• Non ci sono risultati.

IL LODO EMESSO IN DATA ANTECEDENTE ALLA DICHIRAZIONE DI FALLIMENTO

Nel documento "Arbitrato e Fallimento" (pagine 77-94)

Premessa

Il tema che verrà trattato in questa sede è quello che più di tutti ha diviso dottrina e giurisprudenza. In mancanza di una disposizione che regolava la materia, il dibattito è stato caratterizzato per lungo

tempo da soluzioni diverse.

Con la novella fallimentare del 2006 (d.lgs 9 gennaio 2006), che ha riformato la preesistente legge fallimentare contenuta nel r.d 16 marzo 1942 n. 267, è stato introdotto l’art. 83 bis L.F rubricato “clausola arbitrale” che ha risolto in gran parte il problema degli effetti del fallimento sul compromesso e clausola compromissoria. Prima della riforma non vi era infatti alcuna norma che prevedesse tali effetti. L’analisi che segue verrà svolta secondo un criterio temporale: si prenderà innanzitutto in considerazione il lodo emesso in data antecedente alla dichiarazione di fallimento. Seguirà poi la convenzione arbitrale (compromesso e clausola compromissoria) stipulata dal fallito in data antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento e nel prosieguo verranno analizzati gli effetti del fallimento sull’arbitrato pendente.

78

La prima ipotesi concerne l’opponibilità alla procedura del lodo emesso in data anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento. In secondo luogo si farà riferimento alla situazione in cui il curatore venga a trovarsi di fronte ad un compromesso o ad una clausola compromissoria stipulati dal debitore in bonis anteriormente alla sentenza dichiarativa di fallimento ed all’analisi dei limiti entro cui si può prospettare il subentro della curatela nel patto compromissorio.

Infine, si prenderà in considerazione l’ipotesi in cui al momento della sentenza dichiarativa di fallimento il procedimento arbitrale risulti in corso. In tale sede verrà esaminato il caso in cui il contratto venga sciolto a norma dell’art. 83 bis L.F. Per ciò che concerne situazioni nelle quali vi sia un arbitrato pendente ed il contratto non sia sciolto ma, viceversa prosegua con la curatela, si trasformerà in un rapporto di massa così come l’ipotesi in cui l’arbitrato abbia origine in virtù del proprio carattere contrattuale ai sensi dell’art.

79

Arbitrato precedente alla dichiarazione di fallimento

Verranno analizzati in questa sede gli effetti dei procedimenti arbitrali conclusi prima del fallimento stesso: si assume dunque l’esistenza di un lodo arbitrale113 deliberato prima della dichiarazione di fallimento. Può accadere infatti che la dichiarazione di fallimento intervenga quando il lodo arbitrale è già stato pronunciato; pertanto, dovrà essere risolta la questione dell’opponibilità o meno della decisione arbitrale alla procedura fallimentare. E’ opportuno verificare in questa sede se l’art. 83 bis L.F determini l’inopponibilità del lodo alla procedura fallimentare o se anche il credito derivante dal lodo possa essere iscritto al passivo con riserva di impugnazione ai sensi dell’art. 96 III comma n. 3114. Il lodo si intende pronunciato prima della dichiarazione di fallimento se ha una data anteriore e certa. Non essendo gli arbitri pubblici ufficiali né incaricati di un pubblico servizio, la sottoscrizione e la

113 La decisione arbitrale prende nome di lodo. Gli arbitri per pronunciarsi hanno un

termine di 240 giorni decorrenti dalla loro accettazione. In alcuni casi, il termine per la pronuncia del lodo può essere prorogata di 180 giorni (nel caso in cui venga emesso un lodo non definitivo, quando sia stata disposta l’assunzione di mezzi di prova o quando venga sia disposta una consulenza tecnica di ufficio). Il lodo deve essere deliberato con la presenza di tutti gli arbitri tanto è vero che è previsto un meccanismo di sostituzione per l’arbitro inerte. Il lodo ha medesimi effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria. L’equiparazione va fatta in relazione agli effetti e non come atto, perché il lodo resta comunque un atto privato che tuttavia la legge ricollega gli effetti alla sentenza.

114 Antecedentemente alla riforma della legge fallimentare veniva richiamato

analogicamente l’art. 95 III comma. Oggi la disposizione di riferimento è l’art. 96 n. 3 III comma la quale stabilisce che sono ammessi al passivo con riserva i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato pronunciati prima della dichiarazione di fallimento con facoltà del curatore di proporre o proseguire il giudizio di impugnazione.

80

datazione del lodo non implica certezza della data; sarà necessaria la notifica o il deposito a fini esecutivi del lodo115. Una parte della dottrina ha affermato che, essendo previsto all’art. 824 bis c.p.c. la comunicazione del lodo per mezzo di plico raccomandato, si potrebbe considerare tale data certa ai fini dell’opponibilità del lodo116. Per ciò che concerne l’opponibilità del lodo, la risposta non può che essere affermativa: avendo il lodo efficacia di sentenza per il già citato articolo 824 bis117 non vi è ragione che ne precluda l’utilizzo nel fallimento, anche se è opportuno fare delle precisazioni. Come già è stato detto118, dall’equiparazione tra gli effetti del lodo per arbitrato rituale e la sentenza del giudice togato, il ceto creditorio si trova a subire gli effetti della decisione emessa tra il fallimento e la controparte in data anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento. Una volta fatta tale premessa è opportuno valutare due situazioni: l’ipotesi del lodo già definitivo alla data della sentenza che dichiara il fallimento per mancata

115Bossi, Rapporti tra arbitrato e fallimento dopo le riforme, op. cit, 685 ss. 116 Cabras, Arbitrati e procedure di insolvenza, Padova, 2010, II, 1532.

117 Prima della riforma veniva richiamato il disposto dell’art. 95 III comma l.f. oggi la

norma è l’art. 96 n. 3 III comma la quale stabilisce che sono ammessi al passivo con riserva i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passati in giudicato pronunciati prima della sentenza dichiarativa di fallimento. Cass. 22 giugno 2005 n. 13442. La corte ha precisato che le innovazioni della legge 25/1994 e la marcata autonomia del giudizio arbitrale rispetto a quello civile, non sono nemmeno essi sufficienti ad escludere l’equiparazione del lodo alla sentenza. L’immediata impugnabilità del lodo esprime l’opzione di tale equiparazione.

118 Montanari, Lodi rituali e verifica dei crediti nel fallimento dopo la riforma, Napoli,

2010, 529 ss. L’autore afferma che se non vogliamo ridurre il disposto dell’art. 824 bis a lettera morta, l’equiparazione va istituita tra gli effetti del lodo ed effetti della sentenza. Tale equiparazione deve rivestire un concreto significato.

81

impugnazione ed il caso in cui la decisione degli arbitri sia ancora soggetta ad impugnazione per nullità ai sensi dell’art. 827 c.p.c. il quale stabilisce che “il lodo è soggetto all’impugnazione per nullità,

per revocazione e per opposizione di terzo. I mezzi d’impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo. Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile”. La dottrina prevalente ante riforma

affermava che in caso di lodo divenuto definitivo esso avrebbe dovuto spiegare i suoi effetti nei confronti della procedura fallimentare in virtù del fatto che la posizione del curatore è identica a quella nella quale egli si viene a trovare di fronte ad una sentenza resa119 ed ormai passata in giudicato. Nel caso in cui la curatela abbia deciso di non subentrare nel rapporto sostanziale del fallito, non sarà possibile esplicare effetti diretti ma tuttavia, grazie all’equiparazione tra lodo per arbitrato rituale e sentenza del giudice togato, la massa fallimentare subirà

119 Vincre, Arbitrato rituale e fallimento, op. cit., 114. L’autore sostiene che il

subentro dell’amministrazione fallimentare nella situazione sostanziale del fallito non può infatti avere ad oggetto altro che il rapporto, così come esso risulta essere al momento della sentenza dichiarativa di fallimento.

Fusai, L’arbitrato nel diritto fallimentare, op. cit., 562. Questa parte di dottrina ante riforma, ad avviso di chi scrive condivisibile, sostiene che vi sono due tipi di alternativa: la prima, riguardante il lodo passato in giudicato pienamente

opponibile sia nel caso di subentro o meno del curatore all’interno della procedura. Nel caso in cui egli non subentri la propria posizione di terzietà consentirà di esplicare effetti non diretti ma riflessi. La seconda alternativa concerne il lodo non ancora passato in giudicato per il quale risultano essere sempre spendibili i mezzi di impugnazione non essendo decorsi i termini per rimuovere i vizi. La sentenza che dichiara il fallimento interviene in pendenza del termine per impugnare.

82

gli effetti riflessi dell’avvenuto accertamento arbitrale. Il curatore che sia rimasto terzo rispetto al rapporto oggetto del procedimento arbitrale potrà agire in rappresentanza della massa per far dichiarare il lodo inopponibile120. Ogni estensione soggettiva dell’efficacia della sentenza a terzi costituisce violazione del principio del contraddittorio. Il diritto di difesa ai sensi dell’art. 24 Cost. dovrà essere conciliato con il diritto di azione. Il legislatore per ovviare a tale problema è intervenuto con l’applicazione dell’art. 831 comma III il quale stabilisce che il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati dall’art. 404 c.p.c.121. Nel caso di lodo non definitivo la questione è molto più complessa, in quanto il curatore si trova di fronte ad una duplice alternativa: egli ha la possibilità di impugnare il lodo arbitrale o viceversa, accettarlo con

l’applicazione dell’art. 96 L.F122.

In caso di prosecuzione da parte del curatore si parla di opponibilità della decisione degli arbitri: in tal caso la curatela assume il rapporto

120 Berlinguer, Compromettibilità per arbitri, op. cit., 172. L’Autore specifica come il

rinvio operato dall’art. 831 III comma alla norma che disciplina l’opposizione di terzo, ossia l’art. 404, debba essere comprensivo sia dell’opposizione semplice sia dell’opposizione revocatoria prevista nei casi di dolo o collusione.

121 Le impugnazioni per revocazione e opposizione di terzo vengono proposte

dinanzi alla corte d’appello nel cui distretto ha sede l’arbitrato osservati i termini e le forme stabilite dal libro secondo.

122 L’art. 96 l.f stabilisce che “oltre che nei casi stabiliti dalla legge sono ammessi al

passivo con riserva: i crediti condizionati e quelli indicati nell’ultimo comma dell’art. 55, i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice, i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione”.

83

nella sua interezza approfittando degli effetti prodotti dal lodo pronunciato in un momento antecedente alla dichiarazione di fallimento. Nel caso in cui penda ancora il termine per proporre impugnazione ai sensi dell’art. 829 c.p.c. il curatore, in sostituzione del fallito, dovrà attivarsi se non vuole che gli effetti divengano definitivi123.

Per ciò che concerne l’altra alternativa, ossia il caso in cui il curatore decida di non subentrare nel rapporto del fallito, in passato la dottrina aveva risolto il problema con la possibilità di agire attraverso un’azione autonoma di accertamento da proporre nelle forme del giudizio di primo grado124. Oggi però tale soluzione non può essere accettata in virtù dell’art. 831 c.p.c. che prevede, come già abbiamo detto, la possibilità di esperire (contro il lodo innanzi alla corte d’appello) l’opposizione di terzo, osservati i limiti previsti dal libro secondo del codice di procedura civile125. Nel caso in cui il lodo sia ancora suscettibile di impugnazione ed abbia per oggetto un diritto di credito verso il fallito, l’accertamento del passivo rappresenta una fase necessaria per la procedura fallimentare garantendo la partecipazione al giudizio di tutti i creditori in virtù

123 Bonsignori, Arbitrati e fallimenti, op. cit, 65.

124 Del Vecchio, Clausola compromissoria, compromesso e lodo di fronte al

successivo fallimento di una delle parti, op. cit., 305.

125 Fusai, L’arbitrato nel diritto fallimentare, op. cit., 565. L’autore afferma che in

assenza di indicazioni contrarie nulla esclude che si possa applicare estensivamente l’art. 95 III comma anche per le controversie che non hanno per oggetto un credito nei confronti del fallito.

84

della par condicio creditorum nel simultaneus proccessus. Nel caso di arbitrato in corso avente per oggetto un credito da accertare nei confronti di un imprenditore poi fallito, la procedura arbitrale deve essere considerata improcedibile se essa non è stata

ancora iniziata126.

Per concludere così come diviene improcedibile il giudizio arbitrale instaurato per l’accertamento di un credito nei confronti di un imprenditore poi fallito, diviene improcedibile anche il giudizio ordinario che ha per oggetto la stessa materia. Una volta che a seguito di un giudizio ordinario venga emanata una sentenza che accerti un credito nei confronti del fallito, questa qualora non sia ancora passata in giudicato consente l’iscrizione al passivo con riserva del credito che ha accettato mentre al curatore è concesso di proseguire o proporre impugnazione: questo permette di ammettere al passivo i crediti accertati con sentenza anche se non hanno seguito l’apposito rito stabilito dalla legge fallimentare per l’accertamento del passivo. Lo stesso giudizio ordinario che se pendente diverrebbe improcedibile a causa della specialità del rito di verificazione del passivo, una volta concluso, con l’emanazione della sentenza produce i suoi effetti nei confronti della massa fallimentare. L’art. 824 bis stabilisce che il lodo e la sentenza hanno

126 Più che altro per un problema relativo alla specialità del rito cui ogni creditore

85

gli stessi effetti. Concludendo, anche il lodo che contiene l’accertamento di un credito nei confronti del fallito, quando sia già stato emesso e penda ancora il termine per impugnare, deve essere iscritto al passivo con riserva ed il curatore avrà, in tal caso, la possibilità di impugnare nelle forme della nullità, opposizione di

terzo e revocazione.

Per ciò che concerne il lodo irrituale è possibile rilevare che la maggior parte degli studiosi della materia ante riforma individua il lodo irrituale come atto meramente negoziale127. Questa ricostruzione renderebbe impossibile l’applicazione dell’art. 96 III comma n. 3. Se l’arbitrato irrituale non fosse ancora concluso con la comunicazione del lodo, il curatore avrebbe ancora la possibilità di risolvere il contratto ex art. 72 L.F. La ricostruzione del lodo su base contrattuale porterebbe però a risultati paradossali, perché porterebbe il curatore a decidere se mantenere la decisione del collegio o diversamente sciogliersi dal contratto. Altra parte della dottrina, dopo la novella del 2006, ha sottolineato l’unicità del fenomeno arbitrale tenendo comunque conto delle differenze che ci sono tra lodo rituale e irrituale: pertanto, anche nel caso di lodo irrituale potranno essere applicate le medesime norme dell’arbitrato rituale, almeno per quanto riguarda l’opposizione al

86

fallimento e l’insinuazione allo stato passivo ex art. 96 III comma n. 3128.

Lodo irrituale emesso prima della sentenza dichiarativa di fallimento Sino alla riforma del 2006 l’arbitrato irrituale non trovava una propria regolamentazione all’interno del codice di procedura civile. Oggi l’art. 808 bis chiarisce che “le parti possono stabilire, con

apposita convenzione, che siano decise da arbitri le controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati. La convenzione deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall’art. 807”. Il lodo non ha l’efficacia di una

sentenza bensì quella di un contratto. In caso di lodo irrituale emesso in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, è necessario domandare se esso sia opponibile alla procedura e quali mezzi il curatore abbia a disposizione per contrastarne l’efficacia. Al primo quesito (se il lodo irrituale è opponibile alla procedura) deve essere data una risposta affermativa posto che il lodo abbia data certa anteriore al fallimento. A differenza dei gravami applicabili al lodo rituale per i quali è competente la Corte d’Appello, nel caso di lodo irrituale sarà competente il Tribunale. Prima della riforma del 2006 e dunque prima dell’introduzione dell’art. 808 bis c.p.c. era

87

possibile ritenere che il lodo da arbitrato irrituale fosse impugnabile per incapacità per vizi del consenso. Oggi il lodo può essere impugnato ai sensi dell’art. 808 ter c.p.c. Con l’art. 808 ter è stata prevista espressamente, a seguito del d.lgs 2006, la figura dell’arbitrato irrituale come fenomeno regolato dalla legge: prima di tale intervento la natura irrituale si poteva desumere ove non chiaramente esplicato dalle parti. A seguito della novella del 2006 i due tipi di arbitrato sono accumunati dall’esistenza di una controversia e dall’intento delle parti di affidare la decisione ad un soggetto privato. L’unica differenza che sussiste è l’efficacia della decisione posta a giudizio: nell’arbitrato irrituale ha natura di mera determinazione contrattuale mentre nell’arbitrato rituale ha medesima efficacia della sentenza emessa dal giudice togato.

Il curatore e le impugnazioni

Solo con la novella del 1994 il legislatore ha previsto espressamente la possibilità di impugnazione del lodo attraverso i rimedi consentiti all’art. 404 c.p.c. Prima di tale novella erano previste le sole impugnazioni per nullità e revocazione. Prima della novella del 2006 la giurisprudenza129 era incline alla proposizione di un’azione autonoma in favore di terzi: tale orientamento si basava

88

sull’impossibilità che il lodo potesse pregiudicare i diritti dei terzi. Nonostante il legislatore nel 2006 sia intervenuto per affermare la possibilità dei terzi di avvalersi dei mezzi di gravame con l’introduzione dell’art. 831 c.p.c., non sono scomparsi i dubbi sull’interpretazione della norma. Secondo alcuni Autori130 l’opposizione di terzo sarebbe proponibile già dalla pronuncia del lodo stesso mentre un’altra interpretazione131 si rifà al dettato letterale della norma contenuta nell’art. 831 c.p.c. con conseguente

rinvio all’art. 404 c.p.c.

Oggi il lodo è impugnabile per nullità, per revocazione ed opposizione di terzo ai sensi dell’art. 827 c.p.c.132 Le impugnazioni per nullità133 e revocazione134 devono essere proposte entro i termini previsti. Legittimati ad impugnare per nullità e revocazione sono i soggetti che sono stati parte del procedimento arbitrale.

130 Luiso, Le impugnazioni del lodo dopo la riforma, Riv. Arb, 1995, 31.

131 Consolo, Impugnazione delle sentenze e dei lodi, Padova, 2006, 292. La seconda

interpretazione, a parere di chi scrive, appare la più condivisibile in quanto richiama espressamente l’art. 404 di cui ne determina l’integrale applicazione.

132 Il procedimento arbitrale postula una decisione di unico grado suscettibile di

censura solo attraverso specifici strumenti previsti dalla legge, volutamente limitati dal legislatore rispetto a quelli esperibili contro le decisioni del giudice ordinario. La novella del 1994 ha ampliato le ipotesi di impugnazione ammesse aggiungendo a quella per nullità e revocazione, l’opposizione di terzo. Tale elencazione deve intendersi come tassativa. Non saranno pertanto esperibili il regolamento di giurisdizione, il regolamento di competenza ed il ricorso per saltum in Cassazione.

133 I casi di nullità sono disciplinati dall’art. 829 c.p.c. La norma profondamente

modificata dal d.lgs 40/2006 distingue i vizi di attività ossia gli errores in procedendo da quelli di giudizio, errores in iudicando. In presenza di errores in iudicando l’impugnazione è ammessa solo se espressamente disposta dalle parti o prevista dalla legge salvo i casi in cui è sempre ammessa.

134 L’art. 831 c.p.c. stabilisce che il lodo è impugnabile per revocazione nei casi

indicati dai numeri 1,2,3 e 6 dell’articolo 395. Vi è dunque un rinvio a quest’ultimo articolo.

89

Sono mezzi di gravame che devono essere proposti tassativamente entro i limiti temporali previsti: il termine breve è di 90 giorni dalla notificazione del lodo ed il termine lungo decorre dalla data dell’ultima sottoscrizione del lodo. L’opposizione di terzo135 è esperibile nei casi indicati dall’art. 404 c.p.c. e dunque nella sua forma ordinaria e revocatoria136. In entrambi i casi l’opposizione di terzo è esperibile da soggetti che non abbiano preso parte al

procedimento arbitrale.

Nel caso di opposizione di terzo ordinaria, disciplinata al primo comma dell’art. 404 c.p.c., la dottrina maggioritaria afferma che il soggetto terzo deve essere necessariamente titolare di un diritto autonomo rispetto al diritto pronunciato “inter alios” e che riceva un pregiudizio dall’esecuzione del lodo impugnato137. L’opposizione di terzo revocatoria, disciplinata a sua volta dal secondo comma art. 404 c.p.c., è esperibile per espressa previsione di legge, dai creditori o dagli aventi causa delle parti e si caratterizza per essere un’impugnazione in senso stretto, ossia volta non tanto a rinnovare il giudizio, ma a rilevare l’inopponibilità della decisione

Nel documento "Arbitrato e Fallimento" (pagine 77-94)

Documenti correlati