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2.3 Strumenti osservativi descritti nell’Almagesto

2.3.2 Osservazione della Luna

2.3.2.1 L’astrolabio armillare

Come abbiamo visto, il “metodo delle tre eclissi” porta a una teoria lunare valida rigorosamente solo ai pleniluni. Una teoria generale richiede di compiere osservazioni in vari punti della lunazione e, a questo scopo, Tolomeo descrive nel capitolo 1 del Libro V un nuovo strumento: l’astrolabio armillare (Fig. 32).

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Fig. 32 – Schema dell’astrolabio armillare

(Immagine presa dall’articolo di G. Strano, Strumenti alessandrini per l’osservazione astronomica: Tolomeo e la Mathematiké

syntaxis)

Il nucleo dello strumento è costituito da due anelli uguali a sezione quadrata uniti ad angolo retto lungo un diametro comune: un anello rappresenta l’eclittica, divisa un 360 gradi e relative frazioni, e l’altro il coluro solstiziale, ovvero il cerchio passante per i punti solstiziali dell’eclittica, i poli celesti e i poli eclittici. In coincidenza dei poli eclittici il secondo anello reca due perni cilindrici sporgenti all’esterno e all’interno. I perni sorreggono all’esterno un anello girevole che sfiora la superficie convessa degli anelli uniti e all’interno un altro anello girevole che sfiora la superficie concava degli anelli uniti. Entrambi gli anelli, dunque, ruotano attorno i poli dell’eclittica nella direzione longitudinale. Anche questo anello interno è diviso in 360 gradi e relative frazioni, in più contiene un ulteriore anello sottile che vi scorre dentro e che reca su una faccia laterale due mire forate diametralmente opposte. L’anello che rappresenta il coluro solstiziale reca in coincidenza dei poli celesti altri due perni che si inseriscono in un anello fisso, posto in opera come l’armilla meridiana: in verticale su un pavimento orizzontale e collocato nel piano del meridiano locale. Inoltre, occorre inclinare il polo nord celeste ad un’altezza sopra l’orizzonte pari alla latitudine geografica del luogo di osservazione.

Tolomeo descrive l’astrolabio armillare nel capitolo 1 del Libro V dell’Almagesto. Riportiamo qui di seguito la parte di questo capitolo dedicata alla descrizione dello strumento riferendoci alla traduzione in inglese di G. J. Toomer (Ptolemy’s Almagest, Londra 1984) utilizzata nel lavoro di tesi. A seguire, la medesima descrizione e le immagini dello strumento (Figg. 33 e 34) presenti nella versione in latino dell’Almagesto del 1551, conservata nella biblioteca storica del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, in via Irnerio 46.

«We took two rings of an appropriate size, with their surfaces precisely turned on the lathe so as to be squared off [i.e. with rectangular cross-sections], equal and similar to each other in all dimensions. We joined them together at diametrically opposite points, so that they were fixed at right angles to each other, and their corresponding surfaces coincided: thus one of them represented the ecliptic, and the other the meridian through the poles of the ecliptic and the equator [i.e. a colure]. On the latter, using the side of the [inscribed] square [as measure], we marked the points

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representing the poles of the ecliptic, and pierced each point with a cylindrical peg projecting beyond both outer and inner surfaces. On the outer [projections] we pivoted another ring the concave [inner] surface of which fitted closely on the convex [outer] surface of the two joined rings, in such a way that it could move freely about the above-mentioned poles of the ecliptic in the longitudinal direction. Similarly we pivoted another ring on the inner [projections]; this too fitted the two [joined] rings closely, its convex surface to their concave, and, like the outer ring, moved freely in longitude about the same poles. We marked on this inner ring, and also on the ring representing the ecliptic, the divisions indicating the standard 360 degrees of the circumference, and as small subdivisions of a degree as was practical. Then we fitted snugly inside the inner of the two [movable] rings another thin ring with sighting-holes projecting from it at diametrically opposite points. [This ring was constructed] so that it could move laterally in the plane of the ring it was fitted into, towards either of the above-mentioned poles, in order to allow observation of the variation in latitude.

Having completed the above construction, we marked off from both poles of the ecliptic, on the ring representing the circle through both poles, an arc equal to the distance between the poles of ecliptic and equator (as determined above). At the ends of these arcs (which were, again, diametrically opposite) we again inserted pivots, attaching them to a meridian ring similar to that described at the beginning of this treatise for making observations of the arc of the meridian between the solsticial points. This meridian ring was set up in the same position as the earlier one, perpendicular to the plane of the horizon and at an elevation of the pole appropriate for the place in question, and also parallel to the plane of the actual meridian [at that place]. Thus the inner rings were set up so as to revolve about the poles of the equator, from east to west, following the first motion of the universe.[89]»

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Fig. 33 – Nei riquadri si trova la descrizione dell’astrolabio armillare presente nel capitolo 1 del Libro V della versione in latino dell’Almagesto del 1551, conservata nella biblioteca storica del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, in via Irnerio 46.

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Fig. 34 - Immagini dell’astrolabio armillare presenti nella versione in latino dell’Almagesto del 1551, conservata nella biblioteca storica del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, in via Irnerio 46.

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Osserviamo che ancora una volta la descrizione generale esclude elementi costruttivi specifici: i materiali da usare (forse il bronzo), i raggi e gli spessori dei sei anelli[90] annidati gli uni negli altri, e la minima divisione delle scale graduate. Attraverso il rinvio all’armilla meridiana, Tolomeo lascia invece intendere che l’astrolabio armillare va messo all’aperto, su una colonna posta su un pavimento orizzontale e che per la corretta collocazione servono sia un filo a piombo, sia una linea meridiana.

L’astrolabio armillare materializza alcune circonferenze celesti e permette di orientarle seguendo i due movimenti principali: da est verso ovest intorno ai poli celesti e da ovest verso est intorno ai poli dell’eclittica.

Vediamo ora il metodo osservativo descritto da Tolomeo per determinare la posizione della Luna. Quando il Sole e la Luna appaiono entrambi sopra l’orizzonte, si ruota l’anello girevole esterno (attorno i poli dell’eclittica) fino a fermarlo sull’anello dell’eclittica in corrispondenza della longitudine calcolata del Sole per il giorno d’osservazione. Si ruota quindi l’anello che rappresenta il coluro solstiziale, e perciò l’intero strumento, intorno ai poli celesti e lo si rivolge verso il Sole, facendo sì che l’anello girevole esterno proietti la propria ombra in se stesso. In tal modo anche l’anello dell’eclittica dovrebbe proiettare la propria ombra in se stesso. Mantenendo questo primo allineamento, si ruota l’anello girevole interno finché si scorge la Luna attraverso le mire forate dell’anello ancora più interno. La longitudine della Luna è data dal grado in cui l’anello girevole interno tocca l’anello dell’eclittica e la latitudine dal grado dell’anello girevole interno corrispondente all’angolo fra la direzione delle mire e il centro dell’anello dell’eclittica.

Tolomeo espone sette osservazioni lunari eseguite con l’astrolabio armillare[91].