• Non ci sono risultati.

L’ARBITRATO DEL CURATORE

Nel documento "Arbitrato e Fallimento" (pagine 51-77)

Premessa

Le recenti modifiche sia della disciplina fallimentare sia dell’arbitrato hanno inciso fortemente sulla possibilità di stipulare convenzioni arbitrali da parte del curatore: oggi non ci sono più dubbi circa l’ammissibilità di convenzioni arbitrali per liti relative a rapporti preesistenti la dichiarazione di fallimento66 sebbene tuttora vi siano controversie incompatibili con l’arbitrato. Nel precedente capitolo sono stati affrontate le problematiche relative all’ammissibilità dell’arbitrato in materia fallimentare e si è giunti alla conclusione che alcune controversie, come quelle rimesse alla disciplina dell’accertamento del passivo e quelle inerenti alla dichiarazione di fallimento, sono incompatibili con l’istituto arbitrale. Tale incompatibilità non esclude però che vi siano ulteriori controversie pienamente compromettibili67. L’art. 35 L.F integra e

66 Bonsignori,Arbitrati e fallimento, op. cit, 86

67Bonsignori, Arbitrati e fallimento, op. cit, 88 “sono considerate compromettibili le

azioni promosse dal curatore verso terzi per far valere i diritti del fallito”. Dalla portata dell’art. 35 L.F si desume che l’incompatibilità non esiste e deve essere riconosciuta l’esistenza di controversie arbitrabili.

Sempre sul punto, la Giurisprudenza con sentenza Cass. n. 2866 del 1958 afferma la non opponibilità al fallimento del compromesso o della clausola compromissoria. La

52

completa la disciplina dei poteri del curatore dettata dagli articoli 26 e 36 L.F relativi alla partecipazione al giudizio e agli atti di gestione ordinaria nonché il compimento degli atti di amministrazione straordinaria. È stato evidenziato nel precedente capitolo che l’art. 806 L.F stabilisce il limite all’arbitrabilità, che è rappresentato dalla disponibilità dei diritti. Da ciò consegue che non vi siano ostacoli alla compromettibilità delle liti da parte del curatore anche per i rapporti anteriori al fallimento. Il curatore è l’organo della procedura al quale spetta il compito di amministrare i beni del fallito e di compiere tutte le azioni sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori. Il curatore non si può descrivere come un rappresentante o un sostituto del fallito ma piuttosto un vero e proprio ausiliare del giudice, che ricopre un ufficio pubblico ed è titolare di poteri propri che non possono essere esercitati in via sostitutiva nemmeno dal giudice delegato. Prima della riforma del 2006, il curatore aveva un ruolo meramente esecutivo delle decisioni adottate dal giudice delegato ed era quasi privo di poteri deliberativi. La riforma del 2006 ha ridimensionato il ruolo del giudice delegato, a cui viene attribuita una funzione non più direzionale ma di vigilanza ed ha ampliato i poteri di altri organi, tra cui quello del curatore, al quale spettano le decisioni

clausola compromissoria è operante nei confronti del fallito tutte le volte in cui il curatore subentra nella stessa posizione del fallito.

53

sull’amministrazione, gestione e liquidazione del patrimonio del fallito. Il curatore è nominato con sentenza che dichiara il fallimento o, in caso di sostituzione e revoca del precedente curatore, con

decreto del tribunale.

Il potere del giudice delegato viene ridotto a un controllo di legalità senza influire sulle scelte riguardanti la gestione economica della procedura. Prima della riforma del 2006 era previsto solo il reclamo contro gli atti del curatore. Contro gli atti di amministrazione del curatore, il fallito e ogni altro interessato potevano proporre reclamo al giudice delegato che decideva con decreto motivato. Il curatore può essere anche revocato in ogni tempo su proposta del giudice delegato e su richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio con decreto motivato del tribunale. Può essere revocato anche su delega dei creditori riuniti in adunanza per l’esame dello stato passivo.

L’ articolo 35 L.F nella sua vecchia formulazione

L’articolo 35 L.F nella sua originaria formulazione in base al r.d del 1942 stabiliva che “il giudice delegato sentito il comitato dei creditori può autorizzare con decreto motivato il curatore a consentire riduzione di crediti, a fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizione dei diritti dei terzi, a cancellare

54

ipoteche, a restituire pegni, a svincolare cauzioni e ad accettare eredità e donazioni. Se gli atti suddetti sono di valore indeterminato o maggiori a 200.000 lire l’autorizzazione deve essere data su proposta del giudice delegato sentito il comitato dei creditori”. È possibile notare che nell’articolo in commento (nella sua originaria formulazione) gli atti di straordinaria amministrazione erano assenti perché di competenza di un’altra norma: l’art. 25 n. 6 che richiedeva l’autorizzazione del giudice delegato. L’art. 35 L.F si limitava ad indicare alcuni atti per il cui compimento il curatore doveva essere autorizzato dal giudice delegato. Nel caso di atti maggiori a 200.000 lire essi dovevano essere autorizzati dal tribunale sentito il giudice delegato e se possibile anche il fallito mentre, nel caso in cui la lite avesse avuto valore inferiore a 200.000 lire era sufficiente la sola

autorizzazione del giudice delegato.

Con la riforma del 2006 la norma ha subito una trasformazione, in virtù del fatto che gli atti di straordinaria amministrazione sono ora contemplati nell’art. 35 L.F e non più nell’art. 25 n.6. Il compimento di tali atti spetta oggi al curatore con la previa autorizzazione del comitato dei creditori. Solo nel caso in cui la lite abbia valore maggiore a 50.000 euro il curatore ne informa previamente il giudice delegato salvo che siano già stati approvati dal medesimo in virtù dell’art. 104 ter. È possibile affermare oggi che il curatore,

55

nell’esercizio delle sue funzioni, deve ottenere l’autorizzazione non più dal giudice delegato ma dal comitato dei creditori. Il decreto correttivo del 2007 n. 169 ha lasciato invariato l’articolo in commento, aggiornato alla riforma del 2006, prevedendo però l’aggiunta di un secondo comma e la modifica delle parole al terzo

comma da “approvati” ad “autorizzati”.

Convenzione di arbitrato del curatore

Gli articoli 806-808 c.p.c. sanciscono che la convenzione di arbitrato deve essere stipulata dalle parti. Le parti che la sottoscrivono devono essere processualmente capaci, ossia in possesso della capacità di agire collegata alla capacità giuridica di esercitare il diritto oggetto del contratto che deve essere, secondo il dettato dell’art. 806, disponibile e controverso. Non sempre il titolare del diritto sostanziale ha la pienezza della capacità di agire necessaria per sottoscrivere la convenzione di arbitrato: il caso più importante è dato dal fallito che dopo la dichiarazione di fallimento perde il diritto di disporre dei beni attratti nell’alveo della procedura fallimentare. La prerogativa di disporre dei diritti e gestire il patrimonio del fallito passa al curatore che in base all’art. 35 L.F può disporre dei mezzi di tutela tra cui la sottoscrizione di compromessi o convenzioni di arbitrato, previa autorizzazione del comitato dei

56

creditori68. È necessario pertanto domandarsi se il curatore, nello stipulare la convenzione di arbitrato, abbia bisogno dell’autorizzazione del comitato dei creditori e quali siano le conseguenze nel caso in cui essa venga a mancare o risulti viziata. La norma a cui fare rifermento è il già menzionato art. 35 L.F., il quale stabilisce che “le riduzioni di crediti, le transazioni, i

compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti a terzi, le cancellazioni di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione sono effettuate dal curatore, previa autorizzazione

del comitato dei creditori.

Nel richiedere l’autorizzazione del comitato dei creditori, il curatore formula le proprie conclusioni anche sulla convenienza della proposta. Se gli atti suddetti sono di valore superiore a 50.000 euro e in ogni caso per le transazioni, il curatore ne informa previamente il giudice delegato, salvo che gli stessi siano già approvati dal medesimo ai sensi art. 104 ter comma ottavo. Il limite di cui al secondo comma può essere adeguato con decreto del ministro della giustizia”.

Si tratta di una nuova disciplina introdotta dalla riforma del 2006(il d.lgs 2007 n. 169 ha previsto l’aggiunta di un comma). Mentre in precedenza un ruolo centrale spettava al giudice delegato e al

57

tribunale fallimentare oggi, salvo eccezioni, gli atti di straordinaria amministrazione sono autorizzati dal comitato dei creditori, in alcuni casi con previa autorizzazione del giudice delegato. La prerogativa di disporre dei diritti e di gestire il patrimonio del fallito passa al curatore, che può disporre anche dei mezzi di tutela tra cui la sottoscrizione di compromessi o convenzioni di arbitrato previa autorizzazione del comitato dei creditori69. Inoltre, per gli atti aventi valore maggiore a 50.000 euro è richiesta anche l’informazione e l’autorizzazione del giudice delegato e in qualsiasi

caso nelle ipotesi di transazioni.

Il legislatore al primo comma dell’articolo in commento pone ancora oggi il compromesso ed altri atti70 tra gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Per tali atti, come già abbiamo detto, è necessaria l’autorizzazione del comitato dei creditori, al quale è attribuita la potestà integrativa dei poteri del curatore in luogo del giudice delegato e del tribunale ai quali era precedentemente affidata. Affinché il curatore possa stipulare ex novo una convenzione arbitrale, è necessario rispettare il dettato normativo dell’articolo 35 L.F. nella sua formulazione attuale. È necessario

69 Come già è stato detto, dopo la riforma, il potere autorizzatorio degli atti si

straordinaria amministrazione è passato dal Tribunale al comitato dei creditori. Oggi il curatore non è più sottoposto all’autorizzazione del giudice delegato o del

tribunale fallimentare ma a quello del comitato dei creditori.

70 L’art. 35 richiama oltre al compromesso: le transazioni, la rinunzia alle liti, la

ricognizione del diritto di un terzo , l’ipoteca, il pegno, la cauzione, l’accettazione di eredità e la donazione.

58

pertanto domandarsi se l’art. 35 L.F attribuisca il potere al curatore di compromettere in arbitri controversie sia relative a rapporti da lui posti in essere successivamente la dichiarazione di fallimento o, se possa essere esteso anche alle liti sorte antecedentemente. In passato la tesi maggioritaria era quella restrittiva, in base alla quale, la via arbitrale era preclusa per i rapporti instaurati antecedentemente la dichiarazione di fallimento71. La dottrina in commento sosteneva che tali rapporti dovessero seguire il rito dell’accertamento del passivo, ma tale tesi, poteva essere facilmente smentita dal fatto che erano presenti controversie per le quali non era previsto uno specifico rito e per le quali era stato ritenuto che potessero essere compromesse in arbitri72. Sembra dunque preferibile un’interpretazione estensiva73. Il curatore che vorrà risolvere una o più controversie ricorrendo al giudizio arbitrale, dovrà richiedere l’autorizzazione al comitato dei creditori per stipulare compromessi e se la lite ha valore maggiore a 50.000

71 Schizzerotto, Dell’arbitrato, Milano, 1982, 150.

72 Si pensi ad esempio alle controversie per il recupero dei crediti.

73 Favorevoli all’interpretazione estensiva ante-riforma: Bonsignori, Arbitrati e

fallimento, op. cit, 84. Capaccioli, Amministrazione fallimentare di fronte

all’arbitrato, Riv dir Proc, op. cit, 537. Dopo la riforma Tedeschi, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 170. Fusai, L’arbitrato nel diritto fallimentare,

555. L’autore nella disciplina ante-riforma, sostenne che la norma dell’art. 35 l.f andasse riferita tanto al compromesso quanto alla clausola compromissoria. Ad avviso di chi scrive in linea di massima l’opinione è condivisibile. Un’interpretazione restrittiva, limitata al solo compromesso, avrebbe importato la riconducibilità della clausola compromissoria all’interno dell’art. 25 n.6, norma che sanciva l’esistenza di altri atti di straordinaria amministrazione, diversi da quelli dell’art. 35. Oggi gli atti si straordinaria amministrazione sono tutti contemplati nell’art. 35 l.f.

59

euro dovrà informare previamente anche il giudice delegato74. L’autorizzazione sarà necessaria anche se il curatore sia stato immesso nell’esercizio provvisorio dell’impresa ai sensi dell’art. 10475. La dottrina prevalente ha ritenuto che a seguito dell’autorizzazione ad esercitare provvisoriamente l’attività di impresa, il curatore deve essere esonerato dal richiedere il consenso degli organi fallimentari competenti per il compimento dei singoli atti di gestione: questi devono ritenersi autorizzati in blocco perché necessari all’esercizio di tale attività. Sembra preferibile che tutti gli atti del curatore ricompresi nell’esercizio di tale attività debbono essere considerati alla stregua di atti di ordinaria amministrazione conservando la loro validità e efficacia anche in assenza di una specifica autorizzazione76. Si è convinti però che il deferimento di una lite ad un arbitro non possa essere considerato come attività ordinaria nell’ambito dell’esercizio dell’impresa. La possibilità di ipotizzare una deroga al disposto dell’articolo 35 L.F non pare né legittimo né giustificabile77. Come possiamo notare dal disposto normativo dell’art. 35 L.F, il

74 Sebbene l’amministrazione del patrimonio fallimentare sia stata affidata al

curatore, è stata comunque avvertita l’esigenza di assicurare un controllo preventivo sulla legittimità e sul merito di alcuni atti la cui competenza è stata riservata all’organo giudicante (tribunale o giudice delegato).

75 Quest’ultima rientra tra le attività di liquidazione considerate in senso lato e che a

seguito della riforma del 2006 può essere ora disposto sia dal tribunale che dal giudice delegato acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori.

76 Ferrara, Il fallimento, Milano, 1995, 511.

77 Cecchella, L’arbitrato, Torino, 1991, 299. Fusai, L’arbitrato nel diritto fallimentare,

60

legislatore fa un riferimento espresso al solo compromesso e non anche alla clausola compromissoria78. Una parte della dottrina ha ritenuto di dover interpretare in senso estensivo l’art. 35 ricomprendendo al suo interno oltre al compromesso, qualsiasi accordo idoneo a deferire la risoluzione della lite ad arbitri. Tale dottrina afferma dunque che non vi devono essere dubbi circa la riferibilità della norma anche alla clausola compromissoria: sarebbe ingiustificabile un trattamento differenziato tra compromesso e clausola compromissoria79. Altra parte della dottrina ritiene invece che compromesso e clausola compromissoria traggono origine da situazioni diverse e pertanto non possono essere sottoposte alla medesima disciplina. La clausola compromissoria andrebbe infatti considerata alla stregua di un atto di amministrazione straordinaria dove al punto n. 6 dell’art 25 è prevista la sola autorizzazione del giudice delegato80. Con la riforma del 2006 è stato però eliminato l’inciso di cui al punto n. 6 dell’art. 25 ed è venuta meno la possibilità di fare rientrare la clausola compromissoria in tale norma. Inoltre, il legislatore della riforma con l’art. 35 L.F ha riproposto l’elenco di

78 È presente all’interno del c.p.c un’altra norma che richiama solamente il

compromesso. La norma in questione è l’art. 375. In entrambi i casi ci troviamo di fronte a soggetti quali il tutore, il curatore o l’amministratore si sostegno che svolgono la propria attività in sostituzione di soggetti che hanno una ridotta capacità di agire. In tali casi ci troviamo dinanzi ad atti di straordinaria amministrazione. L’art. 35 non è dunque l’unico caso isolato.

79 Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1970, 244. Azzolina, Il

fallimento e le altre procedura concorsuali, Torino, 1961, 1293.

61

atti già contenuti nel testo previgente ed ha confermato che quella disciplina si applichi a tutti gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, dissipando tutti i dubbi sorti nella formulazione previgente facendovi confluire anche la clausola compromissoria. È opportuno oggi giustificare la portata estensiva del termine compromesso ai sensi dell’art. 35 L.F. La lettura estensiva è conforme dunque alla volontà storica del legislatore. In secondo luogo, il compromesso designa uno specifico tipo di convenzione arbitrale in quanto la controversia è già sorta al momento della stipulazione. Oggi è possibile condividere l’orientamento di quella parte di dottrina che considera l’elencazione dell’articolo 35 indicativa e non tassativa tale da ricomprendere al proprio interno

anche la clausola compromissoria81.

Concludendo, il curatore che vuole avviare un arbitrato avrà la possibilità di sottoscrivere non solo un compromesso ma anche una clausola compromissoria, chiedendo in entrambi i casi l’autorizzazione del comitato dei creditori che dovrà pronunciarsi entro 15 giorni dal giorno in cui la richiesta è pervenuta al presidente del comitato. Per la stipulazione della convenzione arbitrale dovrà essere osservata la disciplina generale degli articoli

81 Tedeschi, Nuovo manuale di diritto fallimentare, Padova, 2006, 169. Fusai,

L’arbitrato nel diritto fallimentare, op. cit, 555.

62

806 e ss c.p.c82. Dal combinato disposto degli articoli 25, 35 e 42 L.F unitamente all’art. 806 si può desumere che i limiti in capo al curatore in relazione alla compromettibilità sono gli stessi previsti dall’art. 806 ossia la disponibilità del diritto controverso. Questa interpretazione permette di affermare che il curatore sia abilitato a compromettere in arbitri sia le controversie scaturenti dalle procedure fallimentari sia quelle antecedenti alla dichiarazione di fallimento. È possibile quindi conferire un’ampia apertura allo strumento arbitrale, salvo i limiti impliciti ed espliciti che l’istituto

viene ad incontrare

Mancata autorizzazione del comitato dei creditori

L’art. 35 L.F sancisce che il curatore per stipulare compromessi ha bisogno della previa autorizzazione del comitato dei creditori. Prima della riforma del 2006, in dottrina ed in giurisprudenza, sussisteva una vivace discussione su quali fossero le conseguenze della mancanza o dei vizi dell’autorizzazione richiesta dall’arti. 35 L.F per il compimento di atti di straordinaria amministrazione in esso elencati. La dottrina sul punto era molto divisa e le soluzioni prospettate erano varie: nullità assoluta, inefficacia e annullabilità.

82 Sarebbe sicuramente più corretto un aggiornamento del termine “compromesso”

in chiave estensiva tale da ricomprendere tutte le convenzioni arbitrali e non il solo compromesso.

63

Con la riforma i dubbi non sono venuti meno perché il legislatore non ha fornito soluzioni univoche. L’opinione prevalente, nella dottrina e nella giurisprudenza ante-riforma, era orientata nel senso dell’annullabilità dell’atto83 compiuto dall’amministrazione fallimentare. Tale dottrina sosteneva la tesi dell’applicazione in via analogica della disciplina del codice civile la quale prevedeva appunto l’annullabilità: annullabilità possibile ad istanza del solo curatore applicando analogicamente le norme del codice civile a tutela dell’interesse dell’incapace84. L’annullabilità poteva essere dunque fatta valere per mezzo di un’azione ordinaria del curatore, unico legittimato ai sensi dell’art. 1441 c.c. La mancanza di autorizzazione comportava quindi l’annullabilità suscettibile di sanatoria ex tunc. L’art. 1444 c.c. stabilisce infatti che lo stesso contraente al quale spetta l’azione di annullamento, può convalidare il contratto. Il curatore può pertanto, previo conferimento dell’autorizzazione mancante a stipulare un compromesso da parte del comitato dei creditori, rendere valido

83 Dottrina: Azzolina, Il fallimento, op. cit, 480 Ricci, Lezioni, op.cit, 240.

Giurisprudenza: Cass. 9 marzo 1961 n. 522, Giur.It, 1962, I, 1, 190. Cass. 12 ottobre 1981 n. 5334. La Corte afferma che in mancanza d autorizzazione del giudice delegato o del tribunale importa non tanto la nullità quanto piuttosto l’annullabilità degli stessi.

84 La recente riforma fallimentare, affidando l’autorizzazione al comitato dei

creditori e non più agli organi fallimentari quali giudice delegato e tribunale, impedisce l’applicazione analogica delle norme sugli incapaci. L’autorizzazione del comitato dei creditori è strumentale alla tutela dell’interesse dei creditori concorsuali e non risulta pensata in funzione della tutela degli incapaci.

64

detto contratto85. Quanto alla circostanza che anche alla controparte venisse attribuita la facoltà di sollevare il vizio del compromesso, la dottrina maggioritaria86 ha ritenuto ammissibile, seppur con qualche voce dissenziente87, tale possibilità durante il giudizio arbitrale. Tale estensione di legittimità a far valere il vizio è prospettata come necessaria al fine di evitare che la controparte del curatore sia costretta a proseguire un giudizio destinato in ogni caso a concludersi con una decisione caducabile ad opera del curatore stesso, che potrebbe sempre impugnare il lodo per nullità del compromesso. Un’altra dottrina88 aveva sostenuto invece l’ipotesi della nullità non suscettibile di sanatoria. Altri autori erano invece a favore dell’inefficacia dell’atto compiuto dal curatore assimilando la disciplina a quella della procura ossia alla situazione in cui il contratto, fosse stato concluso dal c.d falsus procurator: l’operato di quest’ultimo è suscettibile di acquisire validità ai sensi

85 Fusai, L’arbitrato nel diritto fallimentare, op. cit, 556. L’autore sostiene che la tesi

dell’annullabilità sia condivisibile attraverso l’applicazione analogica all’atto compiuto in difetto di autorizzazione dal curatore. Tedeschi, Manuale del nuovo

diritto fallimentare, op. cit, 171.

86 Autori a sostegno dell’annullabilità sopra citati

87 Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, Padova, 2000.L’autore ritiene che la

parte che non necessita di autorizzazione possa eccepire nel processo arbitrale il vizio dell’accordo compromissorio al fine di invitare il curatore a porre in essere tutte le attività necessarie a sanare il compromesso e sia di precludere lo

Nel documento "Arbitrato e Fallimento" (pagine 51-77)

Documenti correlati