiche correttive: su questi presupposti è stata impostata, già da alcuni anni, una collaborazione con l’I.N.A.I.L cui vanno i nostri ringraziamenti, in particolare alla Direzione Regionale Piemontese ed alla Direzione Generale - Consulenza Statistico Attuariale, per la disponibilità, la precisione e la tempestività del flusso informativo.

L'Assessore alla Formazione Professionale, L’Assessore Lavoro, Industria, Commercio alla Sanità

Gilberto Pichetto Fratin Antonio D’Ambrosio

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INTRODUZIONE

Tra gli impegni che governo, istituzioni, amministrazioni locali e parti sociali si sono dati per l’anno 2000, dopo il riordino dell’intero corpo legislativo delle norme di prevenzione e di sicurezza avvenuto nel nostro Paese con il varo del Decreto Legislativo 626/94 (e successive modificazioni), spicca l’adozione del documento “Carta 2000” che si pone come obiettivo fondamentale quello di interrompere la drammatica sequenza degli infortuni sul lavoro attraverso la messa in opera di tutto quanto fattibile in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il documento, che si presenta in veste programmatica, contiene impegni concreti sul piano legislativo cui si deve dare adempimento in tempi certi e brevi, l’individuazione di parametri condivisi e trasversali tali da aiutare tutte le parti a percorrere una strada comune.

Nel mese di ottobre 2000, la Regione Piemonte, aderendo agli impegni di

“Carta 2000”ed all’iniziativa europea della Settimana della sicurezza sul lavoro, ha organizzato una serie di incontri con le parti sociali per affrontare in modo concertato i problemi e definire le regole per procedere con maggiore determinazione al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione degli infortuni sul lavoro e delle patologie professionali.

In sostanza, l’iniziativa ha voluto essere il punto di partenza di una priorità politica che l’amministrazione regionale intende perseguire, nello spirito della massima concertazione possibile con le parti sociali e nel rispetto dei diversi ruoli. La regione ha inteso, così, svolgere pienamente il proprio ruolo di coordinamento, programmazione e indirizzo sulla base delle linee programmate riassunte nel documento “Carta 2000”, nella certezza di contribuire, per quanto di competenza, al salto qualitativo che porterà finalmente anche l’Italia al livello europeo per quanto concerne i livelli di incidenza degli infortuni sul lavoro, delle patologie di natura professionale ed il loro costo sociale.

Tra infortuni e malattie professionali l’I.N.A.I.L. movimenta, sotto forma di premi assicurativi incassati e distribuiti sotto forma di indennizzi, rendite e

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provvidenze diverse, una cifra che si aggira sui 12.000 miliardi di lire ogni anno.

Ma questo non è il solo costo che la collettività paga al fenomeno, perché si deve considerare una notevole quota di attività non coperta dalle assicurazioni sociali (attività e mansioni non tutelate) o a carico di altre assicurazioni sociali (si vedano, per esempio gli addetti alla navigazione marittima) che, ovviamente, l’I.N.A.I.L. non è in grado di quantificare.

Inoltre, esistono gli oneri a carico del datore di lavoro, fasce di assenza dal lavoro in franchigia (l’obbligo della denuncia di infortunio - ed il conseguente indennizzo da parte dell’Istituto - scatta solo per quegli eventi che richiedono un periodo di assenza non inferiore ai tre giorni lavorativi), il macchinario da riparare, il sostituto da addestrare, il tempo “perso” dai compagni di lavoro per il soccorso o lo shock, penali per ritardata consegna, spese legali, etc, e che si quantificano, per la singola azienda, pari a due volte e mezzo il costo assicurato e per la collettività, grosso modo lo stesso.

L’infortunato, poi, oltre a ricavarne un danno alla persona ed anche dopo l’erogazione dell’indennizzo, va incontro ad oneri che, secondo studi tedeschi, rappresentano mediamente circa il 25% del danno stesso.

Questo per quanto concerne il costo sociale ad evento lesivo verificato, ma esistono anche gli oneri sostenuti per la prevenzione che, generalmente, vengono ripartiti tra quelli intrapresi al momento dell’avvio dell’attività, il normale procedere della produzione e quelli derivati dal controllo esercitato dagli organi a ciò preposti.

Data la delicatezza dell’argomento, quantificarne l’entità si presenta difficoltoso, separare, cioè, quanto si spende per la prevenzione da quello che è funzionale al miglioramento della produzione, se non solo attraverso ampi margini di approssimazione.

Per la collettività, il computo è complessivo e si stima che a livello nazionale, mediamente ogni anno, gli infortuni costino circa 46.000 miliardi di lire, di cui 10.000 per l’agricoltura, ai quali vanno aggiunti altri 9.000 per le malattie professionali, il che porta a raggiungere la cifra di 55.000 miliardi di lire, pari a più del 3% del PIL nazionale.

Tale elevato costo illustra da solo l’importanza della prevenzione che deve essere considerata un obbligo morale, ma anche un sistema che consente di abbattere i costi perché la riduzione degli infortuni si traduce in risparmio certo, tale da ripagare l’impresa e la collettività dalle spese sostenute per il suo impianto.

Si tratta di un discorso estremamente pratico ma di grande impatto sugli operatori, specie su quelli con imprese di piccole dimensioni, poco propensi ad investire nella prevenzione poiché non sempre riescono a coglierne gli aspetti positivi.

A questo proposito ben si inserisce la politica aziendale I.N.A.I.L. che

“premia“, attraverso la riduzione del premio assicurativo tariffario, le

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aziende artigiane che comprovano gli investimenti sostenuti per la prevenzione, poiché è assodato che il rischio di infortunio è inversamente proporzionale alla dimensione aziendale, ed in un panorama economico come quello italiano, in cui è cospicua la presenza di ditte artigiane, è facile comprenderne l’efficacia.

Tuttavia, si sa che il mondo del lavoro non è esente da rischi, in particolare da quelli derivanti dall’uso delle macchine e da quelli dovuti a comportamenti errati. Per i primi, secondo studi condotti dall’I.N.A.I.L., l’incidenza percentuale tende a decrescere nel comparto industriale, ma non in agricoltura (si ricorda la presenza di un agente materiale di estrema pericolosità quale il trattore), per i secondi è l’inverso. Ciò significa che è più facile agire sulle macchine che non sugli uomini. Il processo produttivo, per essere più competitivo, infatti, richiede macchinari più nuovi e più complessi e, a seguito delle nuove norme introdotte, dotati di dispositivi di sicurezza, il che va a spiegare perché in industria l’incidenza dell’agente macchine sia in regresso, mentre non sia possibile agire in tempi brevi sul comportamento che richiede, invece, un lento processo di acquisizione.

I comportamenti errati, voluti o non, sono il risultato di una scarsa cultura della prevenzione, finora basata, per lo più, su alcune nozioni errate tramandate di generazione in generazione, e condizionata da due ingannevoli concetti, la necessità di non perdere tempo in “inutili”

complicazioni e la certezza che, con un minimo di attenzione, nulla di grave può accadere.

E’ doveroso sottolineare, però, come certi comportamenti errati spesso vengano fortemente condizionati, se non addirittura sollecitati, da particolari ambienti di lavoro, laddove le condizioni lavorative, unite a particolari aspetti del mercato (ad esempio il sistema dei subappalti in edilizia), impongono tempi e ritmi di produzione serrati volti ad una maggiore economicità, per cui la violazione delle norme di sicurezza viene erroneamente interpretata, oltre che un beneficio aggiuntivo, un imperativo economico, così come diventa difficoltoso individuarne i responsabili. Ad aggravare il tutto, si aggiunga il fatto che la maestranza, tradizionalmente serbatoio di persone per lo più a bassa scolarità o di provenienza extracomunitaria, con un forte bisogno di lavorare, è fortemente impreparata sulle tematiche della sicurezza.

Appare, dunque, fondamentale il ruolo della formazione-informazione, così come è doveroso il richiamo all’obbligo della formazione dei lavoratori voluto dal Decreto Legislativo 626/94.

Gli studi dimostrano che esiste un forte grado di correlazione tra gli infortuni e l’età della vittima: nei primissimi anni dell’attività lavorativa, la frequenza degli accadimenti è alta, poiché dovuta ad impreparazione, scarsa conoscenza del processo produttivo, superficialità, per poi gradualmente assestarsi intorno ai 25/30 anni, dove si riscontra il picco di minima, dopo

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di che torna a crescere pericolosamente per la mancata risposta del fisico, la troppa confidenza coi macchinari, la demotivazione, la stanchezza (si veda, per esempio, come l’inizio o la fine del turno di lavoro sia il periodo più “favorevole” agli incidenti sul lavoro, così come molti infortuni accadono a chi sta per andare in pensione).

Il fenomeno genera, però, una differenziazione nella natura degli accadimenti: nei giovani, sono più frequenti le lesioni meno gravi, per esempio quelle alle mani, mentre per gli anziani incombe il pericolo di rovinose cadute dall’alto (tipologia di infortunio frequentissima in edilizia, tanto che il 12% delle morti avviene perché il lavoratore precipita dall’alto), movimenti scoordinati, stanchezza, demotivazione, con conseguenze ben più gravi.

L’infortunio sul lavoro non fa distinzione di sesso. Storicamente alle donne erano assegnate - e si riservano tuttora - le mansioni meno pericolose o affaticanti, per cui la quota di accadimenti al “femminile” è più bassa di quella per gli uomini, ma ciò è valido solo in quelle attività meno a rischio:

con la maggiore parità fra i sessi e l’entrata delle donne in settori più rischiosi, la loro predisposizione al rischio appare identica a quella degli uomini.

Occorre, infine, prendere in considerazione una serie di rischi nuovi, quelli connessi alla flessibilità ed al lavoro precario dove sussistono carenze di informazione, alle nuove sostanze utilizzate nelle lavorazioni i cui effetti ancora non sono noti, allo stress, ai rapporti di lavoro irregolari, alle malattie professionali legate agli ambienti di vita, quali il microclima, i fumi, etc.

ITALIA

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Confronto anni 1997-1998 - Denunce

1997 1998 Var. in V.A. Var. in V.%

Infortuni 736.540 765.193 28653 3,89 Mal. Prof. 29.068 27.630 -1438 -4,95 T. Industria 765.608 792.823 27215 3,55 Agricoltura 101.096 94.615 -6481 -6,41 Per C. Stato 76.931 89.300 12369 16,08 Tot. gen. 943.635 976.738 33103 3,51 Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

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Tutto ciò genera una mole di infortuni che sfiora, mediamente ogni anno, il milione di eventi e che dimostra, a partire dalla seconda metà del decennio, un andamento altalenante. Per tutti i settori I.N.A.I.L, nel 1998, si sono verificati e denunciati 976.000 eventi, con un lieve incremento (3,5%) sul 1997, al contrario di qualche anno fa quando sembrava essere in atto una battuta d’arresto.

E’ doveroso rimarcare che le statistiche ufficiali non riportano gli innumerevoli incidenti, letali e non, che avvengono nella cosiddetta

“economia sommersa” e che non vengono denunciati né dai datori di lavoro né dai lavoratori e dai loro familiari, tanto che si stima che circa 570 “morti bianche” ogni anno non trovano posto nelle statistiche I.N.A.I.L. cui, del resto, pervengono solo le denunce per incidenti che hanno diritto alla copertura assistenziale. Accanto alle morti, anche alcune migliaia di infortuni non mortali non vengono denunciate, mentre la percentuale di riconoscimento di malattia causata dall’esposizione a condizioni di lavoro insalubri appare molto bassa rispetto alla reale incidenza.

All’interno delle tre gestioni in cui sono raccolti i dati I.N.A.I.L., solo l’agricoltura presenta l’andamento più favorevole con un saldo negativo di poco più del 6% sull’anno precedente, al contrario dell’industria, che del resto incide per l’81% sul totale, che acquista peso, se pur in modo non allarmante, di oltre il 3%.

Anche la gestione “per conto dello Stato” registra un incremento di denunce di oltre il 16%, ma il dato non è preoccupante, in quanto sappiamo che in tale accorpamento, per altro poco significativo con un peso di poco superiore al 9% sul totale, la quasi totalità delle denunce viene presentata in franchigia od in via cautelativa, senza dar luogo, se non per sparuti casi, alla corresponsione dell’indennizzo.

Sul piano della distribuzione territoriale, più della metà dei casi di infortunio nell'industria e nell'artigianato si è avuta nelle regioni più industrializzate del Nord Italia, soprattutto in Lombardia, Emilia e Veneto.

Come abbiamo rimarcato in precedenza, in gran parte (81%) le denunce si riferiscono alla gestione industriale che da sola concorre con 792.823 eventi, comprensivi anche dei casi di patologie professionali.

In tale area di attività e per i soli infortuni del lavoro, oltre il 40% delle denunce proviene da due settori, quello metalmeccanico e quello delle lavorazioni varie (entrambi con un’incidenza di poco più del 20 %) ma detengono una discreta rappresentatività anche il comparto “indeterminato”, ossia quel settore in cui vengono inserite temporaneamente tutte le denunce che non riportano correttamente i dati di classificazione economica (17%), e quello relativo alle costruzioni (15%).

A questo proposito, si tenga presente che non necessariamente la presenza di una maggior mole di denunce in un determinato settore o territorio indica

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l'esistenza di attività a maggior rischio, ma più semplicemente illustra il tipo e l'entità dello sviluppo produttivo.

La quasi totalità degli indennizzi ha avuto come conseguenza l’astensione temporanea dal lavoro, mentre i decessi ufficialmente riconosciuti ed indennizzati entro il 1999 sono stati 1.172, includendo in essi anche quelli imputabili a malattie professionali di ogni tipo.

ITALIA

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Confronto anni 1997-1998 - Casi Indennizzati

1997 1998 Var. in V.A. Var. in V.%

Infortuni 529.091 550.464 21373 4,04 Mal. Prof. 2.187 2.535 348 15,91 T. Industria 531.278 552.999 21721 4,09 Agricoltura 83.219 76.043 -7176 -8,62 Per C. Stato 582 687 105 18,04 Tot. gen. 615.079 629.729 14650 2,38 Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

ITALIA

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Confronto anni 1997-1998 - Per tipo di definizione

1997 1998 Var. in V.A. Var. in V.%

Temporanea 584.280 597.051 12771 2,19 Permanente 29.716 31.506 1790 6,02 Morte 1.083 1.172 89 8,22 Tot. Indennizzi 615.079 629.729 14650 2,38

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

Dagli incidenti mortali indennizzati si desume che, in pratica, in Italia, perdono la vita per incidenti o malattia professionale oltre tre persone (per l’esattezza, 3,21) al giorno ed 86 lavoratori riportano lesioni permanenti: la

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componente drammatica insita nel fenomeno ci coinvolge tutti, facendo altresì da sprone ad operare verso, se non proprio la risoluzione definitiva, quantomeno il suo contenimento.

Nel complesso, l’analisi dei dati di natura quantitativa dimostra un’evoluzione non proprio positiva del fenomeno infortunistico italiano negli ultimi due anni: esiste un leggero incremento del numero delle denunce di infortunio con corrispondenza anche sul piano delle conseguenze che si dimostra particolarmente allarmante per i casi più gravi. Le lesioni con postumi permanenti, infatti, si sono incrementate del 6% ed i decessi di oltre l’8%.

I dati piemontesi rappresentano nel contesto nazionale poco più dell’8%:

complessivamente, nella nostra regione, sono state inoltrate, nel 1998, oltre 83.000 denunce di infortunio e di malattie professionali per i settori Industria, Agricoltura e Per Conto Stato, in lieve aumento sull’anno precedente e tale da allinearsi, grosso modo, col dato italiano. Anche i valori regionali, ovviamente in relazione alla struttura economico-produttiva del territorio, riportano un’incidenza dell’80% per il solo comparto industriale.

I casi indennizzati in Piemonte per postumi permanenti assommano a 2.146, mentre quelli mortali a 91.

Per ottenere una visione più specifica in grado di fotografare la presenza del rischio nelle varie attività lavorative, occorre rivolgersi ad altri indicatori, denominati "indici", che ci permettono di conoscere la frequenza con cui un evento infortunistico si verifica e con quali modalità, per ogni milione di ore lavorate e per ogni settore produttivo.

ITALIA Indici di frequenza

p e r " G R A N D E G R U P P O D I I N D U S T R I A " ( * ) Anno 1998

G . G r u p p o D e n u n c e Inv. temp. Inv. perm. Morte

1 40,17 34,06 1,57 0,06

2 33,32 28,59 0,93 0,02

3 49,42 40,38 2,99 0,13

4 21,89 17,70 0,9 0,05

5 49,89 42,18 2,79 0,03

6 43,26 37,16 1,24 0,03

7 55,47 47,41 2,42 0,10

8 19,94 16,60 0,54 0,02

9 43,18 35,96 1,74 0,11

10 12,79 9,78 0,35 0,01

T O T A L E 26,20 21,54 0,97 0,04

Elaborazione O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

(*) n° casi per ogni milione di ore lavorate

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Dalla lettura della tabella precedente è possibile rilevare le lavorazioni a maggior rischio di infortunio: in Italia, i casi mortali si verificano più frequentemente nel settore delle costruzioni ed in quello dei trasporti, gli incidenti con postumi permanenti per il lavoratore hanno forte incidenza in edilizia e nelle lavorazioni del legno, mentre gli accadimenti che hanno comportato solo astensione temporanea dal lavoro (ma non per questo vanno considerati meno gravi) nel comparto minerario.

La situazione piemontese presenta toni leggermente più sfumati rispetto alla realtà italiana poiché i valori nazionali sono, per quanto concerne la globalità degli infortuni e per il solo comparto industriale, superiori a quelli del Piemonte, in quanto sussiste una maggior propensione sia nel denunciare infortuni sia sul piano delle conseguenze.

Gli indicatori di frequenza per l’agricoltura, al contrario, mostrano per il Piemonte una maggiore drammaticità poiché si posizionano al di sopra della media nazionale ma una nota positiva ci proviene dall’indice di mortalità che, dopo essere stato per parecchi anni il più elevato, si riporta al di sotto della media.

Per l’industria, invece, il dato piemontese di mortalità appare di poco dissimile da quello nazionale, registrando frequenza 0,03 contro lo 0,04 riportato dall’intero Paese.

ITALIA Indici di frequenza (*)

Anno 1998

Denunce Inv. Temp. Inv. Perm. Morte

Industria 26,20 21,54 0,97 0,04

Agricoltura 42,95 31,97 2,50 0,05

Totali 27,59 22,4 1,10 0,04

Elaborazione O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

(*) n° casi per ogni milione di ore lavorate

Un’ultima valutazione sull’andamento degli indici nei due anni di riferimento:

gli ultimi dati disponibili smorzano le previsioni cautamente ottimistiche formulate in passato e sembrano segnalare, piuttosto, l’instaurarsi di una pericolosa controtendenza, fenomeno che, proprio per questo, va attentamente monitorato onde calibrare in modo opportuno gli interventi correttivi.

(18)

1. INFORTUNI SUL LAVORO DENUNCIATI E DEFINITI PER TIPO DI DEFINIZIONE

Gli anni ’90 sembrano essere caratterizzati da un andamento altalenante delle denunce di infortunio nella nostra regione: a fasi lievemente contenitive ne seguono altre altrettanto lievemente espansive e che suggeriscono, piuttosto, una certa stabilità.

I dati del 1998 mostrano una leggera ripresa del fenomeno infortunistico con il 2% in più sul 1997 delle denunce di infortuni e di malattie professionali inoltrati nella nostra regione, riportandosi ai livelli del 1993.

REGIONE PIEMONTE

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Denunce

Anni 1993 1994 1995 1996 1997 1998

Infortuni 62.511 61.580 64.169 63.393 61.769 63.497 Mal. Prof. 3.120 3.062 3.382 3.333 3.263 3.091 T. Industria 65.631 64.642 67.551 66.726 65.032 66.588 Agricoltura 12.421 9.595 9.171 8.558 7.968 7.526 Per C. Stato 5.277 5.897 6.855 8.176 8.300 8.910 Totale gen. 83.329 80.134 83.577 83.460 81.300 83.024

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

In complesso, esiste per il 1998 un volume di 83.000 denunce di infortunio per le tre gestioni (Industria, Agricoltura e Per Conto Stato) secondo la disaggregazione dell’Istituto assicuratore, con un incremento esteso a tutte le gestioni con l’esclusione dell’agricoltura che perde oltre il 5%.

L’espansione è più accentuata nella gestione per Conto Stato, ma il dato non è allarmante poiché quest’ultima non riporta solo gli infortuni in cui sono incorsi pubblici dipendenti ma anche quelli riferiti a persone

(19)

occasionalmente alle dipendenze dello stato ed, in questo caso, gli eventi calamitosi di questi ultimi anni hanno certamente contribuito ad innalzarne i valori.

REGIONE PIEMONTE

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Confronto anni 1997-1998 - Denunce

Var. in V.A. Var. in V.%

Infortuni 1.728 2,80

Mal. Prof. - 172 -5,27

T. Industria 1.556 2,39

Agricoltura - 442 -5,55

Per C. Stato 610 7,35

Totale gen. 1.724 2,12

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

REGIONE PIEMONTE

Infortuni e malattie professionali denunciati nel 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

Alessandria Asti Cuneo Novara Torino Vercelli 0

10 20 30 40 50

Migliaia

V.A.

Il maggior quantitativo di denunce proviene, secondo una tendenza codificata ed in linea col resto del Paese, dal comparto industriale (l’80%), con 66.588 pratiche inoltrate; va da sé che gli altri due comparti siano poco rappresentativi (il 9%, pari a 7.526 denunce in agricoltura e quasi l’11%, pari a 8.910 denunce nel Conto Stato).

(20)

La distribuzione territoriale vede una netta prevalenza della provincia di Torino con quasi il 49% dei casi; tra le restanti province, Cuneo partecipa in misura maggiore contrariamente a quanto avviene nella provincia astigiana.

La maggiore incidenza della provincia torinese è riscontrabile nella maggior parte delle gestioni e solo nel comparto agricolo, data la particolare natura del tessuto produttivo della provincia, prevale, se pur con valori alquanto più modesti, il peso del Cuneese.

La presentazione della denuncia di un caso di infortunio presuppone, da parte dell'Istituto Assicuratore, l'apertura di una pratica amministrativa che prevede, tra le altre cose, anche alcuni accertamenti che daranno luogo alla eventuale corresponsione di un indennizzo a seconda del grado di invalidità riportato dal lavoratore infortunato.

REGIONE PIEMONTE

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Casi indennizzati

Anni 1993 1994 1995 1996 1997 1998

Infortuni 48.023 47.558 48.240 46.847 44.893 45.653 Mal. Prof. 464 407 265 218 193 172 T. Industria 48.487 47.965 48.505 47.065 45.086 45.825 Agricoltura 10.212 8.170 7.712 7.411 6.900 6.475 Per C. Stato 23 36 12 33 28 27 Totale gen. 58.722 56.171 56.229 54.509 52.014 52.327

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

Parecchie denunce vengono presentate, da parte delle ditte, solo in via cautelativa e non sempre si riferiscono ad episodi che hanno comportato un'astensione al lavoro per più di tre giorni lavorativi (per i quali, invece, scatta l'obbligo di legge della denuncia) oppure ad accadimenti che non hanno comportato nessun esborso, fenomeno, questo, ampiamente dimostrato da una discreta quota (oltre un terzo delle denunce) di pratiche chiuse dall’I.N.A.I.L. senza la corresponsione dell’indennizzo.

Tale comportamento è particolarmente evidente nella gestione per Conto Stato, dove la quota copre quasi la totalità delle denunce (arriva a sfiorare il 99%).

(21)

Il volume complessivo degli indennizzi si ottiene a pratica amministrativa chiusa e ciò avviene, normalmente, nell’arco di un anno, ma, a volte, l’operazione può essere ritardata sia per motivi di ordine clinico sia di tipo amministrativo, anche se, in effetti, le pratiche giacenti sono estremamente esigue.

Gli indennizzi seguono l’andamento delle denunce ma, in questo caso, l’incremento è appena percettibile (0,6% in più); il dato maggiormente confortante ci viene dal rapporto col 1993 dove invece la flessione tocca l’11%.

Si vedano, inoltre, a sostegno di quanto sopra affermato a proposito della moltitudine di casi chiusi senza indennizzo nella gestione Stato, i 28 indennizzi del 1998.

I casi indennizzati vengono ripartiti in tre gradualità:

1. invalidità temporanea (l’evento ha causato l’astensione al lavoro per più di tre giorni);

2. invalidità permanente (l’evento ha prodotto lesioni permanenti al lavoratore);

3. morte (l’evento ha avuto esito mortale).

REGIONE PIEMONTE

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Per tipo di definizione

Anni 1993 1994 1995 1996 1997 1998

Temporanea 55.891 53.649 53.863 52.326 49.790 50.090 Permanente 2.715 2.419 2.263 2.108 2.136 2.146 Morte 116 103 103 75 88 91

Tot. Indennizzi 58.722 56.171 56.229 54.509 52.014 52.327

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

Di regola, gli indennizzi si riferiscono per la stragrande maggioranza ad episodi che hanno comportato astensione temporanea al lavoro (95,73%), il residuo, invece, va ripartito fra i casi più gravi: 2.146 eventi, pari al 4,10%

a causa di invalidità permanente e 91 decessi riconosciuti, pari allo 0,17%

del totale indennizzato.

(22)

Tale scomposizione si modella perfettamente su quella dello scorso anno e, anche se non sono intervenute variazioni, permangono i motivi di preoccupazione.

Le tabelle di seguito riportate danno un’idea dell’evoluzione dell’andamento infortunistico piemontese nell’arco di un quinquennio: il panorama che ne emerge, nel complesso, appare positivo perché sembra sussistere un contenimento generale del fenomeno in linea con quanto il legislatore voleva ottenere con l’emanazione di una norma antinfortunistica altamente innovativa quale il D.Lgs. 626/94.

Inoltre, l’andamento è decisamente più favorevole per l’agricoltura che per il comparto industriale; preoccupa, però, l’aumento dei decessi di quest’ultimo anno, anche se il loro numero rimane al di sotto delle 100 unità, quando invece, nei primi anni ’90, avevano sempre superato tale soglia.

REGIONE PIEMONTE

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Invalidità temporanea

Anni 1993 1994 1995 1996 1997 1998

Infortuni 46.291 45.917 46.591 45.296 43.308 44.004 Mal. Prof. 64 83 59 56 43 46 T. Industria 46.355 46.000 46.650 45.352 43.351 44.050 Agricoltura 9.526 7.636 7.210 6.961 6.428 6.026 Per C. Stato 10 13 3 13 11 14 Totale gen. 55.891 53.649 53.863 52.326 49.790 50.090

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

(23)

REGIONE PIEMONTE

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Invalidità permanente

Anni 1993 1994 1995 1996 1997 1998

Infortuni 1.643 1.565 1.576 1.499 1.527 1.578 Mal. Prof. 391 309 191 151 140 110 T. Industria 2.034 1.874 1.767 1.650 1.667 1.688 Agricoltura 668 522 487 438 452 445 Per C. Stato 13 23 9 20 17 13 Totale gen. 2.715 2.419 2.263 2.108 2.136 2.146

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

REGIONE PIEMONTE

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI Morte

Anni 1993 1994 1995 1996 1997 1998

Infortuni 89 76 73 52 58 71

Mal. Prof. 9 15 15 11 10 16

T. Industria 98 91 88 63 68 87

Agricoltura 18 12 15 12 20 4

Per C. Stato 0 0 0 0 0 0

Totale gen. 116 103 103 75 88 91

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

(24)

2. INFORTUNI SUL LAVORO E MALATTIE PROFESSIONALI DENUNCIATI E DEFINITI PER TIPO DI DEFINIZIONE - SETTORE INDUSTRIA

2.1 INFORTUNI SUL LAVORO

Per il comparto industriale, che sappiamo costituire circa l’80%

dell’ammontare complessivo, i dati ufficiali I.N.A.I.L. riportano due sottoinsiemi, gli infortuni sul lavoro e le patologie professionali.

I primi sono stati da noi elaborati a partire dal 1980, mentre i secondi dal 1989.

Nel 1998, le denunce di infortuni sul lavoro ammontano a 63.497 unità, numero leggermente superiore a quello dell’anno precedente (sfiora il 3% in più) ma è ben differenziato da quello dell’anno base (-27%), secondo un trend iniziato già da tempo.

Dal grafico seguente si può visualizzare bene il fenomeno: alla prima accentuata diminuzione dell’inizio degli anni ottanta fa seguito una ripresa che permane fino al 1990, dopo di che inizia e, più o meno, si stabilizza la tendenza alla diminuzione.

(25)

REGIONE PIEMONTE Settore Industria

Infortuni denunciati 1980 - 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

'80 '81 '82 '83 '84 '85 '86 '87 '88 '89 '90 '91 '92 '93 '94 '95 '96 '97 '98 Anni

0 20 40 60 80 100

Valori assoluti (migliaia)

La metà delle denunce di infortunio presentate nel territorio regionale, come, del resto, accadeva negli anni precedenti, si riferisce alla provincia di Torino; il rimanente viene spartito tra le altre province, con Cuneo (13%), con il valore maggiore, ed Asti, (circa il 5%), col minore.

Secondo la ripartizione territoriale, nel confronto interannuale, contribuiscono al leggero incremento generale piemontese le province di Alessandria, Novara e Torino, di cui la prima in modo più marcato, al contrario, Cuneo, Vercelli ed Asti lo stemperano.

REGIONE PIEMONTE Settore Industria Infortuni denunciati nel 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

Alessandria Asti Cuneo Novara Torino Vercelli 0

5 10 15 20 25 30 35

Migliaia

V.A.

L’andamento dei casi indennizzati presenta toni analoghi a quello delle denunce, tale da riportare lo stesso lieve aumento (nemmeno il 2%) sui dati

(26)

’97, ma con una riduzione decisamente più accentuata che sfiora il 42/% sul volume degli indennizzi del 1980.

Complessivamente gli stessi ammontano a circa 45.650 unità, di cui la metà ricade sulla sola provincia torinese.

Come abbiamo visto in precedenza, le pratiche definite ed indennizzate vengono, a loro volta, suddivise secondo il grado di invalidità provocato dall'evento infortunistico.

Tale gradualità si suddivide in:

1) invalidità temporanea 2) invalidità permanente 3) morte.

Dei 45.653 eventi indennizzati entro il 31 dicembre 1999 e che si riferivano a denunce presentate nel 1998, 44.004 riguardano episodi che hanno determinato un'invalidità temporanea, 1.578 lesioni permanenti e 71 il decesso del lavoratore.

I grafici seguenti illustrano l’andamento dei casi indennizzati visti nelle tre scomposizioni appena citate: l’ultimo anno riporta incrementi per tutte le gradualità, più accentuati per i casi più gravi, lesioni con postumi permanenti e morti, queste ultime con 13 eventi in più rispetto sul 1997, pari ad oltre il 22%, delineano una situazione particolarmente preoccupante.

REGIONE PIEMONTE Settore Industria

Infortuni temporanei 1980 - 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

'80 '81 '82 '83 '84 '85 '86 '87 '88 '89 '90 '91 '92 '93 '94 '95 '96 '97 '98 Anni

0 20 40 60 80

Valori assoluti (migliaia)

(27)

REGIONE PIEMONTE Settore Industria

Infortuni permanenti 1980 - 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

'80 '81 '82 '83 '84 '85 '86 '87 '88 '89 '90 '91 '92 '93 '94 '95 '96 '97 '98 Anni

0 500 1000 1500 2000

Valori assoluti (unità)

Di conseguenza, all'interno degli indennizzi, la prima gradualità compare al 96,39%, la seconda al 3,46% e la morte allo 0,16%: nel confronto interannuale solo la quota spettante alle invalidità temporanee mostra un valore inferiore, mentre le altre vanno a confermare le preoccupazioni precedentemente esposte.

REGIONE PIEMONTE Settore Industria

Infortuni mortali 1980 - 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

'80 '81 '82 '83 '84 '85 '86 '87 '88 '89 '90 '91 '92 '93 '94 '95 '96 '97 '98 Anni

0 20 40 60 80 100 120

Valori assoluti (unità)

Sul territorio, a Novara si riscontra la percentuale più elevata dei casi di invalidità temporanea (96,98), ad Asti quella relativa alle lesioni permanenti (5,21%) ed a Cuneo quella dei decessi. L’indice di mortalità è nettamente inferiore alla media regionale nella provincia astigiana con lo 0,10%.

(28)

2.2 INFORTUNI SUL LAVORO DENUNCIATI E DEFINITI PER GRANDI GRUPPI

L’I.N.A.I.L., per motivi inerenti all'affinità del rischio assicurato, suddivide ulteriormente il settore “Industria” in altri 10 sottoinsiemi, denominati

“grandi gruppi di industrie”, più un undicesimo, definito "indeterminato" in cui vanno a ricadere tutti gli eventi infortunistici accaduti nelle aziende non ancora inserite e classificate nei gruppi ordinari.

I 10 grandi gruppi di industrie comprendono tutte le lavorazioni a carattere industriale ed offrono, pertanto, un panorama estremamente complesso e variegato.

Va comunque fatto notare che non esiste omogeneità con la suddivisione ISTAT per il settore industria, perché le classificazioni su cui i due sistemi si basano sono dissimili fra loro.

I 10 grandi gruppi di industrie I.N.A.I.L. in sintesi sono:

1. industrie agricole;

2. industrie chimiche;

3. industrie delle costruzioni;

4. industrie elettriche, del gas, acqua, ecc.;

5. industrie del legno ed affini;

6. industrie metallurgiche;

7. industrie minerarie;

8. industrie tessili ed abbigliamento;

9. industrie dei trasporti;

10. industrie varie.

Per chi volesse approfondire la scomposizione illustrata qui sopra, si rimanda alla nota metodologica dove tale ripartizione viene riportata in modo più completo. Si rammenta, inoltre, che non sempre la maggiore mole di denunce presentate in un dato settore offre l'esatta fotografia del rischio, ma molto spesso illustra semplicemente l'entità del tessuto economico- produttivo di una realtà territoriale.

(29)

Per avere la mappa esatta del rischio bisognerà utilizzare, come si vedrà nel corso del presente lavoro, altri indicatori.

Legata, dunque, alla notevole importanza del metalmeccanico sul territorio, appare la mole di denunce per il gruppo 6 (industria metalmeccanica) che, con 17.300 casi inoltrati nel 1998, occupa la quota percentuale maggiore con oltre il 27% del totale.

Il gruppo "varie", con 12.070 denunce, appare in seconda posizione con il 19% del totale e quello "indeterminato" (9.411 denunce, pari a circa il 15%) occupa il terzo posto.

Il valore minore compete al gruppo delle industrie elettriche, gas, acqua, etc. ed è pari allo 0,7%.

REGIONE PIEMONTE Grandi Gruppi di Industrie Infortuni denunciati - 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

1 - Ind. Agricole 2 - Ind. Chimiche 3 - Ind. Costruzioni 4 - Ind. Elet.Gas

5 - Ind. Legno 6 - Ind. Metalmecc.

7 - Ind. Estr. Miner.

8 - Ind. Tessili 9 - Ind. Trasporti 10 - Ind. Varie 11 - Indeterminato

0 5 10 15 20

Valori assoluti (migliaia)

La scomposizione illustrata risulta pressoché identica negli anni.

Il leggero incremento viene prodotto dalla maggioranza dei grandi gruppi con un apporto maggiore dalle industrie varie e dalle chimiche; al contrario, l’indeterminato e le industrie del legno perdono peso.

Il panorama degli infortuni denunciati e successivamente definiti ed indennizzati appare più o meno simile a quello già illustrato per le sole denunce: anche per questa serie, che riporta un totale di 45.653 indennizzi, la quota percentuale maggiore riguarda il gruppo "metalmeccanico". I casi indennizzati per questo gruppo, infatti, sono stati 14.838 e corrispondono a circa un terzo del totale. I valori successivi sono più modesti, e fra di essi spiccano il 20% circa delle "varie" ed il 16% delle costruzioni. Il valore minore, come per le sole denunce, appartiene al gruppo delle aziende

"elettriche, gas, acqua, etc." con lo 0,8%.

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I casi definiti ed indennizzati vengono ulteriormente suddivisi a seconda del grado di invalidità riportato: per quanto concerne l'andamento della prima gradualità, questo appare pressoché modellato su quelli illustrati in precedenza.

Nella scomposizione che riguarda l'invalidità temporanea, quindi, la quota maggiore, con 14.457 casi, un terzo del totale, appartiene al gruppo delle industrie metalmeccaniche. I valori successivi, alquanto distanziati dal primo, li troviamo nei gruppi delle “varie” con circa il 20% e delle costruzioni con il 15%.

Anche in questa suddivisione, il dato minore è quello riguardante l'industria del gas, acqua, etc., con nemmeno lo 0,8%.

Nel complesso, i casi indennizzati per indennità temporanea mostrano un lieve aumento che però, viene fornito da tre soli gruppi, l’indeterminato in modo pesante ed il chimico ed i trasporti, più contenuti, poiché per la maggioranza ci troviamo di fronte a diminuzioni più o meno accentuate.

Per quanto attiene la dinamica degli eventi che hanno causato lesioni permanenti, il gruppo delle aziende metalmeccaniche perde peso a favore delle costruzioni, pur restando sempre rappresentativo (455 casi, pari a circa il 29% nell’edilizia e 366 casi nel metalmeccanico, pari al 23%).

Dato che, come si è visto, più della metà degli eventi con postumi riguardano due soli gruppi, le incidenze percentuali dei restanti sono poco considerevoli, in particolare il gruppo dell’indeterminato occupa a stento lo 0,7%.

Abbiamo rilevato in precedenza come i casi più gravi si siano incrementati rispetto all’anno precedente di oltre il 3%: la variazione è di lieve entità ma non va sottovalutata perché indice di malessere cui sono esposti alcuni settori a particolare rischio di infortunio: oltre il 21% in più di infortuni con postumi permanenti nelle varie, il 15% nelle lavorazioni del legno e nelle chimiche, il 9% nelle tessili ed il 5% nelle costruzioni. Al contrario, perdono peso i restanti comparti di cui il più significativo è quello del gas, luce, acqua.

Infine, anche i decessi sono aumentati pericolosamente nel corso del 1998:

le morti in occasione di lavoro ufficialmente riconosciute in Piemonte ammontano nel comparto industriale a 71 unità, 13 in più (oltre il 22%) dell’anno precedente e risultano distribuite in tutti i gruppi di industrie al di fuori dell’indeterminato e dei servizi.

Di queste, buona parte si concentra nel gruppo dei trasporti (17 eventi pari a quasi il 24%), nelle costruzioni (16 eventi pari ad oltre il 22%) e nel metalmeccanico (15 eventi pari al 21%).

Registrano 11 decessi anche le imprese “varie”, 5 le chimiche, 4 le tessili ed 1 le aziende agricole, le lavorazioni del legno e quelle in cava o miniera.

(31)

L’unica nota confortante ci proviene dal confronto sul lungo periodo, infatti i decessi per lavoro si sono ridotti dal 1980 ad oggi di quasi un quarto.

(32)

2.3. MALATTIE PROFESSIONALI DENUNCIATE E DEFINITE PER TIPO DI DEFINIZIONE

La predisposizione della serie storica per le patologie di natura professionale nel comparto industriale, contenente, inoltre, indicazioni circa i casi di silicosi ed asbestosi, ha avuto inizio nell'anno 1989 ed è stata aggiornata al 1998.

A contenere l’incremento generale dell’industria contribuisce certamente l’andamento in diminuzione delle denunce di patologie professionali che perdono, nel rapporto con l’anno precedente, il 5%, quota che si amplia ulteriormente se paragonata ad un decennio prima (-13%).

Nel 1998, infatti, sono state inoltrate nella nostra regione circa 3.100 denunce, di cui uno sparuto quantitativo per silicosi ed asbestosi (circa il 7%).

Oltre il 70% ricade sulla sola provincia torinese, mentre nel resto del territorio le quote sono poco significative; in particolare, Asti non raggiunge il 5%.

(33)

REGIONE PIEMONTE Settore Industria

Malattie Professionali denunciate nel 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

Alessandria Asti Cuneo Novara Torino Vercelli 0

500 1000 1500 2000 2500

V.A.

L’andamento del dato sul territorio è differenziato: per metà di esse si osservano incrementi (di cui il più consistente è quello novarese), per l’altra metà si registrano decrementi, in particolare nel Vercellese.

Come abbiamo notato in precedenza, il 7% circa è costituito da denunce per casi di silicosi ed asbestosi ma, rapportandolo alle varie realtà economico-produttive piemontesi, il valore regionale assume connotati diversi a seconda della presenza più o meno massiccia di lavorazioni ad alto rischio di tali patologie: in particolare nell'Alessandrino, dove operano numerosi cementifici, tale quota supera il 23%.

Per oltre i tre quarti del totale, le denunce si risolvono senza la corresponsione dell’indennizzo per cui solo 172 pratiche, di cui 24 per silicosi ed asbestosi, sono state risarcite in base alle tre gradualità (nemmeno il 6%); rimane, in pratica una bassa quota residuale, ma è facilmente spiegabile dalla natura della malattia stessa che necessita di lunghi accertamenti.

Nel complesso le malattie professionali, con l'inclusione dei casi di silicosi e di asbestosi, hanno comportato al 26,74% (46 casi) inabilità temporanea al lavoro, al 63,95% inabilità permanente (110 casi) e per i1 9,30% (16 casi) il decesso del lavoratore.

I casi di asbestosi e di silicosi riconosciuti ed indennizzati si riscontrano in tutto il territorio regionale, tranne che ad Asti e Vercelli.

Il fenomeno è più marcato nelle province di Torino e di Alessandria, ovviamente in relazione al loro tessuto economico e produttivo.

Rispetto al 1997, gli indennizzi totali (silicosi ed asbestosi inclusi) perdono circa l’11%, come i casi di invalidità permanente che si riducono del 21%,

(34)

ma non così le invalidità temporanee ed i decessi che acquistano, le prime, una quota relativamente bassa che arriva a sfiorare il 7%, mentre per i secondi, con 6 casi in più e pari al 60%, la situazione si fa più pesante.

(35)

3. INFORTUNI SUL LAVORO E MALATTIE PROFESSIONALI DENUNCIATI E DEFINITI PER TIPO DI DEFINIZIONE - SETTORE AGRICOLTURA

Rispetto al comparto industriale, l’andamento delle denunce si presenta più favorevole in agricoltura poiché per il 1998 si segnala un rallentamento che, se pur non di grandi dimensioni (oltre il 5%), porta una ventata di ottimismo che si alimenta ulteriormente se si pensa che in un decennio si sono quasi dimezzate.

L’entità delle denunce di infortunio in agricoltura supera di poco le 7.500 unità nel 1998 con una distribuzione territoriale inalterata negli anni poiché permane la forte incidenza della provincia di Cuneo con 2.990 casi denunciati, pari a quasi il 40% del totale regionale, sbalzando dal primo posto, mantenuto in tutte le altre gestioni, la provincia di Torino che qui incide solamente in misura di poco più del 20%.

REGIONE PIEMONTE Settore Agricoltura

Infortuni e Malattie Professionali denunciati nel 1998

Elaborazioni O.R.M.L. su dati I.N.A.I.L.

Alessandria Asti Cuneo Novara Torino Vercelli 0

500 1000 1500 2000 2500 3000 3500

V.A.

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Per la prima provincia il fenomeno è, ovviamente, in relazione alla forte connotazione agricola, mentre per la seconda si tratta di due fattori congiunti, la maggior concentrazione dei residenti e la presenza di aree a vocazione agricola con ditte a conduzione familiare.

In relazione a ciò, si spiega la bassa incidenza del Novarese (circa il 5%) in cui le aziende agricole sono in gran parte meccanizzate e, pertanto, rientrano nella gestione industriale I.N.A.I.L..

Il decremento delle denunce interessa tutte le realtà provinciali piemontesi tranne Novara ed è più accentuato nel Vercellese (-10%).

Anche nella gestione agricoltura sussiste una buona quota di pratiche chiuse senza indennizzo, per cui quelle ancora in fase di accertamento sono appena lo 0,8 %.

Ci troviamo, dunque, di fronte a 6.475 casi indennizzati ed a 990 pratiche risolte senza indennizzo.

Gli indennizzi hanno comportato al 93,07% un'astensione temporanea al lavoro (6.026 casi), al 6,87% un'inabilità permanente (445 casi) e allo 0,06% il decesso (4 casi).

La scomposizione territoriale dei casi definiti e indennizzati ricalca quella delle denunce, conseguentemente, i valori maggiori sono detenuti da Cuneo (41%) e da Torino (20%).

Rapportata alle varie realtà provinciali, la maggior incidenza della prima gradualità si riscontra a Vercelli, della seconda ad Asti, mentre la mortalità, in assenza di casi nell’Astigiano e nel Novarese, a Vercelli, per cui in ciascuna delle restanti province si riporta un decesso.

Il comparto agricolo in materia di infortuni presenta, quindi, un andamento decisamente più favorevole dell’industria: alla contrazione del numero delle denunce inoltrate corrispondono le stesse diminuzioni anche sul piano delle conseguenze. Buone notizie ci pervengono dalla decisa riduzione del numero delle morti che toglie, finalmente, alla nostra regione il poco invidiabile primato di mortalità nel settore, detenuto fino allo scorso anno.

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